Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 16-03-2011) 22-06-2011, n. Reato continuato e concorso formale 25182

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 27.10.09, la corte di appello di Trieste, in parziale riforma della sentenza 7.11.06 del tribunale di Tolmezzo, emessa nei confronti di Z.G., ha sostituito la pena di quattro mesi di reclusione con la multa di Euro 6.840.

Ha confermato la responsabilità dello Z., in ordine al reato di cui agli artt. 81 cpv e 479 c.p., per avere, in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, quale ufficiale giudiziario addetto al tribunale di Tolmezzo, falsamente attestato la notifica di 22 atti giudiziali ad avvocati del foro di Tolmezzo, in data 24.12.03 e di un atto giudiziario, in data 27.12.03 II difensore ha presentato ricorso per i seguenti motivi:

1. violazione di legge, in riferimento all’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e): la sentenza, anzichè dotarsi di un adeguato percorso argomentativo sotto il profilo di una compiuta ricostruzione dei singoli episodi di falso contestati, si è limitata a un giudizio complessivo di colpevolezza.

Il falso comunque risulta rientrare nella tipologia del reato innocuo, per la concreta inidoneità ad aggredire interessi da esso potenzialmente minacciati e la giurisprudenza ha affermato la sua irrilevanza penale quando il falso, pur astrattamente idoneo a ingannare il pubblico, sia privo di qualsiasi concreta incidenza sulla sfera giuridica di terzi (sez. 5^ n. 421/2997). La non punibilità del falso innocuo viene ricondotta nella disciplina del reato impossibile, ex art. 49 c.p., ove la punibilità è esclusa quando, per inidoneità dell’azione o per l’inesistenza dell’oggetto, è impossibile l’evento dannoso o pericoloso.

Fatta questa premessa, il ricorrente sostiene, in relazione al suo concreto comportamento, la fondatezza della tesi sin qui espressa, secondo cui le relazioni di notifica degli atti processuali sono state predisposte dallo Z. prima di procedere alla materiale consegna delle copie al destinatario, allo scopo di abbreviare i tempi della consegna medesima, nella certezza di questa successiva fase operativa. L’aver compilato le relazioni di notifica nella certezza della loro successiva consegna alle persone in essa indicate non può che configurare falso innocuo, ben potendo lo Z. apportare nel momento dell’effettiva consegna qualsivoglia modifica.

Gli atti, posti sul suo tavolo, sono rimasti nella sua disponibilità e il loro inserimento, in sua assenza, nel casellario dell’ufficio, dove erano depositati gli atti notificati, è stato dovuto a iniziativa di altra persona, non identificata. L’enorme carico di lavoro gravante sull’ufficio notifiche, come è emerso nel corso dell’istruttoria dibattimentale, può avere indotto qualcuno a sistemare gli atti nelle caselle, prelevandoli dalla scrivania dello Z.. La testimonianza in senso contrario del collega esaminato non trova riscontro, in quanto altri dipendenti dell’ufficio hanno potuto inserire gli atti nell’improprio casellario.

2. violazione di legge in riferimento alla sussistenza dell’elemento psicologico.

La sentenza ha precisato che la fattispecie è punita a titolo di dolo generico, che si concreta nella volontarietà della dichiarazione falsa, con la consapevolezza del carattere non veritiero. Va rilevato che, secondo un condivisibile orientamento interpretativo, deve escludersi il dolo in caso in cui la falsità sia dovuta a leggerezza dell’agente e alla negligente applicazione di una prassi amministrativa.

Lo Z. compilava in precedenza la relazione di notifica con l’intento di procedere subito dopo alla consegna e per velocizzare il lavoro. Quindi, nel momento in cui compilava la relazione di notifica voleva certificare un’attività perfettamente conforme a quella che voleva porre in essere. La circostanza che le relazioni di notifica, nella duplice compilazione, siano rimaste sul tavolo dell’ufficiale giudiziario, accanto all’ingente mole di atti da notificare, e che l’imputato non abbia formato una cartella, non abbia allegato un avviso degli atti in questione, o ancora barrato la relata di notifica, configura una negligenza e come tale inidonea a configurare il delitto.

