T.A.R. Puglia Lecce Sez. II, Sent., 28-06-2011, n. 1193 Atti amministrativi diritto di accesso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

I ricorrenti – coeredi della Sig.ra R.M.A., titolare della pensione di reversibilità I.N.P.S. n° 2374325/SO con decorrenza dal 1° Agosto 1967 – impugnano il silenzio rigetto opposto dall’I.N.P.S. sede provinciale di Tricase alla loro richiesta di accesso presentata, ai sensi dell’art. 54 della Legge 9 Marzo 1989 n° 88, (da ultimo) in data 13 Novembre 2010, con cui hanno chiesto il rilascio della seguente documentazione: a) certificazione/dichiarazione attestante che sul predetto trattamento pensionistico è stata applicata la sentenza della Corte Costituzionale n° 314/1985 ovvero l’integrazione al trattamento minimo e la sentenza della Corte Costituzionale n° 495/1993 ovvero il ricalcolo della pensione originaria ovvero il 60 per cento del maturato economico fruito dal dante causa compensivo della quota di integrazione al trattamento minimo e sentenza n° 240/1994 ovvero cristallizzazione del maturato economico alla data del 30 Settembre 1983; b) certificazione/dichiarazione attestante la decorrenza della revoca del trattamento minimo; c) certificazione/dichiarazione attestante l’importo mensile corrisposto al dante causa alla data della morte dello stesso ovvero alla rata di Luglio 1967, con l’indicazione della pensione adeguata (o a calcolo) e della quota di integrazione. Chiedono, altresì, di accertare e dichiarare che nel caso in esame trova applicazione l’articolo 54 della Legge 9 Marzo 1989 n° 88 e per gli effetti di dichiarare il loro diritto ad ottenere dall’I.N.P.S. intimato i dati pensionistici descritti nella istanza del 13 Novembre 2010, con conseguente ordine all’I.N.P.S. di Tricase di comunicare i dati pensionistici richiesti con istanza del 13 Novembre 2010.

Dopo avere illustrato il fondamento in diritto della domanda ostensiva azionata (pur non rubricando specifici motivi di gravame), i ricorrenti concludevano come sopra riportato.

Si è costituito in giudizio l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, depositando una breve memoria difensiva con la quale ha replicato alle argomentazioni delle controparti, concludendo per la reiezione del ricorso.

Alla Camera di Consiglio del 20 Aprile 2011 la causa è stata introitata per la decisione.

Il ricorso è inammissibile per difetto di giurisdizione dell’adito T.A.R..

Innanzitutto, si rileva – in linea generale – che il diritto di accesso, nell’ipotesi in cui sia diretto ad ottenere il rilascio di documenti già formati e fisicamente esistenti presso gli archivi della P.A., può essere legittimamente esercitato dal soggetto pensionato I.N.P.S. (o dai suoi eredi) utilizzando il combinato disposto (perfettamente compatibile) dell’art. 54 della Legge 9 Marzo 1989 n° 88 ("E’ fatto obbligo agli agenti previdenziali di comunicare, a richiesta esclusiva dell’interessato o di chi ne sia da questi legalmente delegato o ne abbia diritto ai sensi di legge, i dati richiesti relativi alla propria situazione previdenziale e pensionistica. La comunicazione da parte degli Enti ha valore certificativo della situazione in essa descritta") e degli artt. 22 e seguenti della Legge 7 Agosto 1990 n° 241 e ss.mm. poichè, essendo stata oramai superata – in dottrina e giurisprudenza – la tesi pluralistica (propensa ad intravedere tanti diritti di accesso ontologicamente differenti quante sono le fonti normative legittimanti), si deve invece concludere nel senso che la griglia dei principi generali fissati dalla Legge 7 Agosto 1990 n° 241 (costituenti principi generali dell’attività amministrativa attinenti a livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti a tutti gli amministrati sull’intero territorio nazionale), ivi compreso lo speciale rito creato in tema di "actio ad exhibendum", è destinata a regolare l’universo intero dell’accesso ai documenti amministrativi, inteso come istituto unitario (pur nelle specifiche connotazioni di dettaglio che possono riguardare talune materie), sicchè, sul versante processuale, soggiacciono (necessariamente) al rito speciale delineato dall’art. 25 della Legge 7 Agosto 1990 n° 241 (rectius: dall’art. 116 c.p.a.) tutte le controversie in tema di accesso ai documenti amministrativi proposte nei confronti della Pubblica Amministrazione e dei soggetti gestori di servizi pubblici.

Va, ancora preliminarmente, rammentato che l’art. 25 della Legge 7 Agosto 1990 n° 241 e ss.mm., al comma primo, stabilisce che "Il diritto di accesso si esercita mediante esame ed estrazione di copia dei documenti amministrativi, nei modi e con i limiti indicati dalla presente legge", e che il quarto comma del predetto articolo 25 individua i rimedi, amministrativi e giurisdizionali, consentiti dall’ordinamento giuridico a fronte del silenziodiniego opposto dalla Amministrazione.

L’art. 22, primo comma lett. d), della Legge 7 Agosto 1990 n° 241 e ss.mm. qualifica, poi, come documento amministrativo "ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una Pubblica Amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale".

Ciò premesso, osserva il Collegio che, per costante e condivisibile giurisprudenza, il rimedio giurisdizionale previsto dall’art. 25, quarto comma, della Legge n° 241/1990 non può essere utilizzato per costringere la Pubblica Amministrazione a formare documenti amministrativi o a compiere un’attività di elaborazione di dati e documenti, ma può essere impiegato esclusivamente al fine di ottenere il rilascio di copie e di documenti già formati e fisicamente esistenti presso gli archivi dell’Amministrazione (Consiglio di Stato Sezione VI^ 10 Aprile 2003 n° 1925; 19 Settembre 2000 n° 4882; Consiglio di Stato Sezione V 1° Giugno 1998 n° 718; T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 21 Settembre 2004 n° 712; T.A.R. Sicilia, Palermo Sezione II, 6 Febbraio 2004 n° 278; T.A.R. Puglia Bari, 31 Maggio 2001 n° 2032).

Ora, nel caso di specie, i ricorrenti non chiedono la presa visione o la estrazione di copia degli atti già esistenti negli archivi dell’Ente relativi alla posizione previdenziale della loro dante causa, ma si dolgono del fatto che l’I.N.P.S. di Tricase non abbia loro rilasciato le certificazioni richieste (certificazione/dichiarazione attestante che sul trattamento pensionistico di che trattasi è stata applicata la sentenza della Corte Costituzionale n° 314/1985 ovvero l’integrazione al trattamento minimo e la sentenza della Corte Costituzionale n° 495/1993 ovvero il ricalcolo della pensione originaria ovvero il 60 per cento del maturato economico fruito dal dante causa compensivo della quota di integrazione al trattamento minimo e sentenza n° 240/1994 ovvero cristallizzazione del maturato economico alla data del 30 Settembre 1983; certificazione/dichiarazione attestante la decorrenza della revoca del trattamento minimo; certificazione/dichiarazione attestante l’importo mensile corrisposto al dante causa alla data della morte dello stesso ovvero alla rata di Luglio 1967, con l’indicazione della pensione adeguata o a calcolo e della quota di integrazione) relative alla pensione di reversibilità, di cui la loro dante causa era titolare.

Stando così le cose, la domanda giudiziale formulata nel ricorso, non essendo applicabile l’art. 25 della Legge n° 241/1990 e ss.mm. (poiché non è stato chiesto il rilascio di copia dei documenti già formati e fisicamente esistenti presso gli archivi della P.A.), deve essere dichiarata inammissibile, perché non può in questa sede farsi applicazione dell’art. 54 della Legge 9 Marzo 1989 n° 88, pure invocato dagli odierni ricorrenti.

Quest’ultima disposizione di legge configura, infatti, un obbligo degli Enti previdenziali di fornire, a richiesta degli interessati, comunicazioni di carattere certificativo relative alla loro posizione previdenziale e pensionistica.

A fronte di questo obbligo, sussiste un vero e proprio diritto dell’assicurato alla corretta informazione circa la posizione previdenziale, sicchè, trattandosi di un diritto soggettivo, l’inadempimento dell’Ente previdenziale deve essere fatto valere, secondo l’ordinario criterio di riparto della giurisdizione, davanti al Giudice Ordinario (esulando, con ogni evidenza, dalla giurisdizione esclusiva del G.A. prevista unicamente in materia di accesso alla documentazione amministrativa disciplinato dalla Legge 7 Agosto 1990 n° 241 e ss.mm.).

Conseguentemente, nel caso di specie, la domanda giudiziale dei ricorrenti diretta alla declaratoria dell’obbligo dell’I.N.P.S. di Tricase di provvedere ai sensi dell’art. 54 della Legge n° 88/1989, in quanto correlata ad una posizione giuridica soggettiva di diritto soggettivo, deve essere dichiarata inammissibile, ricadendo nella giurisdizione dell’A.G.O. (in tal senso: T.A.R. Puglia Lecce, II Sezione, 23 Febbraio 2011 n° 350).

Comunque, ove mai si dovesse opinare nel senso dell’applicabilità del rito di cui all’art. 25 della Legge 7 Agosto 1990 n° 241 e ss.mm. (rectius: di cui all’art. 116 c.p.a.), il ricorso introduttivo del presente giudizio sarebbe manifestamente irricevibile per tardività, in quanto intempestivamente proposto (con atto consegnato all’Ufficiale Giudiziario per la notifica solo in data 7 Febbraio 2011) ben oltre il termine decadenziale di trenta giorni dal silenzio rigetto (formatosi il 13 Dicembre 2010) sull’istanza di accesso presentata dai ricorrenti il 13 Novembre 2010.

E’ appena il caso, infatti, di rammentare, da un lato che, ai sensi dell’art. 25 quarto comma della Legge 7 Agosto 1990 n° 241 e ss.mm., "decorsi inutilmente trenta giorni dalla richiesta, questa si intende respinta" e, dall’altro, che l’art. 116 primo comma del Codice del Processo Amministrativo dispone testualmente che: "contro le determinazioni e contro il silenzio sulle istanze di accesso ai documenti amministrativi il ricorso è proposto entro trenta giorni dalla conoscenza della determinazione impugnata o dalla formazione del silenzio, mediante notificazione alla Amministrazione e agli eventuali controinteressati".

Per le ragioni sopra illustrate, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, per difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo.

Sussistono gravi ed eccezionali motivi (anche tenuto conto della novità della questione giuridica e delle particolari condizioni personali e sociali dei ricorrenti) per disporre la compensazione integrale tra le parti delle spese processuali.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce – Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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