T.A.R. Toscana Firenze Sez. I, Sent., 27-06-2011, n. 1111 Piano di lottizzazione convenzionato Piano regolatore comunale Regolamenti edilizi comunali

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Le ricorrenti sono proprietarie di tre distinti appezzamenti di terreno tra loro confinanti all’interno del Comune di Forte dei Marmi, la cui originaria destinazione prevista dal piano regolatore consisteva in "verde ad uso pubblico attrezzato" (C.D.R.); "attrezzature di interesse collettivo – istituto eliotalassoterapico (società I.) e "verde ad uso pubblico attrezzato" (soc. Ropi). Nella variante generale adottata con delibera consiliare 20 marzo 1990, n. 51, vennero classificati come zona GS3 destinata "ad attività ricreative e per il tempo libero connesse con attività culturali, scientifiche, turistiche di livello superiore". Tuttavia il consiglio comunale successivamente adottò la cosiddetta variante di sbiancamento con delibera 68/1991, mediante la quale vennero annullate tutte le previsioni di nuova edificazione proposte.

Tale variante è stata in seguito riproposta con delibera consiliare 101/1994 e conseguente attivazione delle misure di salvaguardia.

Nel corso di formazione dell’odierno piano strutturale le ricorrenti hanno presentato congiuntamente un’osservazione, che è però stata respinta poiché "in contrasto con gli obiettivi del piano" il quale ha individuato detti terreni tra le invarianti strutturali. Esse allora, con ricorso notificato il 29 novembre 1997 e depositato il 17 dicembre 1997, rubricato sub R.g. n. 4359/1997, hanno impugnato il decreto del Presidente della Giunta Regionale toscana 9 settembre 1997, n. 239, con il quale è stata disposta l’approvazione dell’accordo di pianificazione sottoscritto dalla Regione Toscana, dalla Provincia di Lucca e dal Comune di Forte dei Marmi per l’approvazione del piano strutturale comunale, lamentando violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili.

Si sono costituite le amministrazioni intimate chiedendo l’inammissibilità, l’improcedibilità e comunque il rigetto del ricorso nel merito.

2. Il Comune intimato, con delibera consiliare 20 dicembre 2005, n. 99, ha avviato il procedimento per la formazione della variante al piano strutturale prevedendo che per l’area "retrodunale" in cui ricadono i terreni in questione venissero effettuati interventi di trasformazione urbanistica attraverso procedure negoziate previste nei piani complessi di intervento. Il piano adottato con delibera consiliare 25 gennaio 2007, n. 7, prevedeva in particolare l’acquisizione dell’area al demanio pubblico comunale anche attraverso misure compensative, per la predisposizione di uno specifico progetto di rinaturalizzazione. Tuttavia in sede di approvazione del piano, avvenuta con deliberazione consiliare 10 febbraio 2009, n. 14 il Comune intimato, in accoglimento dell’osservazione proposta dalla Regione Toscana, ha mutato tale previsione: non è più stata stabilita l’acquisizione dei terreni al demanio pubblico comunale ed é stato confermato il loro inserimento nell’ambito delle invarianti strutturali. Tale provvedimento è stato impugnato con ricorso notificato il 5 giugno 2009 e depositato il 23 giugno 2009, rubricato sub R.g. n. 1056/2009, per violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili.

Si sono costituite le Amministrazioni intimate chiedendo l’improcedibilità e comunque il rigetto del ricorso.

3) All’udienza del 25 maggio 2011 le cause sono state trattenute in decisione.

Motivi della decisione

1. Con il ricorso rubricato sub R.g. n. 4359/1997 è impugnato il Piano Strutturale del Comune di Forte dei Marmi, emanato in esito ad un accordo di pianificazione sottoscritto tra il Comune medesimo, la Provincia di Lucca e la Regione Toscana ed approvato con decreto del Presidente della Giunta Regionale Toscana.

1.1 Con primo e secondo motivo le ricorrenti lamentano difetto di motivazione in ordine alla reiezione dell’osservazione da loro presentata, posto che il progetto di massima da loro elaborato non sarebbe in contrasto con gli obiettivi del piano e nello stesso atto deliberativo con cui il Comune ha espresso le sue determinazioni sulle osservazioni si dà atto dell’inadeguatezza della pianificazione introdotta per le aree di loro proprietà. Alla luce di tale determinazione, espressa in un documento approvato dalla maggioranza consiliare quale parte integrante e sostanziale del deliberato, dovrebbe ritenersi che la ratifica necessaria alla validità dell’accordo di pianificazione sia stata sostanzialmente revocata e perciò ritenersi invalida la conclusione del procedimento.

