T.A.R. Calabria Catanzaro Sez. I, Sent., 29-06-2011, n. 941

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza contingibile ed urgente n. 61/2010, il Sindaco del Comune di Rende, vista la relazione del Comando di Polizia Municipale del 5.5.2010 relativa alla pericolosità del tratto di strada ex SS 19 (Via Colombo) in corrispondenza del cavalcavia in località Quattromaglia, ex Ferrovie dello Stato e di proprietà delle stesse, e ritenuta l’urgente necessità di provvedere alla demolizione del medesimo cavalcavia al fine di salvaguardare la pubblica e privata incolumità, ordinava alla Società Ferrovie Real Estate S.p.A. la demolizione del detto cavalcavia.

Con il ricorso in epigrafe specificato la R.F.I. – R.F.I. S.p.A., premesso di essere concessionaria per la gestione delle infrastrutture ferroviarie nazionali, ai sensi e per gli effetti del D.Lgs. n. 188/03 ed a seguito di subentro nella proprietà e gestione degli immobili dell’ex Azienda Autonoma Ferrovie dello Stato, esponeva di essere proprietaria delle aree di sedime e di pertinenza della rete ferroviaria sull’intero territorio nazionale, ivi compreso anche il cavalcavia oggetto dell’ordinanza sindacale di demolizione n. 61/2010, costruito in concomitanza con la realizzazione della linea ferroviaria PaolaCosenza, nell’ambito della procedura ablatoria allora instaurata per l’esecuzione dell’opera di pubblica utilità.

La ricorrente precisava che il bene in oggetto è sempre stato di proprietà di essa R.F.I. S.p.A. (e per essa in precedenza delle Ferrovie dello Stato) e non già della Società Ferrovie Real Estate S.p.A. (impropriamente destinataria dell’ordinanza impugnata), attesa, oltre tutto, l’avvenuta cessazione dell’attività di quest’ultima nel 2007.

Chiarito il regime proprietario del cavalcavia in questione, la ricorrente procedeva alla descrizione dello stato dei luoghi, specificando che il cavalcavia si trova in buone condizioni, che la ex SS 19, ora via Colombo, lato Cosenza, in prossimità della Stazione Ferroviaria di Castiglione Cosentino, è formata da due carreggiate a doppio senso di marcia che, in corrispondenza del cavalcavia, si restringe ad unica carreggiata per proseguire, lato Sibari, verso il Comune di Montalto e che il Comune di Rende, nel tratto della strada lato Sibari, appena superato il cavalcavia, sta realizzando il raddoppio della carreggiata. Realizzato il raddoppio, l’intera via Colombo sarà a doppio senso di marcia, con un restringimento in corrispondenza del cavalcavia ferroviario per cui è causa. Aggiungeva la ricorrente che il cavalcavia è esistente da oltre un secolo, essendo stato realizzato nel biennio 19081910, mentre la strada si trova nelle condizioni indicate da circa trent’anni.

A fronte della descritta situazione di fatto, R.F.I. evidenziava, pertanto, che

l’illegittimo ricorso all’ordinanza impugnata, per nulla contingibile e meno che mai urgente, nascondeva un surrettizio ed artificioso strumento utilizzato dal Comune resistente per bypassare le procedure all’uopo normativamente predisposte dall’Ordinamento per la esecuzione di opere di pubblica utilità. L’Amministrazione comunale, infatti, nell’ambito della realizzazione del raddoppio di carreggiata del tratto di strada ex SS 19, avrebbe dovuto doverosamente attivare, nel rispetto della legge, una normale procedura ablatoria prima dell’inizio dei lavori e, una volta acquisito il bene, nella qualità di ente espropriante, avrebbe potuto procedere alla demolizione. Al contrario, con il provvedimento impugnato, il Comune avrebbe inteso evitare la procedura ablatoria e "risparmiare" anche sui costi di demolizione, ponendo gli stessi a carico della ricorrente.

Per tali ragioni, la ricorrente, impugnato il provvedimento, ne chiedeva l’annullamento, previa sospensione cautelare, denunciano i seguenti vizi:" 1. Violazione di legge. Violazione e falsa applicazione degli artt. 50 e 54 D.Lgs. 267/2000. Violazione art. 3 L. 241/1990. Eccesso di potere. Difetto di motivazione. Difetto assoluto di istruttoria. Contraddittorietà. Irragionevolezza. 2. Violazione di legge. Violazione e falsa applicazione, sotto altro profilo, dell’art. 54 D.Lgs. 267/2000. Violazione della L. 125/08 (di conversione in legge del D.L. n. 92/08). Violazione del D.M. 5.8.2008. Eccesso di potere per sviamento. Assenza dei presupposti. 3. Sul regime giuridico dei beni per cui è causa. 4. Violazione dell’art. 7 L. 241/1990 (come modificata dalla L. 15/2005). Omesso avviso dell’avvio del procedimento. 5.Violazione di principi di correttezza e buon andamento della Pubblica Amministrazione. Violazione dei principi di leale collaborazione e buona amministrazione. Violazione dell’art. 97 Cost.".

Si costituiva in giudizio il Comune di Renda, il quale, preliminarmente, eccepiva l’inammissibilità e/o improcedibilità del ricorso per carenza di interesse, per mancata impugnazione, da parte della ricorrente, dell’ordinanza contingibile ed urgente n. 100 del 29.6.2010, notificata a R.F.I. S.p.A. in data 14.7.2010, ed avente il medesimo dispositivo della precedente ordinanza n. 61/2010. Con detta nuova ordinanza, infatti, il Comune, correggendo l’errore contenuto nel precedente provvedimento, aveva ordinato al nuovo ed esatto destinatario Soc. R.F.I. S.p.A la demolizione del cavalcavia di Quattromaglia.

Il Comune rileva che la detta ordinanza n. 100/2010, identica alla precedente se non nel destinatario, pur essendo stata notificata alla ricorrente in data anteriore rispetto alla notifica del ricorso, avvenuta in data 3.8.2010, non era stata dalla medesima impugnata, pur se formalmente conosciuta, con la conseguenza che il ricorso doveva ritenersi inammissibile perché diretto avverso un atto già sostituito prima del ricorso stesso e perché, ove accolto, non avrebbe prodotto alcun beneficio alla ricorrente, rimanendo comunque valida ed efficace la nuova determinazione dell’Amministrazione.

Nel merito, il Comune contestava la fondatezza del ricorso.

Con ordinanza n. 708 assunta alla Camera di Consiglio del 16 settembre 2010, era respinta la chiesta misura di sospensione cautelare del provvedimento impugnato, non sussistendone le condizioni, in quanto non era ravvisabile un danno grave ed irreparabile in considerazione del fatto che l’ordinanza impugnata risultava superata dalla successiva ordinanza n. 100/2010, di identico contenuto, e diretta al soggetto legittimato.

Con ricorso per motivi aggiunti, depositato in data 11.10.2010, la ricorrente impugnava (oltre agli atti ivi espressamente indicati) l’ordinanza n. 100 del 29.6.2010 del Comune di Rende, chiedendone l’annullamento previa sospensione cautelare, riproponendo le censure già mosse con il ricorso introduttivo.

Resisteva ai motivi aggiunti il Comune di Rende, il quale eccepiva l’inammissibilità dei motivi aggiunti per le medesime ragioni di inammissibilità espresse con riferimento al ricorso introduttivo, dovendosi impugnare l’ordinanza n. 100/2010 con quest’ultimo, in quanto già conosciuta dalla ricorrente. Il Comune ribadiva l’inammissibilità del ricorso originario e, nel merito, insisteva per l’infondatezza dello stesso.

Con ordinanza n. 825, assunta alla Camera di Consiglio del 18 novembre 2010, era accolta la chiesta misura di sospensione cautelare dei provvedimenti impugnati.

Alla Pubblica Udienza del 19 maggio 2011, il Collegio ha trattenuto il ricorso in decisione.

Motivi della decisione

Prima di esaminare il merito della controversia, è necessario scrutinare l’eccezione di inammissibilità del ricorso e dei motivi aggiunti formulata dall’Amministrazione Comunale.

Il Comune sostiene che la ricorrente, a pena di inammissibilità, avrebbe dovuto impugnare con il ricorso originario l’ordinanza n. 100/2010, già conosciuta al tempo della notifica del ricorso medesimo.

L’eccezione non è fondata.

Innanzitutto, giova ricordare che, come già chiarito dalla giurisprudenza (TAR Toscana, sez. II, 6 novembre 2009, n. 1586; TAR Molise, sez. I, 9 aprile 2009, n. 120; TAR Abruzzo Pescara, sez. I, 9 aprile 2008, n.387), in caso di improcedibilità o inammissibilità del ricorso originario, i motivi aggiunti non sono travolti e vanno quindi esaminati, potendo essi valere come autonomo ricorso, in quanto diretti avverso un provvedimento distinto; pertanto, anche ove il ricorso originario dovesse ritenersi inammissibile -come sostenuto dalla resistente – ciò non pregiudicherebbe l’esame dei motivi aggiunti.

Ciò che, poi, rileva, ai fini dell’ammissibilità del ricorso per motivi aggiunti, essendo indubbia la connessione, è unicamente la circostanza che lo stesso sia stato correttamente notificato entro il termine di decadenza in relazione all’atto con il medesimo ricorso impugnato. Nel caso in esame, l’ordinanza n. 100/2010 è stata notificata alla ricorrente in data 14.7.2010, mentre il ricorso per motivi aggiunti risulta notificato al Comune resistente il 24.9.2010, quindi, tenuto conto della sospensione feriale, entro il termine di decadenza.

Superata l’eccezione preliminare, è possibile passare all’esame del merito.

Con il primo articolato e complesso motivo di ricorso, R.F.I. S.p.A., in sintesi, censura il Comune resistente in quanto, pur in assenza di tutti i presupposti richiesti per la sua adozione, ha utilizzato l’eccezionale strumento extra ordinem di cui all’art. 54 del D.Lgs. n. 267/2000. Nel caso in esame, infatti, l’ordinanza contingibile ed urgente, del tutto sproporzionata, sarebbe stata assunta in assenza di una situazione di urgente necessità, sopravvenuta, attuale e concreta, di natura eccezionale ed imprevedibile, non diversamente affrontabile con gli ordinari mezzi a disposizione dell’Amministrazione e costituente un grave pericolo per l’incolumità dei cittadini; in buona sostanza, in assenza di quella situazione "straordinaria" che contraddistingue e differenzia le ordinanze contingibili ed urgenti dagli altri provvedimenti. Inoltre sarebbe del tutto mancata un’attività istruttoria alla base del provvedimento in discussione, come dimostrato dall’assenza di documentazione depositata dal Comune resistente al di fuori della relazione della Polizia Municipale del 5.5.2010, del tutto inidonea a giustificare il provvedimento assunto. Al difetto istruttorio farebbe, altresì, seguito una evidente carenza di motivazione.

Le censure sono fondate.

In via generale, giova ricordare che le ordinanze contingibili ed urgenti sono provvedimenti assunti, sulla base di una norma di legge, per fare fronte a situazioni di urgente necessità, che non potrebbero essere affrontate e risolte in maniera efficace con gli ordinari strumenti a disposizione della stessa Amministrazione. Tali provvedimenti costituiscono strumenti atipici per quanto attiene al contenuto, fissando la legge unicamente i presupposti per l’esercizio del potere di ordinanza, ma non il contenuto della stessa. L’atipicità, infatti, è conseguenza della funzione dell’istituto, considerato che le situazioni di urgenza concretamente verificabili non sono prevedibili a priori e, quindi, non è possibile prevedere il contenuto che l’ordinanza dovrà avere per fronteggiare la situazione di urgenza.

Trasponendo i detti principi al caso in esame, emerge come il Comune di Rende abbia assunto l’ordinanza impugnata in assenza dei presupposti richiesti.

Invero, il provvedimento impugnato, assunto ex art 54 D.Lgs n. 267/2000, che prevede che il Sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta con atto motivato provvedimenti, anche contingibili ed urgenti nel rispetto dei princìpi generali dell’ordinamento, al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana, è fondato esclusivamente sulla relazione di data 5.5.2010 del Comando di Polizia Municipale, allegata quale parte integrante. Da tale relazione emerge una situazione di pericolosità del tratto di strada ex SS 19, Via Colombo, in corrispondenza del cavalcavia in loc. Quattromaglie, pericolosità dovuta al restringimento della sede stradale -che da due carreggiate per ogni senso di marcia passa ad una – alla circostanza che il tratto viario è curvilineo e che lo stesso è localizzato immediatamente dopo l’intersezione con altre vie, attraversate da un notevolissimo volume di traffico, anche pesante. Tale situazione è aggravata dal formarsi, nelle ore di punta, di una colonna di veicoli subito dopo il cavalcavia, assolutamente non visibile dai veicoli che provengono da via Colombo (Montalto – Settimo). Inoltre, l’indicata situazione, già critica e fonte di numerosi incidenti, è aggravata in caso di presenza sulla sede stradale di poche gocce d’acqua piovana o altri elementi che, in qualche modo, ne pregiudicano la già esposta problematicità. La relazione conclude, quindi, evidenziando al Sindaco del Comune resistente la necessità di provvedere con sollecitudine per la eliminazione dei numerosi elementi di pericolo indicati.

Tale relazione, che risulta essere l’unico atto istruttorio utilizzato dal Comune ai fini dell’adozione dell’ordinanza impugnata, ha indotto il Comune stesso ad affermare la sussistenza dell’urgente necessità di demolire il cavalcavia al fine di salvaguardare l’incolumità pubblica e privata.

Dalla situazione come sopra rappresentata emerge chiaramente l’assenza del necessario requisito della sussistenza di una straordinaria situazione di imprevista emergenza, che non sia altrimenti fronteggiabile. Invero, il Comune ha ritenuto, sic e simpliciter, di assumere l’atto extra ordinem impugnato, ordinando la demolizione del cavalcavia, a fronte di un rappresentato pericolo per la circolazione stradale, che sicuramente non è sorto all’improvviso ed inaspettatamente, ma è il frutto di un lento e costante evolversi e svilupparsi delle problematiche connesse alla circolazione stradale, oltre tutto dovute al convergere di diversi fattori -dal restringimento della carreggiata all’intensificazione del traffico anche pesante, dall’andamento curvilineo della strada alle caratteristiche del manto stradale particolarmente sdrucciolevole in caso di pioggia -, problematiche che avrebbero potuto essere affrontate per tempo e con strumenti ordinari a disposizione dell’Amministrazione Comunale e che non necessariamente avrebbero dovuto contemplare la demolizione del cavalcavia. Del resto, la stessa relazione della Polizia Municipale precisa come la situazione di pericolosità sia stata più volte segnalata dal personale impegnato nei servizi di viabilità, così come risulterebbe addirittura "noto a tutti" che l’intersezione stradale segnalata è attraversata da un notevolissimo volume di traffico veicolare. La criticità del traffico nella zona in questione, quindi, non era certo situazione nuova o ignorata ed emersa improvvisamente solo a seguito della citata relazione.

Da quanto appena esposto, risulta fondata, sotto un primo profilo, la censura mossa dalla ricorrente, laddove con l’adozione di uno strumento extra ordinem si è inteso fare fronte ad una problematica che poteva essere affrontata e risolta con gli ordinari strumenti a disposizione dell’Amministrazione (a titolo puramente esemplificativo Consiglio di Stato sez. IV, 24 marzo 2006, n. 1537; TAR Abruzzo, sez. I, 15 marzo 2011, n.134; TAR Campania, Napoli, sez. V, 29 dicembre 2010, n. 28169).

Il provvedimento impugnato, inoltre, risulta deficitario sotto il profilo motivazionale. Infatti, l’ordinanza sindacale non chiarisce le ragioni in forza delle quali, sulla base della relazione della Polizia Municipale, la disposta demolizione del cavalcavia costituirebbe la soluzione alla dedotta situazione di urgente necessità e pericolo, non altrimenti affrontabile. Per esser più chiari, non è spiegato perché la demolizione dell’opera in questione permetterebbe di superare la criticità rappresentata nella relazione della Polizia Municipale e dovuta non solo al restringimento della carreggiata, ma anche al traffico intenso, alla intersezione con altre strade assai trafficate, al manto stradale sdrucciolevole, alla circostanza che il tratto di strada in questione è curvilineo.

Risulta, altresì, fondata la censura in ordine al difetto istruttorio, atteso che il Comune non ha proceduto ad alcuna indagine al fine di verificare, sulla base del numero dei sinistri, se effettivamente il tratto di strada in questione presenta delle peculiarità tali da renderlo più insidioso e pericoloso rispetto ad altri tratti di viabilità con analoghe caratteristiche, così come è mancata qualunque indagine sulla dinamica dei sinistri, al fine di accertarne la causa, per poter, di conseguenza, adottare i necessari accorgimenti.

Alla fondatezza del primo motivo di ricorso, consegue la declaratoria di illegittimità dei provvedimenti impugnati, con conseguente annullamento dei medesimi.

L’accoglimento del primo motivo di ricorso, di carattere sostanziale, consente di ritenere assorbiti gli altri motivi.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.

Condanna il Comune di Rende al pagamento delle spese processuali che liquida in complessivi euro 1.500, per diritti ed onorari, oltre IVA e CPA come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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