T.A.R. Umbria Perugia Sez. I, Sent., 27-06-2011, n. 189

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Nel 2003, la ricorrente ha chiesto alla Regione Umbria, con riferimento all’avviso pubblico approvato con d.G.R. n. 783/2003, l’ammissione ai contributi erogati a valere sulla Misura 1.1.4. ("Insediamento giovani agricoltori") del Piano di Sviluppo Rurale 2000/2006, in relazione all’attività avviata nell’ambito della azienda agrituristica, sita a Scheggino, di cui è contitolare.

La domanda è stata ammessa al contributo con determinazione n. 7695 in data 15 settembre 2004.

Il contributo è stato erogato per un importo di euro 25.000 (nota prot. 161536 in data 20 ottobre 2004).

2. La d.G.R. n. 783/2003, per quanto attiene alle modalità di attuazione della Misura, richiede, tra l’altro, che il beneficiario del contributo mantenga, per l’intera durata dell’impegno assunto (nel caso della ricorrente, otto anni), i requisiti prescritti dalla disciplina della sovvenzione, tra i quali una redditività minima di (6 Unità di Dimensione Economica – U.D.E.).

Il requisito reddituale, qualora non posseduto al momento della presentazione della domanda, deve essere raggiunto entro il termine massimo di tre anni (articolo 5 del Reg. CEE 1750/1999), poi prolungato a cinque (d.G.R. n. 1507/2005 e n. 1397/2007, ai sensi dell’articolo 4, del Reg. CEE n. 817/2004). Pertanto, per la sovvenzione in questione, detto termine scadeva il 18 giugno 2008.

3. Con nota prot. 5179 (5190) in data 13 gennaio 2009, la Regione ha comunicato l’avvio del procedimento di "revoca" (rectius: decadenza) del contributo, per mancato raggiungimento del predetto requisito di dimensione economica dell’attività.

4. La ricorrente ha chiesto una proroga del termine per dimostrare il mantenimento degli impegni, fornendo le seguenti giustificazioni:

a) l’omissione, per mera dimenticanza, relativamente all’annata 2007/2008, del reddito dell’attività agrituristica (euro 8.512,00) e della connessa attività di pesca sportiva (18.550,00);

b) la riduzione del reddito, relativamente alle annate 2005/2006, 2006/2007 e 2007/2008, causata dalle piogge e dall’esondazione del Tevere del 26 e 27 novembre 2005, riconosciuti "evento eccezionale" con d.m. MiPAAF in data 7 febbraio 2007; inoltre, la conseguente qualificazione dell’area come ambito alluvionale (fascia "A" del Piano di assetto idrologico), ha impedito alcuni lavori programmati per potenziare l’attività agrituristica.

5. Con provvedimento prot. 175643 in data 12 novembre 2009, la Regione, non ritenendo le argomentazioni addotte dalla ricorrente idonee a giustificare il mancato integrale rispetto degli impegni assunti, ha disposto la "revoca" del contributo, ai sensi dell’articolo 4, u.c., della d.G.R. 783/2003, in quanto la ricorrente non ha raggiunto la redditività economica richiesta nel quinquennio dalla data di insediamento. Ciò, in particolare, affermando che:

– la richiesta di "esonero" non può essere accolta in quanto, dopo l’evento calamitoso del novembre 2005, l’azienda aveva a disposizione altre due campagne per raggiungere il requisito della dimensione economica;

– il segmento agrituristico dell’azienda fino a quel momento non era stato economicamente rilevante, tanto che non risulta tra i componenti del reddito indicati nella domanda di contributo; per la parte agricola, i danni non possono aver compromesso la redditività delle campagne successive;

– d’altra parte, il meccanismo di calcolo del reddito, basato sui redditi lordi standard delle colture praticate annulla l’effetto negativo dell’aumento delle spese per il ripristino delle opere danneggiate dalle piogge.

6. Con il ricorso introduttivo, la ricorrente (in proprio e quale compartecipe della S.a.s. titolare dell’azienda) impugna detto provvedimento, lamentando che la Regione avrebbe dovuto apprezzare le cause che avevano determinato il ridimensionamento degli originari progetti di sviluppo dell’azienda e la mancata crescita reddituale entro i termini originariamente previsti.

Deduce censure di violazione della d.G.R. n. 783/2003, difetto di istruttoria, illogicità manifesta e violazione della par condicio, argomentando sostanzialmente che:

– la richiesta non era rivolta ad ottenere l’esonero dall’impegno, bensì una proroga del relativo termine;

– non è stato considerato che gli effetti dell’evento calamitoso su un’azienda multifunzionale si producono negli esercizi successivi;

– la scelta di orientarsi verso l’attività di agriturismo, maturata dopo la presentazione della domanda, avrebbe consentito di raggiungere la redditività necessaria ma è stata penalizzata da un evento calamitoso, per cui sarebbe contrario alla ratio dell’incentivazione pretendere che l’imprenditore – pur di raggiungere il requisito entro il termine prefissato – faccia ricorso ad iniziative estemporanee e raffazzonate (come quella di ripristinare le colture agricole, utili a far quadrare i conti in base ad una redditività solo virtuale), anziché continuare a perseguire, entro tempi più lunghi, i progetti aziendali idonei a favorire un effettivo sviluppo dell’impresa;

– il mancato rispetto del requisito economico è dovuto alla mancanza di uno standard per la determinazione astratta del reddito da attività agrituristiche (analogo a quello esistente per le attività agricole tradizionali);

Deduce inoltre violazione dell’articolo 3 della legge 241/1990, per mancata indicazione del termine e dell’Autorità cui ricorrere.

7. Con nota prot. 4454 in data 12 gennaio 2010, la Regione le ha comunicato la determinazione n. 12083 in data 24 dicembre 2009, di diniego di revisione in autotutela della decadenza.

Nella determinazione negativa, vengono sostanzialmente riproposti i rilievi, già esternati, concernenti la riconducibilità a scelte imprenditoriali del mancato raggiungimento della redditività minima; inoltre, vengono eccepite: la tardività della richiesta di proroga (la circostanza di forza maggiore dell’esondazione è stata fatta valere solo dopo il rilievo dell’infrazione agli impegni assunti); l’irrilevanza, per omessa denuncia fiscale, dei redditi delle attività agrituristiche e di pesca sportiva degli anni 2004 e 2005; ed il contrasto di un’eventuale proroga con la disciplina comunitaria del contributo, ed in particolare con l’articolo 4, par. 2, del Regolamento CEE n. 817/2004.

8. Contro di essa, la ricorrente ha proposto motivi aggiunti, deducendo censure di violazione dei Regolamenti CEE n. 1257/1999 e n. 817/2004, carenza di istruttoria ed illogicità manifesta.

Sostiene, in sintesi, che la proroga avrebbe potuto essere concessa, e che anche i redditi non denunciati (per mero errore) avrebbero dovuto essere considerati dalla Regione.

9. La Regione Umbria si è costituita in giudizio e controdeduce puntualmente, anche eccependo il difetto di giurisdizione.

10. Il Collegio ritiene di dover sottolineare come la prospettazione della ricorrente si basi sull’assunto secondo il quale, la ricorrente ed i propri soci, dopo la presentazione della domanda di contributo, abbiano effettuato (con riferimento ad un nuovo piano di sviluppo aziendale, incentrato sull’attività agrituristica) investimenti di entità significativa, se rapportati ai redditi fino ad allora prodotti dall’impresa (essenzialmente, attraverso la tradizionale attività agricola). Così che l’evento calamitoso, non consentendo l’attuazione del piano secondo le modalità e nei termini prefissati – anche a causa della classificazione in fascia "A" (inedificabile), ad opera del Piano di assetto idrologico, del sedime dell’edificio destinato a ristoro turistico e a punto vendita dei prodotti aziendali – ma anzi imponendo di sopportare gli oneri per la reintegrazione dei beni aziendali danneggiati (per un valore, sostiene la ricorrente, di 190.000 euro, dei quali soltanto 27.000 indennizzati dalla Regione), ha anche impedito che entro il termine prefissato venisse raggiunta la redditività minima, richiesta dal bando a pena di revoca (decadenza) ed oggetto di impegno formale in sede di ammissione al contributo.

10.1. La Regione non contesta tale ricostruzione.

Sostiene però che i beneficiari del contributo, per evitare la decadenza (con obbligo di restituzione), avrebbero potuto ritornare all’assetto aziendale basato sulle coltivazioni agricole. E che, comunque, una proroga non sarebbe stata ammissibile, né è stata richiesta tempestivamente.

10.2. Si tratta a questo punto di stabilire quale considerazione eventi siffatti ricevano nell’ambito della disciplina dei contributi in questione.

E’ già stato sottolineato che, per il raggiungimento dei requisiti (obiettivi), le d.G.R. n. 1507/2005 e n. 1397/2007 hanno previsti il termine di cinque anni, che coincide con quello massimo consentito agli Stati membri dall’articolo 4, par. 2, del Regolamento n. 817/2004.

A fronte della relativa elasticità derivante dal termine predetto (abbastanza lungo, rispetto all’inizio dell’attività incentivata), non risulta che la disciplina comunitaria preveda espressamente la possibilità di prorogarlo.

La stessa ricorrente riconosce esplicitamente che il termine massimo previsto dal Regolamento n. 1750/1999 non è ordinatorio e gli Stati membri sono tenuti a rispettarlo in sede di attuazione.

