Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 27-05-2011) 23-06-2011, n. 25283

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 5.10.2010, il Tribunale di Sorveglianza di Roma rigettava la domanda di riabilitazione presentata da B. M., già condannato tra l’altro per truffa a danno dello Stato e peculato alla pena di anni sette e mesi cinque di reclusione con sentenza Corte Appello Roma 30.3.1999 – pena che l’istante terminò di espiare nel 2006, beneficiando della misura alternativa dell’affidamento in prova ai servizi sociali – in ragione del fatto che lo stesso non si attivò per il risarcimento del danno, laddove dalla sua dichiarazione dei redditi risultava avere conseguito nel 2008 un reddito complessivo di Euro 33.113, soggetto a ritenuta mensile di Euro 380 per pignoramento;

2. Avverso tale pronuncia, ha proposto ricorso per Cassazione la difesa, per dedurre violazione dell’art. 3 Cost.: viene ribadito che il B. aveva documentato con il provvedimento di sequestro dei suoi beni ad opera della corte dei conti del Lazio, con il provvedimento di esonero delle obbligazione civili emesso dal Tribunale di sorveglianza di Spoleto, con la nota della Guardia di finanza sul suo stato di indigenza e con il provvedimento di pignoramento di un quinto della pensione, di poter contare solo sulla pensione come fonte reddituale, fonte che come è noto non è pignorabile oltre il quinto. L’ordinanza quindi viene ritenuta contraddittoria ed illogica, ancor più se si considera che a F.M., suo coimputato in identica situazione, venne accolta analoga istanza.

3. Il Procuratore Generale ha chiesto di annullare con rinvio l’ordinanza impugnata, poichè in presenza delle allegazioni dell’istante era compito del magistrato di sorveglianza accertare se l’istante si trovasse o meno nella possibilità di adempiere alle obbligazioni derivate dal reato.

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato e merita accoglimento, in quanto il provvedimento impugnato è affetto da vizio di motivazione. Il Tribunale ha infatti premesso che era decorso il termine di cui all’art. 179 cod. pen., avendo il ricorrente terminato di espiare la pena nel 2006, che era stata serbata buona condotta nel periodo successivo e che per le spese processuali era stata concessa la rimessione del debito, ma ha ritenuto ostativo alla concessione del beneficio richiesto il mancato risarcimento del danno.

E’ principio pacifico quello secondo cui in materia di esecuzione non sussiste un onere probatorio a carico di colui che invochi un provvedimento a sè favorevole, ma solo un onere di allegazione, incombendo poi al giudice di operare gli accertamenti sulla realtà rappresentata, ai sensi dell’art. 665 c.p.p., comma 5 (Sez. 1^, sent.

34987/2010). Nel caso di specie il ricorrente aveva prodotto documentazione, tra cui una nota della Guardia di finanza che attestava il suo stato di indigenza, che invero non venne minimamente presa in considerazione dal giudice a quo, ancorchè rilevante al fine di concludere sulla sussistenza delle condizioni per poter adempiere alle obbligazioni civili derivanti dal reato.

L’atto impugnato va quindi annullato con rinvio per un nuovo esame, alla luce della documentazione prodotta e di eventuali ulteriori accertamenti, al tribunale di Sorveglianza di Roma.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Roma.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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