Cons. Stato Sez. V, Sent., 28-06-2011, n. 3863 Interesse a ricorrere

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Il Comune di Afragola ha affidato alla società E. E. s.r.l. il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani per un periodo di tre anni con determinazione dirigenziale n. 45 del 21.3.2008, a seguito della quale veniva stipulato il contratto rep. 3168 del 29.4.2008.

Successivamente, con nota prot. n. 31455 del 25.11.2008, detto Comune ha comunicato ad essa società l’avvio del procedimento di risoluzione del contratto, contestandole varie inadempienze, e poi, dopo aver disposto la risoluzione del contratto stesso per inadempimento con determinazione dirigenziale n. 76/C del 15/5/2009, ha indetto una procedura negoziata per l’affidamento del servizio per un periodo di sei mesi con determinazione dirigenziale n. 87/C del 3.6.2009.

La suddetta società ha allora proposto ricorso giurisdizionale presso il T.A.R. Napoli, per l’annullamento della deliberazione da ultimo indicata e dei provvedimenti presupposti, nonché, a seguito da motivi aggiunti, in particolare della determinazione dirigenziale prot. n.120 del 30.6.2009 del settore A/T, con la quale il Comune di Afragola ha disposto l’aggiudicazione definitiva di detto servizio.

Con la sentenza in epigrafe indicata detto T.A.R. ha respinto il gravame.

Con il ricorso in appello in esame detta società ha chiesto l’annullamento o la riforma di detta sentenza, deducendo i seguenti motivi:

1.- Error in judicando, difetto di motivazione e difetto di istruttoria.

Sarebbe incondivisibile l’assunto del Giudice di prime cure che la mancata assegnazione da parte del Comune dell’ecocentro non valeva ad escludere le inadempienze, atteso che comunque le carenze organizzative di cui l’Amministrazione si sarebbe resa responsabile avevano inciso sulle modalità di esecuzione del servizio, condizionando l’attività dell’appellante e che la aggiudicataria non avrebbe potuto individuare l’area da destinare ad ecocentro in assenza di una coerente destinazione urbanistica del sito e di un formale provvedimento di assegnazione da parte del Comune.

Con atto depositato il 15.6.2010 si è costituito in giudizio il Comune di Afragola.

Con memoria depositata il 28.6.2010 il costituito Comune ha dedotto la infondatezza dell’appello, concludendo per la reiezione.

Con ordinanza 7 luglio 2010 n. 3166 la Sezione ha respinto la istanza di sospensione della efficacia di detta sentenza.

Con memoria depositata il 17.11.2010 parte appellante ha ribadito tesi e richieste.

Con memoria depositata il 28.11.2010 l’Amministrazione resistente ha contestato in particolare alcuni assunti di controparte ed ha ribadito tesi e richieste.

Alla pubblica udienza del 3.12.2010 il ricorso è stato trattenuto in decisione alla presenza degli avvocati delle parti come da verbale di causa agli atti del giudizio.

Motivi della decisione

1.- Con il ricorso in appello in esame la E. E. s.r.l. ha chiesto l’annullamento della sentenza in epigrafe indicata con la quale è stato respinto il ricorso proposto per l’annullamento della determinazione dirigenziale n. 87/C del 3.6.2009, della lettera di invito, del capitolato, della relazione istruttoria richiamata nel provvedimento e della determinazione dirigenziale n. 76/C del 15.5.2009; con la sentenza sono stati respinti anche i motivi aggiunti proposti per l’annullamento della determinazione dirigenziale prot. n.120 del 30.6.2009 del settore A/T, di tutti i verbali di gara, della nota prot. n. 452/T.A. del 30.6.2009 e della determinazione n. 76/C del 15.5.2009, di risoluzione del rapporto contrattuale con la società E. E..

2.- Con l’unico, complesso, motivo di appello è stato in primo luogo dedotto che la unilaterale interruzione da parte del Comune del vincolo negoziale è stata giustificata dall’essere state poste in essere dalla società appellante varie inadempienze (mancata comunicazione dell’elenco dei mezzi e delle attrezzature impiegati entro sei mesi dalla aggiudicazione, inadeguatezza degli stessi, nonché mancata fornitura di 260 campane per la raccolta del vetro e di sacchetti da destinare all’utenza domestica e ripetuti disservizi) di entità tale da precludere il raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata previsti nel capitolato.

L’Amministrazione non avrebbe tuttavia tenuto nel debito conto della circostanza che nelle more si erano verificate situazioni emergenziali, del fenomeno dell’abbandono dei rifiuti lungo le strade cittadine (anche da Comuni limitrofi), della circostanza (rappresentata all’Amministrazione con nota prot. n. 709/2008/UGA del 18.9.2008) che gli impianti di smaltimento avevano imposto la limitazione di 85 tonn./giorno e che l’impianto CDR di Caivano era stato chiuso, nonché di inadempienze organizzative da parte del Comune (come la mancata consegna alla appellante dell’ecocentro, che non ha consentito l’innalzamento della percentuale di raccolta differenziata); ciò troverebbe riscontro in relazioni redatte dagli ispettori del servizio Ecologia e tutela ambientale del Comune.

