Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 01-06-2011) 23-06-2011, n. 25290

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Reggio Calabria investito ex art. 309 cod. proc. pen., della richiesta di riesame proposta dell’indagato C.G., ha confermato l’ordinanza del Giudice delle indagini preliminari che in data 4.8.2010 aveva applicato al ricorrente la custodia cautelare in carcere per il reato di associazione di tipo mafioso.

Secondo la contestazione il C. aveva in particolare assunto il ruolo di capo e organizzatore della "locale" di Caulonia del "mandamento" ionico ‘ndrangheta.

Il Tribunale – riassunta la storia delle indagini, la ricostruzione dell’organizzazione criminale nelle sue varie articolazioni, le "problematiche" della locale di Caulonia, esposti i principi di diritto cui intendeva ispirarsi e respinta l’eccezione relativa al ritardo con cui erano state consegnate alla difesa copie delle registrazioni delle intercettazioni – evidenziava che a carico del C. militavano le conversazioni intercettate il 10.10.2009, il 12.1.2010, il 2.2.2010, il 12.5.2010, il cui inequivoco tenore consentiva di ritenere raggiunta una grave e solida prova indiziaria.

2. Ha proposto ricorso l’indagato personalmente, chiedendo l’annullamento della ordinanza impugnata.

2.1. Con il primo motivo denunzia violazione di legge e vizi di motivazione in relazione alla utilizzabilità delle intercettazioni effettuate per il fatto che il difensore, nonostante avesse fatto tempestiva richiesta di ottenere copia delle registrazioni, non era stato di fatto messo nelle condizioni di ottenerle: espone in particolare che una prima istanza indirizzata a mezzo fax al G.i.p. era stata dichiarata inammissibile il 20 agosto perchè appunto inviata per fax; il 24 agosto il difensore aveva personalmente depositato al G.i.p. una seconda istanza, e questo l’aveva trasmessa al P.m. il 24 agosto stesso; il 26 agosto il PM aveva autorizzato la difesa di estrarre copia; nessuno tuttavia aveva comunicato l’ottenuta autorizzazione al difensore, il quale ne aveva avuto conoscenza solo la mattina del 1 settembre, giorno d’udienza. Il Tribunale, inoltre, nel rispondere alla censura difensiva aveva travisato le date riportate dalla difesa.

2.2. Con il secondo motivo denunzia violazione di legge e vizi di motivazione in relazione alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, sostenendo in particolare: che il Tribunale aveva valutato solo superficialmente la posizione del ricorrente; che erroneamente si era fatto riferimento a un omicidio mai a lui contestato; che la misura era stata emessa sulla base di dichiarazioni etero accusatorie fatte da terzi, inattendibili e prive di riscontri; che S.V., additato come la persona che avrebbe dovuto essere il braccio destro del ricorrente aveva visto la misura emessa nei suoi confronti annullata dal Tribunale del riesame;

che restava la generica affermazione di due coindagati che lo indicavano come capo locale, non sufficiente sotto il profilo indiziario.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è per ogni verso inammissibile.

2. Il primo motivo è manifestamente infondato: la difesa del ricorrente aveva impropriamente rivolto la sua istanza di rilascio di copia delle registrazioni delle intercettazioni al Giudice per le indagini preliminari anzichè al Pubblico ministero, il G.i.p. diligentemente l’aveva d’iniziativa trasmessa all’organo competente e questo aveva per tempo autorizzato il rilascio delle copie. Era onere del ricorrente verificare l’autorizzazione ottenuta, i ridotti tempi connessi agli incidenti cautelari non consentendo ulteriori appesantimenti procedurali quali quello preteso, della formale notificazione dell’avvenuto rilascio ad opera del Pubblico ministero dell’autorizzazione ad estrarre copie di atti o di registrazioni.

Peraltro, riconosciuto per legge il diritto alle copie, esteso per l’intervento della Corte costituzionale alle registrazione, una volta che l’avviso di deposito degli atti è comunicato, la materiale duplicazione dei supporti è attività dovuta, e nessuna norma processuale prevede, nè alcun principio impone, che spetta all’ufficio informare il difensore che la sua istanza sollecitatoria è stata evasa.

2. I motivi relativi alla gravita indiziaria sono quindi generici e manifestamente infondati.

E’ sufficiente qui ricordare che il provvedimento impugnato riposa sul contenuto di quattro intercettazioni. La prima, del 10.10.2009, era intercorsa tra Co.Gi. e B.V.; i due parlavano dell’omicidio di V.D., di un incontro chiarificatore che si sarebbe dovuto tenere tra V. G., S.V. e C.G.. La seconda, del giorno 12 gennaio 2010, era intercorsa tra il Co. e tale M.C., il primo diceva che "capo locale" di Caulonia era l’odierno ricorrente, e il secondo confermava. La terza era del 2 febbraio 2010, tra Co. e R.A.; il primo riferiva al secondo del coinvolgimento del ricorrente in un omicidio ("lo hanno visto che lo ammazzava questo C."). L’ultima, del 12 maggio 2010, era intercorsa tra Co.Gi. e Co.An. e i due parlavano del ricorrente come coinvolto in faide e in progetti omicidiari (lo nominavano a proposito di gente da "buttare", litigata "di brutto", di gente che quanto prima sarebbe stata ammazzata). A riscontro, il Tribunale evidenziava inoltre che il ricorrente era stato anche controllato in compagnia di quel V. S. indicato nella prima delle conversazioni richiamate.

Ineccepibilmente perciò, sulla base di tali elementi – plurimi, plausibilmente letti, reciprocamente riscontrantisi – è stata ritenuta sussistente una grave base indiziaria per l’ipotesi delittuosa contestata.

Del tutto inconferenti sono quindi i rilievi del ricorrente sul fatto che nessun omicidio gli sarebbe stato contestato e che per il S. non sarebbe stata confermata la misura cautelare, essendo questi fatti e soggetti diversi, estranei al thema decidendum.

3. Il ricorso deve dunque essere dichiarato inammissibile e all’inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e – per i profili di colpa correlati all’irritualità dell’impugnazione (C. cost. n. 186 del 2000) – di una somma in favore della cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro 1.000.

Non comportando la presente decisione la rimessione in libertà del ricorrente, la cancelleria provvedere agli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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