T.A.R. Toscana Firenze Sez. II, Sent., 27-06-2011, n. 1085 Misure di prevenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato il 1 – 2 ottobre 2009, e depositato il 26 ottobre successivo, F.A. proponeva impugnazione avverso il decreto del 6 aprile 2009, con cui il Prefetto di Arezzo, in sede di ricorso gerarchico, aveva confermato il provvedimento questorile che aveva impartito ad esso A. l’ordine di rimpatrio con foglio di via obbligatorio dal territorio del Comune di Lucignano, facendogli divieto di rientrarvi per il periodo di tre anni. Il ricorrente, affidate le proprie doglianze a un unico motivo in diritto, concludeva per l’annullamento dell’atto impugnato, previa sospensiva.

Costituitesi in giudizio la Prefettura e la Questura di Arezzo, con ordinanza del 5 – 6 novembre 2009 il collegio accordava al ricorrente la misura cautelare richiesta.

Nel merito, la causa veniva discussa e trattenuta per la decisione nella pubblica udienza del 30 marzo 2011.

Motivi della decisione

L’impugnazione è diretta contro il decreto del 6 aprile 2009, mediante il quale il Prefetto di Arezzo ha respinto il ricorso gerarchico proposto da F.A., odierno ricorrente, nei confronti del foglio di via obbligatorio dal territorio del Comune di Lucignano, con divieto triennale di rientro, comminatogli dal Questore di Arezzo. Il provvedimento questorile trae occasione

dall’arresto dell’A., il quale – già destinatario di numerose denunce penali per reati anche di rilevante gravità – era stato sorpreso da personale della Polstrada di Battifolle, lungo un tratto autostradale ricadente appunto nel Comune di Lucignano, a bordo di un’autovettura di provenienza furtiva ed in possesso di certificato e contrassegno assicurativi falsi, nonché di un assegno bancario di ignota provenienza.

Con l’unico motivo di gravame, rubricato "Eccesso di potere per omissione e carenza di istruttoria. Irragionevolezza ed illogicità grave e manifesta. Eccesso di potere per difetto di motivazione. Violazione di legge in relazione all’art. 1, 2 e 3 L. 1423/1956 nonché art. 3 L. 327/1988", il ricorrente afferma in primo luogo che la notizia di reato relativa all’arresto da lui subito il 14 agosto 2008 per il possesso dell’autovettura rubata sarebbe stata archiviata per infondatezza già nel febbraio 2009, mentre non esisterebbero procedimenti penali relativamente agli altri fatti contestatigli nella medesima occasione; la stessa denuncia per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, menzionata sia nell’impugnato provvedimento prefettizio, sia nel pregresso provvedimento questorile, sarebbe stata superata dal successivo proscioglimento in giudizio, ed un precedente episodio di possesso di una patente di guida di provenienza furtiva e falsificata, anch’esso menzionato nel decreto prefettizio, non avrebbe in realtà condotto ad alcuna condanna penale. Da ciò, l’insufficienza degli elementi addotti dalle amministrazioni procedenti al fine di fondare l’appartenenza dell’interessato ad una delle categorie di soggetti pericolosi per la sicurezza pubblica di cui alla legge n. 1423/56.

Sotto un diverso profilo, l’A. deduce quindi l’irragionevolezza della misura adottata nei suoi riguardi, posto che il suo arresto all’interno del territorio di Lucignano sarebbe imputabile ad una mera casualità, e che non vi sarebbe alcun collegamento tra la condotta (infondatamente) addebitatagli e quel territorio.

Le censure meritano accoglimento.

È noto che l’adozione delle misure di prevenzione disciplinate dalla legge n. 1423/56 postula un giudizio di tipo prognostico circa la pericolosità di un determinato soggetto per la sicurezza pubblica, e che tale giudizio, di natura eminentemente discrezionale, non esige il preventivo accertamento di condotte delittuose da parte dell’interessato, ma ben può basarsi su presunzioni o indizi, purché desunti da comportamenti che assumano un significato di tendenziale pericolosità. Nella specie, tuttavia, il principale elemento a carico del ricorrente A. – vale a dire l’arresto del 14 agosto 2008 – deve reputarsi venuto meno a seguito dell’archiviazione del procedimento penale disposta dal G.I.P. presso il Tribunale di Reggio Emilia in conformità alla richiesta del Pubblico Ministero, essendo emersa dalle indagini penali l’infondatezza della notizia di reato relativamente alla pretesa ricettazione dell’autovettura. Tale circostanza, verificatasi anteriormente alla decisione del ricorso gerarchico, determina una radicale modifica del quadro indiziario preso in considerazione dalla Prefettura, inficiando alla radice il giudizio di pericolosità condotto nei confronti dell’A.; e questo a maggior ragione ove si abbia riguardo al fatto che nessun seguito penalmente rilevante risultano aver avuto le contestazioni inerenti il possesso di contrassegni assicurativi falsi e di un assegno bancario di provenienza ignota, della cui attendibilità – in mancanza di qualsivoglia riscontro obiettivo – è lecito dubitare. A conclusioni diverse non conducono, del resto, i pur numerosi precedenti penali dell’A., l’ultimo dei quali è di quasi tre anni precedente all’episodio dell’arresto in autostrada e si riferisce a fatti del 1996, mentre la stessa denuncia per associazione a delinquere di stampo mafioso – che fa dell’A., per sua stessa ammissione, il legittimo destinatario di "maggiori e più attente cautele" (si veda la domanda di riparazione per ingiusta detenzione, in atti) – risale all’anno 2002, e non può pertanto considerarsi di per sé sola rivelatrice di pericolosità attuale.

Si aggiunga che né il Questore, né il Prefetto, hanno chiarito a quale delle categorie di soggetti pericolosi, ai sensi dell’art. 1 della legge n. 1423/56 cit., apparterrebbe il ricorrente, di modo che anche in ordine a tale aspetto – indefettibile, al pari del giudizio sulla pericolosità – la motivazione dell’atto impugnato si rivela carente, non permettendo sul punto adeguate difese. Con riferimento, poi, al contenuto specifico della misura di prevenzione concretamente adottata nella fattispecie, una volta rimosso il primo e fondamentale presupposto del provvedimento impugnato cade, altresì, la possibilità di riferire al territorio del Comune di Lucignano le condotte dell’A. ritenute pericolose, il che vizia il provvedimento impugnato sotto il profilo del difetto di proporzionalità, a prescindere dalla originaria insussistenza di siffatto collegamento, come eccepita dal ricorrente.

In forza di tutto quanto precede, l’impugnato decreto prefettizio del 6 aprile 2009 deve essere annullato. Le spese di lite seguono la soccombenza, e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso, e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.

Condanna le amministrazioni resistenti alla rifusione delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 2.000,00, oltre al rimborso forfettario delle spese generali, ad I.V.A. e C.P.A. come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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