Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 26-05-2011) 23-06-2011, n. 25224

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 9.11.2009 il Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi condannava P.M. alla pena dell’ammenda quale colpevole di avere, essendo titolare di un’officina meccanica, costruito un nuovo impianto per la lavorazione di prodotti di ferro in assenza della prescritta autorizzazione regionale per l’emissione in atmosfera dei fumi.

Proponeva appello l’imputato denunciando violazione di legge sull’affermazione di responsabilità basate sulla deposizione del mar. D.M. al quale egli aveva detto di non essere in grado di esibire la documentazione richiestagli perchè non in suo possesso.

Non aveva riferito di non avere ottenuto l’autorizzazione all’emissione in atmosfera.

Tanto premesso asseriva che le notizie assunte dall’ufficiale di PG in assenza del difensore erano inutilizzabili ex art. 350 c.p.p. aggiungendo che non era provata la novità dell’impianto e che la Regione Campania aveva preso atto, con la nota 22.07.2005 che produceva, che l’impianto rientrava tra quelli a inquinamento atmosferico poco significativo che non necessitano di autorizzazione.

Chiedeva l’imputato di essere assolto e in subordine la concessione del beneficio dell’indulto. Essendo la sentenza inappellabile, gli atti venivano trasmessi a questa Corte ex art. 568 c.p.p., n. 5.

Il D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203 (ora sostituito dal D.Lgs. n. 152 del 2006) sottopone a preventivo controllo nella forma di un’autorizzazione regionale espressa e specifica l’inizio della costruzione di un nuovo impianto e distingue tale momento da quello dell’attivazione dell’esercizio egualmente soggetto a controllo regionale (cfr. la decisione di questa sezione n. 8703/1994, RV. 199415).

L’art. 1 del Decreto sottoponeva alla suddetta disciplina "tutti gli impianti che possono dar luogo a emissioni nell’atmosfera", mentre la definizione d’impianto di cui all’art. 2, punto 9 riguardava lo "stabilimento o altro impianto fisso che serva per usi industriali o di pubblica utilità e possa provocare inquinamento atmosferico, ad esclusione di quelli destinati alla difesa nazionale".

Le iniziali incertezze circa la portata della norma sono venute sostanzialmente meno per effetto del D.P.C.M. 21 luglio 1989, che ha dettato norme d’indirizzo e coordinamento per l’attuazione e l’interpretazione del D.P.R. n. 203 del 1988, stabilendo la sua applicazione "agli impianti industriali di produzione di beni o servizi … escludendo gli impianti termici non inseriti in un ciclo di produzione … gli impianti di climatizzazione … gli impianti termici destinati esclusivamente a riscaldamento dei locali".

L’assoggettabilità o meno dei singoli impianti alla suddetta normativa ( D.P.R. n. 203 del 1988), inoltre, ha dato luogo a diverse pronunce della Suprema Corte che si è soffermata sulla definizione d’inquinamento atmosferico di cui all’art. 2, punto 1, riscontrandone la sussistenza "… non necessariamente in caso di un accertato pericolo di danno alla salute dell’uomo, per la presenza di sostanze inquinanti o tossiche o nocive, ma anche solo per un’alterazione dell’atmosfera che incida negativamente sui beni naturali o anche semplicemente sull’uso di essi …" (Cassazione Sezione 3, 3/3/1992, Forte; Cassazione Sezione 1, 7/6/1996).

Anche l’esercizio delle attività a ridotto inquinamento atmosferico, elencate nell’all. 2 al D.P.R. 25 luglio 1991, n. 175, è sempre subordinato, pena l’applicazione delle sanzioni previste dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 279 o al rilascio di un’autorizzazione che ne abiliti l’esercizio previa loro specifica individuazione o all’adempimento degli obblighi stabiliti in materia di procedure semplificate previste per le predette attività, essendo invece escluso l’obbligo di richiedere l’autorizzazione esclusivamente per le attività a inquinamento atmosferico poco significativo, elencate nell’all. 1 del D.P.R. citato.

Tanto premesso, osserva la Corte che, tenuto conto della prodotta nota della Regione Campania, il ricorso non è manifestamente infondato e che il reato, commesso il (OMISSIS), è prescritto perchè il termine massimo di anni 4 mesi 6 è decorso il 6.12.2009.

La sentenza impugnata deve, quindi, essere annullata senza rinvio.

P.Q.M.

La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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