Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 26-05-2011) 23-06-2011, n. 25250

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza della Corte d’appello di Bari in data 22.6.2010 veniva riformata la sentenza del gup del Tribunale di Foggia, con cui era stato condannato S.M., per il reato di omicidio in danno di S.G. e di tentato omicidio in danno di S.L., S.V. e P.P., in concorso con il minore S.P., oltre che per il reato in materia di armi, alla pena di anni trenta di reclusione. La corte territoriale riteneva non affidabili sia le deposizioni di P. P., che aveva riconosciuto nell’imputato lo sparatore, che quelle di S.L., che aveva dichiarato di avere riconosciuto sia S.M. che il fratello S. P. come gli autori dell’aggressione, cosicchè assolveva l’imputato per non aver commesso il fatto.

Il fatto di sangue accadde il (OMISSIS) presso il lido (OMISSIS), sito in (OMISSIS), gestito da S.L. e fu ricondotto alla conflittualità che era insorta tra il minore S.P. ed il cugino S.L., tanto che il primo, nelle primissime ore del giorno del fatto, disse al secondo, incrociandolo, testualmente "devo prendere il ferro e ti devo sparare". L. era rientrato al lido, dove all’interno della roulotte già dormivano i suoi figli G. e V.; egli raccontò al figlio F. ed al nipote P.P. del litigio intercorso, dopo di che aveva deciso di non dormire nella roulotte (dove invece avevano preso posto i menzionati), ma al di fuori, collocandosi su un muretto in cemento, adiacente alla roulotte. Poco dopo era sopraggiunta un’auto Lancia Y, che si era fermata davanti alla roulotte ed i cui occupanti avevano sparato colpi di arma da fuoco, che avevano attinto in modo letale S. G. e colpito, fortunatamente non mortalmente, sia P. P. che S.L., il quale, sentiti i colpi da arma da fuoco, si era precipitato alla roulotte.

Dalle persone offese giungeva l’indicazione a carico di S. M..

P. assumeva, seppure solo alle ore 11,00 del mattino (poichè alle ore 5 diceva di essere confuso e di non ricordare nulla), di aver riconosciuto con certezza nell’imputato lo sparatore, che era sceso dal lato guida dell’auto ed impugnando un’arma aveva esploso numerosi colpi al suo indirizzo. S.L. rappresentava che sentendo gli spari si era alzato, aveva raggiunto la roulotte, aveva notato l’auto Lancia Y dal cui interno provenivano spari che lo colpivano al piede, aggiungendo di aver riconosciuto alla guida S.P. ed il M. seduto nel lato passeggero. Lo stesso si diceva certo del riconoscimento, perchè l’auto gli era passata davanti ad una distanza di un paio di metri, aggiungendo che il menzionato portava un passamontagna raccolto in testa a mò di cappelline. Veniva dal primo giudice valorizzata anche la deposizione di S.F. – che al momento della sparatoria era lontano dalla roulotte ad acquistare le sigarette presso il vicino campeggio- il quale aveva riferito che il L., mentre si trovava all’ospedale a piangere la morte del figlio, aveva indicato P. e M. come autori del fatto. S.M. non veniva rintracciato dopo il fatto, ragion per cui non poteva essere sottoposto ad alcun accertamento tecnico, mentre S.M. veniva sottoposto all’esame dello stub, che dava esito negativo e che portava ad escludere che avesse sparato. La roulotte presentava sei fori sparati ad altezza d’uomo, i primi dei quali avevano una direzione tangenziale, erano fuoriusciti in parte dal finestrino posteriore e dalla struttura in lamiera sottostante, fino a raggiungere il molo; sul luogo del delitto venivano repertati sei bossoli cal. 12 ed un bossolo cal. 7,65. Tracce ematiche erano state rilevate sul muretto e sul tragitto dal molo alla roulotte, presumibilmente seguito da S.L.. L’accertamento autoptico consentiva di ritenere che gli spari che attinsero mortalmente il G., furono esplosi ad una distanza di otto metri.

Il gup riteneva il compendio probatorio idoneo ad affermare la colpevolezza dell’imputato. Dette conclusioni non venivano però condivise dalla Corte d’appello di Bari, che riteneva non attendibili le testimonianze di P. e di S.L..

In particolare i due testimoni non erano sovrapponibili quanto alla posizione dell’imputato all’interno dell’auto, poichè P. disse che lo sparatore si trovava fuori dell’auto, contrariamente a quanto assunto dal S.. Quest’ultimo poi non rappresentò esattamente la realtà , allorquando disse di essere stato colpito direttamente al piede, laddove i bossoli cal. 12 rinvenuti furono sei, numero corrispondente ai fori riscontrati nella parete della roulotte, il che portava ad escludere l’esplosione di altri colpi che lo attinsero direttamente; ancora, le lesioni riportate al piede dal menzionato erano lievi e facevano ritenere che lo stesso fosse stato attinto da colpo di rimbalzo; le tracce ematiche segnavano un percorso dal muretto verso la roulotte, con una direzione di marcia dal mare al parcheggio. Tale realtà ricostruita con i dati scientifici disponibili portava la corte a ritenere le modalità causative delle lesioni riportate dal testimone diverse da quella da lui narrate. Doveva essere considerata anche la presenza di un bossolo cal. 7,65 non sparato dai due autori dell’omicidio , che doveva essere ricondotto ad un’azione di difesa dello stesso S.L., assolutamente taciuta.