Sarebbe quindi incondivisibile l’assunto del Giudice di prime cure che la mancata assegnazione dell’ecocentro non valeva ad escludere le inadempienze, atteso che comunque le carenze organizzative di cui il Comune si sarebbe reso responsabile avevano inciso sulle modalità di esecuzione del servizio, condizionando l’attività dell’appellante.

In secondo luogo la E. E. s.r.l. ha dedotto che la gravata decisione non sarebbe corretta laddove ha rilevato che, secondo le prescrizioni del capitolato, l’area sulla quale installare l’ecocentro doveva essere di proprietà (o in fitto) della ditta aggiudicataria, senza considerare che la clausola prevedeva anche l’avvio da parte del Comune della progettazione e realizzazione di una apposita isola ecologica nel territorio comunale da concedere in locazione. La aggiudicataria non avrebbe invero potuto arbitrariamente individuare l’area da destinare ad ecocentro in assenza di una coerente destinazione urbanistica del sito e di un formale provvedimento di assegnazione da parte del Comune.

2.1.- Ritiene il Collegio che le affermazioni dell’appellante circa l’addebitabilità al Comune della responsabilità di carenze organizzative che avevano inciso sulla regolarità della esecuzione del servizio, non appaiono idonee a giustificare la riforma sul punto della impugnata sentenza, considerato che (a prescindere dal rilievo che sono state contestate con il motivo in esame sono solo alcune delle plurime inadempienze che la Amministrazione ha ritenuto che giustificassero la risoluzione del contratto) l’abbandono dei rifiuti lungo le strade cittadine, la limitazione di 85 tonn./giorno imposta dagli impianti di smaltimento e la chiusura dell’impianto CDR di Caivano non è stato provato che fossero fenomeni di entità tale da giustificare pienamente la mancata attivazione della frazione organica e del vetro secondo le previsioni del capitolato, solo nel qual caso le circostanze avrebbero potuto comportare la illegittimità, sul punto della impugnata determinazione.

Quanto alla mancata consegna alla appellante dell’ecocentro, va osservato che il capitolato prevedeva l’area sulla quale installarlo doveva essere di proprietà (o in fitto) della ditta aggiudicataria, nonché che, solo in caso di utilizzo dell’ecocentro comunale avrebbe dovuto essere concordato con il Comune un canone di fitto.

La clausola va interpretata nel senso che la aggiudicataria doveva essere proprietaria o affittuaria di un terreno con consona destinazione urbanistica, sicché la circostanza che si fossero verificati ritardi nella realizzazione dell’ecocentro comunale non comportava il venir meno della ascrivibilità alla appellante delle inadempienze al riguardo contestarle, atteso che l’utilizzo dell’ecocentro comunale era una alternativa che non escludeva che, comunque, in assenza della disponibilità dell’ecocentro di realizzazione comunale, la aggiudicataria dovesse avere nella sua disponibilità un luogo adeguato per accogliere l’installando ecocentro, sia che fosse terreno di proprietà o in fitto.

Le censure in esame non possono quindi essere positivamente valutate.

3.- La sentenza impugnata, secondo il motivo in esame, non ha neppure tenuto conto delle censure rivolte alla relazione istruttoria (richiamata a dimostrazione della legittimità dell’atto impugnato), posta a base del provvedimento di risoluzione, con riferimento alla contestazione di scarso raggiungimento in termini percentuali di raccolta differenziata, riguardo alla quale era stato contestato sia che la stessa non era imputabile alla appellante (perché il Comune, oltre a non procedere alla consegna dell’ecocentro ed alla stipula delle convenzioni, aveva stravolto le modalità ed i criteri della raccolta differenziata previsti nel Piano), sia che non erano state esplicitate le modalità di rilevazione di dette percentuali (riguardo alle quali l’art. 16, comma 8, del capitolato prevedeva un meccanismo di premialità – penalità determinato previo esame e parere di una Commissione di esperti all’uopo costituita) e le fonti da cui erano state ricavate.

