CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. II CIVILE – SENTENZA 19 marzo 2010, n.6714 CRITERIO DI RIPARTIZIONE DELLE SPESE CONDOMINIALI IN DIFFORMITÀ RISPETTO ALL’ART. 1123 C.C.: DELIBERAZIONE NULLA O ANNULLABILE?

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Motivi della decisione

Con l’unico articolato motivo la ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 1123, 1135, 1137, 1326 cod. civ., 68 disp. att. cod. civ. nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 n. 5 cod. proc. civ.), censura la decisione gravata laddove – in contrasto con i principi in materia di invalidità delle delibere condominiali che approvino a maggioranza criteri di riparto delle spese difformi da quelli legali – aveva affermato che la delibera de qua sarebbe al più affetta da nullità relativa; che la nullità vi sarebbe solo nel caso in cui la modificazione avvenga a titolo definitivo e non già una tantum; che la delibera in questione era da considerarsi annullabile.

Al riguardo osserva ancora la ricorrente che: non vi è luogo per distinguere fra nullità assoluta e relativa, tenuto conto che anche il condomino che ha espresso voto favorevole è legittimato a fare valere la nullità; nella specie la ricorrente si era astenuta; la delibera che dispone la ripartizione delle spese prevedendo un criterio difforme da quello legale, incidendo sui diritti esclusivi dei condomini, è affetta da nullità e non da annullabilità, che è invece configurabile nel caso di involontaria ripartizione delle spese in modo illegale, rientrando questa nelle attribuzioni dell’assemblea.

Il motivo è fondato.

Occorre premettere che con il presente ricorso è stata impugnata la statuizione con cui la sentenza gravata, nel confermare il rigetto dell’opposizione pronunciata con la decisione n. 3257/2002, ha ritenuto che la delibera approvata dall’assemblea condominiale il 17-5-2001 fosse annullabile e, come tale, dovesse essere impugnata nel termine di cui all’art. 1137 cod. civ. che nella specie non era stato osservato; per quanto concerne la sentenza n. 3256/02, confermata dal Tribunale con statuizione non impugnata, in relazione alla quale il resistente ha dedotto il formarsi della cosa giudicata, occorre considerare che, dovendosi la natura precettiva della sentenza determinarsi non soltanto in base al dispositivo ma anche alla stregua della motivazione, la mancata impugnazione non può comportare certo il formarsi del giudicato sostanziale in ordine al diritto azionato dal Condominio con il ricorso per decreto, atteso che: a) la decisione n. 3256/02 non ha affatto esaminato il merito dell’opposizione a decreto, essendosi limitata ad emettere una pronuncia di carattere processuale di inammissibilità della successiva opposizione proposta dall’attuale ricorrente per mancanza di interesse, anche se poi erroneamente il dispositivo è stato di rigetto; il che è stato rilevato dalla sentenza del Tribunale che peraltro non ha potuto correggerlo in difetto di specifica impugnazione in ordine a tale statuizione; b) in ogni caso, il decreto ingiuntivo è stato impugnato con l’opposizione decisa con la sentenza n. 3257/02 che è oggetto del presente ricorso per cassazione.

Passando all’esame del motivo, va ricordato che secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, in materia di delibere condominiali aventi ad oggetto la ripartizione delle spese comuni, occorre distinguere quelle con le quali l’assemblea stabilisce o modifica i criteri di ripartizione in difformità da quanto previsto dall’art. 1123 cod. civ., o dal regolamento condominiale contrattuale – essendo in tal caso necessario, a pena di radicale nullità, il consenso unanime dei condomini – dalle delibere con le quali, nell’esercizio delle attribuzioni assembleari previste dall’art. 1135 n. 2 e 3 cod. civ., vengono in concreto ripartite le spese medesime, atteso che soltanto queste ultime, ove adottate in violazione dei criteri già stabiliti, devono considerarsi annullabili e la relativa impugnazione va proposta nel termine di decadenza, di trenta giorni previsto dall’art. 1137, ultimo comma, cod. civ. (Cass. 126/2000; 2301/2001; 17101/2006). Infatti, l’adozione di criteri diversi da quelli previsti dalla legge o dal regolamento contrattuale, incidendo sui diritti individuali dei singoli condomini, può essere assunta soltanto con una convenzione alla quale aderiscano tutti i condomini, non rientrando nelle attribuzioni dell’assemblea che concernono la gestione delle cose comuni.

