Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 26-05-2011) 23-06-2011, n. 25227 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) La Corte di Appello di Palermo, con sentenza del 17.11.2010, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Termini Imerese, con la quale D.A. e T.A. erano stati condannati per i reati di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c) (capo a), D.Lgs. n. 490 del 1999, artt. 138 e 163 (capo b), D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 64, 71, 65 e 72 (capo c), D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 83, 93, 94 e 95 (capo d), art. 734 c.p. (capo e), unificati sotto il vincolo della continuazione, assolveva gli imputati dal reato di cui al capo e) perchè il fatto non sussiste, rideterminando la pena per i rimanenti reati in mesi 1, giorni 15 di arresto ed Euro 13.000,00 di ammenda ciascuno.

Riteneva la Corte territoriale, disattendendo i rilievi difensivi, che con l’atto di appello era stata prospettata una ricostruzione riduttiva della vicenda, trascurando quanto era emerso dal sopralluogo. Da tale atto, dai rilievi fotografici e dalle deposizioni dei testi d’accusa risultava, infatti, che l’intervento effettuato aveva determinato una sensibile modificazione dei luoghi, mediante lo sbancamento di una vasta area per accedere al lotto di terreno, ed era stato realizzato un muro non certo di piccole dimensioni (in alcuni punti era alto mt. 2,50)..

Per tali interventi era necessario permesso di costruire, nulla osta paesaggistico e le autorizzazioni previste dalia legge sul cemento armato ed antisismica.

Quanto alla richiesta di concessione in sanatoria, non risultava che essa fosse stata rilasciata.

2) Ricorrono per cassazione il D. e la T., a mezzo del difensore, denunciando la violazione di legge ed il vizio di motivazione. La Corte territoriale non ha tenuto conto che per le opere realizzate non occorreva permesso di costruire, nè autorizzazione paesaggistica, essendosi gli imputati limitati a ripulire un’area antistante l’immobile di loro proprietà ed a renderla calpestarle; il muro, secondo la relazione del tecnico di parte, non superava i due metri, per cui avevano errato nella misurazione gli organi accertatori. In ogni caso, erano stati richiesti concessione in sanatoria e nulla osta ambientale.

3) Il ricorso è manifestamente infondato, avendo la Corte territoriale già correttamente disatteso le doglianze difensive.

Con accertamento, in fatto, immune da vizi di palesi illogicità o travisamento della prova, i Giudici di merito hanno evidenziato che dalle risultanze processuali (verbale di sequestro, testimonianze degli Ufficiali di p.g., rilievi fotografici) emergeva in modo inequivocabile che vi era stato: a) sbancamento di un’area di circa 200 mq sul fronte del lotto che affacciava sulla ss 113, alto circa due metri, con pendenza costante a decrescere sino alla quota del terreno; b) costruzione in cemento armato di un muro laterale sulla sinistra in direzione (OMISSIS); c) posa di un cancello scorrevole;

predisposizione di una fondazione, ancora in corso all’atto dell’accesso della p.g. per un muro di contenimento sulla destra..".

I ricorrenti contestano genericamente le argomentazioni della Corte territoriale, riproponendo una diversa e "riduttiva" (come la definisce la Corte di merito) interpretazione delle risultanze processuali anche in sede di legittimità.

Le censure sollevate dai ricorrenti non tengono conto, però, che il controllo demandato alla Corte di legittimità va esercitato sulla coordinazione delle proposizioni e dei passaggi attraverso i quali si sviluppa il tessuto argomentativo del provvedimento impugnato, senza alcuna possibilità di rivalutare in una diversa ottica, gli argomenti di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento o di verificare se i risultati dell’interpretazione delle prove siano effettivamente corrispondenti alle acquisizioni probatorie risultanti dagli atti del processo.

Anche a seguito della modifica dell’art. 606 c.p.p., lett. e), con la L. n. 46 del 2006, il sindacato della Corte di Cassazione rimane di legittimità: la possibilità di desumere la mancanza, contraddittorietà o la manifesta illogicità della motivazione anche da "altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame", non attribuisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare criticamente le risultanze istruttorie, ma solo quello di valutare la correttezza dell’iter argomentativo seguito dal giudice di merito e di procedere all’annullamento quando la prova non considerata o travisata incida, scardinandola, sulla motivazione ccnsurata (cfr. Cass. pen. sez. 6 n. 752 del 18.12.2006). 3.1) Che fosse, poi, necessaria autorizzazione paesaggistica non può minimamente essere revocato in dubbio.

