Cons. Stato Sez. V, Sent., 30-06-2011, n. 3921 Bellezze naturali e tutela paesaggistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sez. II, con la sentenza n. 3536 del 7 ottobre 2010, in accoglimento dei ricorsi proposti contro l’odierna appellante, ha annullato l’ordinanza del Presidente della Regione Puglia n. 1 del 29 giugno 2010, avente ad oggetto la "Gestione dei rifiuti urbani a regime – Sistema pubblico impiantistico complesso con recupero energetico per rifiuti urbani del bacino BA5 in agro Conversano" e l’ordinanza del Presidente della Provincia di Bari n. 1 del 6 agosto 2010, n. prot. 1416 AA.GG. nonché i pareri dell’A.R.P.A. Puglia e della A.S.L. Bari, atti presupposti

Il TAR fondava la sua decisione, in particolare con riguardo all’ordinanza del Presidente della Regione Puglia n. 1 del 29 giugno 2010, sul fatto che la stessa, pur fondandosi sull’art. 191 D. L.vo 152/2006, ne costituiva aperta violazione: e ciò sia per il fatto che non é stata preceduta dall’istruttoria tecnica di cui all’art. 191 c. 3 D. L.vo 152/06, sia per il fatto che essa non chiarisce minimamente quali "situazioni di eccezionale ed urgente necessità di tutela della salute pubblica e dell’ambiente" essa abbia inteso prevenire, né per quali ragioni "non si possa altrimenti provvedere" (art. 191 c. 1 D. L.vo 152/06).

L’ordinanza annullata, infatti, dimostra che essa ha inteso prevenire una possibile, potenziale crisi igienicosanitaria, crisi che, in quanto tale, non può assolutamente concretare quella "situazione di eccezionale ed urgente necessità di tutela della salute pubblica", che sola può giustificare l’adozione di una ordinanza extra ordinem quali sono le ordinanze ex art. 191 D. L.vo 152/06 e che però implica – come tutte le ordinanze contingibili ed urgenti – la ricorrenza di un pericolo attuale per l’igiene e la sanità pubblica. Né l’ordinanza del Presidente della Giunta Regionale chiarisce le ragioni per le quali non si sia potuto provvedere altrimenti.

Secondo l’appellante la sentenza sarebbe nulla per violazione del principio del contraddittorio, in quanto il ricorso non sarebbe stato notificato ad alcuno dei comuni del Bacino che utilizzano la discarica di Conversano, così come l’ATO, non evocato in giudizio; nello stesso senso viene denunciato l’omesso contraddittorio con la Regione Puglia e la Provincia di Bari, atteso che gli originari ricorsi contro le rispettive ordinanze sono stati notificati solo alle Amministrazioni emananti.

L’appellante deduce ancora l’inammissibilità del ricorso per difetto d’interesse (mancanza del danno grave alla salute).

Nel merito, l’appello contesta in radice la decisione del TAR, soffermandosi sull’esistenza di un" emergenza a provvedere.

Presentava appello incidentale la L. E. s.r.l. proponendo le stesse eccezioni di difetto di interesse formulate dall’appellante principale e contestando, inoltre, la competenza funzionale del TAR (attenendo la vicenda alle situazioni di emergenza dichiarate ex art. 3, comma 2bis, d.l. 30 novembre 2005, n. 245) e sostenendo, nel merito, la ragionevolezza delle scelte della Regione.

Si costituiva l’appellato chiedendo il rigetto dell’appello.

All’udienza pubblica del 31 maggio 2011 la causa veniva trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

Si deve preliminarmente rammentare che la vicenda oggetto dell’appello riguarda una discarica per rifiuti solidi urbani indifferenziati e non trattati, nel Comune di Conversano, gestita dalla L. Ecologìa s.r.l., asservita al bacino di utenza attualmente identificato come A.T.O. BA/5, a cui, in almeno due occasioni, veniva autorizzato il conferimento di rifiuti "in sopralzo": in particolare, con autorizzazioni 3 ottobre 2002 e 31 dicembre 2004 il volume dei rifiuti conferibili presso la discarica in questione veniva aumentato, rispettivamente, di 300.000 mc e di 485.000 mc, apportando così alla discarica 785.000 mc in più rispetto alla volumetria per la quale la stessa era stata originariamente autorizzata.

