T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 28-06-2011, n. 962

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il ricorrente impugnava il provvedimento del 18.12.2010 del Questore di Brescia con cui gli era stata negata la conversione del permesso di soggiorno da motivi di minore età a motivi di lavoro subordinato.

L’amministrazione motivava la decisione impugnata sostenendo che la normativa introdotta con la l. 94/2009 precludeva al ricorrente di ottenere il permesso di soggiorno ex art. 32 d.lgs. 286/98, in quanto questi, minore non accompagnato ed affidato ad un presunto zio di quarto grado con provvedimento del Tribunale di Brescia 30.4.2009, non possedeva il requisito legalmente richiesto di aver seguito per due anni un corso d’integrazione sociale e civile. Inoltre l’interessato al compimento della maggiore età si trovava sul territorio nazionale da meno di tre anni.

A sostegno del gravame il ricorrente deduceva:

Violazione di legge ex art.32 del D.Lgs 286/98, in quanto il ricorrente, essendo stato affidato al detto parente non doveva essere considerato come minore non accompagnato. Pertanto egli aveva diritto al rilascio del permesso di soggiorno per motivi di famiglia anche se divenuto maggiorenne successivamente alla presentazione dell’istanza di rilascio del permesso stesso. La norma ex art. 32 citato deve interpretarsi nel senso che il permesso di soggiorno deve essere rilasciato anche quando il minore sia stato sottoposto a qualsiasi tipo di affidamento.

Si costituiva in giudizio l’Avvocatura dello Stato, che deduceva l’infondatezza dei motivi di ricorso.

Con ordinanza 115 del 27.1.2011 questa sezione rigettava la domanda incidentale di sospensione degli effetti del provvedimento impugnato;

La Terza Sezione del Consiglio di Stato, con ordinanza 929 del 25.2.2011, viceversa, accoglieva l’istanza

Alla odierna camera di consiglio il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Ad avviso del Collegio il ricorso si rivela infondato.

Infatti, il ricorrente in data 5 novembre 2010 ha richiesto il rilascio del permesso di soggiorno per conversione del permesso di soggiorno per minore età che veniva a scadere il 28 novembre 2010, alla stessa data del compimento del 18° anno di età.

Come si vede, tutto il quadro della situazione in cui versa il ricorrente si colloca in epoca successiva alla data di entrata in vigore -8 agosto 2009- della legge 15.7.2009, n. 94, il cui art.1, comma 22, lett.v, ha dettato condizioni più restrittive per la conversione del permesso di soggiorno dei minori extracomunitari, non accompagnati, in permesso di soggiorno per motivi di lavoro, concedendola esclusivamente allorquando lo straniero, affidato o sottoposto a tutela, sia stato inserito in un programma di integrazione sociale e civile per un periodo di tempo non inferiore a due anni e che si trovi sul territorio nazionale da almeno tre anni.

E’ noto che la novella è stata dettata al fine di arginare il fenomeno degli extracomunitari che entrano in Italia al compimento ravvicinato del 18° anno di età, subito sottoposti a generico ed il più delle volte ad incontrollato affidamento, nonchè accreditati di un provvisorio permesso di soggiorno per minore età in quanto non espellibili e che subito dopo, al compimento della maggiore età, invocano un permesso di lavoro per conversione, eludendo in tal modo il sistema dei flussi.

Nel caso di specie appare seriamente difficile condividere l’assunto invocato dal ricorrente secondo cui la novella non avrebbe mutato alcunchè rispetto la norma originaria ex art.32 del DPR 286/98. Se così fosse saremmo di fronte ad una sorta di ultrattività della norma più favorevole alle varie situazioni, ultrattività, che, però, non trova alcuna base né nella norma medesima né nella costituzione. Né la circostanza che il ricorrente fosse stato affidato ad un parente può mutare la sua situazione, atteso che non ricorrono gli altri due requisiti richiesti dalla norma: a) presenza del minore sul territorio italiano per almeno tre anni con affidamento dello stesso ai sensi dell’art.2 della legge 4.5.1983, n.184; b) inserimento in apposito progetto di integrazione sociale e civile gestito dagli enti previsti dalla legge per un periodo non inferiore a due anni.

Ogni procedimento amministrativo, infatti, deve essere retto dalle norme vigenti nel momento in cui esso si svolge. Nel caso in questione il procedimento amministrativo per il rilascio del titolo di soggiorno ex art. 32 t.u. è stato aperto con una domanda dell’interessato presentata successivamente alla entrata in vigore della legge, si è svolto interamente sotto il vigore delle nuove norme e si è concluso con un provvedimento del 18. 12. 2010.

Appare decisamente infondata la lettura dispiegata dal ricorrente circa la interpretazione del rapporto tra il comma 1 ed il comma 1 bis della dell’art. 32 del D.Lgs 286/98. Afferma il ricorrente che le ipotesi previste nei due commi sopra citati sono alternative tra loro, nel senso che il permesso di soggiorno per minore età può essere convertito, al raggiungimento della maggiore età, in permesso di soggiorno per lavoro sia allorquando si sia in presenza di un minore c.d. accompagnato sia allorquando il minore non accompagnato sia stato in qualunque modo affidato ovvero sottoposto a tutela. Ad avviso del Collegio viceversa le ipotesi sono -come afferma correttamente l’amministrazione resistente- tra loro complementari, nel senso che la conversione è resa possibile per i minori non accompagnati che possiedano oltre ai requisiti di cui al comma 1 anche i requisiti previsti al comma 1 bis della permanenza del soggetto interessato da almeno tre anni sul suolo italiano e dell’ammissione dello stesso per un periodo non inferiore a due anni in un progetto di integrazione sociale e civile gestito da un ente pubblico o privato che abbia le caratteristiche previste nello steso comma 1 bis.

E che sia così lo si desume chiaramente dalla locuzione espressa al terzo capoverso del comma 1: ""fermo restando quanto previsto dal comma 1 bis""e dalla locuzione di cui al comma 1 bis: "il permesso di soggiorno di cui al comma 1". Ciò sta chiaramente ad intendere che i due commi vanno letti congiuntamente.

Del resto se non fosse così non si spiegherebbe la ratio della modifica dell’art.32 del D.Lgs 286/98 ad opera della legge 94/2009, modifica, certamente finalizzata a correggere un indirizzo, anche giurisprudenziale, ormai largamente generoso nella concessione di permessi di soggiorno del genere in questione.

Il ricorso conseguentemente deve essere rigettato.

Sussistono tuttavia giusti motivi per compensare le spese del giudizio tra le part

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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