T.A.R. Campania Napoli Sez. III, Sent., 28-06-2011, n. 3436 Bellezze naturali e tutela paesaggistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Con il ricorso in epigrafe, notificato il 3 aprile 2009 e depositato il successivo giorno 23, il ricorrente ha impugnato il decreto del 13 gennaio 2009 con il quale la Soprintendenza ha annullato l’autorizzazione paesaggistica rilasciata l’1.8.2008 dal Comune di Somma Vesuviana per la realizzazione di un capannone agricolo sul terreno sito alla via Zingariello dello stesso Comune.

Premette il ricorrente di essere proprietario di un fondo dell’estensione di 22.113 mq. ricadente in zona agricola e di aver chiesto in data 31.3.2006 il permesso di costruire un capannone agricolo per il quale ha ottenuto in data 1.8.2008 l’autorizzazione paesistica del Comune.

La Soprintendenza, dopo aver richiesto con nota del 23 settembre 2008 integrazioni documentali, e segnatamente la "dichiarazione dell’UTC circa la non difformità e/o non contrasto dell’intervento con le disposizioni della legge regionale n. 21 del 10.12.2003"; la "relazione illustrativa prevista dall’art. 159 comma 2 in merito agli accertamenti indicati dall’art. 146 comma 6 del d.lg. n. 42/2004"; il "posizionamento dell’ingombro dell’intervento sul rilievo fotografico satellitare"; la "tavola con l’individuazione delle limitrofe masserie (masseria Allocca, Masseria Resina, la cui strada in terra battuta costituisce confine del lotto ecc.), nonché documentazione fotografica delle interferenze visive corredata da apposita planimetria di riferimento dei punti di ripresa", è pervenuta all’impugnato annullamento del citato nulla osta comunale. In particolare, l’amministrazione statale ha evidenziato in motivazione che la relazione trasmessa non approfondisce il rapporto tra paesaggio e corpo di fabbrica, atteso che quest’ultimo "per tipologia e dimensioni, nonché per il numero di bucature praticate sui prospetti (24 tra finestre e porte finestre), per la lunghezza di 50 mt., per il tetto sul lato corto che si prolunga a sbalzo, si configura palesemente quale un ibrido tra capannone industriale e fabbricato per civile abitazione posto in prossimità del centro abitato". La Soprintendenza ha, inoltre, rilevato che il parere espresso dalla CEI è carente nella motivazione nella parte in cui ha trascurato "l’effettiva conformazione del fabbricato e del suo inserimento nel contesto e che l’intervento palesemente denota caratteristiche tipiche di aree di lottizzazione poste ai margini dei centri abitati". Dalle considerazioni che precedono l’amministrazione ha concluso che il Comune "ha decretato la compatibilità paesistica delle opere da realizzare sulla scorta di una documentazione carente e non conforme alla normativa vigente in materia".

A sostegno del gravame il ricorrente deduce i seguenti motivi:

1) violazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990 in quanto è stata omessa la comunicazione di avvio del procedimento;

2) violazione degli artt. 146 e 159 del d.lg. n. 42/2004, eccesso di potere per istruttoria erronea e per travisamento dei fatti, difetto di motivazione e illogicità manifesta in quanto

a) il decreto è stato adottato oltre il termine perentorio previsto dalla legge;

b) la richiesta di integrazione documentale era meramente dilatoria;

c) l’amministrazione invece di effettuare un controllo di legittimità della determinazione comunale ha sovrapposto la propria valutazione di merito a quella svolta dall’ente locale;

d) il fabbricato rispetta gli indici di fabbricabilità propri delle zone agricole;

e) il provvedimento non è sufficientemente motivato.

Si è costituito per resistere al ricorso a mezzo dell’Avvocatura distrettuale dello Stato il Ministero per i beni e le attività culturali.

La domanda di tutela cautelare è stata respinta con l’ordinanza n. 1191 del 14 maggio 2009.

Alla pubblica udienza del 26 maggio 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato e va respinto.

Oggetto della presente controversia è il decreto con il quale la Soprintendenza ha annullato l’autorizzazione paesaggistica rilasciata dal Comune di Somma Vesuviana per la realizzazione di un capannone agricolo.

