Cass. civ. Sez. III, Sent., 09-11-2011, n. 23294 Risoluzione del contratto per inadempimento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Ai fini che ancora rilevano nel presente processo di cassazione, la Immobiliare Gastaldi di Stuppia Angelo & C. sas, già Immobiliare Gastaldi di Franco Possenti & C. sas vedeva accolta dal Tribunale di Genova la domanda (atto di citazione del settembre 1981) di risoluzione per inadempimento del contratto di vendita di un immobile (del 4 agosto 1981), nei confronti dell’acquirente O. B., che veniva condannata alla restituzione e al risarcimento del danno. P.F., detto F., interveniva volontariamente nel giudizio, deducendo di aver acquistato l’immobile dalla B. nel 1985 e chiedeva rigettarsi la domanda di risoluzione.

La Corte di appello di Genova – adita dal P. – nella contumacia della B. e nel contraddittorio con Immobiliare Gastaldi Spa:

dichiarava contumace la Immobiliare Gastaldi di Stuppia Angelo & C. sas, già Immobiliare Gastaldi di Franco Possenti & C. sas, non risultando provato il rapporto tra la Spa costituita e l’originario soggetto processuale e rigettava l’impugnazione (sentenza dell’11 luglio 2008).

2. Il P. propone ricorso con due motivi. Gli intimati non svolgono difese.

Motivi della decisione

1. Preliminarmente va rilevata la nullità della notifica alla Immobiliare Gastaldi di Stuppia Angelo & C. sas, già Immobiliare Gastaldi di Franco Possenti & C. sas. Infatti, la notifica del ricorso per cassazione è stata effettuata nel domicilio eletto per il primo grado di giudizio nonostante la società sia stata contumace in appello.

Tuttavia, la Corte ritiene che non debba disporsi la rinnovazione della notificazione (Sez. Un. 29 aprile 2008, n. 10817), in presenza di evidenti ragioni di inammissibilità del ricorso (di cui ai punti successivi). Infatti, il rispetto del principio della ragionevole durata del processo impone di definire con immediatezza il procedimento, evitando lo svolgimento di attività inutili, tutte le volte che non siano giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, da effettive garanzie di difesa e da diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità, dei soggetti nella cui sfera giuridica l’atto finale è destinato ad esplicare i suoi effetti (da ultimo, in riferimento alla mancanza di interesse in concreto cass. n. 298 del 2011).

2. Il collegio ha disposto l’adozione di una motivazione semplificata. E’ applicabile ratione temporis l’art. 366-bis cod. proc. civ. 3. Il ricorso è inammissibile, stante la inammissibilità di tutti i motivi in cui si articolano, per violazione degli artt. 366-bis cod. proc. civ., essendo inadeguati i quesiti che concludono entrambi i motivi.

4. La Corte di merito riteneva non nulla la sentenza di primo grado, per la pretesa contraddizione tra motivazione e dispositivo, sulla base dell’essenziale rilievo che dalla soccombenza della B. derivava la soccombenza del P., il quale ripeteva il proprio diritto da quello, non riconosciuto, della B..

Inoltre, riteneva inammissibile, perchè proposta per la prima volta in appello, la domanda di usucapione avanzata dal P., che assumeva di avere cominciato a possedere l’immobile dal 5 agosto 1981, data del preteso preliminare stipulato con la B., che glielo aveva poi venduto nel luglio del 1985. Riteneva il giudice che il P. aveva proposto una domanda di usucapione, per affermare il diritto nei confronti di tutte le parti, e non una eccezione per paralizzare la domanda della società immobiliare nei confronti della B..

Infine, riteneva inammissibili, per la mancanza della necessaria specificità, i motivi riferiti al patto commissorio tra la società e la B..

5. Il primo motivo di ricorso, concernente la questione dell’usucapione, con cui si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 345 cod. proc. civ., si conclude con i seguenti quesiti: 1) se, dovendo applicarsi l’art. 345 c.p.c. nel testo antecedente alla novella della L. n. 353 del 1990, art. 52 l’eccezione (riconvenzionale) di usucapione sia sollevarle ed ammissibile per la prima volta in grado di appello; 2) se, nel caso di domanda qualificabile di rivendica del diritto dominicale, allegando titolo contrattuale dell’acquisto della proprietà, la deduzione del diverso titolo acquisitivo, per usucapione, sia ammissibile per la prima volta in grado di appello, ed ivi sollevarle tramite eccezione.

Il secondo motivo di ricorso, concernente la questione del patto commissorio tra la società e la B., con cui si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 342 cod. proc. civ., si conclude con il seguente quesito: se, nel caso, alla luce dell’art. 342 c.p.c. l’atto di impugnazione del ricorrente indicasse o meno gli elementi che consentivano al Collegio genovese di individuare con chiarezza e precisione l’ambito e le ragioni del riesame richiestogli.

5.1. In applicazione della giurisprudenza consolidata di questa Corte (Cass. 11 marzo 2008, n. 6420; Cass. 5 gennaio 2007, n. 36), i quesiti di diritto formulati a conclusione dei motivi di ricorso sono inadeguati, perchè astratti e non costruiti in riferimento alla fattispecie. Infatti, quanto al primo motivo, ai fini della verifica della corretta applicazione dell’art. 345 cod. proc. civ., nella formulazione temporalmente applicabile, prima della riforma del 1990/1995, la questione di diritto sarebbe stata se l’accertamento dell’usucapione richiesto dal P. integrasse, e per quali ragioni, una eccezione (ipoteticamente ammessa), volta a paralizzare la domanda di risoluzione contrattuale proposta dalla società nei confronti della dante causa, e non piuttosto una domanda nuova (ipoteticamente vietata) di accertamento nei confronti di tutti i contraddittori, come ritenuto dal giudice. Invece, il quesito da per scontato ciò che deve essere dimostrato Inoltre, il secondo quesito formulato per il primo motivo introduce profili che non trovano corrispondenza nelle argomentazioni contenute nella sentenza impugnata.

Il quesito al secondo motivo si traduce in una domanda sul se i motivi di appello fossero specifici o meno, peraltro, senza che nella parte esplicativa risulti chiaro quali erano i suddetti motivi, con conseguente difetto anche de requisito della autosufficienza.

6. Non avendo gli intimati svolto attività difensiva, non sussistono le condizioni per la pronuncia in ordine alle spese processuali.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE dichiara inammissibile il ricorso il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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