Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 01-06-2011) 23-06-2011, n. 2 5288 Intercettazioni telefoniche

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Reggio Calabria investito ex art. 309 cod. proc. pen., della richiesta di riesame proposta dall’indagato L.C.G., ha confermato l’ordinanza del Giudice delle indagini preliminari che in data 4.8.2010 aveva applicato al ricorrente la custodia cautelare in carcere per il reato di associazione di tipo mafioso.

Al L. era in particolare contestato di avere assunto ruolo di vertice della "locale" di Caulonia del "mandamento" ionico ‘ndrangheta.

1.1. Riassunta la storia delle indagini, la ricostruzione dell’organizzazione criminale nelle sue varie articolazioni, le "problematiche" della locale di Caulonia, esposti i principi di diritto cui intendeva ispirarsi e respinta l’eccezione sull’inutilizzabilità delle intercettazioni prorogate il 3.7.2009, il Tribunale evidenziava che a carico del L. militavano essenzialmente due delle conversazioni intercettate, il cui inequivoco tenore consentiva tuttavia di ritenere raggiunta una grave e solida prova indiziaria.

2. Ha proposto ricorso l’indagato a mezzo dei propri difensori avvocato Angelica Commisso e Antonio Speziale, chiedendo l’annullamento della ordinanza impugnata.

2.1. Con il primo motivo denunzia violazione di legge e vizi di motivazione in relazione alla utilizzabilità delle intercettazioni effettuate e, in particolare, delle conversazioni ambientali del 10 ottobre 2009 e dell’11 maggio 2010, in relazione alle quali, in sede di riesame, era stato già eccepito che il decreto di proroga, in forza del quale erano state eseguite, era viziato perchè non conteneva un’adeguata motivazione in relazione alle ragioni di insufficienza, o inidoneità, degli impianti installati presso gli uffici della procura, e alle ragioni di urgenza. Erroneamente il Tribunale aveva respinto l’eccezione affermando che sia il P.m. nella sua richiesta sia il G.i.p. nella sua autorizzazione avevano indicato le ragioni della deroga, mentre sarebbe stato invece necessario che la Procura distrettuale avesse preventivamente verificato che effettivamente le attività non potevano essere svolte presso gli uffici di altre Procure. La richiesta del P.M. e inoltre contraddittoria e illogica anche sotto l’aspetto dell’oggettiva urgenza.

2.2. Con il secondo motivo denunzia violazione di legge nonchè motivazione mancante, insufficiente, apparente e illogica in relazione alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, affermandosi in particolare:

– che il Tribunale aveva del tutto omesso di rispondere alle eccezioni difensive in relazione alla mancanza di certezze nella identificazione dell’indagato, che nella conversazione ambientale del 10 ottobre 1009 risultava evocato con il solo cognome, L., molto diffuso nella zona; non risultando inoltre nella data corrispondente al preteso dialogo intercettato il giorno 11 maggio del 1010 alcun elemento che consentisse di convalidare la corretta identificazione del L. (non risultando alcun avvistamento con video ripresa);

– che mancava di base fattuale ed era illogica la affermata sussistenza di una condotta di partecipazione e del ruolo apicale, non essendovi elementi di un contributo effettivo all’organizzazione in senso dinamico funzionale, significativo di un inserimento stabile, organico, effettivo (il ricorso fa ampio excursus dei principi giurisprudenziali);

– che illogica e ingiustificata era l’affermazione che dalla conversazione dell’11 maggio 2010 sarebbe emerso che il ricorrente parlava di assetti della ‘ndrangheta, quando invece le conversazioni erano incomprensibili e frammentarie e l’interlocutore indicato come il ricorrente si poneva come passivo ascoltatore;

– che del pari arbitraria era l’interpretazione data alla conversazione del 10 ottobre 2009, individuandosi il ricorrente nel soggetto asseritamente interessato ad una spartizione di appalti, in accordo con quel tale V. per il quale il Tribunale aveva annullato il provvedimento del G.i.p.; illogica e contraddittoria era inoltre la motivazione con la quale si scartavano come irrilevanti le deduzioni difensive o addirittura le si ignoravano, dandosi anche in questo caso rilievo a dati frammentari ed equivoci e al più indicativi di una mera conoscenza della struttura mafiosa, di per sè penalmente indifferente;

– che risultavano inoltre violati i parametri di valutazione della prova, da nessuna delle conversazioni intercettate emergendo dichiarazioni capaci di risolversi imprecise accuse in danno del ricorrente, essendo stata arbitrariamente ipotizzata una società di Caulonia inesistente, essendosi dato corpo a interpretazioni fantasiose di conversazioni incomprensibili.

2.3. Con il terzo motivo denuncia violazione di legge e vizi di motivazione in relazione alla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza, con specifico riferimento all’elemento soggettivo del delitto. Afferma che mancavano prova e motivazione sulla affectio societatis, dolo di partecipazione, rappresentazione e volizione di un ruolo e di un contributo causale effettivi.

2.4. Con il quarto motivo lamenta violazione dell’art. 275 c.p.p., comma 3, e vizi di motivazione in relazione alle esigenze cautelari, affermate "in automatico" e senza neppure considerare l’evanescenza dei profili indiziari.

