Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 16-03-2011) 22-06-2011, n. 25183

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 23.10.09, la corte di appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza 9.5.08 emessa dal tribunale della stessa sede nei confronti di R.A., ha derubricato il fatto, originariamente qualificato come rapina, in furto di due collane d’oro in danno di M.A., non aggravato e – esclusa l’attenuante, ex art. 62 c.p., n. 6, in relazione all’avvenuta restituzione delle collane – ha rideterminato la pena in 10 mesi di reclusione e Euro 300 di multa.

Il difensore ha presentato ricorso per i seguenti motivi:

1. violazione di legge in relazione all’art. 624 c.p.: la corte, pur configurando il fatto come furto non aggravato, non ha considerato l’improcedibilità dell’azione penale per difetto di querela, da considerarsi rimessa dalla persona offesa.

Questa, all’udienza dibattimentale 18.4 05,con l’affermazione "lo devo rimettere…la querela", ha manifestato volontà inequivoca di rimettere la querela.

Quindi vi è un chiaro contrasto – non rilevato dai giudici di merito- tra quanto detto dalla M. in sede di denuncia orale e quanto concretamente manifestato nel corso del dibattimento.

Il giudice ha errato nel non prendere in esame il complessivo comportamento della persona offesa, dal quale si desume che questa non voleva più procedere per la punizione dell’imputato.

2. vizio di motivazione in ordine al difetto di querela: per costante giurisprudenza, sussiste il vizio di motivazione della sentenza tutte le volte in cui il giudice nel motivare, sia incorso in vizi logico- argomentativi.

Si deve ritenere manifestamente illogica la motivazione del giudice che ha ritenuto il comportamento della persona offesa "inequivocabilmente orientato alla rimessione" e non lo ha conseguentemente considerato un’effettiva remissione.

Il ricorso non merita accoglimento, in quanto l’argomento centrale intorno a cui è impostato è in insanabile contrasto con la disciplina della rimessione della querela, ex art. 152 c.p.. Dal processo verbale dell’udienza, 18.4.05, svoltasi alla presenza dell’imputato, non risulta alcuna formale manifestazione di volontà della persona offesa di rimettere la querela. La pretesa che, pur in assenza di formale verbalizzazione, ex art. 340 c.p.p., di espressa manifestazione della volontà di desistere dalla richiesta di punizione, debba ritenersi realizzato, nel corso dell’udienza suddetta, un comportamento di remissione tacita è in ingiustificato contrasto con la lettera della norma di legge e con la sua consolidata interpretazione. E’ difatti pacifico che la forma tacita di remissione di querela è prevista soltanto per remissione extraprocessuale, laddove risulti un comportamento del querelante univocamente incompatibile con la volontà di persistere nell’istanza puritiva. Pertanto, in maniera formalmente e sostanzialmente corretta, il giudice di appello, a seguito della nuova qualificazione giuridica del fatto, a norma dell’art. 624 c.p., pur in presenza dell’incerto comportamento della M., ha concluso il giudizio di primo grado con l’affermazione di responsabilità del R., ritenendo insussistente alcuna rimessione della querela.

Il ricorso va rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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