In subordine deducono che l’approvazione del documento di maggioranza inserirebbe nel procedimento un elemento di contraddizione idoneo a far emergere un vizio di eccesso di potere.

Con terzo motivo si dolgono che la destinazione a verde pubblico attrezzato costituirebbe una previsione espropriativa e rappresenterebbe una dismissione della funzione tipica della pianificazione urbanistica, configurandosi una normativa che semplicemente vieta ogni intervento edilizio qualificando l’area in questione come invariante. Si realizzerebbe in tal modo una fattispecie di espropriazione sostanziale con riproduzione di vincoli decaduti.

Lo strumento urbanistico non potrebbe rinviare a scelte future l’effettivo assetto del territorio poiché in tal modo avrebbe finalità di una surrettizia misura di salvaguardia generalizzata, senza riferimento ad un’effettiva pianificazione urbanistica in via di formazione da tutelare. La scelta sarebbe poi contrastante con gli standards minimi di edificabilità assicurati in via residuale per tutto il territorio nazionale dall’art. 4, ultimo comma, L. 28 gennaio 1977, n. 10.

Con quarto motivo lamentano che la destinazione prevista dal piano strutturale non sarebbe idonea a perseguire l’obiettivo di riqualificazione del margine settentrionale del territorio comunale, rendendo inutilizzabile un compendio di circa 70.000 metri quadrati. Per effetto delle pregresse scelte pianificatorie e del contenzioso giurisdizionale conclusi favorevolmente per le ricorrenti Cassa di risparmio e Ropi si sarebbe poi creato un affidamento che il provvedimento impugnato violerebbe, avendo apposto un vincolo di sostanziale inedificabilità senza dar conto delle prevalenti ragioni di pubblico interesse.

Con quinto motivo le ricorrenti deducono che l’approvazione con accordo di pianificazione del Piano Strutturale determinerebbe l’illegittimità costituzionale degli artt. 39, comma 3, e 23- 29 L.R. 16 gennaio 1995, n. 5, per violazione dell’art. 117 Cost. Il piano strutturale, in assenza del regolamento urbanistico, sarebbe poi inadeguato ai fini del governo del territorio poiché si limiterebbe a definire le indicazioni strategiche per tale funzione e pur incidendo negativamente sugli interessi delle ricorrenti, non possiederebbe i contenuti di dettaglio tipici dello strumento urbanistico; anche le sue indicazioni strategiche non potrebbero che determinarsi contestualmente al regolamento.

Con sesto motivo lamentano che nel caso di specie illegittimamente sarebbe stata adottata la procedura semplificata ex art. 36, L.R. 5/1995.

Con settimo motivo si dolgono che non sarebbero state coinvolte tutte le amministrazioni interessate al procedimento di formazione dell’impugnato accordo, in particolare il Ministero per i beni culturali ed ambientali: il territorio di Forte dei Marmi é infatti sottoposto a vincoli paesaggistici e storico artistici.

Con ottavo e nono motivo deducono che il Comune non avrebbe coinvolto le unità sanitarie locali competenti per verificare la compatibilità delle previsioni urbanistiche rispetto alle esigenze di tutela igienico sanitarie dell’ambiente e della popolazione; sarebbe mancata la valutazione degli effetti ambientali imposta come elemento obbligatorio degli atti di pianificazione territoriale dall’art. 2, L.R. 1 febbraio 1995, n. 15, e sarebbe stata omessa l’acquisizione delle indagini geologiche e la loro certificazione.

1.2 La Provincia di Lucca eccepisce difetto di interesse al ricorso per la mancata impugnazione del Piano Territoriale di Coordinamento, del Piano di indirizzo regionale, della variante generale al Piano Strutturale comunale approvata con deliberazione consiliare 10 febbraio 2009, n. 14 e della variante generale al Regolamento Urbanistico comunale cui alla delibera 7 aprile 2010, n. 19. Per quanto riguarda in particolare la variante al piano non sarebbe dimostrato che i soggetti che l’hanno impugnata con il ricorso R.g. n. 1056/2009 siano aventi causa delle ricorrenti nel presente ricorso. Queste replicano sostenendo la loro legittimazione poiché una di esse si sarebbe estinta in seguito a fusione per incorporazione (C.D.R.), e le altre avrebbero ceduto i beni di cui erano proprietari.

