Cons. Stato Sez. VI, Sent., 30-06-2011, n. 3892 Giurisdizione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. In rito giova premettere quanto segue.

1.1. I due appelli in epigrafe sono già stati riuniti con l’ordinanza istruttoria della Sezione n. 713/2011.

1.2. La causa è passata in decisione alla pubblica udienza del 17 maggio 2011. Trattandosi di appelli avverso sentenze che declinano la giurisdizione, gli stessi avrebbero dovuto essere trattati in camera di consiglio (art. 105 c.p.a.). Peraltro, la trattazione in pubblica udienza, di una causa che si sarebbe dovuta essere con rito camerale, non è causa di nullità (art. 87, co. 4, c.p.a.).

1.3. Nel corso della discussione orale, è stato dedotto da parte appellata che l’appalto rilevante nel giudizio è stato già medio tempore interamente eseguito.

Tale circostanza non fa venir meno l’interesse al ricorso, ai fini risarcitori, secondo quanto si evince dall’art. 34, co. 3, c.p.a.

2. Il G. europeo di interesse economico del Traforo del Monte Bianco, d’ora innanzi G.TMB, con il bando di gara del 17 marzo 2006, anteriore all’entrata in vigore del codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 163/2006, indiceva una gara di appalto di servizi con un importo a base d’asta di euro 14.750.000, avente ad oggetto l’affidamento del servizio antincendio e di primo soccorso al traforo del Monte Bianco e relative pertinenze, da effettuarsi con postazioni sul piazzare italiano del traforo, sul piazzale francese, nonché all’interno del tunnel stesso.

La gara veniva aggiudicata alla G.S.A. società consortile a responsabilità limitata.

3. Le società seconda e terza classificate, rispettivamente G. e Eusebi Service s.r.l,. con separati ricorsi al Tar della Valle d’Aosta hanno contestato l’aggiudicazione e gli atti di gara.

La prima classificata, nella qualità di controinteressata, a sua volta ha proposto ricorsi incidentali.

4. Il Tar, con le due sentenze in epigrafe, ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, in base alla considerazione che il G. T. non sarebbe un organismo di diritto pubblico e non sarebbe pertanto tenuto al rispetto di procedure di evidenza pubblica per l’affidamento dei propri appalti; anche ove in ipotesi tali procedure venissero in concreto adottate, ciò avverrebbe in via di autolimitazione, inidonea ad incidere sul riparto della giurisdizione.

In particolare, ad avviso del Tar, G. T. pur avendo personalità giuridica non avrebbe gli altri due requisiti connotanti l’organismo di diritto pubblico:

a) non vi sarebbe il finanziamento pubblico prevalente, atteso che il 51% del capitale sociale della società concessionaria I. P. I. T. D. M. B. (S.), che insieme alla società concessionaria francese (A.) ha costituito G. T., è detenuto da Autostrade per l’Italia, società privata;

b) non vi sarebbe il controllo pubblico, atteso che la CIG (commissione intergovernativa italo francese), prevista dalla convenzione italofrancese stipulata per la costruzione e la gestione del traforo del Monte Bianco, non esplicherebbe una specifica attività di controllo sulle attività di G. T.;

c) quanto all’elemento teleologico, il G. T. non sarebbe stato costituito per perseguire un fine d’interesse non industriale o commerciale, ma sarebbe connotato da uno scopo di lucro.

5. Hanno proposto separati appelli le due società ricorrenti principali in primo grado, con cui contestano la sentenza con argomenti analoghi, così riassumibili:

a) sarebbe irrilevante che il contratto costitutivo del G. T. non indichi la normativa che il soggetto è tenuto ad osservare, discendendo direttamente dalla legge gli obblighi di rispetto delle procedure di evidenza pubblica;

b) la giurisdizione andrebbe determinata non già in base all’art. 6, l. n. 205/2000, come ha fatto il T.a.r., ma in base all’art. 33, d.lgs. n. 80/1998 come inciso dalla sentenza della Corte cost. n. 204 del 2004 (e trasfuso nell’art. 133 c.p.a.), da cui si desumerebbe che la giurisdizione del giudice amministrativo sull’affidamento di servizi pubblici prescinderebbe dalla natura soggettiva della stazione appaltante;

c) il G. T. avrebbe i requisiti dell’organismo di diritto pubblico, perché: (i) è stato costituito dalla società francese per il traforo del Monte Bianco (A.) e dalla società I. P. I. T. D. M. B. (S.), ed essendo quest’ultima partecipata, oltre che da ANAS e dalla Regione Valle d’Aosta, da Autostrade per l’Italia per il 51%, che a sua volta sarebbe organismo di diritto pubblico (secondo quanto statuito da Cons. St., sez. IV, 13 marzo 2008 n. 1094); (ii) è stato costituito per un fine di interesse generale di carattere non industriale o commerciale e, segnatamente, la messa in sicurezza e la gestione del traforo, dopo l’incendio del 1999, e per scongiurare il verificarsi di nuovi incendi;

d) in subordine sarebbe una società mista con capitale pubblico non maggioritario, tenuta, anche in difetto dei requisiti dell’organismo di diritto pubblico, ai sensi dell’art. 32, co. 1, lett. c), d.lgs. n, 163/2006, al rispetto delle procedure di evidenza pubblica.

