Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 01-06-2011) 23-06-2011, n. 25287

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Catanzaro, investito ex art. 310 cod. proc. pen. dell’appello proposto dal Pubblico ministero avverso l’ ordinanza in data 14.6.2010 con la quale il Gip aveva applicato all’indagato B.G. l’obbligo di presentazione alla Polizia giudiziaria, riformava detto provvedimento e applicava al B. la misura degli arresti domiciliari.

I fatti cui si riferiva la misura erano relativi ai reati di cui alla L. n. 110 del 1957, art. 23, L. n. 497 del 1974, artt. 10 e 17, artt. 697 e 648 cod. pen., contestati a seguito di arresto in flagranza.

A ragione dell’inasprimento della misura il Tribunale osservava che il 13 giugno 2010 nell’abitazione del B. e nelle pertinenze erano rinvenute, oltre ad armi regolarmente denunziate, una Beretta 6,35 non denunziata, altra Beretta cal. 9 con matricola punzonata con proiettili nel serbatoio e in canna, diverse munizioni e un passamontagna nero nascosto dietro un termosifone; che il B. aveva ammesso l’evidenza, ma aveva fornito della provenienza delle pistole giustificazioni assolutamente inverosimili (le avrebbe trovate casualmente in cortile); che la presunzione che l’indagato si sarebbe astenuto da altri delitti appariva inconciliabile con i fatti accertati, che lasciavano intendere il pressochè certo inserimento in ambienti criminali in grado di fornire armi e munizioni; che l’elevata potenzialità offensiva delle armi induceva a ritenere la loro destinazione a fatti delittuosi allarmanti.

Il fatto che fosse un cinquantenne ancora incensurato e che nel frattempo mai avesse violato l’obbligo di presentazione alla Polizia giudiziaria militava per contro a favore della sufficienza della misura gradata degli arresti domiciliari.

2. Ha proposto ricorso l’imputato a mezzo del difensore avvocato Maurizio Nucci, che chiede l’annullamento della ordinanza impugnata.

2.1. Con il primo motivo denunzia erronea applicazione di legge.

Premessa la ricognizione del significato da assegnare all’art. 275 c.p.p., comma 2-bis, e dell’ambito delle vantazioni rimesse al giudice della cautela in ordine alla prognosi di sospensione condizionale della pena, sostiene che era corretta la valutazione del Giudice per le indagini preliminari e viziata quella del Tribunale.

2.2. Con il secondo motivo lamenta "travisamento del fatto e della prova". Afferma che dagli atti d’indagine non emergeva alcun elemento che giustificasse le affermazioni del Tribunale secondo cui: due sole pistole costituivano un arsenale; l’indagato cinquantenne incensurato e privo di carichi pendenti era soggetto sicuramente inserito in ambienti criminali; l’imputato aveva dichiarato di avere trovato le due pistole nel cortile condominiale.

Motivi della decisione

1. Osserva il Collegio che la denunzia di violazione della legge processuale, articolata nell’ambito del primo motivo, è infondata, giacchè correttamente il tribunale ha tratto il pericolo di recidiva dai comportamenti e dalle condotte concretamente tenute e ha escluso che ricorresse l’ipotesi dell’art. 275 c.p.p., comma 2-bis, in relazione a reati che sono puniti con pena minima nel complesso sicuramente superiore al limite previsto per la sospensione condizionale della pena (salvo non pronosticabili richieste di riti alternativi o comportamenti tali da rendere l’imputato in concreto meritevole del riconoscimento d’attenuanti).

Attesa la correttezza della decisione, non rilevano dunque eventuali inesattezze motivazionali, per altro marginali, quale quella relativa ad una pretesa incompatibilità (in effetti insussistente) tra la prognosi di sospensione condizionale e l’applicazione di misura non detentiva.

2. Il secondo motivo è quindi inammissibile, perchè con esso il ricorrente si limita a confutare, per altro assai genericamente, valutazioni, rimesse al giudice di merito e adeguatamente giustificate, in ordine all’allarmante gravità dei fatti contestati, all’evidente finalizzazione della detenzione di armi alla commissione di delitti contro la vita o l’incolumità personale (plausibilmente sorrette dal rilievo che la cal. 9 con matricola abrasa era armata con proiettili nel serbatoio e in canna, e nella casa era nascosto un passamontagna), alla pretestuosità delle dichiarazioni dell’imputato.

3. Per conseguenza il ricorso deve essere nel complesso rigettato e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali.

Copia del presente provvedimento, che rende eseguibile la misura disposta dal Tribunale, va a questo trasmessa, a cura della Cancelleria, a mezzo fax.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Dispone che copia del presente provvedimento sia trasmesso al Tribunale del riesame di Catanzaro perchè provveda a quanto stabilito nell’art. 92 disp. att. cod. proc. pen. e manda alla Cancelleria per gli immediati adempimenti a mezzo fax.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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