Nel merito, le Amministrazioni intimate replicano puntualmente alle deduzioni delle ricorrenti.

2. Con ricorso rubricato sub R.g. n. 1056/2009 è impugnata la variante al Piano Strutturale del Comune di Forte dei Marmi approvata con deliberazione consiliare n. 14/2009.

2.1 Le ricorrenti, con primo motivo, deducono illegittimità derivata dall’accordo di pianificazione per la formazione del Piano Strutturale dell’anno 1997.

Con secondo motivo lamentano illegittimità del provvedimento in relazione all’osservazione presentata dalla Regione Toscana: l’area di cui trattasi non sarebbe un’invariante e comunque non un’invariante pura, poiché postulerebbe interventi pubblici preventivi per l’integrazione delle prescrizioni di cui all’art. 9 delle norme tecniche di attuazione le quali presupporrebbero la necessità di esproprio. L’operazione prevista nella delibera di adozione del piano sarebbe quindi legittima e riconducibile ad un procedimento di pianificazione negoziata, e non ad una fattispecie di perequazione urbanistica. Il terreno in questione non avrebbe in realtà un valore specifico, come pretende la Regione, essendo invece un’area degradata ed abbandonata che il Comune giustamente riterrebbe di valorizzare a fini di tutela.

Sarebbe inoltre discutibile la consistenza arborea delle aree libere a monte di via Mazzini e fuorviante il riferimento alla circostanza per cui la zona retrodunale sarebbe adiacente all’area del parco aree naturali protette di interesse locale (ANPIL).

Lamentano inoltre illegittimità costituzionale dell’art. 6, L.R. 3 gennaio 2005, n. 1, per violazione degli artt. 3 e 43 Cost. in quanto contrastante con lo statuto minimo del diritto di proprietà e con i principi di ragionevolezza e proporzionalità. Esso infatti consentirebbe di imporre un vincolo assoluto e definitivo, connotato da forte discrezionalità, senza alcun indennizzo oltretutto a fronte di un’area già gravata dal vincolo paesistico.

L’accoglimento dell’osservazione presentata dalla Regione avrebbe poi modificato radicalmente il piano adottato, che pertanto avrebbe dovuto passare attraverso una nuova fase di pubblicazione.

2.2 La Regione Toscana e la Provincia di Lucca eccepiscono l’improcedibilità del ricorso per mancata impugnazione del Regolamento Urbanistico di cui alla delibera 19/2010.

Nel merito, le Amministrazioni intimate replicano puntualmente alle deduzioni dei ricorrenti.

3. I ricorsi devono essere riuniti per ragioni di connessione, e la trattazione deve prendere le mosse dal ricorso sub R.g. n. 4359/1997.

4. Lo scrutinio del ricorso sub R.g. n. 4359/1997 deve principiare dall’esame dell’eccezione di improcedibilità formulata dalla Provincia di Lucca.

L’eccezione è fondata.

La disciplina urbanistica della zona è mutata con l’approvazione della variante al Piano Strutturale nell’anno 2009, e le ricorrenti non hanno fornito prova circa l’effettivo trasferimento delle loro posizioni giuridiche in capo ai ricorrenti nel ricorso sub R.g n. 1056/2009 avverso tale provvedimento, sicché non é dato comprendere a quali elementi faccia riferimento il loro interesse alla definizione del gravame. Le loro affermazioni in proposito contenute nel memoria di replica per l’udienza pubblica di discussione rimangono indimostrate, né la prova può essere acquisita d’ufficio da questo Giudice trattandosi di elementi che si trovano nella disponibilità delle ricorrenti medesime, che pertanto erano onerate a produrli in giudizio. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato improcedibile, con assorbimento delle ulteriori eccezioni in rito.

Per completezza il Collegio rileva che il ricorso è anche infondato nel merito.

