T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 28-06-2011, n. 957 Bellezze naturali e tutela paesaggistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Comune bresciano di Adro comprende nel suo territorio un’area estesa per circa 89 mila metri quadri, di approssimativa forma triangolare, delimitata a nord ovest dalla S.P. 11, localmente denominata via Principe Umberto, e a sud ovest dalla via Lovera -che segna altresì il confine con il limitrofo Comune di Erbusco ed è nel proprio sedime divisa lungo la mezzeria fra i due enti. Tale area comprende i fondi distinti al locale catasto al foglio 27, mappali 121, 123, 124, da 126 a 133, da 135 a 137, 194 e 194, nella dichiarata disponibilità della I. S.c. a r.l. (di seguito "I.") e della omonima Fondazione I. per il benessere e la salute mentale, entrambe Onlus attive nel settore dell’assistenza ai pazienti psichiatrici; comprende poi gli ulteriori fondi distinti al foglio 27, mappali da 138 a 140, di proprietà del Comune di Adro; racchiude fra essi, al mappale 132, uno specchio d’acqua naturale, esteso per circa 37 mila metri quadri, costituito dal laghetto morenico detto "del Sala", che raccoglie le acque in discesa dalle colline circostanti. Da ultimo, l’area in questione è individuata dal vigente PTCP della Provincia di Brescia come ambito di elevato valore percettivo e componente il paesaggio fisico e naturale; era poi classificata dal P.R.G. di Adro in parte appunto come "laghetto del Sala", ai sensi dell’art. 18 bis delle N.T.A., e in parte come "zona di rispetto panoramico e paesaggistico" ai sensi dell’art. 33 delle stesse N.T.A. (per tali notizie, cfr. doc. 3 ricorrente, copia relazione tecnica al progetto di cui appresso, pp. 14; la topografia della zona è poi da ritenersi fatto localmente notorio).

Su tale area, le citate Cooperativa e Fondazione I., odierne controinteressate, hanno proposto la realizzazione di un intervento, rappresentato da una serie di edifici di asserito interesse pubblico, precisamente un "punto accoglienza", un auditorio, una serie di uffici, una galleria espositiva, un ristorante, un edificio polifunzionale a scopi sempre di ristorazione e di sala incontro e una struttura ricettiva costituita da un corpo centrale detto "manor house" e da trenta camere site in diciassette distinte unità; al servizio di tale complesso di edifici, hanno poi proposto di realizzare una nuova rotatoria in corrispondenza dell’incrocio fra la via Principe Umberto e la via Lovera e la riqualificazione di quest’ultima mediante allargamento del sedime, integrato da un percorso ciclopedonale; tutto ciò al dichiarato scopo di "incrementare le reti sociali di aiuto all’inserimento lavorativo di persone con disagio e stabilizzare il rapporto fra impresa profit, impresa sociale e istituzioni preposte allo sviluppo locale" (doc. 3 ricorrente, cit. p. 5, ove la citazione; v. anche gli elaborati di progetto, doc. 9 ricorrente, ove la planimetria della struttura); le medesime controinteressate hanno poi fatto presente che l’intervento in questione richiedeva una variante urbanistica al P.R.G. citato (sempre doc. 3 ricorrente, p. 9).

Il Comune di Adro ha quindi ritenuto di poter assentire l’intervento per tramite di una variante a procedura semplificata ai sensi della l. r. Lombardia 23 giugno 1997 n°23, e l’ha adottata con la delibera consiliare 53/2009 di cui in epigrafe; nella stessa, dà atto che l’intervento in questione sarebbe una "struttura integrata socioriabilitativa culturale… che riveste la qualificazione di opera di pubblico interesse generale e in parte di pubblica utilità"; dà atto ancora che l’opera "circa l’aspetto sociale prevede l’inserimento lavorativo di pazienti psichiatrici con la creazione di un centro di accoglienza degli stessi (accoglienza, orientamento professionale, formazione al lavoro e accompagnamento all’inserimento lavorativo e mantenimento del posto di lavoro): pazienti potenziali n°20, operatori n°10, personale indotto (amministrativo, gestionale, tecnico etc.) n°15; circa l’aspetto aggregativo culturale prevede la creazione di spazi espositivo didattico divulgativi dell’eccellenza ambientale e artistico creativa del made in Italy (per prodotti eco sostenibili) con particolare riferimento alla produzione vinicola della zona del Franciacorta, non esclusi convegni sulla salute mentale dei pazienti e della valorizzazione della potenzialità dei soggetti inseriti, con possibilità di usufruire della struttura anche da parte del Comune di Adro secondo particolari accordi per convegni o conferenze regolamentati dalla convenzione urbanistica"; in forza di ciò, accorda alle proponenti la rinuncia alla applicazione di "ogni standard qualitativo come applicato per altri interventi che attualmente ammonterebbe all’importo di circa due milioni e cinquecentomila euro" e le assoggetta soltanto al pagamento del contributo di costruzione, per seicentomila euro (doc. 1 ricorrente, copia delibera di adozione; alle pp. 2 e 3 le citazioni).

Il Comune di Erbusco, come si è detto confinante con il Comune di Adro proprio lungo la mezzeria della via Lovera interessata dall’intervento descritto, avuta notizia dello stesso, ha ritenuto, con propria deliberazione di Giunta 30 novembre 2009 n°148, di formulare sei osservazioni, da sottoporre all’amministrazione di Adro nell’ambito del procedimento di approvazione della variante adottata; in particolare, il Comune di Erbusco nelle prime due osservazioni, prospettate in via principale, evidenziava il presunto mancato rispetto della procedura di variante semplificata di cui alla l.r. 23/1997 e il suo mancato coinvolgimento in un progetto con riflessi anche sul proprio territorio, se non altro per i prospettati interventi sulla via Lovera; con le residue osservazioni, prospettate in subordine, censurava la mancata considerazione dei valori paesaggistici ed ambientali della zona, tutelata dal PTCP come zona umida, e in particolare l’omissione della valutazione ambientale strategica e la necessità di autorizzazione paesaggistica; censurava infine alcune presunte manchevolezze del progetto, che a suo dire non chiariva il trattamento delle acque meteoriche, l’assetto dei sottoservizi e la propria influenza sugli accessi alla via pubblica anche per i residenti in Erbusco (doc. 10 ricorrente, copia delibera di Giunta con le osservazioni).

Il Comune di Adro, peraltro, con la delibera consiliare 72/2009 pure meglio indicata in epigrafe e pubblicata all’albo pretorio per quindici giorni dal 31 dicembre 2009, respingeva senz’altro le osservazioni del Comune di Erbusco, ritenendo che lo stesso non avesse né "titolo" a presentarle, né "interesse" alla variante e approvava in via definitiva la variante stessa (doc. 11 ricorrente, copia delibera di approvazione).

Avverso le suddette delibere di adozione e di approvazione della variante, della quale ultima risulta (doc. 11 ricorrente, cit.) aver ricevuto copia il 5 gennaio 2010, il Comune di Erbusco ha allora proposto impugnazione, con ricorso principale notificato il successivo 19 febbraio e articolato in sette motivi:

– con il primo di essi, deduce violazione dell’art. 49 del T.U. Enti Locali 18 agosto 2000 n°267, nel senso che la delibera di approvazione mancherebbe dei prescritti pareri dei responsabili dei servizi. Come si deduce dal testo della medesima, infatti, il Segretario comunale ha dato atto di essere riuscito a vedere le bozze delle delibere "parzialmente complete di concerto con gli assessori solo dieci minuti prima della trattazione in Consiglio comunale"; ha quindi espresso parere favorevole "solo in relazione alle proprie competenze generali" e si è per il resto richiamato quanto alla regolarità tecnica all’allegato parere dell’avv. Gianfranco Fontana e sotto il profilo contabile a quanto rappresentato dai dipendenti dell’area contabile; come si desume poi dagli allegati alla delibera medesima, il parere tecnico dell’area è motivato per rinvio integrale appunto all’allegata lettera del citato professionista, che dichiara genericamente lo schema di delibera "idoneo a sorreggere le controdeduzioni"; è ancora allegata la lettera di tre dipendenti comunali le quali, nell’assenza dal servizio del responsabile di vertice del servizio contabile, fanno presente in sintesi che per la regolarità tecnica "questo ufficio rilascerà un parere tecnico da parte dell’ufficio" e per la regolarità contabile, che non esiste alcuna figura professionale che abbia le competenze tecniche a ciò richieste (doc. 11 ricorrente, cit. pp. 1013);

– con il secondo motivo, deduce violazione dell’art. 2 comma 2 della l.r. 23/1997, nel senso che quanto approvato non rientrerebbe in alcuna delle fattispecie che secondo la norma citata consentono di approvare una variante a procedura semplificata. Non si potrebbe invocare la norma relativa alle opere pubbliche di competenza comunale, perché pacificamente nessuna opera nell’ambito dell’intervento in questione è prevista come da realizzare a cura del Comune di Adro; non si potrebbe nemmeno invocare la norma relativa alle opere di interesse pubblico, perché in tal caso la procedura semplificata sarebbe ammessa nella sola ipotesi, nella specie non ricorrente, di rilocalizzazione di opere già previste nello strumento urbanistico, non già nel caso di previsione di opere nuove, che comunque sarebbero opere soltanto private, costituenti una struttura ricettiva (ricorso principale, p. 13, quarto e quinto rigo);

– con il terzo motivo, deduce ulteriore violazione del citato art. 2 l.r. 23/1997, nel senso che la procedura semplificata non sarebbe comunque ammissibile per intervenire su ambiti di rilievo sovracomunale, come dovrebbe ritenersi l’ambito del laghetto del Sala;

– con il quarto motivo, deduce violazione degli artt. 9 e 10 della l. 17 agosto 1942 n°1150, per avere il Comune di Adro illegittimamente omesso qualsiasi esame delle osservazioni del Comune ricorrente, il quale avrebbe titolo per presentarle sia per la vicinanza del suo territorio all’intervento, sia per l’influenza dello stesso su una via di proprietà;

– con il quinto motivo, deduce violazione dell’art. 6 del d. lgs. 6 aprile 2006 n°152, in quanto sarebbe stata omessa la necessaria valutazione ambientale strategica ("V.A.S.") o per lo meno la procedura di screening;

– con il sesto motivo, deduce violazione degli artt. 40, 76 e 125 delle N.T.A. al PTCP della Provincia di Brescia, nel senso che l’area del laghetto del Sala sarebbe da considerare zona umida, non trasformabile a scopo edilizio;

– con il settimo motivo, deduce infine eccesso di potere per violazione del principio di leale collaborazione fra enti, in quanto per approvare un intervento che interessa anche la viabilità del Comune di Erbusco si sarebbe dovuto coinvolgere anche tale ente.

Con atto notificato a tutte le parti il 16 marzo 2010, è poi intervenuta in causa l’associazione Legambiente Lombardia, la quale ha dispiegato un intervento qualificato formalmente come "ad opponendum" (v, intestazione), che peraltro chiede in modo espresso (cfr. frontespizio e p. 16 prima riga delle conclusioni) che sia accolto il ricorso per annullamento della deliberazione 72/2009 presentato dal Comune di Erbusco; chiede altresì la condanna del Comune di Adro al risarcimento in proprio favore del danno all’immagine asseritamente subito. Detto intervento, a riprova, è poi espressamente qualificato dalla parte come "ad adiuvandum" nelle ultime due righe della p. 1 della memoria 19 aprile 2011 e nelle prime due righe della pagina successiva, ove si dà atto dell’errore materiale commesso. A sostegno della propria domanda, l’interveniente deduce comunque due articolati motivi, che riproducono con più ampia argomentazione i motivi quinto e sesto del ricorso principale.

Nelle more del processo, il Comune di Adro ha poi adottato gli ulteriori atti necessari a realizzare l’intervento in parola; in ispecie, ha approvato lo schema di convenzione urbanistica con le controinteressate, ha rilasciato loro l’autorizzazione paesaggistica e il permesso di costruire e ha approvato il progetto delle opere di pubblica utilità, il tutto con gli atti meglio indicati in epigrafe (doc. ricorrente 15, copia deliberazione di Giunta 201/2009; doc. 16, copia autorizzazione paesistica; doc. 19 copia deliberazione di Giunta 12/2010; doc. 20, copia permesso di costruire).

Con atto notificato il 30 marzo 2010, il Comune di Erbusco ha impugnato anche i suddetti atti, sulla base di sei censure, corrispondenti secondo logica ai seguenti sette motivi, che si espongono proseguendo la numerazione del ricorso principale:

– con l’ottavo motivo, primo aggiunto, corrispondente alla prima censura a p. 6 dell’atto, ripropone i motivi tutti del ricorso principale, richiamati in sintesi, per farli valere come vizi di illegittimità derivata degli atti impugnati in questa sede;

– con il nono motivo, secondo aggiunto, corrispondente alla seconda censura a p. 7 dell’atto e riferito alla deliberazione 201/2009 che approva la convenzione urbanistica, deduce violazione dell’art. 28 della l. 1150/1942. In proposito, premette in fatto che la bozza di convenzione approvata, alla premessa D, dà atto che parte delle aree interessate dal progetto, come si è detto, sono di proprietà comunale; prevede quindi che le controinteressate debbano corrispondere al Comune la somma di Euro 400.000 per l’acquisto delle stesse, peraltro destinate a rimanere "intestate al Comune per opere di urbanizzazione e standard" (doc. 15 ricorrente, cit. p. 9). Ciò integrerebbe, a dire del ricorrente, una surrettizia e non consentita monetizzazione degli standard richiesti dal progetto, nel senso che le lottizzanti avrebbero dovuto invece cedere aree di loro proprietà;

– con il decimo motivo, terzo aggiunto, corrispondente alla terza censura a p. 10 dell’atto e riferito sempre alla deliberazione 201/2009, deduce ulteriore eccesso di potere per violazione del principio di leale collaborazione fra enti, in quanto, come pure risulta dalla bozza approvata, l’intervento in questione incide anche sulla viabilità del Comune di Erbusco e prevede l’allaccio alla rete fognaria dello stesso, senza averlo in alcun modo consultato (doc. 15 ricorrente, cit, p. 11);

– con l’undecimo motivo, quarto aggiunto, corrispondente alla seconda parte della quarta censura a p. 11 e alla seconda parte della quinta censura a p. 16 dell’atto e riferito all’autorizzazione paesistica, deduce violazione dell’art. 80 della l.r. Lombardia 11 maggio 2005 n°12, nel senso che la competenza al rilascio dell’autorizzazione stessa sarebbe spettata alla Provincia, in quanto l’intervento prevede la parziale eliminazione di un bosco. Non a caso, si afferma, nell’approvazione del progetto l’inizio dei lavori è subordinato alla "autorizzazione provinciale inerente lo svincolo dell’area boschiva" (v. doc. 19 ricorrente, cit. p. 10 Par. 2);

– con il dodicesimo motivo, quinto aggiunto, corrispondente alla prima parte della quarta censura a p. 11 dell’atto e sempre riferito all’autorizzazione paesistica, deduce violazione dell’art. 146 del d. lgs. 22 gennaio 2004 n°42, nel senso che la stessa, emanata dopo il decorso del periodo transitorio previsto da detto decreto, si sarebbe dovuta pronunciare previo parere della Soprintendenza, nella specie omesso in favore di un successivo invio del provvedimento alla stessa per un eventuale annullamento, così come previsto appunto dal regime transitorio;