Nel frattempo veniva avviata la procedura finalizzata alla aggiudicazione dell’appalto relativo alla costruzione e gestione di un nuovo impianto complesso, linea di biostabilizzazione, con annessa discarica di servizio/soccorso, per la gestione integrata dei rifiuti a servizio del bacino di utenza BA/5.

In data 11 dicembre 2009, con determina dirigenziale n. 599 la Regione Puglia rilasciava alla L. E. s.r.l. autorizzazione integrata ambientale ai sensi del D. L.vo 59/05 "per l’impianto transitorio di smaltimento di RSU costituito dal III lotto di Discarica" a servizio del bacino di utenza BA/5, ubicato nel Comune di Conversano – Contrada Martucci: l’autorizzazione veniva rilasciata sotto la condizione che "entro l’entrata in esercizio del nuovo impianto a servizio dell’A.T.O. BA/5 e comunque entro il 31.12.2009 dovranno essere avviate le procedure di chiusura della discarica oggetto del presente provvedimento".

Con ordinanza adottata ex art. 191 D. L.vo 152/2006, il Presidente della Regione Puglia, in tale sua qualità, ha ordinato "la proroga di quanto disposto con Ordinanza Commissariale n. 80 del 30/12/2009" per un periodo di 180 giorni.

Con nota 28 luglio 2010 la L. Ecologìa s.r.l. ha comunicato che l’esaurimento totale delle volumetrie disponibili nella discarica di ConversanoContrada Martucci, si sarebbe verificato intorno ai giorni 911 agosto 2010.

In data 5 agosto 2010 l’A.R.P.A. effettuava un sopralluogo presso la discarica Contrada Martucci, e rilevata l’assenza di odori in posizione di sopravento e di emissioni di gas, valutava cautelativamente che un aumento della quota di abbancamento di 0,5 mt. fosse sufficientemente basso da non consentire effetti significativi sulle matrici ambientali, riservandosi peraltro "di verificare in sede di istruttoria AIA, il livello massimo di aumento realizzabile adottando la giusta cautela.".

Il Presidente della Provincia di Bari adottava, ex art. 191 D. L.vo 152/2006, l’ordinanza n. 1 del 6 agosto 2010, con la quale, dato atto dei pareri favorevoli pervenuti dall’A.R.P.A. e dalla ASL Bari in ordine ad un sopralzo della quota di abbancamento della discarica di Conversano; dato atto che "non é consentita allo stato la possibilità di poter procedere con la messa in servizio definitiva dell’impianto complesso già realizzato", autorizzava la prosecuzione dell’esercizio della discarica di Contrada Martucci mediante sopralzo di mt. 0,50 del terzo lotto per un periodo di tempo di 180 giorni a partire dalla data di esaurimento delle volumetrie disponibili ed autorizzate con le Autorizzazioni Integrate Ambientali nn. 599 e 611 del 2009.

Il Comune di Conversano, originario ricorrente, otteneva dal TAR l’annullamento dei provvedimenti sopra indicati.

In questa sede, devono preliminarmente esaminarsi le eccezioni proposte dalle parti appellanti contro la sentenza impugnata.

In primo luogo, deve esser scrutinata l’eccezione di incompetenza funzionale del TAR adito, eccezione sollevata da L. E..

L’eccezione si basa sul disposto di cui al D. L. 30 novembre 2005, n. 245, convertito in legge 27 gennaio 2006, n. 21, recante Misure straordinarie per fronteggiare l’emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania ed ulteriori disposizioni in materia di protezione civile, il cui art. 3, comma 2bis stabiliva che "In tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell’articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, la competenza di primo grado a conoscere della legittimità delle ordinanze adottate e dei consequenziali provvedimenti commissariali spetta in via esclusiva, anche per l’emanazione di misure cautelari, al tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma. Il comma 3 aggiungeva che "Le questioni di cui al comma 2bis sono rilevate d’ufficio".

