T.A.R. Toscana Firenze Sez. II, Sent., 29-06-2011, n. 1123

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato il 15 e depositato il 24 febbraio 2010, il cittadino albanese V.F. proponeva impugnazione avverso il provvedimento del 7 dicembre 2009, mediante il quale lo Sportello Unico per l’Immigrazione di Firenze aveva respinto la sua istanza volta ad ottenere il rilascio del nullaosta all’ingresso in Italia per lavoro subordinato in favore del connazionale Niko Veshaj. Il ricorrente, affidate le proprie doglianze a due motivi in diritto, intimava in giudizio la Prefettura e la Questura di Firenze, nonché il Ministero dell’Interno, e concludeva per l’annullamento dell’atto impugnato, previa sospensiva.

La misura cautelare richiesta era accordata dal collegio con ordinanza del 4 – 5 marzo 2010, per la cui esecuzione il F. agiva in via incidentale affinché il tribunale ordinasse all’amministrazione, rimasta inerte, di provvedere. In accoglimento dell’istanza, veniva pronunciata nuova ordinanza in data 4 – 5 giugno 2010, in ossequio alla quale lo Sportello Unico, riesaminata la pratica, confermava il diniego di rilascio del nullaosta; conferma che il ricorrente impugnava con motivi aggiunti depositati il 7 gennaio 2011, chiedendone altresì la sospensione cautelare, che tuttavia veniva negata (ordinanza collegiale del 20 – 21 gennaio 2011.

Nel merito, la causa veniva infine discussa e trattenuta per la decisione nella pubblica udienza del 30 marzo 2011, preceduta dal deposito di memoria difensiva ad opera del solo F..

Motivi della decisione

Come riferito in narrativa, l’impugnazione proposta con il ricorso introduttivo del giudizio è diretta nei confronti del rigetto dell’istanza di rilascio del nullaosta all’ingresso in Italia per lavoro subordinato, presentata dal ricorrente V.F. in favore del connazionale Niko Veshaj. Il diniego è motivato dallo Sportello Unico per l’Immigrazione di Firenze avuto riguardo all’esistenza, a carico del predetto lavoratore, di una segnalazione di inammissibilità inserita nel Sistema Informativo Schengen (di seguito, SIS) dalla Grecia, con validità fino al 18 maggio 2011. Con motivi aggiunti, il gravame è stato peraltro esteso al nuovo diniego, adottato dallo Sportello Unico a seguito del riesame condotto in esecuzione dell’ordinanza cautelare concessa dal tribunale in corso di causa: trattandosi di provvedimento dichiaratamente assunto in ottemperanza all’ordine del giudice, rispetto ad esso riveste carattere pregiudiziale, com’è evidente, la decisione del ricorso principale, dal cui esame occorre pertanto muovere.

Con il primo, articolato, motivo, il F., ricostruito il quadro della normativa nazionale e comunitaria applicabile alla fattispecie, invoca l’indirizzo giurisprudenziale secondo cui l’autorità di pubblica sicurezza, in sede di rilascio del nullaosta, non potrebbe limitarsi a prendere atto dell’esistenza di eventuali segnalazioni nel SIS per farne conseguire il diniego, ma dovrebbe attivare la procedura di consultazione con l’autorità straniera autrice della segnalazione e, quindi, valutare discrezionalmente, in autonomia, se le ragioni addotte possano effettivamente considerarsi ostative all’ingresso in Italia. In questo senso, andrebbe letto il paragrafo 25 della Convenzione di Applicazione dell’Accordo di Schengen (CAAS) del 19 giugno 1990, ratificata con legge n. 388/93, che sarebbe stato violato dallo Sportello Unico fiorentino, limitatosi a richiamare a sostegno del diniego l’esistenza della segnalazione a carico del lavoratore, senza previamente aprire la procedura di consultazione ed omettendo perciò di verificare se vi fosse la possibilità, a norma della medesima CAAS, di chiedere il ritiro della segnalazione (le cui ragioni, del resto, neppure sono indicate nell’atto impugnato: come precisato dallo stesso ricorrente, la procedura di consultazione è stata avviata dall’amministrazione dopo che il diniego era stato già pronunciato).

Con il secondo motivo, è dedotta la violazione degli artt. 10 e 10bis della legge n. 241/90, posto che nel provvedimento impugnato, pur dandosi conto della presentazione di chiarimenti ed elementi di valutazione ad opera del legale dell’interessato, non sarebbero specificate le ragioni per le quali tali allegazioni siano stati reputati inidonei a modificare il convincimento negativo dell’amministrazione.

I motivi, che saranno esaminati congiuntamente, sono infondati.