– con il tredicesimo motivo, sesto aggiunto, corrispondente alla prima parte della quinta censura a p. 15 dell’atto e riferito alla deliberazione 12/2010, deduce ancora eccesso di potere per travisamento dei fatti, nel senso che le opere approvate non sarebbero affatto di interesse ovvero di utilità pubblici, dato che consisterebbero, come si è detto, in edifici privati a funzione ricettiva, in termini comuni ad un albergo con centro congressi, che potrebbe soddisfare solo in via mediata e indiretta il pubblico interesse, se e in quanto soggetti svantaggiati vi potessero lavorare;

– con il quattordicesimo motivo, settimo aggiunto, corrispondente alla sesta censura a p. 17 dell’atto e riferito sempre alla deliberazione 12/2010, deduce infine propriamente violazione dell’art. 3 della l. 7 agosto 1990 n°241, nel senso che l’atto non spiegherebbe i criteri adottati per calcolare il contributo di costruzione dovuto.

Resistono il Comune di Adro, con atto 21 aprile e memoria 23 ottobre 2010 e le controinteressate Cooperativa e Fondazione I., con atto 16 aprile e memoria 21 ottobre 2010, e chiedono la reiezione del ricorso nonché la dichiarazione di inammissibilità dell’intervento, nei termini seguenti:

– in via preliminare (memoria Comune 23 ottobre 2010 pp. 46 e memoria controinteressate 21 ottobre 2010 pp. 36), eccepiscono il difetto di legittimazione attiva, nel senso che il Comune di Erbusco non avrebbe titolo alcuno per opporsi ad un progetto che non riguarda il proprio territorio;

– nel merito, in ordine al primo motivo sostengono l’ininfluenza dei vizi relativi ai pareri di cui si è detto sulla legittimità dei provvedimenti finali (memoria Comune 23 ottobre 2010 p. 6);

– in ordine al secondo e al terzo motivo, deducono che le opere per cui è processo sarebbero comunque da ritenere di interesse pubblico e sarebbe lecito assentirle con la procedura semplificata di cui alla l. 23/1997 (memoria Comune 23 ottobre 2010 pp. 78);

– in ordine ai residui motivi, deducono che comunque gli stessi sarebbero infondati, e in particolare che la variante, in quanto semplificata, non sarebbe soggetta a VAS, che l’area interessata, pur essendo zona umida, non sarebbe di per sé non trasformabile in area edificabile e che l’autorizzazione paesistica rilasciata si sarebbe perfezionata nella vigenza del regime transitorio di cui al citato d. lgs. 152/2006, quindi si sarebbe legittimamente rilasciata nelle forme seguite (memoria Comune 23 ottobre 2010 pp. 819; memoria controinteressate 21 ottobre 2010 pp. 5 e ss.).

Con memoria 6 novembre 2010, il Comune ha ribadito le proprie asserite ragioni.

In esito alla camera di consiglio del 10 novembre 2010, fissata su rinvio chiesto dalle parti delle precedenti del 9 giugno e 27 ottobre 2010, la Sezione, con ordinanza 12 novembre 2010 n°799, accoglieva la domanda cautelare, nel senso di stimolare la leale collaborazione fra gli enti coinvolti nell’ambito di una conferenza di servizi da convocare entro un termine dato.

Da ultimo, le parti hanno ancora ribadito le proprie tesi, quanto al Comune di Erbusco con memoria 15 aprile 2011 e replica 4 maggio 2011; quanto all’interveniente con memoria 19 aprile 2011; quanto al Comune di Adro e alle controinteressate con memorie 4 maggio e 22 aprile 2011; in tali scritti fanno in particolare presente da parte del ricorrente (cfr. memoria ricorrente pp. 2 e 3) che la conferenza di servizi da convocare in base all’ordinanza cautelare citata non ha in effetti avuto luogo, dato che ad una prima riunione interlocutoria, alla quale le controinteressate non si sono presentate, non ne sono seguite altre; fanno ancora presente che con lettera 14 dicembre 2010 la Soprintendenza ha ritenuto illegittima l’autorizzazione paesistica rilasciata (doc. ti ricorrente 22 e 23, copie verbale conferenza di servizi e lettera Soprintendenza citata); da parte delle controinteressate, che comunque la procedura semplificata è comunque applicabile giusta l’art. 26 comma 3 ter della l.r. 12/2005 a tutte le "opere di interesse pubblico, di carattere sanitario, sociosanitario, assistenziale o sociale, anche in assenza di originaria previsione localizzativa e senza necessità di previa progettazione esecutiva" (cfr. memoria controinteressate 22 aprile 2011 p. V dal dodicesimo rigo).

All’udienza del giorno 25 maggio 2011, da ultimo, la Sezione tratteneva il ricorso in decisione.

Motivi della decisione

1. Vanno in primo luogo affrontate le problematiche poste dalle domande giudiziali proposte dalla parte che si è formalmente qualificata come interveniente. Legambiente Lombardia, come accennato in premesse, con proprio atto depositato il 24 marzo 2010, notificato a tutte le altre parti il 16 marzo 2010 quanto al Comune di Adro, alla I. e alla Fondazione I., e il 17 marzo quanto al Comune di Erbusco, testualmente domanda l’accoglimento del ricorso principale proposto dal Comune di Erbusco stesso e la condanna del Comune di Adro al risarcimento di un preteso danno in proprio favore; come pure si è detto in premesse, Legambiente qualifica tale atto come intervento "ad adiuvandum". E’ necessario tuttavia offrirne una corretta qualificazione giuridica, nell’esercizio del relativo potere che compete al Giudice (su un caso del tutto similare, v. sin da ora C.d.S. sez. IV 27 maggio 2002 n°2928).

2. Come è noto, nell’ambito della giurisdizione amministrativa generale di legittimità, ovvero allorquando sia proposta, come nella specie, domanda di annullamento di atti amministrativi, dottrina e giurisprudenza costanti ammettevano l’intervento nelle sole forme dell’intervento cd. adesivo, ossia rimesso alla volontà dell’interveniente e svolto a favore di una delle parti in causa per sostenerne le ragioni, e denominato intervento ad adiuvandum se proposto a favore del ricorrente, e intervento ad opponendum se proposto a favore del resistente. Il principio, non controverso, si ritiene poi recepito nell’art. 28 comma 2 del c.p.a., secondo il quale "Chiunque non sia parte del giudizio e non sia decaduto dall’esercizio delle relative azioni, ma vi abbia interesse, può intervenire accettando lo stato e il grado in cui il giudizio si trova".

3. Ciò posto, per l’intervento ad adiuvandum valgono due regole particolari. La prima, che costituisce "principio giurisprudenziale pacifico", ammette a proporlo solo chi sia titolare di un interesse direttamente leso dall’atto impugnato, e quindi lo preclude a tutti i cointeressati che potrebbero proporre ricorso in via principale e non l’hanno fatto entro i termini di decadenza, che altrimenti sarebbero elusi: da ultimo in tal senso C.d.S. sez. V 8 marzo 2011 n°1445, da cui la citazione. La seconda regola vieta poi alla parte che lo proponga di modificare o ampliare l’oggetto del giudizio così come individuato dalla parte adiuvata, che dal punto di vista della parte ricorrente è rappresentato dai motivi di ricorso dedotti avverso i provvedimenti impugnati: in tali esatti termini, da ultimo, C.d.S. sez. VI 31 gennaio 2011 n°698.

4. Tanto premesso, è agevole notare che l’atto qualificato come intervento ad adiuvandum di cui si ragiona viola entrambe le regole appena indicate. In primo luogo, esso è proposto da soggetto che avrebbe potuto proporre autonomo ricorso: come deve ritenersi localmente notorio, Legambiente Lombardia è associazione che per statuto ha come scopo la tutela dell’ambiente, ed è dotata di un apprezzabile radicamento nel territorio della Regione. Circa la legittimazione di un ente siffatto ad impugnare provvedimenti come quelli per i quali è processo, ritenuti lesivi dell’ambiente, valgono allora i principi ribaditi da consolidata giurisprudenza.

5. In proposito infatti esiste, come è noto, un primo criterio di legittimazione, che è legale, e la attribuisce enti a carattere nazionale iscritti nell’apposito elenco tenuto dal Ministero dell’ambiente, ai sensi dell’art. 13 della l. 8 luglio 1986 n°349, elenco nel quale Legambiente Lombardia non consta compaia. Il criterio legale, peraltro è semplicemente aggiuntivo rispetto all’altro, secondo il quale, caso per caso, la legittimazione può essere riconosciuta "ad associazioni locali, indipendentemente dalla loro natura giuridica", le quali "perseguano statutariamente in modo non occasionale obiettivi di tutela ambientale ed abbiano un adeguato grado di rappresentatività e stabilità in un’area di afferenza ricollegabile alla zona in cui è situato il bene a fruizione collettiva che si assume leso": in tali termini, per tutte, C.d.S. sez. IV 8 novembre 2010 n°7907 e, nella giurisprudenza della Sezione la sent. 11 marzo 2011 n°398; concorde anche, fra le recenti, C.d.S. sez. VI 13 settembre 2010 n°6554, in base all’ovvio rilievo secondo il quale "altrimenti opinando, le località e le relative popolazioni, interessate da minacce alla salute pubblica o all’ambiente in un ambito locale circoscritto, non avrebbero autonoma protezione, in caso di inerzia delle associazioni ambientaliste espressamente legittimate per legge".

6. Che il criterio basato sulla concreta rappresentatività valga per Legambiente Lombardia va ritenuto non contestabile: a mero titolo di conferma, basta citare la recente sentenza di questa Sezione 13 aprile 2011 n°551, in cui il punto nemmeno è messo in discussione. Ne segue che tale associazione avrebbe potuto, e dovuto, proporre un ricorso autonomo. La stessa Legambiente ha poi ampliato l’oggetto del giudizio in modo come si è visto non consentito, dato che ha proposto una domanda risarcitoria a proprio esclusivo favore, domanda che non è stata ovviamente proposta dal Comune ricorrente.

