Cass. civ. Sez. III, Sent., 09-11-2011, n. 23290 Notificazione a persone non residenti o irreperibili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Cise s.a., società con sede nella (OMISSIS), chiese ed ottenne dal presidente del tribunale di Trento un’ingiunzione di pagamento per la somma di 400 milioni di lire nei confronti della s.r.l. Cicli Francesco Moser, quale corrispettivo di un contratto di sponsorizzazione della squadra ciclistica facente capo alla Saeco s.p.a..

Si oppose l’ingiunta, chiedendo la revoca del decreto e, in via riconvenzionale, la condanna della convenuta/opposta alla restituzione del materiale ciclabile fornito al team Saeco, previa declaratoria di risoluzione del contratto di sponsorizzazione per fatto e colpa della Cise (colpa consistita nell’essersi la Saeco, società controllante la Cise, accordata con una società concorrente per la pubblicizzazione del materiale ciclistico).

Il giudice di primo grado, autorizzata la chiamata in causa della Saeco (che avrebbe peraltro dedotto in limine la propria estraneità al rapporto dedotto in giudizio e l’inesistenza di un controllo di fatto sulla Cise, come poi accertato nei successivi gradi di giudizio) , accolse l’opposizione, revocò il provvedimento emesso in sede monitoria, dichiarò risolto il contratto di sponsorizzazione, condannò la Cise alla riconsegna del materiale ricevuto dalla Francesco Moser.

La corte di appello di Trento, investita del gravame proposto dalla Cise, lo accolse, confermando il decreto ingiuntivo revocato in prime cure, con sentenza peraltro cassata da questo giudice di legittimità nel maggio del 2006.

La Francesco Moser s.r.l. riassunse la causa con atto di citazione depositato il 4.5.07 chiedendo nuovamente la conferma della sentenza del tribunale di Trento nella contumacia della Cise.

La corte trentina, confermata la estraneità della Saeco al rapporto in contestazione, accolse la domanda, confermando integralmente la sentenza di primo grado.

La sentenza è stata impugnata dalla Cise con ricorso per cassazione articolato in 3 motivi.

Resiste la Francesco Moser con controricorso corredato da ricorso incidentale (implicitamente) condizionato, cui resiste con controricorso la Cise.

Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.

Motivi della decisione

Il ricorso principale è infondato.

Al suo rigetto consegue l’assorbimento del ricorso incidentale.

Con il primo motivo, si denuncia violazione e/o falsa applicazione della L. n. 1320 del 1939, art. 10 (ratifica e ordine di esecuzione dell’accordo bilaterale, Italia – S.Marino) e violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2, 3, 4,5, 6 e 10 lett. a) della Convenzione dell’Aja del 1965 (alla quale l’Italia aderisce con L. n. 42 del 1981 e la Repubblica di S. Marino aderisce con proprio Decreto 26 febbraio 2002, n. 31) allegato F. La censura è corredata dal seguente quesito di diritto: dica la S.C. se la notifica di un atto giudiziario civile compiuta dall’ufficiale giudiziario italiano, a mezzo posta ai sensi dell’art. 149 c.p.c., direttamente presso la sede legale di una società sita nel territorio della Repubblica di S. Marino, sia giuridicamente inesistente in quanto non conforme all’art. 10 dell’accordo bilaterale Italia – S.Marino del 31.3.1939 e in violazione degli artt. 2, 3, 4, 5, 6 della Convenzione dell’Aja, di cui la Repubblica italiana – in virtù della L. n. 42 del 1981 – e la Repubblica di S. Marino – in virtù del Decreto 26 febbraio 2002, n. 31 – sono Stati contraenti. Il motivo è privo di pregio.