Il provvedimento è stato adottato dall’organo statale dopo aver esaminato la documentazione trasmessa, su sua richiesta, dal Comune ed avente ad oggetto una serie di atti quali: 1. la relazione paesaggistica prevista dall’art. 159 comma 2, del d.l.g. n. 42/2004; 2. la tavola con il posizionamento dell’ingombro dell’intervento sul rilievo fotografico satellitare; 3. la tavola con l’individuazione delle limitrofe masserie, nonché la documentazione fotografica delle interferenze visive. In particolare, l’autorità statale ha constatato che la relazione paesaggistica di cui al citato art. 159 non ha approfondito il rapporto tra il corpo di fabbrica (di notevoli dimensioni (50 mt.) e dalla caratteristiche che lo rendono, a giudizio della Soprintendenza, un ibrido tra capannone industriale e fabbricato per civile abitazione) e il paesaggio. La Soprintendenza ha, soprattutto, ritenuto carente la motivazione del parere positivo espresso dalla CEI, che avrebbe trascurato "l’effettiva conformazione del fabbricato e del suo inserimento nel contesto" e il fatto che "l’intervento palesemente denota caratteristiche tipiche di aree di lottizzazione poste ai margini del centro abitato". La conclusione cui perviene l’amministrazione è che il Comune ha "decretato la compatibilità paesistica delle opere da realizzare sulla scorta di una documentazione carente" e non conforme alla vigente norma in materia".

Il ricorrente deduce in proposito (censura sub 2 c) che la Soprintendenza invece di effettuare un controllo di legittimità della determinazione comunale avrebbe sovrapposto la propria valutazione di merito a quella svolta dall’ente locale.

La censura non merita accoglimento.

La giurisprudenza di questo Tribunale ha affermato più volte il principio per cui il potere di annullamento ministeriale del nulla osta paesaggistico non deve comportare un riesame delle valutazioni tecnicodiscrezionali già compiute dall’ente locale. Nella fattispecie, ciò non si è verificato, atteso che l’organo statale ha riscontrato tipici vizi di legittimità dell’autorizzazione paesaggistica comunale quali il difetto di istruttoria e di motivazione. Come ha avuto modo di stabilire l’Adunanza Plenaria nella sentenza n. 9/2001, l’autorità che rilascia l’autorizzazione paesaggistica deve manifestare la piena consapevolezza delle conseguenze derivanti dalla realizzazione delle opere in relazione alle specifiche caratteristiche dei luoghi e verificare se l’intervento edilizio comporti una compromissione dell’area protetta, di guisa che la mancata valutazione di tali interessi e delle circostanze di fatto ovvero una motivazione non adeguata comportano l’illegittimità dell’autorizzazione paesaggistica per eccesso di potere (cfr. T.A.R. Toscana, Firenze, sez. III, 3 giugno 2009, n. 946).

Nel caso in esame i rilievi della Soprintendenza, certamente formulati in termini di legittimità, sono anche fondati, in quanto il parere della CEI non solo è carente dal punto di vista motivazionale ma si regge su un’istruttoria insufficiente. La Commissione si limita, infatti, ad affermare che il progetto rispetta la normativa vigente dettando l’unica prescrizione che intorno al manufatto vengano piantumate alberature tipiche del luogo atte a mitigare l’impatto ambientale dell’intervento. Tale laconica motivazione si basa a sua volta, come evidenziato dalla Soprintendenza, su una relazione paesaggistica nella quale si dichiara "che l’intervento ben si inserisce nel contesto circostante". In nessun caso è stato considerato in concreto l’impatto sul paesaggio del manufatto in questione avuto riguardo, in particolare, alle sue dimensioni e caratteristiche. L’organo statale rileva a questo proposito che si tratta di un manufatto di 50 metri che per tipologia e dimensione (presenta 24 bucature sul prospetto tra finestre e porta finestre) si colloca a metà tra un capannone industriale e un fabbricato per civile abitazione in modo tale da disvelare un intervento tipico delle aree di lottizzazione poste ai margini dei centri abitati. Non è rinvenibile nell’autorizzazione paesaggistica rilasciata dal Comune alcuna reale analisi dell’effetto sul paesaggio dell’immobile in questione di modo che ne risulta inficiata la conclusione di compatibilità ambientale dello stesso. Il fatto che il fabbricato rispetti gli indici di fabbricabilità propri delle zone agricole (censura sub 2 d) non è dirimenti ai fini del rilascio del nulla osta paesistico. E’, infatti, evidente che la conformità alla legislazione urbanistica ed edilizia non esime dalla valutazione di impatto ambientale.

Non sussiste nemmeno il dedotto vizio di difetto di motivazione del provvedimento impugnato (sub 2 e). Il decreto soprintendentizio indica chiaramente nella carenza di istruttoria e di motivazione le ragioni del disposto annullamento.

Il Collegio deve ora esaminare le doglianze relative ai presunti vizi procedimentali dell’atto impugnato e, segnatamente, l’omessa comunicazione di avviso del procedimento e, la violazione, con una richiesta di integrazione documentale pretestuosa, dei termini perentori fissati dalla legge per l’esercizio del potere di annullamento de quibus.