Superate le oscillazioni giurisprudenziali che hanno riguardato la materia, la Sezione si è oramai attestata (da ultimo, cfr. T.A.R. Toscana, sez. II, 2 marzo 2011, n. 394) nel senso di ritenere che, ove l’amministrazione intenda fondare il diniego di rilascio del permesso di soggiorno sull’esistenza di una segnalazione al SIS a carico dello straniero, essa deve rendere noti sia la provenienza della segnalazione, sia il concreto evento che l’abbia determinata, in modo che l’interessato possa contestare la riferibilità a sé della segnalazione stessa: diversamente opinando, il sistema Schengen opererebbe in modo completamente derogatorio rispetto agli usuali canoni dello Stato di diritto, facendo prevalere immotivatamente le segnalazioni di polizie straniere ancorché prive di minima concretezza, e nonostante gli elementi di segno contrario rappresentati dagli interessati (cfr. anche Cons. Stato, sez. VI, 3 marzo 2010, n. 1239). Sull’amministrazione non gravano, tuttavia, oneri istruttori e motivazionale eccedenti quelli appena indicati, tenuto anche conto del fatto che si tratta delle uniche informazioni disponibili, per effetto dei limitati oneri informativi gravanti sui Paesi firmatari dell’Accordo di Schengen (così Cons. Stato, sez. VI, 15 luglio 2010, n. 4560); con la conseguenza che, in definitiva, risulta onere dello straniero produrre quantomeno un principio di prova in ordine alla estraneità a sé della segnalazione, ovvero alla eventuale erroneità o non rispondenza della stessa alla vigente normativa, mentre, in difetto di siffatta dimostrazione, la semplice verifica dell’esistenza della segnalazione è, alle condizioni sopra indicate, ostativa al rilascio del permesso di soggiorno (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 6 aprile 2009, n. 2121), fatte salve le limitatissime eccezioni consentite dal diritto europeo e dalla legislazione interna.

Tale orientamento – pressoché univoco nelle più recenti decisioni del giudice d’appello – rinviene il proprio addentellato positivo nell’art. 5 co. 6 del D.Lgs. n. 286/98, in forza del quale il rifiuto o la revoca del permesso di soggiorno possono essere adottati sulla base di convenzioni o accordi internazionali, resi esecutivi in Italia, quando lo straniero non soddisfi le condizioni di soggiorno applicabili in uno degli Stati contraenti, salvo che ricorrano seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano. La disposizione, se letta in combinato disposto con il paragrafo 5 co. 1 lett. d) della CAAS, secondo cui una delle condizioni per l’ingresso degli stranieri nel territorio degli Stati contraenti è quella di non essere segnalato ai fini della non ammissione, conduce ad affermare la valenza automaticamente ostativa della segnalazione, quale che ne sia la ragione ai sensi del par. 96 della stessa Convenzione, a meno che lo straniero – cui deve essere consentito il pieno esercizio del diritto di difesa – non ne dimostri, come detto, la sostanziale inattendibilità.

L’eccezione alla regola, costituita dalla ricorrenza di "seri motivi", è codificata dall’art. 5 co. 6 cit. sulla falsariga del par. 25 della CAAS, che, in conformità al precedente par. 5 co. 2, facoltizza gli Stati contraenti a rilasciare il titolo di soggiorno a stranieri, segnalati ai fini della non ammissione, unicamente "per motivi seri, in particolare umanitari o in conseguenza di obblighi internazionali" e previa consultazione con lo Stato da cui la segnalazione proviene. È dunque sufficiente una piana lettura delle stesse disposizioni citate dal ricorrente, per escludere in radice il preteso obbligo dell’amministrazione, a fronte di una segnalazione dello straniero al Sistema Informativo Schengen, di attivarsi sempre e comunque presso l’autorità straniera da cui la segnalazione proviene per accertarne le ragioni e procedere ad una valutazione autonoma del carattere ostativo o meno delle stesse: a tale conclusione può infatti pervenirsi, al più, quante volte lo straniero aspiri al rilascio del permesso per motivi idonei a superare l’esistenza della segnalazione, motivi che, come si è visto, è la legge stessa a delimitare per il tramite del riferimento tassativo al profilo umanitario, ovvero all’esistenza di obblighi internazionali, con esclusione di ogni altra ipotesi (la disposizione, per il suo carattere eccezionale, non può che essere interpretata restrittivamente).

