Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 26-05-2011) 23-06-2011, n. 25222 Errore

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 12.03.2010 la Corte d’appello di Napoli confermava la condanna alla pena dell’arresto e dell’ammenda inflitta nel giudizio di primo grado a R.F. quale responsabile di avere esercitato la caccia in una zona rientrante nella perimetrazione del (OMISSIS).

Escludeva la corte territoriale la dedotta buona fede rilevando che, nella specie, l’eventuale errore sulla liceità del fatto, lungi dal costituire una scusabile ignoranza della legge penale, era da ricondurre quanto meno a colpa incombendo all’imputato l’obbligo di conoscenza del perimetro del Parco anche in assenza di tabelle di segnalazione in conseguenza della pubblicazione nella GU della carta topografica relativa alla zona interdetta alla caccia.

Nè escludevano l’illiceità del fatto l’asserito abbandono della zona e la circostanza che la stessa fosse battuta da altri cacciatori.

Proponeva ricorso per cassazione l’imputato denunciando inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 5 cod. pen.; mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione sull’affermazione di responsabilità che doveva escludersi alla luce della nota sentenza della Corte cost. n. 364/1988 che ha affermato che la responsabilità penale non può prescindere da una condotta che sia espressione di consapevole rimproverabilità e che l’impossibilità di conoscere il precetto non ascrivibile alla volontà dell’interessato esclude la punibilità.

Nella specie, la richiesta d’assoluzione era incentrata non soltanto sull’assenza della tabellazione, ma su altri e più pregnanti argomenti deponenti per la scusabilità dell’errore la mancanza di cartelli segnalatori riguardava solo la zona de qua; l’irregolarità della linea geografica della delimitazione del Parco che, per un lunghissimo tratto, seguiva una linea regolare per poi subire, in località (OMISSIS), un’anomala estensione verso il basso; lo stato di degrado della zona continuamente frequentato da altri cacciatori che la sentenza aveva ignorato.

Chiedeva l’annullamento della sentenza.

Il ricorso è inammissibile perchè propone questioni di fatto sulle quali il Tribunale ha congruamente motivato.

Ha affermato questa Corte che "i parchi Nazionali, essendo stati istituiti e delimitati con appositi provvedimenti pubblicati suda gazzetta ufficiale, non necessitano della tabellazione perimetrale al fine di individuarli come aree ove sia vietala l’attività venatoria.

E’ infatti onere di chi esercita la caccia conoscere esattamente i confini dell’area protetta e, conseguentemente, l’abusivo esercizio della caccia nei parchi è sanzionabile a titolo di colpa anche in assenza di tabellazione" (Sezione 3 n. 5489/2005 RV. 230854; n. 475671998 RV. 210516).

Correttamente, quindi, i giudici di merito hanno escluso l’invocata buona fede in ordine all’esercizio della caccia nel (OMISSIS), i cui confini non erano segnalati da apposite tabelle, alla stregua del summenzionato principio, sicchè l’introduzione a fini di caccia non può essere in alcun modo giustificata sussistendo a carico di chi esercita attività venatoria l’obbligo di acquisire tutti i dati conoscitivi necessari per il suo corretto esercizio desumibili dallo strumento cartografico.

Ne consegue che l’abusivo esercizio della caccia è sanzionabile a titolo di colpa anche in assenza di tabellazione gravando su chi esercita la caccia l’onere dell’esatta individuazione dei confini dell’area protetta, nella specie violati, donde l’inconsistenza della doglianza sulla dedotta buona fede per la quale non costituiscono elementi di supporto le circostanze fattuali segnalate dall’imputato e prese in considerazione dai giudici di merito perchè "ai fini della configurabilità dell’ignoranza inevitabile, e quindi scusabile, della legge penale, la scriminante della buona fede può trovare applicazione solo nell’ipotesi in cui l’agente abbia fatto tutto il possibile per adeguarsi al dettato della norma e questa sia stata violata per cause indipendenti dalla volontà dell’agente medesimo, al quale, quindi, non può essere mosso alcuni rimprovero, neppure di semplice leggerezza. Non è sufficiente, dunque, ad integrare gli estremi dell’esimente in parola il comportamento passivo tenuto dall’imputato, essendo, invece necessario che questo si attivi (informandosi presso gli uffici competenti, consultando esperti in materia, ecc.) al fine di adeguarsi all’ordinamento giuridico" (Sezione 3 n. 1042/1990, RV. 186394).

Il reato non è prescritto perchè l’inammissibilità del ricorso, vertente su questioni in fatto correttamente esaminate in sede di merito, preclude l’applicazione di sopravvenute cause di estinzione del reato Cassazione SU n. 32/2000, De Luca.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 1.000 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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