7. Come risulta anche dalle citate decisioni C.d.S. 698/2011 e 1445/2011, la sanzione per l’intervento ad adiuvandum che violi le regole descritte è l’inammissibilità in quanto tale, cui consegue l’estromissione dal processo della parte che lo ha proposto; in forza però di un principio di economia degli atti giuridici, il giudice è tenuto a considerare l’intervento ad adiuvandum inammissibile quale ricorso autonomo, ove l’atto relativo di quest’ultimo abbia tutti i requisiti formali, in ispecie sia stato notificato alle parti legittimate passive e depositato nella segreteria nei termini: sul punto, espressamente la citata C.d.S. 2928/2002. E’ quanto va fatto nel caso di specie, dato che l’atto di Legambiente è stato notificato entro il termine di decadenza a tutte le parti legittimate passive e depositato pure nel rispetto del termine previsto. In particolare, come si ricava dal doc. 11 ricorrente, cit. il termine di pubblicazione della delibera consiliare del Comune di Adro 72/2009 scadeva il 15 gennaio 2010, e quindi il ricorso, notificato il 16 marzo 2010 al Comune di Adro medesimo e alle due controinteressate, è stato validamente proposto come ricorso autonomo, se pure l’ultimo giorno utile.

8. Il ricorso riqualificato come autonomo di Legambiente va peraltro dichiarato improcedibile, per omessa impugnazione degli atti consequenziali alla delibera 72/2009 suddetta, ovvero di tutti gli atti che il Comune di Erbusco non ha invece trascurato di impugnare con il ricorso per motivi aggiunti di cui in epigrafe: sul principio, v, per tutte da ultimo C.d.S. sez. VI 17 gennaio 2011 n°244

9. Vanno ora scrutinati il ricorso principale e quello per motivi aggiunti proposti dal Comune di Erbusco, e in proposito va respinta l’eccezione preliminare di difetto di legittimazione attiva proposta dal Comune di Adro e dalle due controinteressate. Un Comune, quale ente esponenziale della collettività locale, e quindi preposto in generale al benessere della stessa, ha infatti senz’altro titolo per contestare gli atti che consentano di realizzare una struttura la quale a tale benessere possa recare pregiudizio, anche se essa si localizzi nel territorio di un Comune limitrofo, dato che tale circostanza, secondo logica, non esclude in generale che tale pregiudizio possa sussistere, a maggior ragione se si tratta come nella specie di opera al confine: sul principio, nella giurisprudenza della Sezione v. sez. II 16 marzo 2010 n°1254.

10. La legittimazione sussiste quindi nel caso presente, in cui il Comune ricorrente paventa, in sostanza, un incremento dei flussi di traffico automobilistico, e dell’inquinamento che ne deriva, anche sul proprio territorio, la compromissione di un’area di pregio ambientale vicina al proprio territorio, che ha indubbi riflessi per lo meno sul paesaggio fruibile anche dallo stesso, e la compromissione delle reti di scarico delle acque e dei sottoservizi anche sul proprio lato della via Lovera.

11. Il ricorso principale e quello per motivi aggiunti sono poi fondati nel merito, ai sensi e nei limiti di quanto appresso. E’infatti da respingere il primo motivo del ricorso principale, incentrato sulla asserita illegittimità della delibera impugnata per irrituale formulazione dei pareri che devono assisterla, ovvero ai sensi dell’art. 49 del TUEL dei pareri di regolarità tecnica, espresso nel caso di specie dal Segretario comunale in mancanza della figura del responsabile di servizio, e di regolarità contabile, espresso dal responsabile di ragioneria.

12. In proposito, il Collegio non ignora che parte della giurisprudenza – ad esempio TAR Campania Napoli sez. I 13 maggio 2004 n°8718, ha configurato i pareri in questione come requisito di legittimità della delibera cui accedono, in quanto se essi mancassero- come nella sostanza è avvenuto nel caso di specie- i votanti non sarebbero in condizione di valutare "i presupposti e le conseguenze della deliberazione" cui concorrono. Sempre il Collegio ritiene però in proposito di aderire all’orientamento del tutto maggioritario, per cui "la disposizione posta dall’art. 49 TUEL ha l’unico scopo di individuare i responsabili in via amministrativa e contabile delle deliberazioni", mentre "l’omissione del parere non incide sulla validità delle deliberazioni stesse, rappresentando al più una mera irregolarità": in tal senso, C.d.S. sez. V, 21 agosto 2009 n°5012; Cass. civ. sez. trib. 12 agosto 2004 n°15639 e, nella giurisprudenza di primo grado, TAR Molise sez. I 13 maggio 2010 n°210, TAR Campania Napoli, sez. I 8 aprile 2010 n°1830, TAR Abruzzo Pescara sez. I 14 gennaio 2010 n°56 e TAR Calabria Catanzaro sez. I 6 giugno 2008 n°625. Ciò per l’evidente rilievo secondo il quale, a ritenere diversamente, si conferirebbe ai funzionari comunali che il parere debbono esprimere una sorta di diritto di veto del tutto irrituale sulle deliberazioni degli organi elettivi, che essi potrebbero condizionare semplicemente negando il parere stesso, non importa per quali ragioni.

13. E’invece fondato e assorbente il secondo motivo del ricorso principale, dal cui accoglimento deriva l’accoglimento anche dell’ottavo motivo, primo del ricorso per motivi aggiunti, che prospetta il medesimo vizio come vizio di illegittimità derivata. In proposito, per chiarezza, si deve partire dal dato testuale.

14. E’ senz’altro vero, come correttamente rilevato dalle controinteressate (cfr. loro memoria 22 aprile 2011, cit.) che la l.r. 12/2005, con la ricordata norma dell’art. 26 comma 3 ter, ha molto ampliato le possibilità di ricorrere alla procedura semplificata di variante del piano regolatore generale di cui alla originaria previsione della l.r. 23/1997. E’ però vero che la norma dell’art. 26 comma 3 ter citata è qualificata in modo espresso come transitoria, ovvero destinata a valere fin quando tutti i Comuni della Lombardia, in ottemperanza ad un preciso obbligo di cui alla stessa l.r. 12/2005, non si saranno dotati del piano per il governo del territorio. E’ poi noto che tale ultimo tipo di piano costituisce, nell’intenzione del legislatore regionale, uno strumento urbanistico generale di carattere innovativo, che vorrebbe porsi all’avanguardia anche in ambito nazionale, e quindi promuovere una disciplina della materia più accurata e consona alle esigenze della collettività. Se ne desume quindi che il disposto di legge non può essere stravolto ampliando oltremisura in via interpretativa le possibilità di intervenire nel periodo transitorio, perché altrimenti si rischierebbe di approvare piani di governo del territorio già superati dai fatti, in quanto interverrebbero su una realtà modificata irreversibilmente in applicazione di norme ormai vecchie.

15. Ciò posto, come si è detto anche in premesse, la norma dell’art. 26 comma 3 ter consente, in aggiunta alle "opere pubbliche", di approvare con procedura semplificata cinque tipologie di opere, anche non previste nello strumento che si va a modificare: le "opere di interesse pubblico", quelle "di carattere sanitario", quelle di carattere " sociosanitario", quelle di carattere "assistenziale" e quelle di carattere "sociale". Che l’opera per cui è causa sia qualificabile come pubblica è escluso all’evidenza, dato che si tratta di un’opera costruita e finanziata da privati, i quali intendono mantenerne la proprietà e provvedere in via diretta alla relativa gestione: in tal senso per implicito, ma inequivocabilmente, la relazione tecnica (doc. 3 ricorrente) e le premesse della più volte citata delibera 72/2009, là dove si parla, come ricordato in premesse, di un possibile convenzionamento col Comune, che secondo logica non ha senso per l’utilizzo di un’opera pubblica.

16. Ciò premesso, secondo la giurisprudenza, per tutte C.d.S. sez. IV 29 maggio 2009 n°3359, per aversi un’opera di interesse pubblico debbono concorrere requisiti sia oggettivi sia soggettivi: sotto il profilo oggettivo, l’opera deve rispondere all’interesse generale; sotto il profilo soggettivo, deve essere eseguita "da un ente istituzionalmente competente, ovvero da soggetti anche privati che non agiscano per scopo di lucro ovvero abbiano un legame istituzionale con l’azione dell’Amministrazione volta alla cura di interessi pubblici", requisiti tutti che non possono confondersi con una generica utilità per il pubblico. In tal senso, la decisione citata ha escluso che potesse qualificarsi di interesse pubblico un impianto sportivo natatorio realizzato da un privato, ancorché vincolato all’apertura al pubblico con un apposito atto sottoscritto con l’amministrazione comunale. Tale impostazione è senz’altro adeguata al caso in esame, perché coerente con l’enunciato criterio interpretativo, per cui l’art. 26 comma 3 ter va interpretato in senso restrittivo, o per lo meno non estensivo.

17. Alla luce di tali principi, la qualità di opera di interesse pubblico va esclusa per il complesso di cui si ragiona. Lo stesso, così come ricordato sempre in narrativa, è infatti costituito da una serie di strutture nessuna delle quali è autonomamente o esclusivamente adibita ad un fine assistenziale o sociale: si tratta, come detto, nella sostanza di un albergo con annesso spazio per tenere congressi ed esposizioni, analogo a moltissime strutture di tal tipo, che di regola sono gestite, del tutto lecitamente, a fini di privato lucro, senza che alle stesse si annetta alcun particolare interesse pubblico, ovvero valore assistenziale, sociale, ovvero a maggior ragione socio sanitario: su fattispecie analoga, v. di recente C.d.S. sez. IV 2 marzo 2011 n°1332, relativa proprio ad un complesso alberghiero.

18. Tale conclusione non muta anche considerando la possibilità, espressa nella relazione tecnica e nella delibera ricordate, che la struttura offra lavoro, in condizioni appropriate, a soggetti svantaggiati: basta in proposito ricordare che ciò è doveroso per tutti gli imprenditori soggetti al regime del collocamento obbligatorio delle categorie protette di cui alla l. 12 marzo 1999 n°68 e DPR 10 ottobre 2000 n°333, categorie fra le quali rientrano anche i disabili psichici. Allo stesso modo, non rileva la possibilità, adombrata nelle premesse della delibera 72/2009, che la struttura si convenzioni con il Comune, dato che ciò può farsi allo stesso modo da qualunque privato, senza che per tal motivo la sua attività assuma rilievo di interesse pubblico.

