T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 28-06-2011, n. 950 Lavoro subordinato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1- L’atto impugnato così espone e dispone:

"ESAMINATA la richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato presentata in data 19/10/2006 dal cittadino straniero B.M.K. nato il 27.8.1976 a Mymensingh (Bangladesh), titolare del permesso di soggiorno nr. P177674, rilasciato il 20.12.05 dalla Questura di Brescia, per lavoro subordinato, valido fino al 24.11.2006;

ACCERTATO che il richiedente ha fatto ingresso nel T.N. in data 24.11.05, autorizzato ai sensi dell’art. 22 del DLGS 286/98, a svolgere attività lavorativa con la qualifica di collaboratore domestico a tempo indeterminato esclusivamente presso Uddin Fahim, titolare dell’autorizzazione dell’autorizzazione al lavoro;

VISTO che lo stesso chiede il rinnovo del permesso di soggiorno allengando una dichiarazione di assunzione presso la ditta "Hotel Savoy Palace Srl’ di Dalla Bona Silvia, con sede a Gardone Riviera (BS);

ATTESO che lo straniero non ha prodotto i redditi attestanti l’instaurazione del rapporto di lavoro con il primo datore;

CONSIDERATO che, il richiedente informato di integrare l’istanza, ai sensi degli artt. 7 – 8 – 10 bis L. 241/90 e successive modifiche, in data 21.2.2007 ha dichiarato "di non aver mai lavorato presso il sig. Uddin Fahim";

VISTO che in data 14.3.2007 lo straniero ha prodotto una comunicazione di assunzione inviata al Centro per l’impiego di Brescia dal quale risulta che in data 5.3.2007 il sig. Uddin Fahim ha assunto il B. come lavoratore domestico;

RITENUTO che quanto sopra costituisce condizione ostativa all’ulteriore permanenza dello straniero sul Territorio dello Stato, in quanto, lo straniero è entrato in Italia con un’autorizzazione al lavoro la cui validità è subordinata alla sottoscrizione del contratto da parte del lavoratore all’ingresso nel t.n.;

LETTI gli artt. 4 co. 3; 5 co. 5; 22 del DLGS 286/98 e successive modifiche,

DECRETA che l’stanza di proroga del permesso di soggiorno nr. P177674 è Respinta per i motivi indicati in premessa".

2 – Il ricorso è affidato ai seguenti motivi di censura:

a – violazione degli artt. 4, 5 e 6 del D.Lgs. di cui sopra; eccesso di potere sotto vari profili; viene prospettata la esclusiva mala fede del sig. U.F. dopo la regolare entrata nel territorio nazionale e la conseguente stretta necessità di rinvenire un ulteriore rapporto lavorativo che si rappresentasse senza soluzione di continuità;

b – violazione dell’art. 5, 5 comma del medesimo decreto; si sostiene che, già all’atto della domanda di rinnovo formale del permesso, era in fieri il detto ulteriore rapporto lavorativo e che di quanto sul punto rappresentato in fatto non è stato tenuto conto;

c – violazione dell’art. 13 del medesimo decreto di cui sopra; di conseguenza si assume mancanza di presupposti idonei a giustificare l’ordine di allontanamento dallo Stato.

3 – Si è costituita a giudizio l’Avvocatura erariale; la medesima, ex adverso deducendo, ha concluso per infondatezza del ricorso.

4 – La causa è stata spedita in decisione al seguito dell’U.P. dell’ 8 giugno 2011.

5 – Osserva il Collegio che, in limine litis, l’Amministrazione ha dimesso ulteriori informative dalle quali emerge che il ricorrente ha, a suo tempo, radicato il detto ulteriore rapporto lavorativo e che lo stesso rapporto continua, se pur in un modo non del tutto continuativo. Nessun ulteriore accenno viene avanzato in ordine all’affermazione riportata nel quarto capoverso del su menzionato provvedimento (ATTESO……..) in ordine alle ragioni per le quali il reddito, per nulla ivi esplicitato in termini di valore, sarebbe insufficiente: nella considerazione che tale reddito non è escluso che vi sia stato nei fatti.

5.1 – Va altresì rilevato, ora tenendo conto della giurisprudenza costante di questa sezione che la dichiarazione del detto iniziale datore di lavoro è pur anche atto confessorio della sostanziale esistenza di rapporto di lavoro irregolare con un cittadino excomunitario privo di permesso di soggiorno, che non può come tale, essere considerata revocabile ad nutum nemmeno dal datore stesso; di modo che deve essere fornita prova valida e concreta dell’affermazione della totale assenza in fatto di qualsiasi rapporto lavorativo: ciò al fine di smentire la veridicità, intesa come piena prova legale, di quanto altrimenti affermato dal medesimo datore di lavoro.

5.1.1. – E’ perciò evidente che tale circostanza originaria non può essere demolita da quanto dichiarato dal lavoratore e non solo per il fatto che, per lo più, si tratti di un lavoro irregolare e perciò "in nero". Del resto il lavoratore si limita, nel caso, ad affermare di non aver mai lavorato presso il sig. U.D. ma non afferma di non aver sottoscritto alcun contratto di lavoro: la cui esistenza formale è altresì riconosciuta dalla stessa Amministrazione.

5.1.2. – Non v’è nessuna prova concreta che il ricorrente abbia solo inscenato la detta formale costituzione del proprio rapporto di lavoro pur nella considerazione che, altrimenti, non avrebbe potuto affermare la necessità di ricercare un ulteriore rapporto lavoro lavorativo essendo appunto il primo non andato a buon fine.

6 – Si rileva ora ed a tale ultimo riguardo che il citato lavoratore si è così preoccupato, senza eccessiva perdita di tempo (o comunque per un tempo inferiore rispetto a quello previsto per ricerca di nuovo lavoro), di trovare un altro datore di lavoro della cui serietà ed affidabilità l’Amministrazione non discute. Nè essa alcun che rileva sull’eventuale esiguità del reddito connesso.

6.1. – risultano poi, medio tempore, altri saltuari lavori di durata non minimale, pur antecedenti alla data di adozione dell’atto qui impugnato. E per essi valgono le considerazioni di cui sopra in ordine al reddito se visto nel suo insieme annuale.

7 – V’è dunque quanto basta per accogliere il ricorso con riferimento alle censure sostanziali desumibili dal primo e dal secondo motivo.

8 – Il terzo di questi ultimi non può essere preso in considerazione in questa sede in quanto non risulta che insista un concreto ordine di allontanamento. In ogni caso vi sarebbe qualche dubbio sulla relativa giurisdizione.

9 – Soccorrono sufficienti motivi per compensare le spese di lite tra le parti in causa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima) definitivamente pronunciandosi accoglie il ricorso e per l’effetto annulla l’atto impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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