3.1.- Osserva al riguardo la Sezione che dette censure non sono suscettibili di accoglimento, sia perché generiche, con riguardo all’asserito stravolgimento delle modalità e dei criteri di raccolta previsti nel Piano, e sia perché il contestato scarso raggiungimento in termini percentuali di raccolta differenziata non doveva essere doverosamente accertato attraverso il meccanismo di "premialità – penalità" previsto dall’art. 16 del capitolato (che era invero, esclusivamente volto, tramite la Commissione all’uopo costituita, alla mera verifica di esse premialità o penalità, ai fini dell’aumento o della riduzione del compenso contrattuale), essendo possibile, ai fini dell’accertamento della sussistenza dei presupposti per la risoluzione del contratto, procedere anche mediante altre modalità alla verifica del raggiungimento delle percentuali di raccolta differenziata previste.

4.- Né integrava, soggiunge l’appellante, una ipotesi di grave inadempimento e poteva incidere sugli obiettivi di raccolta differenziata la circostanza che gli automezzi impiegati non erano di sua proprietà (essendo stati acquistati con contratto di leasing), precludendo ciò al Comune la possibilità di esercitare opzione di acquisto degli stessi allo scadere del rapporto contrattuale.

Invero la clausola di cui all’art. 8, comma 9, del capitolato, che prevedeva la possibilità di esercizio della opzione (ma non che la ditta affidataria del servizio fosse anche proprietaria dei mezzi utilizzati), non sarebbe stata altro che una pattuizione accessoria prevedente l’esercizio di una facoltà e non costituente l’oggetto principale del servizio o adempimento essenziale ai fini della valutazione della corretta esecuzione del servizio e del raggiungimento degli obiettivi prefissati.

Se l’Amministrazione avesse manifestato la volontà di esercitare il riscatto la E. E. s.r.l. avrebbe potuto comunque acquisire la piena titolarità dei mezzi e poi trasferila al Comune.

Peraltro lo stato di emergenza esistente in zona aveva costretto la società ad utilizzare mezzi con capacità di carico superiore a quella richiesta dalla "lex specialis".

4.1.- Premette al riguardo il Collegio che il diritto di opzione previsto all’art. 8, comma 9, del capitolato non appare affatto una pattuizione accessoria ma un elemento che, se pure non era l’oggetto principale del servizio, si configurava di rilevante interesse per l’Amministrazione, perché la possibilità di esercitare opzione di acquisto degli automezzi impiegati dalla E. E. s.r.l. allo scadere del rapporto contrattuale, prevista dalla "lex specialis", non poteva essere condizionata dalla circostanza che, non essendo essi mezzi nella piena proprietà di essa società, la medesima, scaduto il contratto, avrebbe anche potuto non attivarsi per acquistare la proprietà dei mezzi stessi e poi trasferirla al Comune.

La circostanza che gli automezzi impiegati non erano di proprietà della appellante (che li aveva acquistati con contratto di leasing) era quindi idonea a porre in dubbio la possibilità concreta del diritto di opzione che invece avrebbe dovuto essere pienamente e certamente essere garantito al Comune.

Anche la censura in esame non è quindi suscettibile di accoglimento da parte della Sezione.

5.- Secondo la appellante la statuizione del Giudice di prime cure non sarebbe stata corretta nella parte in cui ha rilevato che, secondo il D.U.R.C. prot. n. 5746665 del 14/2/2009, la ditta non risultava in regola con il versamento dei contributi INPS ed INAIL, perché l’art. 38, comma 1, lett. i), del D. Lgs. n. 163/2006, individua nella violazione grave e definitivamente accertata delle norme in materia di contributi previdenziali ed assistenziali un motivo di risoluzione del contratto di appalto già stipulato ed esclude qualsiasi automatismo tra le risultanze del D.U.R.C. e l’adozione dei provvedimenti sanzionatori; né a conclusioni diverse potrebbe pervenirsi mediante richiamo alle previsioni del D.M. 24.10.2007, che reca la disciplina generale del D.U.R.C..

Erroneamente quindi il T.A.R. avrebbe attribuito rilievo alla situazione di irregolarità contributiva risultante da detto D.U.R.C., anche perché ne erano state contestate le risultanze ed era stata trasmessa documentazione comprovante la regolarità della posizione di E. E. s.r.l. nei confronti di detti Enti e il provvedimento non era motivato sulla gravità e definitività delle accertate violazioni.

5.1.- Osserva in proposito il Collegio che l’art. 38, comma 1, lettera i), del D. Lgs. n. 163/2006, prevede la esclusione dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, nonché la impossibilità di essere affidatari di subappalti e di stipulare i relativi contratti per i soggetti che non presentino la certificazione di cui all’articolo 17 della legge 12 marzo 1999, n. 68, salvo il disposto del comma 2.

Solo con riguardo alla doverosità di tale esclusione la giurisprudenza ha affermato la sussistenza dell’obbligo di valutare se le irregolarità riscontrate devono considerarsi gravi o non gravi (in relazione all’appalto o fornitura in questione o alla consistenza economica della ditta concorrente o ad altre circostanze) agli effetti dell’ammissione alla gara, come pure se sussistono procedimenti diretti a contestare gli accertamenti degli enti previdenziali riportati nel D.U.R.C., o condoni.