6. Chiamata la causa all’udienza del 18 gennaio 2011, il Collegio, con ordinanza n. 713/2011, ha, da un lato, ritenuto di disporre la chiamata in causa delle società che hanno costituito il G., e ha, dall’altro lato, disposto adempimenti istruttori.

6.1. Sotto il primo profilo, il Collegio ha osservato che la decisione in ordine alla natura giuridica di G. non potesse prescindere dall’indagine sulla natura giuridica delle due società concessionarie di cui è emanazione, e dunque dalla verifica se tali due società fossero organismi di diritto pubblico.

Per l’effetto, ha ritenuto opportuno che il processo si svolgesse anche nei confronti di tali due società, delle quali ha ordinato l’intervento (art. 28, co. 3, c.p.a.).

Si è costituita S. s.p.a., chiedendo il rigetto degli appelli.

6.2. Inoltre il Collegio ha ordinato al G. di depositare:

a) l’atto costitutivo e lo statuto della società concessionaria I. (S.), sia nel testo vigente all’epoca del bando di gara sia nel testo attualmente vigente, con specificazione del numero complessivo di amministratori e componenti del collegio sindacale e del numero di amministratori e componenti del collegio sindacale nominati dai soci pubblici, e con indicazione di eventuali patti parasociali o altre norme che attribuiscano poteri di nomina e/o ingerenza ai soci pubblici;

b) la documentazione da cui risulti l’attuale composizione azionaria della società concessionaria francese (A.) e del relativo consiglio di amministrazione;

c) la documentazione da cui risultino i compiti della commissione di sorveglianza di cui all’art. 5 della convenzione italofrancese del 1953 e della commissione intergovernativa italo francese (CIG) sulla base sia della convenzione italo francese del 1953 sia di quella del 2006.

Tali adempimenti istruttori sono stati eseguiti.

7. Ritiene la Sezione che gli appelli sono fondati per quanto di ragione.

7.1. Giova anzitutto premettere che la costruzione e la gestione del traforo del Monte Bianco furono previste da una convenzione internazionale bilaterale tra Italia e Francia, sottoscritta nel 1953 e ratificata dall’Italia con la legge 1° agosto 1954, n. 846.

7.2. Tale convenzione prevedeva che ciascuno Stato contraente avrebbe affidato la costruzione e la gestione, per la parte di competenza, ad una società concessionaria.

Si prevedeva la durata della concessione nella misura di settanta anni.

Il processo verbale annesso alla convenzione del 1953 recava l’indicazione delle disposizioni adottate dalla commissione intergovernativa del traforo del Monte Bianco (d’ora innanzi CIG) in tema di composizione e organizzazione delle società concessionarie.

Quanto alla società francese (A.), se ne prevedeva una partecipazione pubblica superiore al 70% (da parte dello Stato francese, delle collettività francesi, del Cantone e della città di Ginevra), e in aggiunta un finanziamento pubblico di 2.020 milioni di franchi.

Quanto alla società I., se ne prevedeva una partecipazione pubblica del 49% e in aggiunta un finanziamento pubblico di 4.037 milioni di lire.

Quanto alla società francese, si prevedeva che il consiglio di amministrazione fosse composto da:

1 presidente nominato dal Governo francese;

6 amministratori nominati dal Governo francese;

3 amministratori rappresentanti i soci privati;

2 amministratori rappresentanti il Cantone e la città di Ginevra;

1 amministratore rappresentante le collettività pubbliche francesi.

Tale assetto è confermato dalle successive revisioni dello statuto di A. (versione 21 aprile 2005 e versione 13 ottobre 2010, art. 19).

La commissione intergovernativa raccomandava l’adozione di uno statuto simile per la società concessionaria I..

La società concessionaria I. veniva costituita con la partecipazione per il 49% di soci pubblici (Regione Valle d’Aosta, ANAS, Cantone di Ginevra, Città di Ginevra) e per il 51% di Autostrade s.p.a., società a sua volta controllata dall’IRI, e dunque solo formalmente privata.