Lo stesso P. non veniva riconosciuto affidabile, poichè in primis alle 5 del mattino aveva detto di non sapere fornire alcuna indicazione sul fatto, essendosi svegliato intontito dallo scoppio di una fucilata e solo alle ore 11,00, dopo aver avuto autorizzazione dallo zio L. per via telefonica (di cui peraltro non vi era traccia), si determinò a rappresentare i dissidi con S. P., le minacce di usare il ferro da questi proferite, la constatata presenza di un’auto Y davanti alla roulotte in quella notte, il riconoscimento del M. che sceso dal lato guida cominciò a sparare. Non veniva ritenuta plausibile la giustificazione offerta dallo stesso di aver deciso di parlare solo quando aveva appreso dallo zio che G. era morto, poichè del decesso del giovane la famiglia ebbe notizia ben prima delle ore undici. Lo stesso S.F. che era uscito dalla roulotte per andare a prendere le sigarette non risultava sovrapponibile nelle sue dichiarazioni rispetto a quanto riferito dal P. (ad es. aveva detto che il cugino era andato a prendere le sigarette con l’auto, laddove invece vi era andato a piedi). In ultimo, veniva ritenuto chiaro segno di inaffidabilità il fatto che i due testimoni erano stati ascoltati al riparo di una tenda, dall’app. F. F., mentre tra loro in ospedale, nell’immediatezza del fatto si dissero testualmente "il bastardo aveva il passamontagna e col fucile sparava contro la roulotte". Tale dato gettava secondo la corte un’ulteriore ombra sul fatto che i testimoni potessero avere fissato i connotati degli autori dell’azione di sangue in oggetto, ombra che non veniva superata dal fatto che il P., a sei mesi dal fatto, si fosse presentato agli inquirenti per riferire il particolare del passamontagna, asserendo che era portato a mò di cappello lasciando visibile il volto, poichè il termine passamontagna ha una significazione univoca e sta ad indicare un indumento che copre il volto. In conclusione, la corte territoriale riteneva che, poichè l’omicidio intervenne a poche ore dal diverbio intercorso tra il P. ed il cugino L. (ammesso dallo stesso P. nel processo separato che lo coinvolse in quanto minore) , i testimoni abbiano supposto un collegamento, deducendo che autori del fatto potevano essere i fratelli M. e P. e ha rilevato che anche il movente, così come delineato, destava perplessità , in quanto il diverbio non riguardò il M..

Di qui la riforma della sentenza di condanna.

2. Avverso tale pronuncia, ha proposto ricorso per Cassazione il Procuratore Generale presso la corte d’appello di Bari, per dedurre:

2.1 mancanza, contradaittorietà o manifesta illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta non attendibilità della persona offesa S.L.. Il fatto che sul locus commisi delicti siano stati rinvenuti solo sei bossoli cal. 12, pari al numero di quelli che trapassarono le lamiere della roulotte, non è dato sufficiente ad infirmare la tesi del testimone, poichè secondo il suo racconto i colpi furono esplosi anche con l’auto in movimento e quindi alcuni bossoli potrebbero essere caduti all’interno dell’auto stessa. Il fatto che al P., – che sarebbe stato alla guida -, non siano state rinvenute tracce di polvere da sparo non è significativo, poichè fu il fratello a sparare e a fargli da scudo rispetto alle particene. La buona fede del S. nella sua versione sugli spari che lo attinsero – che devono sicuramente essere considerati colpi non diretti – è dimostrata dal fatto che egli era in condizione di raggiungere il piazzale nel momento terminale dell’azione, con il che non si può escludere che abbia ritenuto di esser stato colpito, quando venne fatto fuoco dall’autovettura.

L’azione si dipanò del resto in un arco di tempo superiore ai 5/6 secondi ritenuti come tempo degli spari in successione, poichè non va dimenticato che l’autore degli spari scese dall’auto, sparò, risalì sull’auto e ripartì a bordo del veicolo guidato da un secondo soggetto , tanto è vero che dei primi colpi venne rilevata una traiettoria tangenziale alla fiancata della roulotte e di quelli successivi una traiettoria perpendicolare. La discrasia tra i due testimoni andava del resto superata in ragione del fatto che P. percepì visivamente la prima fase dell’azione, mentre S.L. intervenne nella fase successiva.

2.2 Mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta non attendibilità della persona offesa P.P.. La corte si sarebbe fermata ad una prima lettura del fatto che solo alle ore 11 il prevenuto rese testimonianza, su autorizzazione dello zio: secondo il Pg ricorrente, il P. tenne un atteggiamento omertoso, così come lo tennero tutti i componenti della famiglia, tanto è vero che alla stessa dott.sa Sa., che ebbe a prendersi cura del G., fecero fatica a rivelare che si trattò di una sparatoria. Non sarebbe stato spiegato in sentenza come mai nacque la scelta collaborativa del testimone, non sarebbe stato adeguatamente motivato il perchè andava svalutata la testimonianza sulla prima fase dell’azione, tanto più che veniva invece valorizzata la frase sul passamontagna, significativa del fatto che il giovane aveva assistito direttamente alla sparatoria. Implausibile era poi la deduzione elaborata dalla Corte sul fatto che lo sparatore avesse il passamontagna e quindi non potesse essere visto in volto, laddove le lesioni riportate dal P. denotavano che egli era rivolto verso gli assassini. Non solo, ma la traiettoria rilevata dei proiettili sembra suggerire, secondo il PG ricorrente, che i primi colpi – quelli che provocarono i fori sulla porta – vennero sparati da una posizione più decentrata, il che spiega perchè il giovane non venne attinto in pieno dai proiettili, ma solo da frammenti generati dall’azione trapassante, con ciò accreditando la versione del medesimo sulla sua posizione all’interno della roulotte al momento degli spari. Pertanto viene chiesto l’annullamento della sentenza, risultando inadeguata ed incompleta la motivazione a fondamento dell’assoluzione.

3. E’ stata presentata nelle more una memoria, da parte della difesa dell’imputato con cui viene lamentato che il Pm ricorrente solleciti di fatto una rivalutazione delle risultanze acquisite. La motivazione può non essere condivisa, ma è esauriente, logica, aderente alla realtà processuale. E’ stato sottolineato che la versione di S.L. è smentita dalle risultanze in atti e che quella di P.P. è mendace. Viene richiamato il dato del passamontagna con cui uno degli assassini operò a volto coperto, viene riportata la circostanza che L. non potè sopraggiungere che quando l’azione era terminata , viene ribadito che il racconto del P. non collima con quello di S. L..

Di qui la richiesta di rigetto del ricorso.

Motivi della decisione

Il ricorso va dichiarato inammissibile, poichè manifestamente proiettato a stimolare una nuova e contrapposta ricostruzione della vicenda processuale ed una nuova ed alternativa interpretazione dei dati acquisiti, che non sono proponibili in detta sede, essendo di esclusiva spettanza dei giudizi di merito, ancorchè in premessa del ricorso sia stato scritto di voler evitare una sollecitazione in tale senso.

Di fatto il ricorrente contesta il giudizio di affidabilità dei due testimoni, ritenuti pietre angolari nella ricostruzione dell’accaduto secondo l’ipotesi d’accusa, non tanto in ragione di una non corretta veicolazione delle loro dichiarazioni nel contenuto della decisione, quanto per l’apprezzamento loro ricondotto, a cui segue la richiesta di rinnovata considerazione della valenza attribuita a dette deposizioni.

Si badi che la parte ricorrente con il primo motivo non si duole del fatto che la sentenza della Corte territoriale sia stata fondata su prove inesistenti, ovvero su risultati di prova incontestabilmente diversi da quelli reali, bensì contesta il modo con cui i contributi rappresentativi sono stati fatti interagire con gli altri dati acquisiti. Ed infatti non è messo in discussione che sul terreno del locus commissi delicti siano stati rinvenuti sei bossoli di cal. 12, ma si adombra che altri bossoli possano essere caduti ad es. all’interno dell’auto degli assassini, mettendo in guardia sulla decisività del dato così come è stato recepito in sentenza. Ancora viene contestato che non sia stato riconosciuto il beneficio della buona fede al teste S.L., che verosimilmente tacque sul fatto di avere avuto a sua volta a disposizione un’arma 7,65 da cui fece partire almeno un colpo, che assunse di essere stato colpito direttamente , laddove la ferita riportata tradisse la natura di rimbalzo del colpo che lo attinse. E’ stato del resto espressamente richiesto di dare un’alternativa lettura alle emergenze disponibili , tale da fare superare le dissonanza tra le stesse dichiarazioni testimoniali dei due principali accusatori, ma tutto ciò significa entrare nel merito , per una rinnovata considerazione della valenza attribuita alle deposizioni testimoniali.

Il secondo motivo non trova migliore sorte.

Viene contestato che la valenza della deposizione del P. sia stata ridimensionata alla luce del fatto che il medesimo offrì il suo contributo informativo solo in un secondo momento, a suo dire dopo il colloquio avuto con lo zio, che gli aveva confidato che il giovane G. era morto e si dissente dal fatto che il riconoscimento dell’imputato ad opera di P. sia stato messo in seria discussione a causa del dato del passamontagna.

Ancora una volta la contestazione verte sul processo valutativo delle emergenze disponibili, non già sulla trascuratezza di elementi importanti o sulla inesatta ricezione dei flussi informativi provenienti dalle testimonianze.

Se ne deve concludere che non spetta alla Corte di cassazione rivalutare il modo con cui il mezzo di prova è stato apprezzato dai giudice di merito – quando come nel caso di specie non presenti aspetti di manifesta illogicità, i soli che abbiano rilievo in questa sede, ma solo, come è insito in ogni ragionamento, margini di opinabilità – con il che si impone la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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