Motivi della decisione

1. Osserva il Collegio che il primo motivo di ricorso relativo alla inutilizzabilità delle intercettazioni per violazione dell’art. 268 c.p.p., comma 3, è all’evidenza infondato perchè il Tribunale ha del tutto correttamente respinto l’eccezione prospettata in sede di riesame riportando la motivazione contenuta nella richiesta di proroga del pubblico ministero, alla quale il decreto esecutivo si rifaceva, che era estremamente dettagliata e meticolosa sia quanto a ragioni della inidoneità degli impianti (si evidenziava che il segnale trasmesso dal sistema precedentemente in uso, installato presso la Procura, "non era ottimale tanto da compromettere l’utilità del servizio stesso", a causa della "ubicazione dei locali dell’esercizio commerciale intercettato … situati in un piano seminterrato"; che poteva ovviarsi all’inconveniente ricorrendo a un sistema wireless, ma questo non poteva essere installato presso i locali della Procura per l’eccessiva loro lontananza, che avrebbe comunque prodotto perdita del segnale, mentre i locali della polizia erano a distanza assai più ravvicinata) sia quanto ad eccezionali ragioni di urgenza (relative a delitto di associazione di stampo mafioso in atto, attese le continue emergenze investigative derivante da una complessa attività di captazione in corso ed alla progressione degli episodi dei commenti che venivano effettuati dagli indagati).

Totalmente priva di base giuridica è quindi l’affermazione che il Pubblico ministero avrebbe dovuto procedere a verificare egli stesso le ragioni di inidoneità riferitegli dalla Polizia giudiziaria (inadeguatezza del segnale) e dare conto in motivazione di tale "esperimento personale". I fatti da cui dipende l’applicazione delle leggi processuali sono oggetto di prova e la prova era fornita dalle relazioni della polizia e dalle registrazioni acquisite, che neppure il difensore denunzia travisate.

2. Infondate, al limite dell’ammissibilità, sono le doglianze sviluppate nel secondo e terzo motivo relative alla gravità del quadro indiziario.

I giudici del riesame hanno ritenuto che le conversazioni intercettate (nella parte iniziale dell’ordinanza puntualmente trascritte e chiosate, quindi riassunte e spiegate nel loro valore indiziario) offrivano certezza della intraneità del ricorrente, per sua stessa ammissione schierato nell’ambito delle ‘ndrine, del ruolo gestito e attribuitogli nella spartizione degli appalti e nelle lotte di potere all’interno delle cosche, della partecipazione a incontri importanti.

E’ sufficiente qui ricordare che delle due conversazioni richiamate, la prima, del 10.10.2009, era intercorsa tra C.G. e B.V.; i due parlavano dell’omicidio di V. D., di un incontro chiarificatore che si sarebbe dovuto tenere tra V.G., S.V. e C.G. e, quindi, di un accordo che V.G. aveva fatto con L.C.G., nonchè del fatto che questo si era accordato con S.V. per estrometterlo dagli appalti pubblici. La seconda, del giorno 11 maggio 2010, era intercorsa tra il C. e lo stesso L.C.; i due commentavano l’arresto dei Pelle di San Luca; L. manifestava il timore di essere arrestato e la sua appartenenza alla ‘ndrangheta ricordando, alle parole del C. su i "movimenti di ‘ndrina", che "loro" erano rimasti con V. ( S.).

Tale essendo il succo di quanto acquisito, del tutto logicamente i giudici di merito hanno tratto da codeste conversazioni, plausibilmente lette, la convinzione di una solida prova della partecipazione del L. all’organizzazione ‘ndranghetistica locale, con il ruolo di vertice per le sue stesse parole riconosciuto e pacificamente attribuitagli dai diversi interlocutori.

Assolutamente generiche sono quindi sia le censure in punto di individuazione del ricorrente come la persona che si sarebbe incontrata con il C. in occasione della seconda conversazione intercettata appaiono, sia quelle relative alla riconducibilità del cognome L. all’indagato, tanto più a fronte del raccordo fra le due conversazioni e degli altri plurimi elementi di individuazione segnalati nel contesto dell’ordinanza censurata (rapporti, luogo di residenza, nome di battesimo), convergenti e ignorati ricorso.

Manifestamente infondata è infine la doglianza che il Tribunale non avrebbe risposto alle analoghe deduzioni articolate nella memoria ad esso presentata. Dagli atti risulta che nella memoria la difesa si riferiva esclusivamente alla individuazione del L. nella conversazione di ottobre, e il provvedimento impugnato ha puntualmente, come detto, risposto evidenziando i plurimi aspetti (rapporti, luogo di residenza, nome di battesimo) che avevano condotto ad individuare proprio il ricorrente nel " L." nominato dai due interlocutori.

E tanto basta, a fronte di valutazione riservate ai giudici di merito e adeguatamente giustificate, ad evidenziare la aspecificità e la attinenza a considerazione di fatto, quali sono quelle relative alla "interpretazione" delle conversazioni intercettate, degli argomenti prospettati in ricorso in relazione alla pretesa assenza di prove di ruolo effettivo di ruolo e partecipazione effettivi e di elemento soggettivo del reato.

2. Manifestamente infondato è l’ultimo motivo, relativo a difetti di motivazione circa le esigenze cautelari.

Correttamente il Tribunale ha fatto richiamo alla presunzione istituita dall’art. 275 c.p.p., comma 3, a fronte della quale il ricorso del tutto incongruamente pretende di riproporre il tema (per altro infondato) della scarsa valenza indiziaria degli elementi acquisiti.

3. Il ricorso va pertanto rigettato e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.

Non comportando la presente decisione la rimessione in libertà del ricorrente, la cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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