Pertanto, erroneamente i giudici di appello hanno escluso che ricorra la nullità della delibera condominiale quando l’assemblea del condominio proceda a una modificazione dei criteri di riparto non in via definitiva ma soltanto contingente e riferita a spese straordinarie: l’assemblea – in mancanza di un accordo unanime dei condomini – non ha il potere di stabilire o modificare i criteri di riparto delle spese in violazione delle prescrizioni stabilite dall’art. 1123 cod. civ., secondo cui i contributi devono essere corrisposti dai condomini in base alle tabelle millesimali, atteso che – come si è accennato – tale determinazione non rientra nelle attribuzioni conferite all’assemblea dall’art. 1135 cod. civ. Si configura, invece, l’annullabilità della delibera quando l’assemblea, senza adottare alcuna decisione in merito ai criteri da seguire, si sia limitata a ripartire le spese in violazione delle disposizioni di cui all’art. 123 cod. civ.

Occorre considerare che la ricorrente ha dedotto come all’ordine del giorno dell’assemblea fosse stata posta l’approvazione – con scelta tra l’alternativa A) e l’alternativa B) – del rendiconto opere manutenzione facciata e della relativa ripartizione, essendo state dall’amministratore sottoposte due differenti ipotesi di riparto, il secondo dei quali – contenenti criteri diversi da quelli legali – sarebbe stato quello per l’appunto approvato.

Orbene, la sentenza impugnata non si è attenuta ai principi sopra esposti ma, ritenendo erroneamente che la delibera di ripartizione delle spese una tantum e non definitiva sarebbe annullabile e non già nulla, non ha compiuto gli accertamenti indispensabili al fine di stabilire se si fosse in presenza di una delibera affetta o meno da nullità, posto che avrebbe dovuto verificare se: a) oggetto della deliberazione dell’assemblea fosse stata o meno la previsione e quindi l’adozione del criterio di ripartizione della spesa ovvero se b) l’assemblea – senza compiere alcuna determinazione in ordine ai criteri di riparto da adottare – si fosse limitata ad approvare la ripartizione; c) ove si versasse nell’ipotesi sub a) la delibera, qualora fosse stata adottata in violazione dei criteri di cui agli artt. 1123 cod. civ., sarebbe stata affetta da nullità che può essere fatta valere, ex art. 1421 cod. civ., da qualunque interessato e quindi anche dal condomino che ha espresso voto favorevole (Cass. 5626/2002), indipendentemente dal decorso del termine sancito per l’impugnazione delle delibere annullabili; d) pertanto, in tal caso, il giudice investito dell’opposizione a decreto ingiuntivo avrebbe dovuto compiere gli opportuni accertamenti per verificare se i criteri adottati in concreto fossero o meno conformi a quelli legali, disponendo anche i mezzi istruttori eventualmente necessari.

Il ricorso va accolto.

La sentenza va cassata con rinvio, anche per le spese della presente fase, al Tribunale di Torino in persona di altro magistrato.

Il giudice di rinvio si atterrà al seguente principio di diritto:

“In materia di delibere condominiali sono affette da nullità – che anche il condominio il quale abbia espresso il voto favorevole può fare valere – quelle con cui a maggioranza sono stabiliti o modificati i criteri di ripartizione delle spese comuni in difformità da quanto previsto dall’art. 1123 cod. civ. o dal regolamento condominiale contrattuale, essendo necessario, a pena di radicale nullità, il consenso unanime dei condomini, mentre sono annullabili e, come tali, suscettibili di essere impugnate nel termine di decadenza, di trenta giorni di cui all’art. 1137, ultimo comma, cod. civ., le delibere con cui l’assemblea, nell’esercizio delle attribuzioni previste dall’art. 1135 n. 2 e 3 cod. civ., determina in concreto la ripartizione delle spese medesime in difformità dei criteri di cui al citato art. 1123”.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese della presente fase, al Tribunale di Torino in persona di altro magistrato.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *