Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 15-03-2011) 22-06-2011, n. 25106 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 18 ottobre 2010 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli, in funzione di Giudice per l’esecuzione, provvedendo sulla istanza di applicazione della continuazione in sede esecutiva presentata nell’interesse di T.S., ha riconosciuto, ritenute fondate e convincenti le argomentazioni difensive poste a base della richiesta, il vincolo della continuazione tra i fatti di reato dallo stesso commessi e di cui alle sette sentenze di condanna indicate in elenco allegato, richiamato quale parte integrante del provvedimento, con i reati di cui agli artt. 416 bis, 81, 110, 629, 56 e 628 e 610, aggravati dalla L. n. 203 del 1991, art. 7, oggetto della sentenza "principale" di condanna n. 2887/07 del 7 dicembre 2007.

Il Giudice, avuto riguardo alla "impressionante serialità delle condotte" e alla funzionalità delle stesse a garantire al condannato la reggenza efficace e diretta del clan di riferimento, ha determinato in quattro anni complessivi di reclusione la pena irroganda in continuazione, rispetto a quella irrogata con la sentenza n. 2887/07, e in quattordici anni di reclusione e Euro mille di multa la pena unica complessiva.

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l’anzidetto condannato che ne chiede l’annullamento sulla base di due motivi.

2.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c ed e), in relazione all’art. 125 c.p.p. e art. 132 c.p., la mancanza assoluta di motivazione in ordine alle modalità seguite per il computo della pena inflitta, deducendo che la pena complessiva è stata determinata prendendo a base, erroneamente, non la pena inflitta per il reato più grave, ma l’intera pena – già frutto di continuazione interna – di cui alla sentenza del 7 dicembre 2007. 2.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia l’assoluta illegittimità dell’ordinanza che ha indicato genericamente la pena finale complessiva omettendo di dar conto delle modalità della sua determinazione.

3. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato requisitoria scritta, concludendo per l’annullamento con rinvio dell’impugnato provvedimento.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato sussistendo la dedotta inosservanza della legge penale.

2. Questa Corte ha costantemente affermato che, nella rideterminazione, in sede esecutiva, della pena per la continuazione tra reati separatamente giudicati con sentenze ciascuna delle quali per più violazioni già unificate a norma dell’art. 81 c.p., il giudice dell’esecuzione deve dapprima scorporare tutti i reati che il giudice della cognizione abbia riunito in continuazione, individuare quello più grave e solo dopo operare, sulla pena come determinata immodificabilmente per quest’ultimo dal giudice della cognizione, autonomi aumenti per i reati satelliti, compresi quelli già riuniti in continuazione ed. interna con il reato posto a base del nuovo computo (Sez. 1 n. 38244 del 13/10/2010, dep. 29/10/2010, Conte, Rv.

248299; Sez. 1, n. 49748 del 15/12/2009, dep. 29/12/2009, Di Stefano, Rv. 245987; Sez. 1, n. 4911 del 15/01/2009, dep. 04/02/2009, Neder e altri, Rv. 243375).

E anche consolidata la giurisprudenza di questa Corte nell’affermare che il giudice dell’esecuzione deve dare conto dei criteri adottati per la rideterminazione della pena per applicazione della continuazione, in modo da rendere noti all’esterno non solo gli elementi che sono stati oggetto del suo ragionamento, ma anche i canoni adottati, sia pure con le espressioni concise caratteristiche dei provvedimenti esecutivi (Sez. 1, n. 23041 del 14/05/2009, dep. 04/06/2009, Di Risio, Rv. 244115; Sez. 1, n. 16691 del 22/01/2009, dep. 20/04/2009, Santaiti, Rv. 243168).

3. Di tali principi, che il Collegio condivide, non si è fatta applicazione nel caso di specie.

Il Giudice dell’esecuzione, infatti, dopo aver riconosciuto il vincolo della continuazione tra tutti i reati giudicati con otto sentenze di condanna a carico di T.S. e aver individuato la sentenza principale in quella di condanna per "il delitto di cui all’art. 416 bis e altro", ha ritenuto che la pena irroganda in continuazione – rispetto alla pena comminata con detta sentenza n. 2887 del 2007 – dovesse essere quantificata in complessivi quattro anni di reclusione, e che, per l’effetto, la pena finale andasse determinata in quattordici anni di reclusione ed euro mille di multa.

In tal modo è stata presa a base l’intera pena di cui alla sentenza n. 2887 del 2007, che già riuniva in continuazione più reati, ed è stato calcolato un aumento unico di pena, non meglio specificato, per tutti i reati, ritenuti oggetto delle ulteriori sette sentenze di condanna, senza scorporarsi la pena irrogata con l’indicata sentenza di condanna definitiva, individuarsi il reato più grave e la pena determinata per lo stesso con la medesima sentenza, e operarsi i singoli autonomi aumenti per ciascuno dei reati satelliti, sia oggetto della detta sentenza e già riuniti in continuazione con il reato individuato come più grave nel nuovo computo, sia oggetto delle separate sentenze di condanna.

4. L’omissione del detto scorporo di reati, unificati per continuazione in sede di cognizione, e l’omessa indicazione dei singoli aumenti di pena determinati per ciascun reato satellite e dei criteri comparativi adottati, che impedisce anche il controllo sulla correttezza dell’iter motivazionale in punto di trattamento sanzionatorio in executivis, integrano violazione di legge e vizio logico della motivazione e impongono l’annullamento dell’ordinanza con rinvio al G.i.p. del Tribunale di Napoli, che procederà a nuovo esame tenendo conto dei rilievi e dei principi di diritto sopra affermati.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al G.i.p. del Tribunale di Napoli.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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