Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 07-06-2011) 23-06-2011, n. 25233 Reati tributari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 21 settembre 2010, la Corte d’Appello di Genova riformava parzialmente la sentenza in data 22 ottobre 2007 con la quale, a seguito di giudizio abbreviato, il G.I.P. del Tribunale di quella città condannava B.G. per violazione del D.Lgs. n. 74 del 2000, artt. 2 e 8.

Avverso tale decisione il predetto proponeva ricorso per cassazione.

Con un unico motivo deduceva la violazione di legge, rilevando che sarebbe stato erroneamente applicato il disposto del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2 con riferimento al capo f) della rubrica, relativamente al quale egli figurava come concorrente nel reato quale coamministratore di fatto della Genova Ponteggi srl ed utilizzatore di fatture emesse dalla Ligur Ponteggi scarl per operazioni inesistenti e ciò in quanto, nel capo c), gli veniva contestata la violazione del cit. D.Lgs., art. 8 per avere, quale legale rappresentante della Ligur Ponteggi scarl, emesso le predette fatture nei confronti della Genova Ponteggi srl, così contravvenendo a quanto disposto dal D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 9 del il quale, derogando espressamente all’art. 110 c.p., stabilisce che "a) l’emittente di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e chi concorre con il medesimo non è punibile a titolo di concorso nel reato previsto dall’art. 2; b) chi sì avvale di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e chi concorre con il medesimo non è punibile a titolo di concorso nel reato previsto dall’art. 8".

Conseguentemente, avendo egli emesso le predette fatture, non poteva essere condannato per averle successivamente utilizzate e doveva essere mandato assolto dal reato contestatogli al capo f) della rubrica.

Insisteva, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.

Motivi della decisione

Occorre preliminarmente ricordare che la giurisprudenza di questa Corte (Sez. 3, n. 14862, 16 aprile 2010; Sez. 2, n. 24167, 3 giugno 2003) ha chiarito come il D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 9 sia finalizzato ad impedire che la medesima condotta possa essere punita due volte e, per tale ragione, esclude il concorso tra chi ha emesso la fattura e chi la utilizza. Tale esclusione, tuttavia, non opera in altre ipotesi rientranti nella disciplina ordinaria di cui all’art. 110 c.p. poichè, accedendo ad una diversa soluzione interpretativa, verrebbe a determinarsi la sostanziale impunità per la condotta, penalmente irrilevante, di chi pur avendo posto in essere comportamenti rientranti nella previsione del menzionato art. 110 c.p. non abbia fatto uso delle fatture, anche per mero accidente, come nel caso in cui gli accertamenti da parte dell’autorità competente intervengano prima della scadenza dei termini per la presentazione della dichiarazione. Si è ulteriormente specificato che, in un simile caso, tale soggetto, pur avendo concorso nella emissione delle fatture inesistenti con un ruolo di rilievo (ad esempio quale istigatore), non verrebbe sanzionato nè ai sensi dell’art. 8 quale concorrente nel reato, nè in base all’art. 2 a titolo di tentativo, in quanto il disposto dell’art. 6 non lo consente.

Ciò posto, se si tiene conto del fatto che la finalità perseguita dal legislatore con l’art. 9 è quella di impedire la duplice punizione di una medesima condotta, è a questa che deve farsi riferimento in concreto per delineare l’ambito di operatività della disposizione. Risulta così evidente che la condotta concretamente presa in esame dal citato articolo, comma 1, lett. b) è solo quella dell’utilizzazione delle fatture nella dichiarazione annuale (la ricezione delle quali costituisce per l’utilizzatore un antefatto penalmente irrilevante), mentre comportamenti diversi possono essere ricondotti, previa verifica del caso concreto, ad ipotesi di concorso secondo i principi generali fissati dal codice penale, peraltro secondo un percorso interpretativo simile a quello suggerito (SS. UU. n. 27, 25 ottobre 2000, richiamate anche in SS. UU. 1235, 19 gennaio 2011) per la posizione dell’intermediario.

Date tali premesse, deve rilevarsi che, nella fattispecie, la questione è stata dedotta per la prima volta in sede di legittimità ed, in ordine alla affermazione di penale responsabilitità, non vi è stata alcuna prospettazione in sede di appello, tanto che la sentenza impugnata dà chiaramente atto della circostanza osservando, testualmente, che l’appellante "non discute in ordine alla propria responsabilità…".

Quanto premesso comporta, pertanto, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonchè al versamento in favore della Cassa delle Ammende, di una somma determinata, equamente, in Euro 750,00 tenuto conto del fatto che non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità". (Corte Cost. 186/2000).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento oltre alla somma di Euro 750,00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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