I motivi sono manifestamente infondati in quanto propongono una serie di critiche a valutazioni fattuali e a corrette qualificazioni giuridiche delle sentenze di primo e di secondo grado, che hanno scolpito la responsabilità dello Z., con piena fedeltà alle risultanze processuali e con la loro razionale interpretazione, seguendo un uniforme apparato logico argomentativo e costituendo, così, un risultato organico e inscindibile.

L’incontestabile dato storico è costituito dall’accertata attestazione della notifica di 23 atti giudiziali a diversi avvocati del Foro di Tolmezzo, i cui destinatari hanno escluso di averli ricevuti nella data ivi segnata.

Nelle relazioni di notifica compaiono tutti gli elementi che le rendono pienamente attestative della consegna degli atti, da parte dell’ufficiale giudiziario, nella data segnata, al destinatario o a un determinato soggetto, legittimato a riceverli.

.Questa funzione attestativa e la coeva idoneità a creare un affidamento nella pubblica fede rendevano gli atti idonei ad adempiere la funzione ad essi deputata e correlativamente rendono operativa la tutela penale ex art. 479 c.p.. L’attestazione della consegna non solo al destinatario, ma ipotizzando la sua assenza, ad un diverso consegnatario, unitamente alla data e alla sottoscrizione dimostrano non già un’attività propedeutica al compimento dell’atto ma il suo completo compimento, avente piena efficacia giuridica.

Correttamente, i giudici di merito hanno rilevato che la tesi della predisposizione di una parte della relazione, finalizzata a una razionale scansione temporale della completa scrittura, potrebbe essere convincente, ove alla apposizione del timbro della relazione, alla scrittura negli spazi predisposti, alla confermata previsione dell’assenza del destinatario e della presenza di un determinato consegnatario non fosse seguita l’apposizione della data e della firma del pubblico ufficiale. Questi ulteriori elementi hanno reso idoneo l’atto di notifica ad acquisire rilevanza esterna, sotto il profilo della decorrenza degli effetti processuali della notifica medesima. La corte di appello ha anche riportato – a conferma della già sufficiente affermazione della perfezione ed efficacia di queste notifiche – l’evento narrato dall’avvocatessa Silvia Fantinel – la prima a dare pubblicità al metodo dello Z. – che, a causa dell’infedele notifica, era decaduta dal diritto di impugnare un decreto penale, per decorrenza del termine. Le sentenze di merito hanno inoltre dimostrato, mediante una serrata e minuziosa ricostruzione dei tempi e dei segmenti operativi della notifica, l’assenza di un apprezzabile "risparmio" del metodo operativo praticato dal ricorrente.

Al di là della evidente consapevolezza dello Z. di produrre danni ai difensori, che avrebbero subito, in maniera inconsapevole, l’effetto del trascorrere dei termini, i giudici di merito hanno correttamente riconosciuto la sussistenza dell’elemento psicologico, nell’ipotesi del dolo generico, consistente nelle incontestabili consapevolezza e volontà di attestare falsamente le inesistenti notifiche.

La testimonianza del collega di ufficio ha poi escluso sia la propria iniziativa di prelevare dal tavolo del ricorrente gli atti con la notifica "a futura memoria" e di inserirli nel casellario per gli avvocati, sia l’esistenza della prassi, invocata dallo Z., della coincidenza e contemporaneità della predisposizione del completamento in ufficio dell’atto di notifica. Nessuna leggerezza dell’agente e nessuna negligenza nell’applicazione di una prassi amministrativa sono state quindi riconosciute ai fini dell’esclusione dell’elemento psicologico del reato. Nè alcun dato probatorio è emerso che possa dare una sia pur minima consistenza dell’intervento di altro sconosciuto collega nella gestione degli atti giudiziari, affidati allo Z..

L’esistenza di questo tertium genus degli atti pre-notificati, in aggiunta a quello degli atti notificati e degli atti non notificati, come prodotto non del caso, ma di un arbitrario programma di notifica apparente, è dimostrato dalla sentenza della corte di merito, laddove richiama il caso dell’avvocatessa Catturino, predestinata come apparente consegnataria per la data 27.12.03, che fu invitata, in quello stesso giorno, a non recarsi nell’ufficio, mentre l’atto fu poi ritirato il successivo giorno 30 da un collega. Questo preciso quadro storico – giuridico e l’incontestabile linearità del percorso giustificativo della decisione conducono a valutare le censure formulate dall’imputato manifestamente infondate.

Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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