E’ orientamento costante di questa Corte che il reato di cui al D.Lgs. n. 490 del 1999, art. 163 (ora D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181) è reato di pericolo e, pertanto, per la configurabilità dell’illecito, non è necessario un effettivo pregiudizio per l’ambiente, potendo escludersi dal novero delle condotte penalmente rilevanti soltanto quelle che si prospettano inidonee, pure in astratto, a compromettere i valori del paesaggio e l’aspetto esteriore degli edifici. Nelle zone paesisticamente vincolate è pertanto inibita, in assenza della prescritta autorizzazione, ogni modificazione dell’assetto del territorio, attuata attraverso qualsiasi opera non soltanto edilizia, ma di qualunque genere (ad eccezione degli interventi consistenti: nella manutenzione, ordinaria e straordinaria, nel consolidamento statico o restauro conservativo, purchè non alterino lo stato dei luoghi e l’aspetto esteriore degli edifici; nell’esercizio dell’attività agro-silvo-pastorale, che non comporti alterazione permanente dello stato dei luoghi con costruzioni edilizie od altre opere civili e sempre che si tratti di attività ed opere che non alterino l’assetto idrogeologico; nel taglio colturale, forestazione, riforestazione, opere di bonifica, antincendio e di conservazione da eseguirsi nei boschi e nelle foreste, purchè previsti ed autorizzati in base alle norme vigenti in materia) – cfr. ex multis e da ultimo Cass.pen.sez.3 n. 16574 del 6.3.2007.

Perfino gli interventi di ristrutturazione edilizia o che, comunque, alterino lo stato dei luoghi e l’aspetto esteriore degli edifici, pur se eseguibili mediante "semplice" denuncia di inizio attività ai sensi del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 180, art. 22, commi 1 e 2, sia se eseguibili in base alla cosiddetta super DIA, prevista dal comma 3 della citata disposizione, necessitano del preventivo rilascio dell’autorizzazione paesaggistica da parte dell’autorità preposta alla tutela del vincolo" (cfr. ex multis Cass. pen. sez. 3 n. 8739 del 21.1.2010), configurandosi in mancanza il reato di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181 (Cass. pen. sez. 3 n. 15929 del 12.1.2006).

3.2) Quanto alla realizzazione del muro, la Corte di merito ha ricordato che, contrariamente, all’assunto degli appellanti, esso non poteva certo ritenersi di modeste o piccole dimensioni. Era stato accertato, infatti, che era lungo circa 15 mt., largo 35 cm., ed alto da un minimo di 0,60 mt. ad un massimo di mt.2,50. Ha, inoltre, evidenziato che, anche a voler ritenere più corrette e conformi alla situazione dei luoghi le misurazioni effettuate dal consulente della difesa (secondo cui il muro aveva una larghezza di cm.30 ed un’altezza da mt.0,60 a mt.1,90), era, comunque, necessario permesso di costruire.

Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, cui si è uniformata la Corte di merito, "In materia edilizia, è necessario il permesso di costruire per la realizzazione di un muro di contenimento, in quanto si tratta di un manufatto che si eleva al di sopra del suolo ed è destinato a trasformare durevolmente l’area impegnata, come tale qualificabile intervento di nuova costruzione" (cfr. ex multis Cass.pen.sez. 3 n.35898 del 14.5.2008).

3.3) In ordine, infine, alla richiesta di concessione in sanatoria e di nulla osta paesaggistico, ha già rilevato ineccepibilmente la Corte territoriale che non è stata data la prova del conseguimento nè dell’una nè dell’altra.

3.4) Il ricorso deve, quindi, essere dichiarato inammissibile, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma che pare congruo determinare in Euro 1.000,00 ciascuno ai sensi dell’art. 616 c.p.p..

3.4.1) La inammissibilità del ricorso preclude la possibilità di dichiarare la prescrizione. Questa Corte si è pronunciata più volte sul tema anche a sezioni unite (per ultimo sent. n. 23428/2005- Bracale). Tale pronuncia, operando una sintesi delle precedenti decisioni, ha enunciato il condivisibile principio che l’intervenuta formazione del giudicato sostanziale derivante dalla proposizione di un atto di impugnazione invalido perchè contrassegnato da uno dei vizi indicati dalla legge ( art. 591 c.p.p., comma 1, con eccezione della rinuncia ad un valido atto di impugnazione, e art. 606 c.p.p., comma 3), precluda ogni possibilità sia di far valere una causa di non punibilità precedentemente maturata sia di rilevarla d’ufficio.

L’intrinseca incapacità dell’atto invalido di accedere davanti ai giudice dell’impugnazione viene a tradursi in una vera e propria absolutio ab instantia, derivante da precise sequenze procedimentali, che siano in grado di assegnare alle cause estintive già maturate una loro effettività sul piano giuridico, divenendo altrimenti fatti storicamente verificatisi, ma giuridicamente indifferenti per essersi già formato il giudicato sostanziale".

E’ preclusa, quindi, ogni possibilità di far valere e rilevare d’ufficio, ai sensi dell’art. 129 c.p.p., l’estinzione del reato per prescrizione anche se maturata prima della sentenza di appello, ma da questa non rilevata, nè dedotta (cfr. Cass. Sez. un. 23428/2005 cit. e successivamente Cass. Pen. Sez. 1, n. 24688 del 4.6.2008; Cass. Sez. 3, n. 42839 dell’8.10.2009).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle ammende della somma di Euro mille.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *