Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 16-03-2011) 22-06-2011, n. Scarcerazione per decorrenza termini 25187

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza 15.12.2010, emessa ex art. 310 c.p.p., il tribunale di Palermo ha rigettato l’appello proposto nell’interesse di G. G. avverso l’ordinanza 19.11.2010 del tribunale di Palermo, con cui era stata rigettata l’istanza di scarcerazione ex art. 297 c.p.p., comma 3, formulata per l’asserita scadenza dei termini di fase relativa all’ordinanza cautelare in data 19.1.09, da retrodatare all’esecuzione di una precedente ordinanza 27.10.07, entrambe aventi ad oggetto lo stesso fatto, ex art. 416 bis c.p., sia pure con diversa data di consumazione, rispettivamente dal 5 novembre alla data odierna, e fino al novembre 2004.

Il difensore ha presentato ricorso per violazione di legge.

Secondo il ricorrente la questione va risolta, non sotto il profilo dell’anteriorità di un fatto rispetto a un altro (come erroneamente ha fatto l’ordinanza impugnata), ma sotto il profilo dell’identità del fatto, l’appartenenza alla medesima associazione criminosa, sia pure con riguardo a due periodi di tempo diversi.

Il ricorso non merita accoglimento.

L’art. 297 c.p.p., comma 3, nello stabilire la decorrenza dei termini della custodia cautelare, in ipotesi di pluralità di ordinanze emesse per lo stesso fatto, ha inteso con quest’ultima parola fare riferimento all’identità della condotta e dell’evento nel loro aspetto fenomenico. Pertanto, ove plurime siano le azioni (nel caso in esame, costituite dagli autonomi e prosecutivi atti dimostrativi della permanenza decisionale e operativa nel gruppo) deve escludersi l’identità del fatto, anche se la condotta sia inglobata nell’unico reato permanente (sez. 1, n. 5518 del 10.11.1998, Cass. pen. 2000, p. 450, n. 278).

Inoltre, il delitto ex art. 416 bis c.p., proprio per la sua natura permanente, può continuare a consumarsi anche dopo l’emissione di una misura cautelare, essendo legato non solo a condotte tipiche, ma anche soltanto al mancato venir meno dell’affectio societatis fino a che non si verifichi un atto di desistenza volontaria (sez. 5, n. 3331 dell’1.7. 1996, rv in Cass. pen 1998, p. 187, n. 112).

La non applicabilità del principio del ne bis in idem in materia cautelare, in caso di successive ordinanze per lo stesso reato ex art. 416 bis c.p. corrispondente a tempi diversi, è confermata da sez. 2, rv 211141/1998, essendo il fatto della seconda ordinanza autonomo in quanto prosecutivo dell’attività delittuosa tipica dell’associazione mafiosa.

Il ricorso va quindi rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

La Cancelleria provvederà agli adempimenti ex art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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