7.3. A seguito dell’incendio verificatosi nel tunnel nel 1999, le due società concessionarie, con un contratto stipulato il 18 maggio del 2000, costituivano il G. T., disciplinato dal reg. CEE 25 luglio 1985 n. 2137/85, dalla l. francese 13 giugno 1989 n. 89377 e dal d.lgs. italiano 23 luglio 1991, n. 4, con il precipuo fini di "assicurare lo svolgimento dei compiti specificamente affidatigli dalle due società concessionarie per la ricostruzione ed il potenziamento dei libelli di sicurezza del traforo stesso" (art. 2, contratto).

7.4. In prosieguo si addiveniva nel 2006 ad una nuova convenzione tra lo Stato italiano e lo Stato francese, ratificata in Italia con legge 27 settembre 2007, n. 166; la nuova convenzione sostanzialmente ratificava la già avvenuta nascita di G. T. e la disciplinava.

Invero, la nuova convenzione:

a) è dichiaratamente motivata dall’intento di "creare un nuovo quadro giuridico per la gestione del traforo ristrutturato al fine di migliorare la sicurezza" (preambolo della convenzione);

b) conferma la concessione della costruzione e gestione alle due società già costituite;

c) prevede la costituzione, da parte delle società concessionarie per la durata delle loro concessioni, di un "gestore", definito la struttura dotata di capacità giuridica, quale il G. europeo di interesse economico del traforo del Monte Bianco, e creato ai fini esclusivi di:

– gestire, mantenere, rinnovare e modernizzare il tunnel ed i suoi annessi;

– gestire, mantenere e rinnovare gli impianti necessari alla gestione del traforo collocati nelle aree di regolazione dei mezzi pesanti (art. 2 convenzione);

d) prevede che gli statuti delle società concessionarie sono approvati dai rispettivi Governi (art. 3 convenzione);

e) dispone che le società concessionarie sono i due soli membri statutari e sociali del gestore e assumono solidalmente e in misura paritaria i diritti, le obbligazioni, i rischi e pericoli derivanti dalle sue attività (art. 5 convenzione);

f) così ripartisce i costi: gli Stati italiano e francese si fanno carico della remunerazione dei loro agenti incaricati di assicurare i servizi di dogana, di polizia e di protezione sanitaria. La costruzione, la manutenzione, il rinnovamento, la modernizzazione e il funzionamento delle opere, installazioni, attrezzature e beni diversi necessari a questi servizi ed adibiti esclusivamente alle necessità del traforo e dei suoi annessi sono a carico del gestore. Il gestore si fa ugualmente carico dell’insieme delle spese, di qualsiasi natura, sostenute all’occorrenza dai servizi pubblici di soccorso e antincendio per le necessità esclusive del traforo e dei suoi annessi (art. 5 convenzione).

7.5. La convenzione del 2006 indica in dettaglio i poteri di controllo della Commissione intergovernativa (art. 7 convenzione):

"1. La CIG segue, a nome delle Parti e su delega delle stesse, l’insieme delle questioni legate alla sicurezza, alla gestione, alla manutenzione, al rinnovamento e alla modernizzazione dell’opera.

2. La CIG comprende al massimo 16 membri, di cui almeno due membri del Comitato di Sicurezza previsto dall’articolo 8. Ciascuna Parte designa la metà dei membri della CIG, che è presieduta, alternativamente e per un anno, dal capo di ogni delegazione.

3. Ai fini della sua missione la CIG:

a) fissa le norme applicabili al traforo ed ai suoi annessi per ciò che concerne la concezione tecnica delle opere, attrezzature ed installazioni, la segnalazione stradale, la qualità dell’aria e le condizioni di circolazione e di sosta dei veicoli. Tali norme sono pubblicate sulle Gazzette Ufficiali dei due Stati. Fin tanto che la CIG non ha fissato nelle materie succitate tutte o parte delle norme applicabili, gli accordi internazionali in vigore tra l’Italia e la Francia o, in mancanza, le rispettive norme nazionali, rimangono applicabili nella parte del traforo e dei suoi annessi situata nel territorio di ciascuno Stato;

b) approva l’insieme dei documenti che definiscono le regole di esercizio e di sicurezza dell’opera;

c) approva i programmi e i progetti dei lavori e degli impianti riguardanti il tunnel ed i suoi annessi;

d) approva le proposte di pedaggio presentate dalle società concessionarie, in conformità alle normative nazionali e nel rispetto del diritto comunitario;