Quanto ai primi due motivi il provvedimento impugnato non è privo di motivazione ma quest’ultima si evince, per relationem, dagli atti che compongono il Piano. La lettura del documento approvato dalla maggioranza consiliare quale parte integrante sostanziale del deliberato evidenzia poi che lo stesso ha carattere politicoprogrammatico e non amministrativo, e non è dato dedurne le conseguenze che pretendono le ricorrenti.

Il terzo motivo è a sua volta infondato, poiché la giurisprudenza ha ripetutamente affermato che la destinazione a verde pubblico attrezzato costituisce vincolo conformativo e non espropriativo, in quanto incidente su categorie di beni aventi caratteristiche omogenee e non comportante l’azzeramento delle facoltà proprietarie sui medesimi (C.d.S. IV, 12 maggio 2010 n. 2843).

Il quarto motivo deve essere respinto poiché la determinazione dei mezzi per raggiungere gli obiettivi di pubblico interesse affidati ai soggetti pubblici, nella specie la riqualificazione del margine settentrionale del territorio del Comune intimato, rientra nella discrezionalità amministrativa e non può essere sindacata, se non in caso di manifesta irragionevolezza. Nel caso in esame non si tratta di lasciare inutilizzata una porzione di territorio, ma di evitare che l’edificazione del medesimo ne metta a rischio la tutela sotto il profilo paesaggisticoambientale. Le scelte edificatorie previgenti, peraltro, non possono giustificare un affidamento circa la perpetuità delle medesime in assenza di elementi qualificanti la fattispecie come l’approvazione di una convenzione di lottizzazione o la stipulazione di un accordo di diritto privato tra il Comune e i proprietari, l’esistenza di un giudicato di annullamento di un diniego di permesso di costruire o la modificazione in zona agricola della destinazione di un’area limitata, interclusa da fondi edificati in modo non abusivo (C.d.S. IV, 28 febbraio 2005 n. 728; 8 giugno 2010 n. 3589).

Il quinto motivo deve ritenersi superato, come correttamente deduce la difesa comunale, dal fatto che il Regolamento è stato approvato e pertanto la disciplina urbanistica dell’area interessata è ormai completa.

Il sesto motivo appare fondato su valutazioni contraddittorie poiché, come correttamente deduce la difesa comunale, una volta firmato l’accordo di pianificazione, non si comprende per quale motivo si dovesse seguire una procedura più complessa. La procedura adottata nel caso di specie è conforme ai principi di efficienza e speditezza dell’azione amministrativa, mentre rimane intatta la competenza del consiglio comunale che è chiamato ad esprimere la deliberazione finale sull’accordo raggiunto.

Il settimo motivo deve essere respinto poiché la funzioni in materia di tutela delle bellezze naturali ed ambientali sono state trasferite alle regioni e successivamente, nella Regione Toscana, subdelegate ai Comuni dalla L.R. 2 novembre 1979, n. 52

Le censure di cui ai motivi ottavo e nono sono infine smentite dagli atti, come dedotto dalla difesa comunale.

5. Il Collegio passa ad esaminare il ricorso sub R.g. n. 1056/2009, principiando dall’esame dell’eccezione di improcedibilità formulata dalla Regione Toscana e dalla Provincia di Lucca

L’eccezione deve essere accolta.

Questo Tribunale ha già affermato che il Piano urbanistico Strutturale fissa le linee generali della pianificazione urbanistica comunale, mentre il Regolamento Urbanistico è lo strumento precettivo e direttamente conformativo nei confronti dei privati (T.A.R. Toscana I, 30 gennaio 2006 n. 227). Il Piano Strutturale infatti definisce lo statuto del territorio e le invarianti strutturali; le risorse costituenti la struttura identitaria del territorio mediante l’individuazione dei sistemi territoriali funzionali; i principi di governo del territorio; i criteri per l’utilizzazione delle risorse essenziali e la disciplina della valorizzazione del paesaggio, nonché le aree ed immobili di notevole interesse pubblico. Il Regolamento Urbanistico invece regolamenta la gestione degli insediamenti esistenti indicando in particolare la disciplina dell’utilizzazione, del recupero e della riqualificazione del patrimonio urbanistico ed edilizio esistente nonché le aree, entro il perimetro dei centri abitati, in cui è consentita l’edificazione. Il ruolo del Regolamento non è quindi quello di dare mera attuazione alle previsioni del Piano, ma di concretizzarne gli indirizzi per il governo del territorio che sono necessariamente definiti, in tale ultimo strumento, solo in linea di massima. Questo Tribunale ha affermato infatti, in causa del tutto analoga alla presente, che non si può ritenere che le previsioni del Regolamento Urbanistico siano meramente ripetitive, in termini di lesione delle posizioni soggettive, di quelle del Piano Strutturale, né l’illegittimità di queste ultime travolgerebbe le prime perché ai sensi della L.R. n. 5/1995 i due strumenti hanno propri e diversificati contenuti pur nel rispetto della loro gerarchia, nel senso che il secondo (Regolamento) non può derogare alle previsioni del primo ma deve dettare una disciplina più puntuale delle diverse zone (T.A.R. Toscana Firenze I, 25 giugno 2001 n. 1093). Con riferimento alle previsioni di cui alla L.R. n. 1/05 questo Tribunale ha poi affermato che il Piano Strutturale ha funzioni di indirizzo e di programma e lo stesso, coerentemente, lascia ampi margini di manovra al Regolamento Urbanistico (T.A.R. Toscana III, 14 settembre 2010, n. 59469.