Quanto alla prima questione (violazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990) rileva il Collegio che pur non risultando dagli atti di causa che il Comune abbia comunicato al ricorrente, ai sensi dell’art. 159 del d.lg. n. 42/2004, la trasmissione del nulla osta paesaggistico alla Soprintendenza, quest’ultima ha, comunque, informato l’interessato (cfr. nota del 23 settembre 2009, prot. 18946) della propria richiesta di integrazione documentale consentendogli, quindi, di partecipare attivamente al procedimento. Sul punto la giurisprudenza, anche di questa sezione, ha evidenziato che l’obbligo di cui all’art. 7 della legge n. 241 del 1990 non può essere applicato meccanicamente e formalisticamente essendo volto non solo ad assolvere ad una funzione difensiva a favore del destinatario dell’atto conclusivo, ma anche a formare nell’Amministrazione procedente una più completa e meditata volontà, e pertanto si deve ritenere che il vizio derivante dall’omissione di comunicazione (di avvio del procedimento) non sussiste nei casi in cui lo scopo della partecipazione del privato sia stato comunque raggiunto o manchi l’utilità della comunicazione all’azione amministrativa(Cons. St., VI Sez., n. 1844/08; V, n. 6641/04 e n. 343/02). Ciò si verifica allorquando il soggetto inciso sfavorevolmente da un provvedimento non dimostri che, ove fosse stato reso edotto dell’avvio del procedimento, sarebbe stato in grado di fornire elementi di conoscenza e di giudizio tali da far determinare in modo diverso le scelte dell’Amministrazione procedente(cfr. in termini, Cons. St, IV Sez., nn. 1844 e 343 cit.; Sez. II, n. 1359/99)" (T.A.R. Campania, Napoli, sez. III 30 giugno 2010, n. 16494). Nella fattispecie, come visto, il ricorrente è stato posto in grado di partecipare al procedimento e, comunque, non ha evidenziato circostanze tali da far ritenere che l’esito del procedimento sarebbe potuto essere diverso.

Deve, infine, essere esaminato il motivo (articolato sub 2 a) e b) con cui si deduce la tardività del provvedimento impugnato, perché intervenuto oltre il termine perentorio di sessanta giorni previsto dall’art. 159 del d.lg. n. 42/2004 per l’esercizio da parte della Soprintendenza del potere di annullamento, tenendo conto del fatto che, a giudizio del ricorrente, la richiesta di integrazione documentale del 23 settembre 2008 sarebbe stata pretestuosa e meramente elusiva del termine in questione.

Il motivo è infondato.

In primo luogo, si rileva che non risulta provato in giudizio che la documentazione richiesta (1. relazione paesaggistica prevista dall’art. 159 comma 2, del d.l.g. n. 42/2004; 2. tavola con il posizionamento dell’ingombro dell’intervento sul rilievo fotografico satellitare; 3. tavola con l’individuazione delle limitrofe masserie, nonché la documentazione fotografica delle interferenze visive) fosse già in possesso dell’organo statale e, quindi, la stessa non può considerarsi inutile o pretestuosa. Né può sostenersi (cfr. p. 4 del ricorso), che la tipologia dei documenti richiesti sarebbe stata inconferente con il potere di controllo affidato all’organo statale (di sola legittimità e non di merito). E’, infatti, evidente, che proprio alla luce dei sopra ricordati principi, grava sull’amministrazione statale il dovere di esaminare, attraverso la pertinente documentazione, l’effettiva portata dell’intervento edilizio proposto al fine di verificare se l’autorità comunale ne abbia tenuto debitamente conto in sede istruttoria e di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica.

In secondo luogo, per costante orientamento giurisprudenziale il termine perentorio di 60 gg. previsto dalla legge per l’esercizio del potere di annullamento, decorre dalla ricezione da parte della Soprintendenza dell’autorizzazione rilasciata e della documentazione tecnico – amministrativa, sulla cui base il provvedimento è stato adottato; in caso di omessa o incompleta trasmissione di detta documentazione, il termine non decorre e la Soprintendenza può legittimamente richiedere gli atti mancanti (Cons. St., sez. VI, 4 settembre 2007, n. 4632). Inoltre è sufficiente che il provvedimento sia adottato, e non anche comunicato, entro sessanta giorni. Nel caso di specie, la Soprintendenza ha ricevuto l’integrazione documentale in data 19 novembre 2008 e il decreto è stato tempestivamente emesso in data 13 gennaio 2009.

In conclusione il ricorso va respinto.

2. Le spese, nei confronti delle parti costituite, seguono la soccombenza e trovano liquidazione in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sede di Napoli, Terza Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe (R.G. n. 2235/2009) lo respinge.

Condanna R.A. a rifondere al Ministero per i beni e le attività culturali le spese del giudizio che si liquidano in complessivi euro 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre maggiorazioni, I.V.A. e c.a.p., come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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