Infatti, l’art. 3, comma 2bis, d.l. n. 245/2005 (e, oggi, con portata più ampia, l’art. 133, lett. p), del CPA), attribuiva al Tar LazioRoma, la competenza inderogabile, in tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell’art. 5, comma 1, l. n. 225/1992, sulle ordinanze adottate e sui consequenziali provvedimenti commissariali.

Tuttavia, come ha chiarito la giurisprudenza, tale norma, introducendo una deroga all’ordinario riparto di competenza territoriale, è norma eccezionale da interpretare restrittivamente.

La competenza del Tar LazioRoma sussiste solo con riguardo alle ordinanze emergenziali e ai provvedimenti commissariali strettamente consequenziali, non anche con riguardo ai provvedimenti amministrativi che, sia pure esplicantesi in una situazione emergenziale, costituiscono esercizio di una ordinaria attività gestionale (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 24 novembre 2009, n. 7388).

Nel caso di specie, le ordinanze impugnate, in particolare quella del Presidente della Regione in quanto Commissario delegato per le emergenze ambientali nella regione Puglia non sono atti commissariali in senso proprio, costituendo l’emergenza, piuttosto, l’occasione e il contesto per l’emanazione dell’autorizzazione, ma non la causa immediata e diretta.

L’eccezione di incompetenza funzionale deve, dunque, essere disattesa.

Quanto alle altre eccezioni preliminari proposte dall’appellante Regione Puglia, si deve ricordare che: l’ATO costituisce una formula organizzatoria ad hoc e, come tale, dotata di distinta ed autonoma soggettività: poiché, tuttavia, l’organizzazione del servizio rimane affidata agli enti locali, è evidente che essi sono tuttora titolari delle attribuzioni istituzionali in materia, come pure, in qualità di enti esponenziali, degli interessi facenti capo alle rispettive collettività (in tal senso, anzi, opera ormai il principio di sussidiarietà verticale introdotto dalla riforma del Titolo V della parte II della Costituzione).

Infatti, come ha chiarito anche questo Consiglio, non può nemmeno negarsi ai Comuni la legittimazione ad impugnare atti, adottati dall’Autorità d’Ambito, dei quali assumano l’attitudine a ledere posizioni soggettive di propria pertinenza, relative alle funzioni istituzionalmente individuate dalla legge in materia di servizi rientranti in quelli di competenza dell’ATO e che riguardano, in definitiva, la collettività di cui essi sono enti esponenziali.

Sussistendo piena indipendenza tra l’ATO (ex art. 201 d. lgs. 1522006) ed i comuni che la compongono, ciascuna volta alla protezione e alla tutela di uno specifico interesse, non sono ravvisabili ragioni che rendano necessaria la partecipazione dell’ATO a questo giudizio, che è rivolto alla tutela della salute dei membri di una collettività comunale che, asseritamente, ritengono lesa dalle possibili conseguenze dei provvedimenti impugnati.

Nello stesso ordine di idee, anche la partecipazione degli altri comuni a questo giudizio non è necessaria, in quanto gli stessi non rivestono posizione di contraddittori necessari ai quali deve essere notificato il ricorso, atteso che le eventuali ripercussioni indirette della decisione del TAR impugnata circa l’utilizzazione della discarica costituisce un interesse che può giustificare un loro atto d’intervento ma non si qualifica come interesse uguale e di segno contrario a quello introdotto dal Comune ricorrente in primo grado: allo stato le decisioni amministrative impugnate in primo grado e la sentenza qui appellata risultano del tutto indifferenti agli altri Comuni della zona e solo un loro eventuale atto d’intervento potrebbe rendere concreto tale interesse, manifestandosi come interesse contrario o come cointeresse.