Si consideri, d’altro canto, che a norma dello stesso par. 25 CAAS il rilascio del permesso in deroga alla segnalazione – implicante il ritiro della segnalazione stessa – deve tenere conto degli interessi dello Stato che ha effettuato la segnalazione, cui è data la facoltà residua di iscrivere lo straniero nel proprio elenco delle persone segnalate; il che dimostra come, al contrario di quanto sembra ritenere il ricorrente, la procedura di consultazione non sia affatto posta nell’interesse dello straniero, ma degli Stati aderenti alla convenzione (analogamente, il secondo comma del citato par. 25 CAAS prevede, nel caso in cui ad essere segnalato sia un soggetto già titolare di un permesso di soggiorno in corso di validità, la consultazione fra gli Stati aderenti ai fini del ritiro del permesso di soggiorno, ovvero della segnalazione).

Se così è, allora in primo luogo deve escludersi che, nel caso in esame, i "seri motivi" tali da giustificare l’avvio della procedura di consultazione possano essere identificati nella richiesta di un’autorizzazione al lavoro, priva di contatti con ragioni umanitarie e non sostenuta da obblighi internazionali. Quanto al contenuto della segnalazione a carico del lavoratore Veshaj, è vero che il provvedimento di diniego del 7 dicembre 2009 non ne fa menzione; esso è stato, tuttavia, chiarito in corso di causa dall’amministrazione con la nota ministeriale del 12 marzo 2010 (prodotta in giudizio successivamente alla prima ordinanza cautelare di accoglimento), dalla quale risulta che la segnalazione è dipesa dall’arresto del Veshaj, sorpreso nel tentativo di lasciare la Grecia munito di un falso permesso di soggiorno, con successiva condanna a nove mesi di pena detentiva.

Una volta appurato il motivo della segnalazione e forniti al ricorrente tutti gli elementi di conoscenza per il compiuto esercizio delle proprie difese (ma la riferibilità al Veshaj dei fatti oggetto di segnalazione è rimasta incontestata), e verificato che la segnalazione è stata legittimamente eseguita ai sensi del paragrafo 96 co. 3 CAAS (secondo cui essa può dipendere da una decisione nazionale fondata sul fatto che lo straniero è stato oggetto di una misura di allontanamento, di respingimento o di espulsione non revocata né sospesa che comporti o sia accompagnata da un divieto d’ingresso o eventualmente di soggiorno, fondata sulla non osservanza delle regolamentazioni nazionali in materia di ingresso e di soggiorno degli stranieri), il diniego di nullaosta finisce per rivelarsi atto necessitato, risultandone, sia pure a posteriori, soddisfatte tutte le condizioni di legittimità: al riguardo, è appena il caso di ribadire che, operando la segnalazione in via di automatismo, e non sussistendo "seri motivi" per l’avvio della procedura di consultazione fra Stati, è del tutto irrilevante che essa sia dipesa da ragioni non connotate da particolare gravità per l’ordine e la sicurezza pubblici (la CAAS non distingue le segnalazioni, sul piano dell’efficacia, secondo che siano eseguite ai sensi del secondo o del terzo comma del par. 96).

L’acclarata inconsistenza delle censure sostanziali svolte dal ricorrente fa sì che, in relazione ai vizi di carattere formale e procedimentale dedotti (difetto di motivazione e di istruttoria su tutti), l’annullamento del diniego gravato con il ricorso introduttivo debba peraltro considerarsi precluso in applicazione dell’art. 21octies co. 2 della legge n. 241/90, che, come è stato infine riconosciuto anche dalla più autorevole giurisprudenza, in presenza di attività vincolata della P.A. segna la definitiva estensione della cognizione del giudice al rapporto regolato dal provvedimento impugnato, consentendo di indirizzare lo scrutinio giurisdizionale verso la fondatezza della pretesa azionata (cfr. Cons. Stato. A.P., 23 marzo 2011, n. 3).

In forza di tutte le considerazioni che precedono, l’impugnativa proposta nei confronti del provvedimento adottato dallo Sportello Unico di Firenze il 7 dicembre 2009 va respinta. Il rigetto della domanda iniziale determina l’automatica caducazione del provvedimento adottato dal medesimo Sportello Unico in data 25 maggio – 24 giugno 2010, trattandosi, lo si è già detto, di atto emesso in provvisoria esecuzione dell’ordinanza cautelare pronunciata dal T.A.R. il 5 marzo 2010: ne consegue l’improcedibilità, prima ancora che l’infondatezza, dei motivi aggiunti proposti in corso di causa.

Le spese di lite possono essere compensate, tenuto conto della complessiva condotta processuale ed extraprocessuale delle amministrazioni resistenti, le quali hanno tardato nell’ottemperare all’ordine di riesame impartito dal giudice, senza tuttavia fornire adeguati elementi a sostegno di tale condotta (in primo luogo, senza allegare le circostanze sottese alla segnalazione del lavoratore nel SIS).

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando, respinge il ricorso originario e dichiara improcedibili i motivi aggiunti,.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *