T.A.R. Puglia Lecce Sez. I, Sent., 29-06-2011, n. 1218 Energia elettrica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. In data 11 maggio 2010 la società ricorrente chiedeva alla Provincia di Brindisi di attivare le procedure connesse alla valutazione di impatto ambientale concernente 11 impianti fotovoltaici di potenza variabile (da meno di 1 MW a quasi 4 MW) da collocare nel territorio del Comune di Mesagne.

Nel frattempo veniva altresì chiesta alla Regione Puglia l’autorizzazione unica di cui all’art. 12 del decreto legislativo n. 387 del 2003.

Con nota del 7 dicembre 2010 la Provincia di Brindisi comunicava alla società ricorrente che la stessa doveva adeguare il proprio progetto alle prescrizioni contenute nel regolamento provinciale in materia di VIA sulla installazione di impianti fotovoltaici, di cui alla delibera consiliare n. 68/16 del 29 novembre 2010.

2. La nota ed il regolamento venivano impugnati, tra l’altro, per violazione dell’art. 12 del decreto legislativo n. 387 del 2003 e della legge regionale n. 11 del 2001, nonché per violazione dell’art. 35, comma 2ter, del decreto legislativo n. 152 del 2006.

3. Si costituiva in giudizio l’amministrazione provinciale per chiedere il rigetto del gravame, deducendo altresì l’inammissibilità del gravame per assenza di lesività della nota impugnata, da ritenere nella prospettiva della amministrazione provinciale quale atto meramente istruttorio e preparatorio.

4. Alla pubblica udienza del 25 maggio 2011 la causa veniva infine trattenuta in decisione.

5. Tutto ciò premesso, va respinta in via preliminare l’eccezione di inammissibilità riguardante il difetto di interesse ad impugnare il regolamento provinciale per la assenza di un suo atto applicativo.

Ed infatti, la decisione della PA di sottoporre l’esame del progetto ad un iter senz’altro più complesso, sul piano sostanziale e procedimentale, quale è quello che si potrebbe delineare nella specie in esame mediante la applicazione del regolamento provinciale impugnato, radica sin da ora un interesse concreto ed attuale, in capo al soggetto ricorrente, ad evitare simili passaggi ed a rimuovere determinati vincoli (gli uni e gli altri evidentemente non presenti nella attuale disciplina di livello statale e regionale).

L’eccezione deve dunque essere disattesa.

6. Nel merito il ricorso è fondato nei sensi di seguito indicati.

6.1. Oggetto dell’esame del collegio è, in particolare, il regolamento provinciale n. 68/16 del 29 novembre 2010.

Quest’ultimo, adottato al fine di assumere specifiche direttive in materia di VIA relative ad impianti fotovoltaici, prevede, in particolare: a) l’individuazione delle aree da considerarsi idonee e prioritarie per l’installazione degli impianti fotovoltaici; b) l’indicazione delle aree non considerate a tale fine prioritarie; c) l’individuazione di misure dirette a garantire un corretto inserimento ambientale di siffatti impianti (c.d. mitigazione); d) la documentazione da presentare in sede di istanza.

6.2. Rileva in proposito il collegio come sussista la violazione dell’art. 12 del decreto legislativo n. 387 del 2003 e del connesso difetto di competenza, in capo alla Provincia, circa la possibilità di adottare simili direttive in materia di VIA concernenti impianti fotovoltaici.

6.3. Ed infatti, l’art. 12, comma 10, del decreto legislativo n. 387 del 2003, prevede che "In Conferenza unificata… si approvano le linee guida per lo svolgimento del procedimento di cui al comma 3. Tali linee guida sono volte, in particolare, ad assicurare un corretto inserimento degli impianti… nel paesaggio. In attuazione di tali linee guida, le regioni possono procedere alla indicazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti".

Pertanto, si riscontra un doppio livello di intervento in tema di rapporto tra energie rinnovabili e contesto ambientale e paesaggistico: in prima istanza la Conferenza Unificata, che detta regole su procedimento e criteri di inserimento degli impianti nel paesaggio; in seconda istanza (o meglio in chiave di attuazione) le singole regioni, le quali possono indicare le singole aree ed i siti specifici non idonei a tal fine.

6.4. Le linee guida statali di cui al DM 10 settembre 2010 si pongono in linea di continuità con tale impostazione, in particolare laddove si afferma che: "le sole Regioni e le Province autonome possono porre limitazioni e divieti in atti di tipo programmatorio o pianificatorio per l’installazione di specifiche tipologie di impianti alimentati a fonti rinnovabili ed esclusivamente nell’ambito e con le modalità di cui al paragrafo 17" (par. 1.2.); "le Regioni e le Province autonome possono procedere alla indicazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti secondo le modalità di cui al presente punto e sulla base dei criteri di cui all’allegato 3" (par. 17.1.); "Le Regioni, qualora necessario, adeguano le rispettive discipline entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore delle presenti linee guida" (par. 18.4.).

6.5. Si tratta in altre parole della applicazione del principio di sussidiarietà verticale di cui all’art. 118 Cost., mediante la predisposizione degli indirizzi statali "a monte" e della successiva programmazione regionale "a valle".

Tali linee guida rappresentano, in particolare, uno strumento di vera e propria leale collaborazione, dal momento che alla loro formazione hanno partecipato in posizione necessaria e paritaria tutti i livelli di governo individuati dalla Costituzione, ossia Stato, Regioni ed enti locali (e tra questi anche le province, che dunque hanno trovato in tale sede, sebbene per il tramite di propri organismi rappresentativi, la possibilità di far valere le proprie avvertite esigenze).

Quanto alla loro collocazione nel sistema delle fonti, va preliminarmente ribadito che si verte, per il criterio della prevalenza, nella materia "produzione dell’energia", come noto di competenza concorrente.

In quest’ottica si osserva pertanto come si tratti di disciplinare aspetti di dettaglio – procedimento e individuazione di aree idonee – normalmente attribuiti alla potestà regionale (si pensi in particolare agli aspetti procedimentali, che nelle materie concorrenti erano già appannaggio delle regioni sin dalla nota sentenza della Corte Costituzionale n. 461 del 1992).

La scelta di adottare linee guida in Conferenza Unificata andrebbe dunque ricondotta allo schema della cd. chiamata in sussidiarietà, schema questo individuato per la prima volta nella sentenza della Consulta n. 303 del 2003 in materia di grandi opere.

Secondo questa impostazione, lo Stato può riservarsi l’esercizio di funzioni amministrative in materia di competenza regionale – e conseguentemente regolarle con proprie leggi – per rispondere a superiori esigenze di unitarietà, a patto che sia garantito il rispetto del principio di leale collaborazione mediante adeguate forme (di solito, intese).

Va subito detto che in questo caso si tratterebbe di assumere una funzione amministrativa non "concreta" (come la localizzazione di opere pubbliche) quanto piuttosto "generale ed astratta" (la disciplina del procedimento e i criteri di individuazione di aree idonee), dunque di carattere sostanzialmente regolamentare: possibilità questa già ammessa peraltro dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 165 del 2007, in materia di "distretti produttivi".

Tale peculiarità va probabilmente letta in uno con quelle particolari esigenze di unitarietà e non frazionabilità (della specifica funzione regolatoria da esercitare) che trovano a loro volta fondamento nella presenza di obblighi internazionali e comunitari in tal senso, nella novità della materia e, non ultimo (come anche sottolineato dalla Corte costituzionale nella sentenza 119 del 2010), nella presenza di aspetti ambientali e paesaggistici collegati a competenze legislative di carattere esclusivo dello Stato.

6.6. In conclusione, in applicazione di tale principio le competenze in tema di individuazione di aree idonee e di elaborazione di criteri di corretto inserimento degli impianti di energie rinnovabili nel paesaggio appartengono, secondo il modello sopra delineato, unicamente alla Conferenza Unificata in via generale (mediante linee guida c.d. statali) ed alle Regioni in via meramente attuativa; non anche a province e comuni, i quali potranno tutt’al più provvedere, ai sensi dell’art. 117, sesto comma, Cost., alla disciplina degli aspetti più propriamente organizzativi e procedimentali, nel rispetto ovviamente di quanto già stabilito in proposito dalle linee guida statali e regionali (es. alcuni dei passaggi dell’art. 5 del regolamento provinciale impugnato, nella parte in cui si disciplina tra l’altro la documentazione progettuale da presentare e l’iter autorizzativo da osservare), non anche gli aspetti sostanziali come quelli che nella specie si è inteso in senso assolutamente prevalente regolare (cfr. TAR Lecce, sez. I, 26 gennaio 2011, n. 140).

6.7. A ciò si aggiunga che, in materia di valutazione di impatto ambientale in senso stretto:

a) se è pur vero che con la legge regionale n. 17 del 2007 sono state delegate alle province pugliesi le competenze sulla VIA, dall’altro lato è anche vero che tale delega ha riguardato soltanto l’esercizio delle funzioni stesse, non anche la loro titolarità. In questa direzione il delegante conserva poteri di coordinamento e di alta sorveglianza, e tra questi anche quello di emanare direttive. Del resto, in applicazione di principi generali dell’ordinamento costituzionale ed amministrativo l’istituto della delegazione non spoglia il delegante del potere di provvedere sulla materia delegata, conservando anzi in merito ad esso il potere di (re)intervenire in ogni momento: non è un caso, infatti, che nulla è mutato in ordine al potere della Regione Puglia di adottare atti di indirizzo in materia di VIA (cfr. art. 7 della legge regionale n. 11 del 2001);

b) lo stesso codice dell’ambiente (cfr. art. 7, comma 7, del decreto legislativo n. 152 del 2006) assegna (unicamente) alle Regioni ed alle province autonome il potere di disciplinare in materia di VIA "le competenze proprie e quelle degli altri enti locali". Si tratta anche in questo caso di una applicazione del principio di sussidiarietà verticale in base al quale lo Stato, nell’esercizio della competenza esclusiva in materia di tutela dell’ambiente (cfr. art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.), ha ritenuto di allocare tale specifica competenza, per ragioni per l’appunto di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, al livello di governo regionale.

6.8. Alla luce di quanto complessivamente affermato il primo motivo di censura del ricorso originario deve dunque trovare pieno accoglimento sotto il profilo della violazione dell’art. 12, comma 10, del decreto legislativo n. 387 del 2003 e, dunque, del connesso difetto di competenza.

7. Ne deriva che il ricorso, assorbita ogni altra censura, è fondato e deve essere accolto.

8. Stante la complessità e la novità delle questioni affrontate sussistono peraltro giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce – Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla i seguenti atti: a) nota del dirigente del servizio ecologia della Provincia di Brindisi n. 106918 del 7 dicembre 2010; b) delibera del Consiglio della Provincia di Brindisi n. 68/16 del 29 novembre 2010, con allegato regolamento.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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