Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 26-05-2011) 23-06-2011, n. 25195 Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 26-05-2011) 23-06-2011, n. 25195

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 17.04.2009 la Corte d’appello di Cagliari confermava la condanna alla pena di Euro 1549,20 di multa inflitta nel giudizio di primo grado, all’esito del giudizio abbreviato, a C.V., titolare di una concessionaria di automobili, quale colpevole di avere commesso frode in commercio nei confronti di D.A.R. cui, nell'(OMISSIS), aveva venduto un autoveicolo, che aveva subito un grave incidente stradale, diversa per qualità da quella dichiarata, nonchè le statuizioni civili in favore della parte civile.

Il vizio era stato scoperto il (OMISSIS).

Osservava la corte territoriale, in consonanza con la sentenza di primo grado, che l’incidente subito dall’autovettura prima della vendita aveva causato, secondo un accertamento peritale, il cedimento della scocca portante riparato con la saldatura delle lamiere senza la necessaria sovrapposizione; che non era credibile la versione del venditore di avere informato l’acquirente circa lo stato del mezzo e che non valevano a sostenere tale versione le dichiarazioni dei due fratelli del C., pure interessati alla conduzione della concessionaria nè la deposizione del meccanico P. che non era stato in grado di confermare se la D. fosse stata informata dell’entità dei danni subiti dal veicolo.

Proponeva ricorso per cassazione l’imputato denunciando violazione, inosservanza e falsa applicazione della legge penale; vizio di motivazione.

– sull’affermazione di responsabilità per la ritenuta frode in commercio sebbene egli avesse provato che "l’acquirente era stato reso edotto dell’intera vita del veicolo medesimo". L’attività investigativa difensiva erroneamente era stata ritenuta ininfluente sol perchè i testi C. erano suoi parenti, mentre era stata ignorata la deposizione dell’altro teste ( P. pur ricompensato dal marito della parte civile – soddisfatto delle riparazioni eseguire – con un pezzo di carne di cinghiale) che aveva eseguito lavori di manutenzione sull’auto sia prima che dopo l’acquisto:

– sull’ammissione, all’udienza di discussione, di documenti presentati dalla parte civile fattura datata (OMISSIS) per Euro 3.141,38 rilasciata dalla carrozzeria che aveva riparato l’auto;

fattura di Euro 104 rilasciata da un perito in violazione di legge dovendo il giudizio abbreviato essere deciso allo stato degli atti.

Chiedeva l’annullamento della sentenza segnalando che il delitto si era prescritto.

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile perchè articola censure di ordine meramente fattuale, improponibili in sede di legittimità.

E’ stata, infatti, proposta una diversa ricostruzione dei fatti segnalando alcuni elementi che sono stati congruamente valutati dai giudici di merito i quali hanno adottato una decisione che non presenta alcuna lacuna motivazionale nè cadute logiche specie sull’accordata attendibilità alle dichiarazioni della persona offesa sia sotto il profilo della coerenza interna sia sui riscontri accertati.

Non è, quindi, ravvisabile l’asserita illogicità della motivazione che, per essere apprezzabile come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da essere percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purchè siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento Cassazione Sezioni Unite n. 24/1999, 24.11.1999, Spina, RV. 214794.

Il ricorrente lamenta che i giudici di merito abbiano motivato utilizzando elementi di scarsa rilevanza probatoria, ma la censura, priva di valide argomentazioni di supporto essendosi il ricorrente limitato ad attribuire alle dichiarazioni dei propri testi decisiva incidenza, esclusa invece in sentenza con argomentazioni ineccepibili si risolve in generiche asserzioni totalmente avulse da quanto esposto con dovizia di approfondimenti dalla corte territoriale che ha vagliato le acquisizioni processuali e i rilievi dell’atto 3^ di appello ritenendoli inidonei a sostenere un giudizio favorevole all’imputato, sussistendo a suo carico concreti elementi comprovanti l’assunto d’accusa.

Pertanto la decisione, contrariamente al dedotto, non si è sottratta all’obbligo di fornire un quadro giustificativo della ritenuta colpevolezza del C. in termini che certamente non possono essere tacciati d’illogicità.

Anche il secondo motivo non è puntuale perchè la parte civile, depositando le fatture, ha sostanzialmente sollecitato il tribunale a procedere a integrazione probatoria, sicchè il giudice richiamando la disposizione di cui all’art. 441 c.p.p., n. 5, ha disposto in conformità, donde l’utilizzabilità dei documenti.

L’inammissibilità del ricorso dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto d’impugnazione e preclude la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p. Cassazione SU n. 32/2000, De Luca, RV. 217266.

Grava, quindi, sul ricorrente l’onere delle spese del procedimento e del versamento alla cassa delle ammende di una somma che va equitativamente fissata in Euro 1.000.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 1.000 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *