Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 26-05-2011) 23-06-2011, n. 25229

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte d’appello di Lecce,con sentenza del 29 aprile del 2010, in parziale riforma di quella resa dal tribunale della medesima città l’8 maggio del 2009, concedeva agli imputati M.S. e B.A. il beneficio della non menzione della condanna sul certificato del casellario giudiziale e confermava nel resto la sentenza impugnata, con cui i predetti erano stati condannati, in concorso di attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante, alla pena, condizionalmente sospesa, di mesi 6 di reclusione ed Euro 120,00 di multa, quali responsabili del reato p. e p. dall’art. 110 c.p., art. 81 cpv. c.p., art. 349 c.p., comma 2, per avere, in concorso fra loro, B. quale, custode giudiziario dell’immobile abusivo nominato dalla Polizia Municipale di Nardò con verbale di sequestro dell’1.9.2003, e la M., quale proprietaria e moglie convivente del primo, committente dei lavori e consapevole della qualifica soggettiva rivestita dal B., violato reiteratamente i sigilli apposti dall’autorità, dapprima proseguendo i lavori abusivi mediante la realizzazione di un solaio di copertura dei muri dell’attico e successivamente completando integralmente il manufatto rendendolo abitabile.

In (OMISSIS).

Secondo la ricostruzione fattuale contenuta nella sentenza impugnata in occasione di un sopralluogo effettuato il giorno 11/9/2002, era stato accertato che sul terreno censito in catasto al fl. 115 part. 322 erano in corso opere edili, in assenza di permesso di costruire;

in particolare era stato realizzato uno sbancamento di m. 10×15, erano state poste in opera le fondazioni ed era stato riempito il vespaio con pietrame. In occasione di tale sopralluogo sul posto si trovava B.A.. Per mezzo di una visura catastale, si accertò che il terreno era di proprietà di M.S., moglie convivente del B.. L’immobile fu sottoposto a sequestro con nomina del B. quale custode, il quale sottoscrisse il relativo verbale.

Furono, inoltre, apposti i sigilli.

Dopo qualche giorno, in data 25/9/2002, gli agenti si recarono nuovamente sul posto e constatarono che l’immobile era stato ultimato allo stato rustico Dopo un ulteriore sopralluogo eseguito l’8 aprile del 2003,il teste C.S. (all’epoca in servizio presso la Polizia Municipale del Comune di Nardò) accertò che l’immobile era stato ultimato Sulla base di tali accertamenti si è affermata la responsabilità di entrambi gli imputati per il delitto loro ascritto.

Ricorrono per cassazione entrambi gli imputati per mezzo del comune difensore deducendo:

la violazione della norma incriminatrice e mancanza di motivazione perchè i lavori erano proseguiti dopo il rilascio del permesso in sanatoria; pertanto il reato non era configurabile e comunque i lavori erano proseguiti in buona fede stante la consapevolezza della legittimità degli stessi, Inoltre la Corte aveva omesso di considerare che la nomina del B. come custode del cantiere era incompatibile essendo egli l’assuntore dei lavori; infine era mancato qualsiasi accertamento sull’apporto concorsuale della M.;

La prescrizione del reato.

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile per varie ragioni. Anzitutto per l’aspecificità dei motivi perchè si ripetono sostanzialmente censure già puntualmente respinte dalla Corte territoriale senza l’indicazione dei vizi del ragionamento dei giudici censurati.

In secondo luogo per la manifesta infondatezza dei motivi stessi.

La Corte ha già osservato che al momento della prosecuzione dei lavori non esisteva alcun permesso in sanatoria, perchè nessun documento del genere era stato mai prodotto dagli istanti, quali neppure in questo grado hanno esibito il permesso che assumono di avere conseguito in sanatoria. In conclusione gli istanti hanno dimostrato di avere presentato la domanda, ma non risulta che abbiano conseguito la sanatoria.

Il fatto che il B. avesse assunto la veste di assuntore dei lavori non rendeva incompatibile la sua nomina a custode.

Sulla compartecipazione della M. esiste congrua motivazione.

In proposito, da parte dei giudici del merito, si è sottolineato che la predetta, oltre ad essere moglie convivente dell’assuntore dei lavori e proprietaria del terreno, aveva inoltrato la domanda di sanatoria prodotta in giudizio ed era stata destinataria dell’ordine di sospensione dei lavori e di demolizione. Infine al pari del marito aveva interesse alla prosecuzione dei lavori.

La prescrizione per il solo primo episodio ossia per la violazione commessa il (OMISSIS) è maturata dopo la sentenza impugnata.

L’altro reato allo stato non è prescritto.

L’inammissibilità del ricorso per la manifesta infondatezza dei motivi impedisce di dichiarare la prescrizione per il primo reato, maturata come dianzi precisato, dopo la decisione impugnata, secondo l’orientamento espresso dalle Sezioni munite di questa Corte con la sentenza del 22 novembre del 2000 De Luca.

Dall’inammissibilità del ricorso discende l’obbligo di pagare le spese processuali e di versare una somma, che stimasi equo determinare in Euro 1000,00, in favore della Cassa delle Ammende, non sussistendo alcuna ipotesi di carenza di colpa del ricorrente nella determinazione della causa d’inammissibilità secondo l’orientamento espresso dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 186 del 2000.

P.Q.M.

LA CORTE Letto l’art. 616 c.p.p..

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti singolarmente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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