Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 28-04-2011) 23-06-2011, n. 25269 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 5.10.2010 il Tribunale di sorveglianza di Venezia, rigettava l’appello proposto da S.N. avverso il provvedimento emesso dal Magistrato di sorveglianza della stessa sede, in data 3.6.2010, con il quale disponeva eseguirsi la misura di sicurezza della espulsione dal territorio dello Stato applicata al predetto con sentenza di condanna per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 commesso tra maggio e giugno 2007.

Riteneva, preliminarmente, infondata la eccepita nullità del decreto di irreperibilità atteso che erano state effettuate regolari ricerche a mezzo dei Carabinieri territorialmente competenti proprio presso il luogo in cui il predetto era stato sottoposto agli arresti domiciliari ed un familiare aveva dichiarato che lo S. era rientrato in Albania senza indicare il luogo preciso.

Ugualmente, ad avviso del tribunale, doveva ritenersi infondata l’eccezione in ordine alla omessa notifica dell’avviso per l’udienza camerale dinanzi al Magistrato di sorveglianza al difensore di fiducia nel giudizio di cognizione, atteso che detta nomina non aveva effetto nel giudizio di esecuzione e di sorveglianza secondo l’orientamento prevalente della Corte di legittimità.

Quanto al merito, il tribunale confermava il giudizio di pericolosità del condannato tenuto conto che lo stesso aveva lasciato il lavoro abbandonando il territorio italiano con la conseguente probabilità di reiterazione di condotte illecite;

rilevava, altresì, che la difesa pur contestando l’attuale pendenza di procedimento a carico dello S. non aveva allegato alcunchè a conforto di tale assunto.

2. Ha proposto ricorso per cassazione lo S., a mezzo del difensore di fiducia, denunciando: la nullità del decreto di citazione per l’udienza camerale dinanzi al Magistrato di sorveglianza per omessa notifica dello stesso al difensore di fiducia (richiama la disposizione dell’art. 656 c.p.p., comma 5 e la giurisprudenza di questa Corte sul punto); la manifesta illogicità della motivazione del Tribunale di sorveglianza in ordine alla eccezione di nullità del decreto di irreperibilità, tenuto conto che lo S. era stato per ben due anni agli arresti domiciliari presso l’abitazione dello zio presso la quale, quindi, doveva essere effettuata la notifica; il vizio di motivazione avuto riguardo alla ritenuta pericolosità sociale fondata su mere asserzioni e sull’assunto dell’assenza di radicamento nel territorio italiano, atteso che lo S. si era temporaneamente allontanato essendo in possesso di regolare carta di soggiorno.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato, risolvendosi nella mera riproposizione dei motivi di appello sui quali il Tribunale di sorveglianza ha risposto applicando correttamente i principi di diritto, con motivazione adeguata e coerente ed esente da vizi logici.

1. Come è noto il magistrato di sorveglianza in materia di misure di sicurezza procede, ai sensi dell’art. 678 c.p.p., comma 1, con le forme del procedimento camerale di esecuzione disciplinato dagli artt. 666 c.p.p. e ss..

Avverso i provvedimenti emessi in materia di misure di sicurezza, a norma dell’art. 680 c.p.p., il pubblico ministero, l’interessato ed il difensore possono proporre appello al tribunale di sorveglianza, osservando le disposizioni generali sulle impugnazioni ( art. 680, c.p.p., comma 3).

Conseguentemente, non è applicabile al suddetto procedimento la disciplina di cui all’art. 656 c.p.p., comma 5, che regola le specifiche ipotesi indicate nella predetta norma nelle quali la espressa previsione della notifica al difensore nominato per la fase dell’esecuzione o, in mancanza, al difensore che ha assistito il condannato nella fase del giudizio, risponde, all’evidenza, alla ratio stessa posta a fondamento dello speciale procedimento che deriva dalla sospensione dell’ordine di esecuzione di pena detentiva.

Tale interpretazione è confermata dalla pronuncia – richiamata sia dal ricorrente che nel provvedimento impugnato – con la quale questa Corte ha affermato che "se può ritenersi in linea di massima esatto che in materia di benefici penitenziari ogni procedura è autonoma e a sè stante, ed abbisogna perciò di apposita nomina fiduciaria, detta regola generale subisce specifica eccezione proprio nell’ipotesi che interessa nel caso in esame, e cioè nel caso di sospensione dell’ordine di esecuzione finalizzata alla presentazione di richiesta di concessione di misura alternativa…L’interpretazione letterale è del resto sorretta dalla ratio della norma: quella di cui all’art. 656 c.p.p., commi 5 e 6 introdotta con la notificazione dell’ordine di esecuzione sospeso, è procedura improntata alla massima sollecitudine e unitaria, nella quale l’espressa previsione della notifica dell’ordine di esecuzione al difensore del merito, in assenza di altro all’uopo nominato, e le facoltà a questo riconosciute, sono sostenute dall’evidente necessità che non si verifichi nessun ritardo o iato nell’assistenza del condannato, al fine, come rileva pressochè unanimemente la dottrina, di razionalizzare l’accesso alle misure alternative per i condannati potenzialmente in grado di fruirne ab inizio, e di evitare sin dove possibile un loro disutile accesso in carcere per effetto soltanto di inerzia dovuta alla mancanza di adeguata assistenza difensiva" (Sez. 1^, n. 5395, 13/01/2010, Carrisi, rv. 246567).

Con riferimento, quindi, alla eccezione di nullità per mancata notifica dell’avviso dell’udienza camerale al difensore di fiducia nel procedimento di cognizione, deve applicarsi il principio più volte ribadito per il quale la nomina del difensore di fiducia intervenuta nel procedimento di cognizione o in quello di esecuzione non spiega effetti in quello di sorveglianza (Sez. 1^, n. 47530, 02/12/2008, Sansone, rv. 242076).

2. Infondato è, altresì, il motivo di ricorso con il quale si contesta l’emissione del decreto di irreperibilità ai fini della notifica al condannato.

Nell’ordinanza impugnata si dà conto dell’accertata irreperibilità dello S. nel luogo in cui era stato sottoposto alla misura degli arresti domiciliari presso l’abitazione di uno zio laddove si precisa che il cugino del ricorrente, presso la cui abitazione lo stesso era stato ristretto agli arresti domiciliari, aveva dichiarato ai Carabinieri che procedevano alle ricerche che lo S. si era recato in Albania senza tuttavia indicare il luogo di residenza all’estero; pertanto, a differenza di quanto affermato dal ricorrente, l’abitazione dei parenti del ricorrente non poteva essere considerato luogo di temporanea dimora a norma dell’art. 157 c.p.p., comma 2; nè il ricorrente ha rilevato che in tale luogo aveva dichiarato domicilio all’atto della scarcerazione.

3. Generico e fondato su censure di fatto è il motivo di ricorso relativo alla vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata in relazione alla valutazione della pericolosità del condannato ai fini dell’applicazione della misura di sicurezza dell’espulsione sostenuta da motivazione esente dalle censure che le sono state mosse.

Il Tribunale, infatti, ha rilevato che lo S. aveva lasciato il lavoro alle dipendenze dell’impresa edile, abbandonando il territorio italiano con la conseguente probabilità di reiterazione di condotte illecite.

Conseguentemente, il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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