Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 08-06-2011) 23-06-2011, n. 25253 Determinazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con sentenza in data 23.11.2010 la Corte d’assise d’appello di Bari, in parziale riforma della pronuncia di primo grado resa in esito a rito abbreviato, riduceva la pena nei confronti di S. A., per i reati di omicidio volontario e detenzione e porto illegali di un’arma comune da sparo, in concorso di generiche e dell’attenuante della provocazione, ritenuta la continuazione tra tali reati, e con la riduzione per il rito, ad anni nove di reclusione, ferma ogni altra statuizione della sentenza di primo grado.- Il S. è imputato confesso di avere ucciso, a colpi di pistola, in (OMISSIS), C.M. con il quale poco prima aveva avuto un diverbio e che, in tale contesto, l’aveva aggredito. L’odierno ricorrente in sede di giudizio di secondo grado aveva rinunciato ad ogni motivo di gravame diverso dalla commisurazione sanzionatoria. La pena veniva così determinata dalla Corte territoriale: pena base, per il grave reato di omicidio, anni 24 di reclusione; ridotta ad anni 16 per la provocazione ed ulteriormente diminuita ad anni 12 per le generiche; pena aumentata quindi a titolo di continuazione con i reati in materia di armi ad anni 13 e mesi 6; infine abbattuta di un terzo ex art. 442 c.p.p., così da determinarsi l’anzidetta pena finale di anni nove di reclusione.

2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione l’anzidetto imputato che motivava l’impugnazione deducendo: immotivata e contraddittoria determinazione della pena base per l’omicidio nella misura massima edittale di anni 24, in presenza di elementi di più favorevole valutazione, quali la confessione e la riconosciuta provocazione.

3. Il ricorso, fondato nei termini di cui alla seguente motivazione, deve essere accolto. – Premesso che l’impugnazione attiene solo alla quantificazione sanzionatoria, ed in particolare alla determinazione della pena base per il più grave reato di omicidio volontario, rileva la Corte come effettivamente sussista il denunciato vizio di motivazione. Ed invero non può non essere rilevata la contraddittorietà dell’apparato giustificativo sul punto della commisurazione sanzionatoria che da un lato fissa la pena base nel massimo edittale di anni 24 di reclusione, dall’altro applica all’imputato l’attenuante della provocazione nella sua massima estensione di un terzo, e quindi le attenuanti generiche in misura comunque assai ampia. – Orbene, deve rilevarsi come – ancorchè non specificamente vietato ex lege – difficilmente si giustifica, sul piano logico, una contemporanea valutazione della stessa vicenda storica e dello stesso suo autore, che ponga la fattispecie, ex art. 133 c.p., ai gradi massimi di gravità e, nello stesso tempo, la connoti di profondi aspetti, positivamente considerati, di sensibile tenuità, tali da meritare così ampia – e pressochè massima possibile – riduzione del carico sanzionatorio. Tale rilevabile antinomia poteva essere superata, sul piano motivazionale, solo ove l’impugnata sentenza avesse adeguatamente esplicato, con analitica esposizione dei vari fattori di specifico apprezzamento, la possibile contemporanea presenza di elementi di segno contrario pur congruamente e non antinomicamente coabitanti nel coacervo valutativo, il che però – a tenore del testo del provvedimento impugnato – non è dato a sufficienza di leggere. In definitiva occorreva esporre quali elementi fattuali di condotta facessero ritenere il reato, in concreto, massima esplicazione di gravità soggettiva ed oggettiva, pur in presenza di ritenuta provocazione (che, di per sè, è circostanza attenuante di ben significativa rilevanza). Insomma: la riconosciuta presenza di attenuanti, tanto più se plurime e particolarmente significative, può coesistere con la pena base massima solo ove quest’ultima venga ampiamente, congruamente ed analiticamente motivata, non con frasi pressochè di stile, quali "le modalità della condotta", di per sè non risolutive del rilevato conflitto logico. Il che è espressione del principio generale logico-giuridico, già ritenuto da questa Corte, che impone motivazione rafforzata in presenza di aspetti di segno contrario.

Ovvero bisognava connotare la complessa valutazione sanzionatoria di maggiore coerenza nelle sue varie articolazioni, e quindi – fermo il resto, non impugnato – fissare la pena base in misura non corrispondente al massimo edittale.- Si impone pertanto annullamento con rinvio per una decisione, sul punto anzidetto, che tenga conto dei rilievi logico-giuridici qui formulati.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla misura della pena e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte d’assise d’appello di Bari.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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