Cass. civ. Sez. V, Sent., 09-11-2011, n. 23328 Poteri della Corte

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Commissione Tributaria Regionale della Lombardia – pronunciandosi, a seguito di appello principale della contribuente e incidentale dell’Ufficio, su un avviso di accertamento IRPEG-ILOR 1987 emesso nei confronti della Banca Provinciale Lombarda (ora San Paolo IMI) – confermava la ripresa fiscale in relazione a quattro rilievi dell’Ufficio e la dichiarava illegittima in relazione a dieci (riformando la sentenza di primo grado su un solo capo, concernente la ripresa a tassazione di costi per Euro 602.492,42, non suscettibili di imputazione specifica D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, ex art. 74, comma 2, ritenuta legittima dalla Commissione Tributaria Provinciale e annullata dalla Commissione Tributaria Regionale).

Avverso detta sentenza propongono ricorso per cassazione, in relazione ai capi di rispettiva soccombenza, tanto, in via principale, l’Amministrazione finanziaria (Agenzia delle Entrate e Ministero dell’Economia e delle Finanze), quanto, in via incidentale, la banca San Paolo IMI. Il ricorso dell’Amministrazione si fonda su due motivi.

Col primo motivo si denuncia la nullità della sentenza per inesistenza della motivazione, D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 36, comma 1, n. 4, (art. 360 c.p.c., n. 4); la ricorrente lamenta che dalla sentenza gravata non sarebbe possibile ricostruire le ragioni che hanno indotto il giudice a disattendere le argomentazioni dell’Ufficio in ordine alla inerenza delle spese oggetto dei rilievi contenuti nell’avviso di accertamento impugnato.

Col secondo motivo – relativo al solo capo con cui la Commissione Tributaria Regionale ha riformato la sentenza di primo grado in accoglimento dell’appello del contribuente – si denuncia il vizio di omessa e contraddittoria motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5) della statuizione di annullamento del rilievo dell’Ufficio relativo alla deducibilità di costi non suscettibili di imputazione specifica D.P.R. n. 597 del 1973, ex art. 74, comma 2; secondo la ricorrente, la motivazione sul punto della sentenza gravata – oltre a contenere affermazioni contraddittorie – sarebbe priva dell’esplicitazione degli elementi che consentirebbero di collegare ogni voce di costo ad un determinato ricavo imponibile, omettendo peraltro di dar conto delle argomentazioni svolte al riguardo nell’appello incidentale.

Anche il ricorso incidentale della banca San Paolo IMI si fonda su due motivi.

Col primo motivo – riferito alla statuizione con cui la Commissione Tributaria Regionale ha confermato i rilievi dell’Ufficio di indeducibilità delle spese non di competenza della gestione esattoriale (per L. 30.962.480) e di indeducibilità delle spese non di competenza per i compensi dei messi notificatori (per L. 17.180.714), si denuncia la violazione del D.P.R. n. 597 del 1973, art. 74, comma 1, (art. 360 c.p.c., n. 3) in cui sarebbe incorsa la sentenza gravata nell’affermare che dette spese si sarebbero potute detrarre nell’esercizio di competenza (anno d’imposta 1986), pur essendo pacifico che le relative fatture erano state rimesse alla banca dopo il 31.12.86.

Col secondo motivo, riferito alla statuizione con cui la Commissione Tributaria Regionale ha confermato il rilievo dell’Ufficio di indeducibilità delle erogazioni liberali effettuate in favore di taluni enti (per L. 94.500.000), si denuncia il vizio di insufficiente motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5) in ordine all’affermazione della sentenza gravata secondo cui la contribuente non avrebbe mai fornito l’elenco dei beneficiari di dette erogazioni e si assume che, al contrario, detto elenco era stato fornito all’Ufficio sin dal corso della verifica, come risultante dalla pagina 63 dell’allegato 5 al p.v.c. e ammesso dall’Ufficio alla pagina 13 delle controdeduzioni depositate in primo grado.

La causa è stata discussa alla pubblica udienza del 4.10.11, in cui il PG ha concluso come in epigrafe.

Motivi della decisione

Preliminarmente vanno riuniti il ricorso principale e quello incidentale.

Ancora in via preliminare si rileva l’inammissibilità del ricorso proposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. Quest’ultimo, infatti, non è stato parte del giudizio di secondo grado (a cui ha partecipato solo l’Ufficio locale dell’Agenzia delle entrate), cosicchè non ha alcun titolo che lo legittimi a partecipare al presente giudizio.

Quanto al ricorso dell’Agenzia, va disattesa l’eccezione della contro ricorrente secondo cui esso sarebbe inammissibile ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, per omessa esposizione dei fatti di causa;

l’esposizione dei fatti svolta in ricorso, ancorchè sintetica, è comunque sufficiente per consentire alla Corte di comprendere i termini della vicenda processuale e la portata delle doglianze della ricorrente.

Il primo motivo del ricorso principale è ammissibile e fondato.

Quanto all’ammissibilità, va disattesa l’eccezione di mancanza di autosufficienza, proposta della contro ricorrente. Con detto motivo, infatti, la ricorrente non lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c. per il mancato esame di talune sue domande od eccezioni, nè deduce l’insufficienza o contraddittorietà, ex art. 360 c.p.c., n. 5, della motivazione, ma censura l’assenza del requisito della sentenza previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, n. 4, ossia il requisito delle "concisa esposizione dei motivi di fatto e di diritto". La doglianza concerne dunque un vizio intrinseco dell’atto e, pertanto, il relativo scrutinio si esaurisce nell’esame del testo della sentenza gravata.

Quanto alla fondatezza del motivo, osserva la Corte che la motivazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale si risolve nella trascrizione del D.P.R. n. 597 del 1973, art. 74, comma 2 (primo capo della parte motiva), nell’esplicitazione del significato attribuito a detta disposizione (secondo capo della parte motiva) e, infine, nell’affermazione che "Dall’esame della documentazione prodotta per ogni voce di spesa e oneri individuati analiticamente il Collegio ritiene che le voci di spesa oggetto del recupero siano inerenti all’attività dell’Istituto bancario perchè produttivi di ricavi imponibili (terzo capo della parte motiva). E’ palese che tale motivazione è meramente apparente, perchè nè riporta il contenuto della "documentazione prodotta per ogni voce di spesa e oneri individuati analiticamente "nè indica i criteri seguiti dalla Commissione per giungere a ritenere che le voci di spesa di cui l’Ufficio contestava l’inerenza siano produttive di ricavi imponibili. Da tale motivazione risulta pertanto impossibile individuare concretamente tanto il thema decidendum (non emergendo dalla motivazione la natura delle spese in contestazione) quanto le ragioni poste a fondamento del dispositivo (vedi, in argomento, le sentenze di questa Corte nn. 3547/2002, 13990/2003, 25138/2005, 1573/2007).

Il primo motivo del ricorso principale va quindi accolto e la sentenza va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, in altra composizione, che dovrà motivatamente decidere su tutte le riprese fiscali che la sentenza gravata (confermando la decisione di primo grado per nove riprese e riformandola per la sola ripresa di Euro 602.492,42) ha annullato.