La Regione ha inoltre sottolineato che il termine di cui dispongono i giovani agricoltori per adeguarsi ai requisiti di ammissibilità ai contributi non è stato fissato dai documenti attuativi del P.S.R., ma è contenuto nel documento di programmazione, e pertanto un’eventuale modifica dello stesso è soggetta ad approvazione da parte della Commissione europea, e non può essere disposta discrezionalmente dall’organo regionale incaricato dell’attuazione.

Dunque, disporre una proroga, ancorché limitata al caso specifico ed in considerazione di eventi specifici, equivarrebbe ad esercitare un potere non previsto, per di più in deroga alle disposizioni (anche comunitarie) che disciplinano la sovvenzione pubblica.

10.3. D’altra parte, la ricorrente non indica in base a quale disposizione, specifica o di principio, la regione avrebbe dovuto, o comunque potuto disporre una proroga.

Si limita ad invocare, genericamente, la causa forza maggiore derivante dall’alluvione, quale esimente dal rispetto del termine prefissato.

Ma, anche ipotizzando che quanto accaduto nel caso in esame potesse rilevare come causa di forza maggiore, e in questo modo evitare la sanzione della decadenza, occorre considerare che l’articolo 39, punto 2, del Regolamento n. 817/2004, stabilisce che "la notificazione dei casi di forza maggiore e le relative prove, accettate dall’autorità competente, vengono trasmesse per iscritto all’autorità competente entro dieci giorni lavorativi dal momento in cui l’imprenditore è in grado di provvedervi. Tale termine è prorogato di venti giorni lavorativi, purché tale possibilità sia prevista nel documento di programmazione". Ora (a parte il rilievo che il P.S.R. Umbria 2000/2006 non ha previsto detta ultima proroga del termine), la prima segnalazione dei danni derivanti dall’alluvione risulta effettuata dalla società della ricorrente in occasione della richiesta di indennizzo alla Regione, in data 30 marzo 2007 (come confermato anche in udienza, con riferimento ai documenti nn. 4 e 10 della produzione documentale).

Pertanto, anche ammettendo l’utilità della segnalazione, in quanto effettuata non nell’ambito del procedimento relativo al contributo per i giovani agricoltori e con gli strumenti ivi previsti (bensì in altro procedimento, avente diverse finalità), la segnalazione appare comunque tardiva rispetto al termine stabilito dall’articolo 39, citato.

10.4. Ad avviso del Collegio, quanto esposto – senza che si debba approfondire in concreto il nesso eziologico tra alluvione e redditività aziendale, oggetto di buona parte delle censure prospettate – evidenzia che l’accertamento del mancato raggiungimento del requisito entro il termine prefissato, non presupponeva – contrariamente a quanto sostiene la ricorrente – alcuna valutazione discrezionale, né riguardo all’entità del reddito, né riguardo alla regolarità della documentazione prodotta, e nemmeno riguardo alle cause – di forza maggiore o meno – alle quali poteva essere ricondotto lo scostamento dei risultati economici rispetto alle aspettative ed agli impegni assunti originariamente.

Ma, se ciò è vero, ne discende che la posizione del concessionario del contributo soggetto a decadenza, ha natura di diritto soggettivo.

Pertanto, la controversia esula dall’ambito di giurisdizione del giudice amministrativo ed il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Infatti, la giurisprudenza è consolidata nell’affermare che, in tema di riparto di giurisdizione in materia di sovvenzioni e contributi pubblici, rilevano i normali criteri di riparto, fondati sulla natura delle situazioni soggettive azionate, con la conseguenza che, qualora la controversia sorga in relazione alla fase di erogazione del contributo o di ritiro della sovvenzione sulla scorta di un addotto inadempimento del destinatario, la giurisdizione spetta al giudice ordinario, anche se si faccia questione di atti denominati come revoca, decadenza, risoluzione, purché essi si fondino sull’asserito inadempimento, da parte del beneficiario, alle obbligazioni assunte a fronte della concessione del contributo; il privato vanta invece una situazione soggettiva di interesse legittimo, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo, se la controversia riguarda una fase procedimentale precedente al provvedimento attributivo del beneficio, e se, a seguito della concessione del beneficio, il provvedimento sia stato annullato o revocato per vizi di legittimità o per contrasto iniziale con il pubblico interesse (cfr., da ultimo, Cass., civ., SS.UU., 27 dicembre 2010, n. 26129; Cons. Stato, VI, 24 gennaio 2011, n. 465; V, 17 gennaio 2011, n. 189; TAR Umbria, 23 giugno 2010, n. 383); con la precisazione che, laddove il rapporto inerisca ad un pubblico servizio, la giurisdizione esclusiva al giudice amministrativo preclude la divaricazione di tutela tra le due fasi del rapporto (cfr. Cons. Stato, VI, 19 gennaio 2011, n. 375; 3 febbraio 2011, n. 685).

11. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Umbria, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in 1.000,00 (mille/00) euro, oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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