Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 26-05-2011) 23-06-2011, n. 25220 Costruzioni abusive Reati edilizi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) La Corte di Appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Napoli, in composizione monocratica, in data 23.9.2008, con la quale A.S. era stato condannato alla pena di anni 1, mesi 4 di arresto ed Euro 20.000,00 di ammenda per i reati di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b) (capo a), D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 64, 71, 65 e 72 (capo b), D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 83 e 95 (capo c), D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181 (capo d), unificati sotto il vincolo della continuazione, dichiarava non doversi procedere in ordine al reato di cui ai capo c) perchè estinto per prescrizione, rideterminando la pena per i rimanenti reati in mesi 9 di arresto ed Euro 16.000,00 di ammenda.

2) Riteneva la Corte territoriale che le due violazioni minori (relative all’altezza della barriera ed alla larghezza del cancello) costituissero pur sempre una modifica del paesaggio, per cui era configurabile il reato di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181.

Quanto alla costruzione del muro di confine risultava dagli atti che committente era stato l’imputato, sia perchè esso serviva a delimitare la sua proprietà adiacente, sia perchè era stato proprio lui a richiedere il permesso di costruirlo. Non era necessario pertanto accertare a chi appartenesse la particella su cui il muro era stato costruito.

2) Ricorre per cassazione A.S., a mezzo del difensore, denunciando, con un unico motivo, la violazione di legge ed il vizio di motivazione.

In relazione alle due violazioni minori la Corte omette di considerare che, trattandosi di manutenzione ordinaria, essendo sufficiente una D.I.A., non era necessaria autorizzazione paesaggistica. Quanto alla violazione urbanistica non è dato comprendere da quale atto la Corte territoriale abbia desunto la prova che sia stato l’ A. a costruire il muro su proprietà altrui.

3) Il ricorso è manifestamente infondato.

3.1) E’ orientamento costante di questa Corte che il reato di cui al D.Lgs. n. 490 del 1999, art. 163 (ora D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181) è reato di pericolo e, pertanto, per la configurabilità dell’illecito, non è necessario un effettivo pregiudizio per l’ambiente, potendo escludersi dal novero delle condotte penalmente rilevanti soltanto quelle che si prospettano inidonee, pure in astratto, a compromettere i valori del paesaggio e l’aspetto esteriore degli edifici. Nelle zone paesisticamente vincolate è pertanto inibita, in assenza della prescritta autorizzazione, ogni modificazione dell’assetto del territorio, attuata attraverso qualsiasi opera non soltanto edilizia, ma di qualunque genere (ad eccezione degli interventi consistenti: nella manutenzione, ordinaria e straordinaria, nel consolidamento statico o restauro conservativo, purchè non alterino lo stato dei luoghi e l’aspetto esteriore degli edifici; nell’esercizio dell’attività agro-silvo-pastorale, che non comporti alterazione permanente dello stato dei luoghi con costruzioni edilizie od altre opere civili e sempre che si tratti di attività ed opere che non alterino l’assetto idrogeologico; nel taglio colturale, forestazione, riforestazione, opere di bonifica, antincendio e di conservazione da eseguirsi nei boschi e nelle foreste, purchè previsti ed autorizzati in base alle norme vigenti in materia) – cfr. ex multis e da ultimo Cass. pen. sez. 3 n. 16574 del 6.3.2007.

Anche gli interventi di ristrutturazione edilizia o che, comunque, alterino lo stato dei luoghi e l’aspetto esteriore degli edifici, pur se eseguibili mediante "semplice" denuncia di inizio attività ai sensi del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 180, art. 22, commi 1 e 2 sia se eseguibili in base alla cosiddetta super DIA, prevista dal comma 3 della citata disposizione, necessitano del preventivo rilascio dell’autorizzazione paesaggistica da parte dell’autorità preposta alla tutela del vincolo" (cfr. ex multis Cass. pen. sez. 3 n. 8739 del 21.1.2010), configurandosi in mancanza il reato di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181 (Cass. pen. sez. 3 n. 15929 del 12.1.2006).

I Giudici di merito hanno accertato, con valutazione in fatto, immune da vizi, che anche le due violazioni minori (relative all’altezza della barriera ed alla larghezza del cancello) costituissero una "modifica dell’assetto del paesaggio". 3.2) Quanto alla realizzazione del muro sul confine, il ricorrente ripropone in questa sede le medesime doglianze già correttamente disattese dalla Corte territoriale. Questa, infatti, ha rilevato che l’ A. dovesse rispondere del reato non già in qualità di proprietario ma come committente delle opere, per cui era assolutamente non necessario un accertamento in ordine alla identificazione del proprietario della particella catastale n. 349.

Il reato di costruzione senza permesso di costruire o in contrasto con le prescrizioni urbanistiche o edilizie è configurabile come reato "proprio"; invero il precetto penale è diretto non a chiunque, ma soltanto a coloro che, in relazione all’attività edilizia, rivestono una determinata posizione giuridica o di fatto; e tra i soggetti destinatari del precetto vi è appunto il committente.

Che l’ A. sia stato, poi, il committente delle opere è stato accertato, con motivazione adeguata ed immune da vizi logici, dai giudici di merito. Già la sentenza di primo grado, richiamata dalla Corte di Appello, aveva evidenziato che la sicura attribuibilità all’imputato delle opere abusivamente realizzate emergeva inequivocabilmente dalla assoluta coincidenza delle stesse con quelle in ordine alle quali il medesimo imputato aveva chiesto, con apposita istanza del 23.7.2003 ed allegati grafici esplicativi, permesso di costruire e dal fatto che il muro serviva a delimitare la sua proprietà adiacente.

3.3) La inammissibilità del ricorso preclude la possibilità di dichiarare la prescrizione. Questa Corte si è pronunciata più volte sul tema anche a sezioni unite (per ultimo sent. n. 23428/2005 – Bracale). Tale pronuncia, operando una sintesi delle precedenti decisioni, ha enunciato il condivisibile principio che l’intervenuta formazione del giudicato sostanziale derivante dalla proposizione di un atto di impugnazione invalido perchè contrassegnato da uno dei vizi indicati dalla legge (art. 591, comma 1, con eccezione della rinuncia ad un valido atto di impugnazione, e art. 606, comma 3), precluda ogni possibilità sia di far valere una causa di non punibilità precedentemente maturata sia di rilevarla d’ufficio.

L’intrinseca incapacità dell’atto invalido di accedere davanti al giudice dell’impugnazione viene a tradursi in una vera e propria absolutio ab instantia, derivante da precise sequenze procedimentali, che siano in grado di assegnare alle cause estintive già maturate una loro effettività sul piano giuridico, divenendo altrimenti fatti storicamente verificatisi, ma giuridicamente indifferenti per essersi già formato il giudicato sostanziale".

L’inammissibilità del ricorso preclude, quindi, ogni possibilità di far valere e rilevare d’ufficio, ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen., l’estinzione del reato per prescrizione anche se maturata prima della sentenza di appello, ma da questa non rilevata, nè dedotta (cfr. Cass. Sez. un. 23428/2005 cit. e successivamente Cass. pen. sez. 1 n. 24688 del 4.6.2008; Cass. sez. 3 n. 42839 dell’8.10.2009).

3.4) Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma che pare congruo determinare in Euro 1.000,00 ai sensi dell’art. 616 c.p.p..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento alla cassa delle ammende della somma di Euro 1.000,00.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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