Corretta, difatti, risulta la statuizione del giudice di rinvio che, nel ritenere (implicitamente) esistente, valida ed efficace la notificazione a mezzo posta eseguita dall’odierna resistente nei confronti della società sammarinese, dichiarò quest’ultima conseguentemente contumace in quel giudizio. Osserva, al riguardo, il collegio:

da un canto, che l’odierno controricorrente ha dedotto come la relata di notifica trascritta dalla difesa della Cise al folio 7 del ricorso abbia riguardo ad una notificazione non andata a buon fine in quanto tornata al mittente per trasferimento della sede del destinatario, onde, in data 12.5.2007, venne eseguita una seconda notificazione, che raggiunse il suo scopo sostanziale, e cioè la effettiva, tempestiva conoscenza, da parte della Cise, dell’atto notificato – circostanza, quest’ultima, che vanamente la difesa della compagine sammarinese censura come "non veritiera" (altro e diverso dalla mera declamazione essendo lo strumento processuale idoneo alla declaratoria di falsità di un atto processuale per di più fidefacente), circostanza che, in subordine, la predetta difesa auspica che il collegio releghi a rango "di mera quaestio facti" (trattandosi, di converso, di circostanza decisiva sul piano del legittimo dipanarsi dell’iter processuale in sede di giudizio di rinvio, id est della corretta instaurazione del rapporto processuale in quella sede, onde il potere del giudice di legittimità di verificarne la conclamata veridicità, se del caso con accesso diretto agli atti del processo);

dall’altro, che la giurisprudenza invocata dalla società controricorrente (Cass. sez. 1^ 7.4.2006, n. 8242) – a mente della quale, in tema di notifica di atto a persona non residente, nè dimorante, nè domiciliata nel territorio della Repubblica italiana, ai sensi della Convenzione relativa alla notifica all’estero di atti giudiziari in materia civile o commerciale, adottata a L’Aja il 15 novembre 1965, resa esecutiva con la legge di autorizzazione alla ratifica 6 febbraio 1981, n. 42, deve ritenersi affetta da inesistenza la notifica effettuata, a mezzo posta, presso l’indirizzo del destinatario in Argentina, giacchè l’Argentina, pur avendo ratificato detta Convenzione, si è opposta alla trasmissione degli atti a mezzo del servizio postale, ponendo, al riguardo, in sede di ratifica, un divieto legislativo – appare del tutto inconferente rispetto alla specificità della vicenda processuale che ancora occupa questa corte dacchè (al di là ed a prescindere da qualsivoglia considerazione sulla predicabilità, nella specie, di un vizio di radicale inesistenza e non già di nullità dell’atto de quo, e al di là ed a prescindere da qualsivoglia considerazione – che esulerebbe dal thema decidendum del processo – in ordine alla stessa categoria dell’inesistenza processuale), l’opposizione dell’Argentina, alla, trasmissione degli atti a mezzo posta risulta espressa conseguenza, in sede di ratifica, di un divieto legislativo, mentre, su di un piano irredimibilmente disomogeneo, la ratifica sammarinese della Convenzione dell’Aja (Convenzione che, in guisa di lex posterior, trova applicazione in locum et ius del precedente accordo bilaterale del 39) consta, da un canto, di un decreto 26.2.2002, a firma "Capitani Reggenti" e "Segretario di Stato per gli affari interni" – in tal guisa dovendosi ritenere perfezionato l’atto normativo di ratifica – e, dall’altro, di un "allegato B" la cui intestazione ("Dichiarazioni"), e il cui contenuto (tra cui l’opposizione alla notifica a mezzo posta di cui si discorre) risultano, oltre che graficamente successive al contenuto normativo del decreto, altresì prive di firma, onde la ricostruzione della relativa portata precettiva induce a predicarne natura e forza di atto meramente amministrativo, (o comunque di atto dotato di forza normativa sicuramente minusvalente rispetto al precedente decreto, che tace del tutto al riguardo).

Consegue a tali considerazioni la legittimità della dichiarazione di contumacia della Cise in sede di rinvio, attesa la speculare legittimità dell’atto di notifica che (giusta il condivisibile insegnamento di cui a Cass. ss. uu. 22.6.2007, n. 14570) era dotato di tutti i requisiti essenziali per garantire il rispetto del diritto di difesa e del contraddittorio, e per soddisfare l’esigenza che le forme trovino la loro corrispondenza nello scopo dell’atto alla stregua del generale canone (non soltanto giuridico) di buona fede e lealtà sostanziale e processuale. Al rigetto del primo motivo del ricorso principale consegue l’assorbimento sia dei restanti motivi di tale impugnazione, sia del ricorso incidentale.

La disciplina delle spese segue – giusta il principio della soccombenza – come da dispositivo.

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito quello incidentale, e condanna la ricorrente principale al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in complessivi Euro 6200,00, di cui Euro 200,00 per spese generali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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