Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 26-05-2011) 23-06-2011, n. 25202

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 14.01.2009 il Tribunale di Rimini condannava N. A. alla pena di Euro 15.000 d’ammenda ritenendolo responsabile di avere, quale titolare della s.n.c. F.lli Nicoletti di Nicoletti Aurelio e Elio, effettuato, in mancanza della prescritta autorizzazione, attività di smaltimento mediante frantumazione di rifiuti costituiti da residui di demolizioni edilizie.

Proponevano ricorsi i difensori dell’imputato denunciando violazione di legge e vizio di motivazione.

L’avv. Beltrambini deduceva:

– che l’attività svolta dall’impresa, autorizzata a svolgere operazioni di stoccaggio e messa in riserva di rifiuti inerti, implicava anche la riduzione del volume delle macerie al fine di trasporto sui camion, sicchè non era configurabile il reato contestatogli;

– che illogica e carente appariva la motivazione sul diniego delle attenuanti generiche.

L’avv. Mantero eccepiva la prescrizione del reato per il decorso del termine massimo di anni 4 mesi 6 che erroneamente il tribunale aveva sospeso all’udienza del 7.04.2008 e deduceva che l’impresa Nicoletti non effettuava frantumazione d’inerti, ma li riduceva di volume al fine dell’avvio alle discariche.

Chiedevano l’annullamento della sentenza.

Il motivo sulla configurabilità del reato non è puntuale perchè articola generiche censure che distorcono la sostanza del provvedimento impugnato che, invece, possiede un valido apparato argomentativo del tutto rispondente alle utilizzate acquisizioni processuali.

Il ricorrente lamenta che il Tribunale abbia erroneamente qualificato il fatto che sarebbe penalmente irrilevante.

L’assunto non è fondato essendo la motivazione irreprensibile perchè adeguata e giuridicamente corretta alla stregua della puntuale valutazione dei dati processuali da cui era emerso, alla stregua degli accertamenti degli operanti, che l’impresa dell’imputato, autorizzata allo stoccaggio e alla messa in riserva di rifiuti inerti, effettuava operazioni di frantumazione un operaio venne sorpreso a frantumare cumuli di sfabbricidi sebbene l’impresa fosse stata diffidata dalla Provincia di Rimini, in data 6.10.2003, a compiere tale operazione attività diverse da quelle autorizzate in quanto tali operazioni, che fanno perdere al rifiuto trattato la sua identità, comportano trattamento del rifiuto per avviarlo a una successiva fase di smaltimento.

Pertanto, correttamente è stato ritenuto che tali decisivi elementi, minimizzati nei motivi di ricorso, depongono inequivocabilmente in senso sfavorevole all’imputato.

E’ generica la censura sul diniego delle attenuanti generiche che hanno lo scopo di adeguare la pena in senso favorevole al reo in considerazione di particolari circostanze o situazioni che effettivamente incidano sull’apprezzamento dell’entità del reato e della capacità a delinquere, sicchè le stesse possono essere riconosciute quando siano provati elementi favorevoli all’imputato.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, la concessione o il diniego delle attenuanti generiche rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, il cui esercizio deve essere motivato nei soli limiti di fare emergere sufficientemente il pensiero dello stesso giudice circa l’adeguamento della pena concreta alla gravità effettiva del reato e alla personalità del reo.

H giudice, pur non dovendo trascurare le argomentazioni difensive, non è tenuto a un’analitica valutazione di tutti gli elementi, favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle parti, ma, valutando globalmente i dati processuali, è sufficiente che indichi quelli ritenuti rilevanti e decisivi ai fini della concessione o del diniego, rimanendo implicitamente disattesi e superati tutti gli altri.

Nella specie, la corte territoriale, in mancanza di elementi positivi, ha rilevato che non sono emersi elementi favorevoli all’imputato, sicchè il diniego delle attenuanti generiche sfugge alle generiche censure difensive.

L’inammissibilità del ricorso dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto d’impugnazione e preclude la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p. Cassazione SU n. 32/2000, De Luca, RV. 217266, Grava, quindi, sul ricorrente l’onere delle spese del procedimento e del versamento alla cassa delle ammende di una somma che va equitativamente fissata in Euro 1.000.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 1.000 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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