19. Per completezza, dato che nessuna delle parti ha approfondito il punto in modo specifico, la conclusione raggiunta va verificata anche tenendo conto della particolare qualifica soggettiva delle controinteressate, che come si è detto sono ONLUS, costituite rispettivamente in forma di fondazione e di cooperativa sociale. E’ infatti noto che le ONLUS, in base al d. lgs. 4 dicembre 1997 n°460, debbono svolgere appunto attività genericamente qualificate come di utilità sociale, riconducibili all’assistenza e alla promozione dei diritti dei cittadini. ONLUS di tipo particolare sono poi le cooperative sociali, le quali ai sensi dell’art. 1 l. 8 novembre 1991 n°381, hanno lo scopo di "perseguire l’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini", e quindi possono, come si è detto, gestire anche attività "agricole, industriali, commerciali o di servizi" purché le stesse siano "finalizzate all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate".

20. In base a tale ultima previsione normativa, è quindi certo che la gestione di un’opera come quella per cui è causa, qualificata come complesso alberghiero e quindi funzionale ad una attività commerciale, non è ontologicamente incompatibile con la qualità di ONLUS delle controinteressate che la promuovono, a prescindere dalla possibilità, non affermata, ma nemmeno esclusa, di affidarla a terzi: essa è senz’altro consentita ad una cooperativa sociale come è la I.. Potrebbe però ipotizzarsi che detta opera, in quanto promossa da siffatto soggetto, assuma per definizione "interesse pubblico".

21. Ad avviso del Collegio, peraltro, tale lettura nella sua assolutezza è non condivisibile. Essa verrebbe infatti a porre una sorta di "proprietà transitiva", per cui il carattere di interesse sociale riconosciuto in astratto dalla legge ad una certa categoria di soggetti – appunto le cooperative sociali- si trasmette senza limiti a ciascuna delle attività che tali soggetti vanno a svolgere, con un duplice risultato inaccettabile: da un lato, quello di configurare a carico dei soggetti stessi un indubbio status di privilegio, dall’altro quello di stravolgere in potenza ogni previsione limitativa che riguardi determinate attività oggettivamente considerate. A mero titolo di esempio paradossale, si dovrebbe ammettere che una qualsiasi attività industriale, se svolta, come è possibile, da una cooperativa sociale per i fini suoi propri, si potrebbe localizzare in aree del territorio che escludono la destinazione industriale, ma ammettono quella genericamente sociale.

22. Poiché tale risultato sarebbe assurdo, si deve ribadire la conclusione raggiunta: il carattere di interesse pubblico di una data opera va apprezzato in termini di compresenza di requisiti sia oggettivi, attinenti alle caratteristiche intrinseche della stessa, sia soggettivi, e quindi la sua promozione da parte di una ONLUS, o più genericamente come si è detto da parte di un soggetto che non agisce a fini di lucro, di per sé sola è non decisiva.

23. I motivi di ricorso secondo ed ottavo di cui si è detto vanno quindi accolti, e vanno di conseguenza annullati gli atti meglio indicati in dispositivo, in sintesi la variante al piano urbanistico e gli atti ad essa consequenziali volti tutti a consentire la realizzazione dell’opera. L’amministrazione, nel riesaminare la fattispecie, dovrà per contro prevedere l’opera per cui è causa nell’ambito della ordinaria pianificazione urbanistica, nel rispetto della procedura che di essa è propria e senza possibilità di ricorrere alla procedura semplificata.

24. I restanti motivi, come si è accennato, sono assorbiti, in quanto riguardano asseriti vizi del concreto svolgimento della procedura semplificata, che si è detto è stata illegittimamente seguita, e dei citati atti consequenziali che tale procedura semplificata ha reso possibili.

25. La natura della causa, sorta in seguito ad un contenzioso fra amministrazioni, e le ragioni della decisione sono giusto motivo per compensare le spese fra tutte le parti. Peraltro, come per legge, il Comune di Adro, nei cui confronti è stata accolta la domanda del Comune di Erbusco, va condannato a rifondere allo stesso l’importo del contributo unificato.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, così provvede:

a) dichiara improcedibile l’intervento, riqualificato come ricorso autonomo, proposto da Legambiente Lombardia;

b) accoglie i ricorsi principale e per motivi aggiunti proposti dal Comune di Erbusco e per l’effetto annulla: 1) le deliberazioni 12 ottobre 2009 n°53 e 17 dicembre 2009 n°72, con le quali il Consiglio comunale di Adro ha rispettivamente adottato e approvato in via definitiva la variante al P.R.G. per la localizzazione di opere di pubblico interesse e in parte di pubblica utilità consistenti nella realizzazione di una struttura socioriabilitativa e culturale in località "Laghetto del Sala"; 2) la deliberazione 17 dicembre 2009 n°201, con la quale la Giunta comunale di Adro ha approvato la convenzione urbanistica relativa alla realizzazione di detta struttura; 3) il provvedimento 21 gennaio 2010 n°1, con il quale il Responsabile dell’area tecnica del Comune di Adro ha rilasciato autorizzazione paesistica per detta struttura; 4) la deliberazione 28 gennaio 2010 n°12, con la quale la Giunta comunale di Adro ha approvato il progetto relativo; 5) il provvedimento 29 gennaio 2010 n°8, con il quale il predetto Responsabile dell’area tecnica ha rilasciato il permesso di costruire pertinente alla cooperativa sociale I.P.R. e alla Fondazione I.P.R.;

c) compensa per intero le spese del giudizio fra le parti e condanna il Comune di Adro a rifondere al Comune di Erbusco l’importo del contributo unificato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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