Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 01-06-2011) 23-06-2011, n. 25286 Detenzione abusiva e omessa denuncia

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

1. Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Belluno, investito ex art. 324 cod. proc. pen. di richiesta di riesame avanzata dall’imputato D.C.V., ha confermato il decreto di sequestro di un fucile disposto in relazione all’art. 603 cod. pen..

A ragione osservava che il reato contestato ex art. 703 cod. pen. non appariva qualificabile a norma della L. n. 157 del 1992, art. 21, lett. e), che costituiva norma sussidiaria applicabile solo in mancanza di previsione del fatto come reato e non era pertanto invocabile la disposizione della L. n. 689 del 1981, art. 9. 2. Ha proposto ricorso il D.C. a mezzo del difensore avvocato Maurizio Paniz, che chiede l’annullamento della ordinanza impugnata denunziando violazione di legge.

Premette che l’imputato era accusato di "avere esploso un colpo di fucile in luogo abitato in data 27.11.201, abbattendo un esemplare di cervo" ed afferma che erroneamente il Tribunale aveva affermato il concorso formale tra la disposizione della L. n. 157 del 1992, art. 21, lett. e), costituente mera violazione amministrativa, e l’art. 703 cod. pen. seguendo Cass. sez. 1 n. 38001 del 19.9.2007, concernente un caso analogo sebbene riferito all’art. 21, lett. f).

Sarebbe infatti evidente in base alla sola lettura della norma che la fattispecie dell’art. 21, lett. e) legge citata si pone in concorso apparente con la previsione dell’art. 703 cod. pen., della quale costituisce mera specificazione (d’altronde se valesse la clausola di riserva per il caso in esame, la norma speciale non avrebbe mai applicazione). In tal senso s’era d’altra parte espressa la Cassazione in una risalente pronunzia (sez. 2, n. 6708 del 8.6.1995).

Motivi della decisione

1. Il ricorso, che come unico oggetto la qualificazione come reato del fatto contestato al D.C., appare infondato.

Il provvedimento impugnato, escludendo che potesse ravvisarsi specialità tra la fattispecie prevista dalla L. 11 febbraio 1992, n. 157, art. 21, lett. e), punita a titolo di violazione amministrativa dall’art. 31, lett. e) della medesima legge, e l’art. 703 cod. pen. ha fatto corretta applicazione del principio già affermato da questa Corte – seppure con riferimento alla analoga ipotesi prevista dal medesimo art. 21, lett. f) – con la sentenza n. 38001 del 19/09/2007, Renzi, nella quale si evidenziava che l’assorbimento della violazione amministrativa nell’ipotesi penale era esclusa dalla espressa clausola di riserva contenuta (salvo che "il fatto non sia previsto dalla legge come reato") nell’art. 31 citato.

E’ stato così superato il differente orientamento espresso, nel passato da Sez. 2, sent. n. 6708 del 06/02/1995, Martinelli, richiamato nel ricorso.

2. Non ha, per altro, fondamento la tesi del ricorrente secondo cui le due fattispecie stanno tra loro in concorso apparente, e non può valere il relazione all’art. 703 cod. pen. la clausola di esclusione contenuta nella L. n. 157 del 1992, art. 31, perchè altrimenti le sanzioni amministrative quivi previste non sarebbero mai suscettibile d’applicazione con riferimento alla violazione dei divieti istituiti dall’art. 21.

La L. n. 157 del 1992, art. 21 vieta, per quanto interessa in questa sede, alla lett. e) "l’esercizio venatorio nelle aie e nelle corti o altre pertinenze di fabbricati rurali; nelle zone comprese nel raggio di cento metri da immobili, fabbricati e stabili adibiti ad abitazione o a posto di lavoro e a distanza inferiore a cinquanta metri da vie di comunicazione ferroviaria e da strade carrozzabili, eccettuate le strade poderali ed interpoderali"; e alla lett. f) di "sparare da distanza inferiore a centocinquanta metri con uso di fucile da caccia con canna ad anima liscia, o da distanza corrispondente a meno di una volta e mezza la gittata massima in caso di uso di altre armi, in direzione di immobili, fabbricati e stabili adibiti ad abitazione o a posto di lavoro; di vie di comunicazione ferroviaria e di strade carrozzabili, eccettuate quelle poderali ed interpoderali; di funivie, filovie ed altri impianti di trasporto a sospensione; di stabbi, stazzi, recinti ed altre aree delimitate destinate al ricovero ed all’alimentazione del bestiame nel periodo di utilizzazione agro-silvo-pastorale".

La contravvenzione prevista dall’art. 703 – inserita nel paragrafo 4 relativo alle "contravvenzioni concernenti la prevenzione dei delitti contro la vita e l’incolumità individuale", della sezione 3^, capo 1, Titolo 1^, Libro 3, del codice penale, e intitolata "Accensioni ed esplosioni pericolose" – punisce "Chiunque, senza la licenza dell’Autorità, in un luogo abitato o nelle sue adiacenze, o lungo una pubblica via o in direzione di essa spara armi da fuoco, accende fuochi d’artificio, o lancia razzi, o innalza aerostati con fiamme, o, in genere, fa accensioni o esplosioni pericolose".

E’ dunque evidente che, mentre le violazioni amministrative si riferiscono alla mera obiettiva circostanza che siano sparati colpi d’arma da fuoco in certi luoghi individuati in base alla loro tipologia e vicinanza, la fattispecie penale richiede per la sua integrazione il requisito del pericolo per l’incolumità individuale.

Proprio la pericolosità in concreto della condotta rappresenta dunque l’elemento specializzante che distingue le fattispecie concrete a cui va assegnata rilevanza penale.

Nè in relazione alla pericolosità della condotta posta in essere, il ricorrente muove censure.

3. Il ricorso deve pertanto essere rigettato e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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