Resta conseguentemente assorbito il secondo motivo di ricorso principale. In proposito va precisato che, sebbene nell’esposizione del primo motivo la ricorrente richiami espressamente soltanto le riprese fiscali annullate in primo grado (sulle quali la sentenza gravata ha rigettato l’appello dell’Ufficio), l’unicità della motivazione sulla cui base la Commissione Tributaria Regionale ha, per un verso, respinto l’appello dell’Ufficio su dette riprese e, per altro verso, accolto l’appello della contribuente sull’ulteriore ripresa di Euro 602.492,42 implica che la censura di inesistenza (apparenza) di tale motivazione non può che essere intesa come riferita anche al capo della sentenza gravata con cui è stato accolto l’appello della contribuente; come peraltro confermato dai rilievi di carattere testuale che:

– nell’epigrafe del primo motivo di ricorso non vi è alcuna limitazione della censura a determinati capi della sentenza gravata;

– l’uso delle parole "inoltro" e "anche" nell’esordio del secondo motivo di ricorso ("La sentenza della Commissione Tributaria Regionale, inoltre, risulta viziata anche sotto il profilo") dimostra che tale motivo è aggiuntivo rispetto al primo.

Nemmeno, giova precisare, può accogliersi la tesi della contro ricorrente secondo cui, anche nella denegata ipotesi di ritenuta nullità della sentenza gravata per assenza di motivazione, il ricorso andrebbe comunque respinto, con correzione della motivazione ex art. 384 c.p.c., in relazione alla statuizione con cui la Commissione Tributaria Regionale, confermando la sentenza di primo grado, ha negato l’imponibilità degli interessi attivi su credito di imposta. Infatti – come già precisato nelle sentenze Cass. 4505/81, Cass. 6699/82, Cass. 2440/88 – il potere della Corte di Cassazione di correggere la motivazione della sentenza impugnata mantenendo fermo il dispositivo ai sensi del secondo comma dell’art. 384 cod. proc. civ. può essere esercitato allorquando, essendo conforme al diritto la decisione contenuta nel dispositivo, non lo sia la motivazione.

Pertanto, tale potere non sussiste nel diverso caso in cui sia denunziata l’omessa motivazione della sentenza impugnata, sia perchè esso non attribuisce alla Corte di cassazione la facoltà di operare un apprezzamento dei fatti e delle prove diverso da quello compiuto dal giudice del merito, sia perchè la mancanza della motivazione non consente di accertare se la pronuncia sul punto sia stata motivata da erronee considerazioni giuridiche o da valutazioni di fatto.

Passando all’esame del ricorso incidentale, è necessario esaminare paratamente i due motivi in cui esso si articola.

Con il primo motivo si censura l’affermazione della sentenza gravata secondo cui le spese per la gestione esattoriale 1986 (per L. 30.962.480) e i compensi per l’attività svolta dai messi notificatori nel 1986 (per L. 17.180.714) si sarebbero dovute dedurre nell’esercizio di competenza (1986) e non nell’esercizio successivo (1987). Secondo la ricorrente incidentale, poichè le fatture relative a tali spese sono pervenute alla banca solo dopo il 31.12.1986, la suddetta affermazione della Commissione Tributaria Regionale (sulla cui base è stata confermata la ripresa fiscale operata dall’Ufficio per l’esercizio 1987 con riferimento alla deduzione di dette spese) violerebbe il D.P.R. n. 597 del 1973, art. 74, comma 1 laddove dispone che ricavi, proventi, costi e oneri concorrono a formare il reddito d’impresa nell’esercizio di competenza "a meno che la loro esistenza non sia ancora certa o il loro ammontare non sia ancora determinabile in modo oggettivo, nel qual caso sono imputati al reddito del periodo d’imposta in cui si verificano tali condizioni". Il motivo è infondato, giacchè questa Corte ha già avuto modo di chiarire – con la sentenza n. 16819/07, resa con riferimento alla disposizione dettata dal D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 75, comma 1, TUIR (nel testo anteriore alla riforma di cui al D.Lgs. n. 344 del 2003), del tutto analoga, per quanto qui interessa, a quella del D.P.R. n. 597 del 1973, art. 74, comma 1 – che la possibilità per il contribuente di derogare al generale principio secondo cui le componenti positive o negative del reddito vanno imputate all’esercizio di competenza sussiste non già per il solo fatto che il creditore del contribuente non abbia quantificato la propria pretesa, ovvero non abbia emesso la fattura per le prestazioni erogate, ma solo quando tale quantificazione sia stata impedita da circostanze obiettive, la cui indicazione è posta a carico del contribuente al quale incombe l’onere di fornire la prova della certezza e determinabilità delle componenti negative del reddito.