Anche l’eccezione di omessa notifica, rispettivamente, alla Regione e alla Provincia in relazione alle ordinanze da queste emanate non è sorretta da alcun fondamento, atteso che tali ordinanze sono sì atti legati da un nesso di consequenzialità, ma mantengono ciascuna la propria identità ed autonomia, essendo frutto della volizione di ciascuna delle Amministrazioni, con la conseguenza che il ricorso va notificato soltanto nei confronti dell’Autorità che ha emanato l’atto.

Quanto, infine, all’eccezione di difetto d’interesse, si deve preliminarmente rammentare che la legittimazione a ricorrere nella materia ambientale per le peculiari caratteristiche del bene protetto si atteggia in modo particolare; la tutela dell’ambiente, infatti, lungi dal costituisce un autonomo settore di intervento dei pubblici poteri, assume il ruolo unificante e finalizzante di distinte tutele giuridiche predisposte a favore di diversi beni della vita che nell’ambiente si collocano (assumendo un carattere per così dire trasversale rispetto alle ordinarie materie e competenze amministrative, che connotano anche le distinzioni fra Ministeri); l’ambiente, inoltre, è un bene pubblico che non è suscettibile di appropriazione individuale, indivisibile, non attribuibile, unitario, multiforme e ciò rende problematica la sua tutela a fronte di un sistema giudiziario che non conosce, se non quale eccezione, l’azione popolare, che guarda con sfavore la legittimazione di aggregazioni di individui che si facciano portatori occasionali di interessi esistenti allo stato diffuso (Consiglio di Stato, sez. VI, 13 settembre 2010, n. 6554).

Il Comune ricorrente è senza dubbio legittimato al ricorso in quanto insorge in sede giurisdizionale contro un provvedimento amministrativo esplicante i suoi effetti nell’ambiente comunale stesso, che è ente esponenziale della collettività che vi risiede.

L’interesse ad ottenere l’annullamento dell’atto è conseguenza della tipologia di provvedimento impugnato e degli effetti che esso potrebbe produrre sul territorio comunale: l’oggetto del giudizio, infatti, è costituito da una discarica per rifiuti solidi urbani indifferenziati e non trattati, di cui in almeno due occasioni era già stato autorizzato il conferimento di rifiuti "in sopralzo", apportando così alla discarica 785.000 mc. in più rispetto alla volumetria per la quale la stessa era stata originariamente autorizzata. Il successivo sopralzo autorizzato, che è oggetto di questo giudizio, è sì basato su un istruttoria tecnica delll’A.R.P.A. che valutava cautelativamente che un aumento della quota di abbancamento di 0,5 mt. fosse sufficientemente basso da non consentire effetti significativi sulle matrici ambientali", riservandosi peraltro "di verificare in sede di istruttoria AIA, il livello massimo di aumento realizzabile adottando la giusta cautela"; ma è stato disposto in assenza delle cautele che il legislatore ha previsto nell’art. 191 del Codice dell’Ambiente, ledendo così, almeno astrattamente, l’interesse del Comune ricorrente ad una gestione sana della discarica sita sul proprio territorio, potenzialmente nociva per la salute degli abitanti.

Nel merito, si deve osservare che il TAR ha basato la sua decisione in relazione all’inosservanza dei parametri normativi individuati nell’art. 191 del D. LGS. 3 aprile 2006, n.152, Norme in materia ambientale, il quale testualmente dispone che: "Ferme restando le disposizioni vigenti in materia di tutela ambientale, sanitaria e di pubblica sicurezza, con particolare riferimento alle disposizioni sul potere di ordinanza di cui all’articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, istitutiva del servizio nazionale della protezione civile, qualora si verifichino situazioni di eccezionale ed urgente necessità di tutela della salute pubblica e dell’ambiente, e non si possa altrimenti provvedere, il Presidente della Giunta regionale o il Presidente della provincia ovvero il Sindaco possono emettere, nell’ambito delle rispettive competenze, ordinanze contingibili ed urgenti per consentire il ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti, anche in deroga alle disposizioni vigenti, garantendo un elevato livello di tutela della salute e dell’ambiente. Dette ordinanze sono comunicate al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, al Ministro della salute, al Ministro delle attività produttive, al Presidente della regione e all’autorità d’ambito di cui all’art.201 entro tre giorni dall’emissione ed hanno efficacia per un periodo non superiore a sei mesi. Entro centoventi giorni dall’adozione delle ordinanze di cui al comma 1, il Presidente della Giunta regionale promuove ed adotta le iniziative necessarie per garantire la raccolta differenziata, il riutilizzo, il riciclaggio e lo smaltimento dei rifiuti. In caso di inutile decorso del termine e di accertata inattività, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio diffida il Presidente della Giunta regionale a provvedere entro un congruo termine e, in caso di protrazione dell’inerzia, può adottare in via sostitutiva tutte le iniziative necessarie ai predetti fini".

L’esame testuale della norma invocata dall’Amministrazione per giustificare il proprio potere di ordinanza, che pone deroghe alle disposizioni vigenti e che è funzionale a garantire la salute in un settore tanto delicato come quello della gestione dei rifiuti, impone il rispetto di una serie di prescrizioni molto precise e nitide, tali da circoscrivere il potere di ordinanza attribuito, a garanzia di un miglior livello di tutela della salute.

Dunque, nel caso di specie, il TAR ha sottolineato che l’art. 191, cui si deve dare una lettura rigorosa, per le ragioni sopra indicate, è stato disatteso in più punti: in primo luogo, perché si devono verificare situazioni di eccezionale ed urgente necessità di tutela della salute pubblica e dell’ambiente, il che non viene in alcun modo giustificato; in secondo luogo, poiché è mancata ogni considerazione circa l’impossibilità di "altrimenti provvedere", studiando e prendendo in considerazione, con una programmazione necessaria, doverosa ed efficiente, che deve essere particolarmente lungimirante in questo campo, ove sono coinvolti interessi collettivi alla salubrità dell’ambiente, altre possibili soluzioni alternative con impatto ambientale minore per la collettività; in terzo luogo ed infine, le ordinanze sono emanate soltanto subordinatamente alla garanzia di "un elevato livello di tutela della salute e dell’ambiente", garanzia che, nel caso di specie, non risulta presa in specifica considerazione.

La Regione Puglia, appellante, rileva che con l’ordinanza della Regione Puglia n. 98/CD del 18.3.2011, e con la successiva ordinanza n. 100 del 26.4.2011, in atti, è stata disposta la chiusura della discarica di cui si controverte.

Pertanto, i provvedimenti impugnati hanno del tutto cessato i loro effetti, con la conseguenza che il ricorso originario deve ritenersi divenuto improcedibile.

È pur vero che, di regola, l’inammissibilità o l’improcedibilità del ricorso tendente all’annullamento degli atti amministrativi, non esclude la persistenza dell’interesse all’accertamento dell’illegittimità degli stessi, in funzione del rilievo che la relativa statuizione giurisdizionale può assumere nel successivo giudizio risarcitorio diretto a ristorare il ricorrente del pregiudizio patito per effetto dell’illegittimità provvedimentale.

Il principio, infatti, ha trovato evidenza positiva nell’art. 34, comma 3, c.p.a., a mente del quale quando in corso di giudizio l’annullamento del provvedimento impugnato non è più utile per il ricorrente, il giudice accerta l’illegittimità del provvedimento se sussiste l’interesse ai fini risarcitori.

Nel caso di specie, tuttavia, non vi sono evidenze che inducano a ritenere sussistente l’interesse risarcitorio del Comune, anche in considerazione del fatto che i provvedimenti impugnati non hanno avuto alcuna esecuzione, in quanto oggetto dell’annullamento disposto in primo grado dal TAR.

Ciò determina, di conseguenza, l’annullamento senza rinvio della sentenza di primo grado per effetto della dichiarazione di improcedibilità del ricorso originario, ex art. 35 c.p.a.

Sussistono giusti motivi per compensare le spese di lite.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta),

definitivamente pronunciando sull’appello come in epigrafe proposto, dichiara l’improcedibilità del ricorso di primo grado e annulla senza rinvio la sentenza impugnata.

Compensa tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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