T.A.R. Calabria Catanzaro Sez. I, Sent., 29-06-2011, n. 944 Detenzione abusiva e omessa denuncia Porto abusivo di armi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

F.P. espone di avere ottenuto fin dal 1990 la licenza per la vendita di munizioni, la licenza per la vendita di armi, la licenza per il porto di pistola e, nel 1994, anche il rinnovo della licenza di porto di fucile per uso caccia. Precisa il P. che durante tutti gli anni successivi continuava ad esercitare – ed esercita tuttora – la custodia di armi a vario titolo, vendita, riparazione, giudiziario, amministrativo e cautelare, nonché l’attività di consulenza in materia di armi.

In data 8.2.2009 il ricorrente presentava istanza di rinnovo licenza anche per uso caccia e con nota notificata in data 4.11.2009 la Questura di Vibo Valentia comunicava, ex art. 10 bis legge n.241/90, il preavviso di rigetto dell’istanza, con avviso della facoltà di presentare controdeduzioni entro 15 giorni dalla notifica. Il ricorrente provvedeva ad inviare le proprie note difensive, nelle quali evidenziava le ragioni della richiesta del porto di fucile.

Con provvedimento di data 18.5.2010, Cat. 6F/DIV. P.A.S.I./10, la Questura di Vibo Valentia decretava il rigetto dell’istanza per ottenere il rilascio del porto di fucile per uso difesa personale presentata dal ricorrente, in quanto, accertato che lo stesso è già titolare di porto di pistola per difesa personale e considerato che il porto di fucile per difesa personale presuppone una valutazione di situazioni riferibili alla necessità di realizzare la difesa della propria sfera di interessi soggettivi ed oggettivi già realizzati con il porto di pistola, il richiedente medesimo non rappresentava nell’istanza motivi che dimostrassero una necessità di andare armato diversa da quella soddisfatta con il titolo già in possesso.

Avverso detto provvedimento insorge il ricorrente, il quale ne chiede l’annullamento, previa sospensione cautelare dell’efficacia.

Il provvedimento è censurato sotto molteplici profili, in particolare, per violazione degli artt. 7 e 10 bis della legge n. 241/90, degli artt. 11, 42, 43 44 TULPS e art. 8 della legge n. 110/75; violazione della legge 31.7.2005, n. 155; per eccesso di potere per travisamento dei fatti ed informazioni false ed erronee; per eccesso di potere per irrazionalità, illogicità manifesta.

Resistono in giudizio Il Ministero dell’Interno e la Prefettura di Vibo Valentia, con il patrocinio del’Avvocatura dello Stato, la quale chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile irricevibile e comunque rigettato in quanto infondato nel merito.

Con ordinanza n. 918 assunta alla Camera di Consiglio del 16 dicembre 2010, è stata concessa la sospensione cautelare del provvedimento impugnato.

Alla pubblica Udienza del 19 maggio 2011, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

Il ricorrente, con un unico ed articolato motivo di ricorso, unitamente alla denuncia di una serie di violazione procedimentali (artt. 7 e 10 bis della legge n. 241/1990), censura il provvedimento per violazione degli artt. 11, 42, 43 e 44 del TULPS, in quanto la situazione in esame non sarebbe ricompresa nelle ipotesi previste dalle citate norme; per difetto di motivazione, in quanto il provvedimento non ha considerato che la richiesta "anche per uso caccia" del ricorrente non era diretta soltanto alla difesa personale, ma era necessaria per collaudare a fuoco armi difettate e provare le armi al medesimo portate in riparazione e, quindi, in sostanza a corredo dell’attività professionale dal medesimo svolta; per violazione della legge n. 155/2005, la quale prevede che coloro che trasportano o custodiscono esplosivi debbano vigilare in modo armato; inoltre, l’esercizio commerciale del ricorrente sarebbe stato oggetto di un attentato dinamitardo.

Il ricorso è fondato nei termini e limiti di seguito indicati.

Superate le censure procedimentali, che risultano del tutto infondate, atteso che il preavviso di rigetto è stato ritualmente comunicato con nota dd. 26.10.2009, notificata in data 4.11.2009 (tanto che il ricorrente ha depositato note difensive) e che l’avviso avvio procedimento non era dovuto, trattandosi di procedimento ad istanza di parte, pare opportuno svolgere le seguenti brevi considerazioni generali in ordine la potere esercitato dall’Amministrazione resistente in questa materia.

Il potere discrezionale dell’Amministrazione di negare la licenza di porto d’armi a chi non può provare la sua buona condotta, il necessitato bisogno o la garanzia del non abuso, ai sensi dell’art. 11, 42 o 43 T.U.L.P.S., va esercitato nel rispetto dei canoni tipici della discrezionalità amministrativa, sia sotto il profilo motivazionale che sotto quello della coerenza logica e della ragionevolezza, dandosi conto in motivazione dell’adeguata istruttoria espletata al fine di evidenziare le circostanze di fatto in ragione delle quali il soggetto richiedente sia ritenuto pericoloso o comunque capace di abusi.

Applicando tali principi al caso in esame, si rileva che l’Amministrazione resistente ha rigettato la richiesta del ricorrente in quanto, essendo già titolare di licenza di porto di pistola per difesa personale, non ha evidenziato ragioni di ulteriore necessità di girare armato diverse da quelle tutelate con il detto porto di pistola.

Ma, come si evince anche dalle note deduttive di data 10.11.2009 presentate dal ricorrente a fronte del preavviso di rigetto, la richiesta in questione non atteneva alla difesa personale, ma, con la locuzione "anche uso caccia" il ricorrente aveva inteso richiedere un titolo abilitativo al fine di esercitare la propria attività di armiere.

A fronte di tali precisazioni, l’Amministrazione non ha esplicitato le ragioni del diniego, evidenziando solamente che la difesa personale poteva essere soddisfatta con il porto di pistola, obliterando lo scopo effettivo della richiesta del ricorrente.

Sotto questo profilo è, quindi, fondata la censura inerente al difetto di motivazione del provvedimento impugnato.

Per tale ragione, pertanto, il ricorso è fondato e il provvedimento impugnato deve essere annullato, restando assorbita ogni altra questione sollevata in ricorso.

Resta, altresì, salva ogni altra determinazione dell’Amministrazione resistente in merito alla vicenda de quo.

Sussistono giustificati motivi per compensare tra le parti le spese di causa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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