In questo quadro l’omessa impugnazione del Regolamento, alla luce del rapporto esistente tra i due strumenti, si configura come ostativa all’esame delle censure avverso il presupposto Piano poiché l’accoglimento del ricorso avverso quest’ultimo non comporterebbe la caducazione del primo. Il Regolamento infatti approfondisce la lesione apportata alle posizioni giuridiche dei ricorrenti con l’approvazione del Piano e viene emanato all’esito di una attività amministrativa che possiede una sua autonomia, sicché non può essere considerato meramente confermativo del Piano medesimo poiché, pur dovendo attenersi alle sue previsioni, viene formato attraverso una specifica attività istruttoria. Il rapporto tra i due provvedimenti è quindi quello di invalidazione e non di caducazione, con la conseguenza che la mancata impugnazione di quello successivo (Regolamento) rende improcedibile il ricorso avverso l’atto presupposto (Piano) in quanto il suo eventuale annullamento non comporterebbe la soddisfazione dell’interesse giuridico vantato. Il ricorso deve quindi essere dichiarato improcedibile.

Nel merito peraltro si palesa infondato per i seguenti motivi.

L’improcedibilità del ricorso sub R.g. n. 4359/1997 comporta la reiezione delle censure di illegittimità derivata.

La contestata previsione del Piano appare legittima poiché il terreno in questione ha un suo specifico valore naturalistico e non è dimostrata l’irragionevolezza della valutazione a tale proposito effettuata. Come correttamente afferma la Regione intimata, la cessione delle aree de quibus non può essere scambiata con l’acquisizione di una volumetria edificabile poiché nell’operazione verrebbe ceduta al Comune un’area che ex se, per sue caratteristiche intrinseche, non può essere oggetto di edificazione. La sua cessione non può quindi essere scambiata con l’acquisizione di una capacità edificatoria che le ricorrenti non possiedono. A norma dell’art. 5, comma 2, L.R. n. 1/05 invarianti sono considerati "gli elementi cardine dell’identità dei luoghi": trattasi quindi di beni aventi particolari caratteristiche intrinseche, facenti parte di una categoria omogenea che costituisce ab origine una categoria di interesse pubblico (Corte Cost. 23 luglio 1997, n. 262; 20 maggio 1999 n. 179). Come insegna la miglior dottrina, il relativo vincolo ha quindi carattere conformativo e non espropriativo (C.d.S. IV, 5 ottobre 2009 n. 6033). La questione di costituzionalità sollevata a tale proposito si palesa quindi manifestamente infondata.

6. Per le ragioni sopraevidenziate i ricorsi devono essere entrambi dichiarati improcedibili.

Le spese di causa seguono la soccombenza e le ricorrenti sono pertanto condannate, in solido tra loro, al pagamento nella misura di Euro 2.000,00 (duemila/00), cui devono essere aggiunte le sole somme per IVA e CPA, a favore di ciascuna parte resistente.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Prima), riuniti i ricorsi come in epigrafe proposti, li dichiara improcedibili.

Condanna le ricorrenti, in solido tra loro, al pagamento delle spese processuali nella misura di Euro 2.000,00 (duemila/00), oltre IVA e CPA, a favore di ciascuna parte resistente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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