Cass. civ. Sez. III, Sent., 09-11-2011, n. 23296 CE Formazione professionale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Presidenza del Consiglio dei Ministri, i Ministeri dell’Istruzione e della Salute e l’Università degli Studi di (OMISSIS) propongono ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, avverso la sentenza della Corte di appello di Roma che, in riforma della pronuncia di primo grado, ha condannato la Presidenza del Consiglio dei Ministri a pagare a P.C., medico, la somma di Euro 98.928,00 a titolo di risarcimento dei danni per il tardivo e incompleto recepimento delle direttive comunitarie in tema di medici specializzandi.

Il P. resiste con controricorso.

Motivi della decisione

1.- Il ricorso, spedito per la notifica il 13/10/10, è tempestivo, trattandosi di sentenza depositata il 13/7/09, tenuto conto della duplice sospensione feriale dei termini.

Non può, inoltre, essere censurato per la mancanza dei quesiti di diritto, trattandosi di ricorso avverso sentenza pubblicata dopo l’entrata in vigore della L. n. 69 del 2009, che ha abrogato (con l’art. 47, comma 1, lett. d) l’art. 366-bis cod. proc. civ..

2.- Va preliminarmente dichiarata l’inammissibilità del ricorso proposto dall’Università degli Studi di (OMISSIS), trattandosi di soggetto privo di legitimatio ad causam in relazione alla domanda di pagamento di un’indennità per attività non antigiuridica (nell’ordinamento interno) dello Stato.

Appare equo – considerato che la qualificazione in tali termini della domanda si è consolidata in tempi recenti (Cass., SSUU n. 9147 del 2009) – compensare le spese relative.

3.- Con il primo motivo i ricorrenti deducono la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in quanto gli appellanti si erano doluti della decorrenza, e non della durata, del termine prescrizionale.

3.1.- Il primo motivo è infondato. Come emerge dalla stessa sentenza (pag. 4), l’appellante aveva dedotto anche l’impossibilità del decorso della prescrizione nel caso de quo e la natura di illecito permanente attribuibile al comportamento delle amministrazioni convenute. E’ perciò evidente che non vi è stata acquiescenza riguardo al riconoscimento della prescrizione quinquennale.

4.- Con il secondo motivo, lamentando la violazione dell’art. 2947 cod. civ., i ricorrenti si dolgono della ritenuta prescrizione decennale e, in subordine, deducono che essa comunque decorreva dall’entrata in vigore del D.Lgs. n. 257 del 1991. 4.1.- Anche il secondo motivo è infondato. Questa Corte ha dato continuità, con la sentenza n. 10813 del 17 maggio 2011 (per le ragioni ivi diffusamente esposte, che in questa sede si richiamano e che il collegio condivide pienamente), all’insegnamento delle Sezioni Unite (sentenza n. 9147 del 17 novembre 2009) riguardo alla durata decennale della prescrizione. Nella stessa sentenza si precisano le ragioni per le quali il termine prescrizionale non può decorrere – come vorrebbero le amministrazioni ricorrenti – dall’entrata in vigore del D.Lgs. n. 257 del 1991, che attuò la direttiva n. 82/76/CEE solo a decorrere dall’anno accademico 1991-1992 (art. 8 del D.Lgs.) e, quindi, de futuro, lasciando intatta la situazione di inadempienza dal 1 gennaio 1983 alla fine dell’anno accademico 1990- 1991, bensì dall’entrata in vigore della L. n. 370 del 1999, il cui art. 11 rendeva evidente che lo Stato non avrebbe più integralmente adempiuto all’obbligo di recepimento delle direttive comunitarie.

5.- Con il terzo motivo (erroneamente rubricato con il n. 2) i ricorrenti lamentano, sotto il profilo della violazione di legge, il mancato assolvimento dell’onere probatorio gravante sull’attore, sia riguardo al fatto che egli non svolgesse, durante il periodo di formazione, alcuna attività lavorativa esterna remunerata, sia riguardo agli elementi costitutivi del danno da perdita di chance.

5.1.- Il terzo motivo è fondato solo in parte, nei limiti di seguito precisati.

Quanto all’onere della prova riguardo all’assenza di attività lavorativa durante il periodo di formazione, i ricorrenti non considerano che la vicenda è stata ricondotta dalle Sezioni Unite di questa Corte (e dal giudice di merito) nell’alveo della responsabilità contrattuale, intesa in senso ampio. Lo specializzando non deve dunque provare altro che la frequenza di una scuola di specializzazione, gravando sul debitore l’onere di provare eventuali fatti impeditivi del sorgere del diritto, tenuto anche conto che l’impossibilità di frequentazione di una scuola di specializzazione in conformità della direttiva era una delle conseguente dell’inadempimento del legislatore italiano.

I ricorrenti colgono invece nel segno allorchè rimproverano al giudice di merito di avere liquidato un danno da perdita di chance, alla stregua di Cass. n. 6427 del 2008, incompatibile sul punto con la successiva sentenza delle Sezioni Unite n. 9147 del 2009, cui pure lo stesso giudice di merito vuole adeguarsi, e di avere inoltre proceduto alla rivalutazione.

Nella liquidazione, in via necessariamente equitativa, dell’indennità per attività non antigiuridica (sul piano interno) dello Stato, il giudice di merito deve prendere le mosse, anche per evidenti ragioni di parità di trattamento, dalle indicazioni contenute nella L. 19 ottobre 1999, n. 370, liquidando la suddetta indennità, secondo i criteri indicati dalla legge, alla data di entrata in vigore di questa. Su detta indennità, dalla stessa data, decorreranno gli interessi corrispettivi, mentre l’eventuale maggior danno da svalutazione sarà dovuto soltanto dalla domanda giudiziale (o da un precedente atto di messa in mora), tenuto conto che, secondo la ricostruzione operata da questa Corte, il medico specializzato poteva sin dal 1999 agire nei confronti dello Stato e, se ciò non ha fatto, imputet sibi ( art. 1227 c.c., comma 2).

6.- Conclusivamente, accolto per quanto di ragione il terzo motivo e rigettati i primi due, la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione con rinvio, anche per le spese, alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, che si atterrà al principio di diritto enunciato sub 5.1.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso dell’Università degli Studi di (OMISSIS) e compensa le spese relative; quanto agli altri ricorrenti, accoglie, per quanto di ragione, il terzo motivo di ricorso, rigettati i primi due; cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Roma in diversa composizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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