Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 26-05-2011) 23-06-2011, n. 25203

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) Con sentenza del 24.11.2009 la Corte di Appello di Catania, in riforma della sentenza del Tribunale di Catania, sez. dist. di Acireale, del 25.6.2007 assolveva D.P.G. dai reati ascritti per non aver commesso il fatto; confermava invece la sentenza del Tribunale, con la quale G.S., Di.Pa.

S., D.P.S. e D.P.A. erano stati condannati per i reati di cui all’art. 110 c.p., D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b (capo a), art. 110 c.p., D.P.R. n. 380 del 2001, art. 71 (capo b), art. 110 c.p., D.P.R. n. 380 del 2001, art. 72 (capo c), unificati sotto il vincolo della continuazione. Riteneva la Corte territoriale che D.P.G. dovesse essere mandato assolto non essendovi prova che fosse committente dei lavori abusivi.

Quanto agli altri imputati, non potevano essere concesse le circostanze attenuanti generiche tenuto conto della entità dell’abuso (realizzazione del secondo e terzo piano f.t.).

2) Propongono ricorso per cassazione i predetti imputati condannati in primo grado, a mezzo del difensore, denunciando la violazione di legge, avendo la Corte territoriale ritenuto, erroneamente, che la contestazione riguardasse il secondo e terzo piano fuori terra. La violazione accertata riguardava, invece, la sola realizzazione del tetto mansarda di copertura. Per il secondo piano, realizzato nel 2001, era stata presentata domanda di sanatoria.

Eccepiscono poi la prescrizione dei reati, essendo stati i fatti accertati il (OMISSIS).

Denunciano, infine, la violazione di legge in relazione agli artt. 62 bis e 133 c.p, avendo la Corte territoriale negato la concessione delle circostanze attenuanti generiche sul presupposto erroneo della realizzazione di un secondo e terzo piano. Dalla relazione di servizio dei Vigili Urbani emergeva, invece, che era stata accertata la realizzazione di una mansarda.

3) Il ricorso è manifestamente infondato.

3.1) Ai ricorrenti era stato contestato di aver effettuato, abusivamente, sull’immobile di (OMISSIS) lavori consistiti "nella realizzazione del secondo e terzo piano …". Con la sentenza di primo grado i medesimi venivano condannati in relazione a tale contestazione ed avverso la decisione non veniva mossa, in sede di impugnazione, alcuna doglianza. I motivi di appello riguardavano, infatti, esclusivamente "la eccessività della pena inflitta e la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche".

Di tanto dava atto la Corte territoriale, evidenziando che, mentre per D.P.G. era stata richiesta l’assoluzione per non essere stato il committente dei lavori abusivi, per gli altri imputati l’appello riguardava solo il trattamento sanzionatorio.

Correttamente limitava, quindi, il suo esame alle censure proposte.

E’ assolutamente incontroverso, allora, che da parte dei ricorrenti non si contestasse, in sede di appello, l’affermazione di responsabilità in relazione ad una imputazione che, come si è visto, faceva riferimento alla abusiva realizzazione del secondo e terzo pano f.t..

Il primo motivo di ricorso, pertanto, oltre ad essere aspecifico, perchè prescinde dal tessuto argomentativo della sentenza impugnata, pretende di dedurre in sede di legittimità una questione di merito e per di più non proposta nel giudizio di appello.

3.2) Anche in ordine al trattamento sanzionatorio le censure sono destituite di fondamento, contestandosi la motivazione della sentenza impugnata, ancora una volta, sotto il profilo dell’accertata (e non contestata) entità delle opere abusive.

La Corte territoriale ha esercitato correttamente e con adeguata motivazione il potere discrezionale nella determinazione della pena.

Ed è pacifico che, ai fini dell’applicabilità delle circostanze attenuanti generiche, il giudice di merito deve riferirsi ai parametri di cui all’art. 133 c.p., ma non è necessario, a tal fine, che li esamini tutti, essendo sufficiente che specifichi a quale di esso ha inteso far riferimento. La concessione delle circostanze attenuanti generiche è un giudizio di fatto lasciato alla discrezionalità del giudice, che deve motivare nei soli limiti atti a far emergere, in misura sufficiente, la sua valutazione.

3.3) Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma che pare congruo determinare in euro 1.000,00 ciascuno ai sensi dell’art. 616 c.p.p..

3.3.1) Va, infine, evidenziato che la inammissibilità del ricorso impedisce la declaratoria della prescrizione maturate dopo la emissione della sentenza impugnata. Questa Corte si è pronunciata più volte sul tema anche a sezioni unite (per ultimo sent. n. 23428/2005 – Bracale). Tale pronuncia, operando una sintesi delle precedenti decisioni, ha enunciato il condivisibile principio che l’intervenuta formazione del giudicato sostanziale derivante dalla proposizione di un atto di impugnazione invalido perchè contrassegnato da uno dei vizi indicati dalla legge (art. 591, comma 1, con eccezione della rinuncia ad un valido atto di impugnazione, e art.606 comma 3), precluda ogni possibilità sia di far valere una causa di non punibilità precedentemente maturata sia di rilevarla d’ufficio. L’intrinseca incapacità dell’atto invalido di accedere davanti al giudice dell’impugnazione viene a tradursi in una vera e propria absolutio ab instantia, derivante da precise sequenze procedimentali, che siano in grado di assegnare alle cause estintive già maturate una loro effettività sul piano giuridico, divenendo altrimenti fatti storicamente verificatisi, ma giuridicamente indifferenti per essersi già formato il giudicato sostanziale".

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento alla cassa delle ammende della somma di Euro 1.000,00 ciascuno.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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