Tanto esclude che da detta disposizione possa farsi discendere il principio che l’esclusione dell’automatismo tra le risultanze del D.U.R.C. debba necessariamente estendersi alla adozione di qualsiasi provvedimento sanzionatorio dell’Amministrazione.

Il principio non era quindi applicabile al caso che occupa in cui il riferimento alle risultanze del D.U.R.C. (in cui era evidenziato che la società in questione non risultava in regola con il versamento dei contributi INPS ed INAIL) era finalizzato alla risoluzione del contratto in corso e non alle fattispecie di esclusione regolate da detta norma.

Comunque va considerato che il richiamo alle risultanze del DURC (che, anche se contestato era valido ed esistente) è stata solo una delle tante circostanze poste a base del provvedimento di risoluzione e non l’unica, sicché il rilievo attribuito dal Giudice di prime cure ad esse è stato del tutto marginale e la circostanza che l’Amministrazione non aveva tenuto conto della gravità ed effettività delle violazioni non sarebbe comunque idonea a sovvertire l’esito del giudizio.

6.- Aggiunge il motivo di appello in esame che erroneamente il T.A.R. avrebbe reputata infondata la censura formulata contro il provvedimento di indizione della procedura negoziata sfociata nella aggiudicazione del servizio alla controinteressata (basata sull’assunto che esso non è stato preceduto dalla comunicazione formale del ricettizio provvedimento di risoluzione del contratto e non poteva essere indetta una nuova gara in presenza di un vincolo negoziale ancora valido ed efficace) deducendo che il provvedimento di risoluzione, anche se non comunicato, era comunque valido ed esistente e poteva costituire il presupposto di determinazioni volte a regolare lo svolgimento del servizio in vista della prossima cessazione del rapporto.

In presenza di un vincolo negoziale ancora esistente ed efficace solo la imminenza della naturale scadenza di un rapporto contrattuale avrebbe potuto giustificare la individuazione di un nuovo contraente per assicurare continuità delle prestazioni.

Conclude l’appellante asserendo che la sentenza impugnata erroneamente avrebbe ritenuto infondata la censura secondo cui non sussistevano i requisiti di urgenza per utilizzare la procedura negoziata de qua, nell’assunto che, in base all’art. 57, co. 2, lett. c), del d. lgs n. 163 del 2006, la risoluzione del contratto con la società ricorrente rappresentava un evento imprevedibile per la stazione appaltante e non imputabile alla medesima (per quanto detto in ordine all’inadempimento della ricorrente), riguardando l’oggetto dell’appalto un servizio pubblico essenziale che non ammette interruzioni e la durata è limitata a sei mesi, in misura strettamente necessaria a soddisfare esigenze improcrastinabili a salvaguardia dell’interesse pubblico.

Detta norma consente il ricorso alla procedura negoziata solo quando sussiste estrema urgenza, risultante da eventi imprevedibili e si determina incompatibilità con i termini imposti dalle procedure aperte, mentre nel caso di specie il provvedimento di indizione della procedura negoziata non conteneva alcuna motivazione in tal senso, dando atto solo della sussistenza di attuali e concrete situazioni emergenziali creanti pericolo per la salute pubblica, cui porre rimedio con immediatezza.

6.1.- La Sezione reputa inammissibili per carenza di interesse le censure in esame, atteso che, riscontrata la legittimità del provvedimento di risoluzione adottato dalla Amministrazione, la parte appellante non ha interesse a contestare la legittimità del provvedimento di indizione della procedura negoziata per l’affidamento del servizio oggetto di risoluzione, perché questa è da ritenere del tutto autonoma rispetto al procedimento concretamente lesivo del suo interesse (che consiste nella risoluzione del contratto), sicché l’accertamento della sussistenza dei vizi di esso provvedimento di indizione (perché adottato anteriormente alla comunicazione della adozione del provvedimento di risoluzione e per mancata motivazione sulla sussistenza dei requisiti di urgenza derivanti da eventi imprevedibili) è del tutto ultroneo, perché, non essendo i dedotti vizi idonei a comportare l’annullamento del provvedimento di risoluzione, la parte appellante non potrebbe comunque ricavare dall’eventuale annullamento dello stesso alcun apprezzabile e concreto risultato.

7.- L’appello deve essere conclusivamente respinto e deve essere confermata la prima decisione.

8.- La complessità delle questioni trattate, nonché la peculiarità e la novità del caso, denotano la sussistenza delle circostanze di cui all’art. 92, II c., del c.p.c., come modificato dall’art. 45, XI c., della L. n. 69 del 2009, che costituiscono ragione sufficiente per compensare fra la parti le spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente decidendo respinge l’appello in esame.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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