Col secondo motivo di ricorso incidentale la contribuente censura, sotto il profilo dell’insufficienza della motivazione, l’affermazione della sentenza gravata secondo cui la contribuente non avrebbe fornito l’elenco degli enti beneficiari delle erogazioni liberali la cui deducibilità è stata contestata dall’Ufficio; secondo la ricorrente, detto elenco sarebbe stato fornito all’Ufficio sin dal corso della verifica – come risulterebbe dalla pagina 63 dell’allegato 5 al p.v.c. e dall’ammissione dell’Ufficio contenuta nella pagina 13 delle controdeduzioni dal medesimo depositate in primo grado – e la motivazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale (che proprio sull’assunto della mancata produzione dell’elenco dei beneficiari delle erogazioni liberali ha confermato il rilievo dell’avviso di accertamento) sarebbe viziata per non aver tenuto conto delle menzionate emergenze documentali.

Il motivo è inammissibile per carenza di autosufficienza.

Dalla pagina 6 del controricorso si apprende, infatti, che l’Ufficio aveva disconosciuto la deducibilità D.P.R. n. 597 del 1973, ex art. 60 delle erogazioni liberali effettuate in favore di taluni enti (per L. 94.500.000), in quanto i beneficiari sarebbero stati "privi della personalità giuridica o non avrebbero perseguito le finalità ivi indicatè"; la Commissione Tributaria Regionale ha confermato la ripresa fiscale operata dall’Ufficio, per non avere la contribuente "mai fornito l’elenco degli enti beneficiare (terzultimo cpv della motivazione della sentenza) di dette erogazioni; la ricorrente incidentale assume che detto elenco era stato fornito all’Ufficio e che ciò sarebbe stato desumibile dagli atti e denuncia il vizio di motivazione sul punto della sentenza gravata. Al riguardo si osserva che, ai fini della deducibilità delle erogazioni liberali, non è sufficiente che i beneficiari siano identificati, ma è necessario che essi posseggano determinati requisiti; la ricorrente incidentale pertanto, per mettere la Corte in condizione di apprezzare la decisività del punto su cui lamenta il vizio di motivazione della sentenza gravata (la comunicazione dell’elenco degli enti beneficiari) avrebbe dovuto, per il principio di autosufficienza del ricorso, indicare quali fossero questi enti, precisare se essi possedessero i requisiti fissati dal D.P.R. n. 597 del 1973, art. 60 chiarire in quali atti del giudizio di merito fosse stato dedotto e provato il possesso di tali requisiti; il mezzo di ricorso non contiene tali indicazioni e, pertanto, la Corte non è messa in condizione di valutare la decisività del punto su cui si denuncia l’insufficienza della motivazione; da qui l’inammissibilità del motivo.

In definitiva si deve accoglier il primo motivo del ricorso principale, dichiarando assorbito il secondo, e per l’effetto cassare, con rinvio, la sentenza gravata; va poi rigettato il ricorso incidentale, per l’infondatezza del primo motivo e l’inammissibilità del secondo.

Si compensano le spese tra la contribuente e il Ministero e si rimette al merito la regolazione delle spese tra la contribuente e l’Agenzia delle Entrate.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi principale ed incidentale, dichiara inammissibile il ricorso del Ministero dell’Economia e Finanze e compensa le spese tra la contro ricorrente e il Ministero;

pronunciando sui ricorso principale dell’Agenzia delle Entrate, accoglie il primo motivo e dichiara assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, in altra composizione, che regolerà anche le spese del giudizio di legittimità;

rigetta il ricorso incidentale della contro ricorrente.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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