e) vigila sul rispetto delle decisioni che prende e delle disposizioni della presente Convenzione da parte del gestore e delle società concessionarie; a tal fine, la CIG deve segnatamente ricevere il contratto di costituzione del gestore, con tutti i suoi allegati, e le sue eventuali modifiche, i resoconti mensili e annuali di esercizio e, in caso di incidente o reclamo, dei resoconti speciali. Le società concessionarie e il gestore accordano ogni facilitazione alla CIG o a suoi rappresentanti debitamente accreditati per l’esercizio di tali funzioni;

f) rende il suo parere alle Parti sugli accordi particolari necessari alla gestione dell’opera, in particolare quelli previsti dall’articolo 11;

g) riceve comunicazione di tutti gli atti conclusi dal gestore con terzi e relativi alla gestione o l’utilizzazione della proprietà dell’opera o a prestazioni riguardanti la sicurezza del traforo e dei suoi annessi;

h) provvede con ogni mezzo al rispetto da parte del gestore e delle società concessionarie delle decisioni che prende e delle disposizioni della presente Convenzione, in particolare in materia di sicurezza, manutenzione, rinnovamento e modernizzazione del traforo e dei suoi annessi; queste misure sono applicate dalla CIG, dopo che la messa in mora è rimasta inesaudita, a spese, rischio e pericolo del gestore.

4. La CIG emette i suoi pareri e prende le decisioni per accordo tra le due delegazioni e, all’occorrenza, previo parere del Comitato di sicurezza emesso in applicazione dell’articolo 8. Le sue decisioni e i suoi pareri sono deliberati alla presenza dei soli membri della CIG, assistiti dal segretariato di ciascuna delegazione.

5. La CIG fissa il proprio regolamento interno e lo sottopone all’approvazione delle Parti.

6. Ai fini della sua missione, la CIG può ricorrere alla collaborazione delle amministrazioni di ciascuna Parte e del personale del gestore, delle società concessionarie o di ogni organismo o persona di sua scelta.

7. Le spese di funzionamento della CIG sono sostenute dal gestore. Non costituiscono spese di funzionamento le retribuzioni eventuali versate ai membri della CIG o ad altri suoi partecipanti dipendenti di una delle due Parti o di organismi pubblici".

7.6. La CIG prevista dalla convenzione del 2006 a sua volta è assistita da un Comitato di sicurezza italofrancese nelle decisioni che prende e che interessano le questioni legate alla sicurezza pubblica nel traforo e nei suoi annessi (art. 8 convenzione).

In particolare:

"2. Il Comitato di sicurezza comprende al massimo otto membri designati secondo le stesse regole previste dall’articolo 7.2. per la CIG. Esso è presieduto alternativamente, per la durata di un anno, dal capo di ogni delegazione.

Ai fini della sua missione il Comitato di sicurezza:

a) viene consultato dalla CIG per le decisioni che essa intende prendere in conformità all’art. 7.3. a), b) e c);

b) può emettere, su richiesta della CIG o di sua propria iniziativa, dei pareri o delle proposte alla CIG su ogni altra questione legata alla sicurezza nel traforo e nei suoi annessi.

3. Il Comitato di sicurezza emette i suoi pareri per consenso delle due delegazioni. I suoi pareri sono deliberati alla presenza dei soli membri del Comitato di sicurezza, assistiti dal segretariato di ciascuna delegazione.

4. Il Comitato di sicurezza stabilisce il proprio regolamento interno e lo sottopone all’approvazione della CIG.

5. Ai fini della sua missione, il Comitato di sicurezza può ricorrere alla collaborazione delle amministrazioni di ciascuna Parte e del personale del gestore, delle società concessionarie e di ogni organismo o persona di sua scelta.

6. Le spese di funzionamento del Comitato di Sicurezza sono assunte dal gestore. Non costituiscono spese di funzionamento le retribuzioni eventuali versate ai membri del Comitato di sicurezza o ad altri suoi partecipanti dipendenti di una delle due Parti o di organismi pubblici".

7.7. Quanto alla compagine attuale delle due società concessionarie, quella francese ha attualmente una partecipazione pubblica superiore all’80% (secondo il documento 19 della produzione documentale depositata il 14 aprile 2011: il 57,90% del capitale appartiene allo Stato francese, il 18,62% del capitale appartiene alla Città di Ginevra e al Cantone di Ginevra, il 18,62% appartiene ad Autorità francesi).

7.8. Quanto alla società concessionaria I.:

a) nel 1957 venne costituita la "società I. per azioni per il traforo del Monte Bianco", in sigla S., con l’obiettivo di partecipare alla costruzione e alla successiva gestione in concessione del tunnel transalpino di comunicazione tra la Francia e l’Italia, partecipata al 51% da Autostrade s.p.a. e per il restante 49% da ANAS e dalla Regione Valle d’Aosta;

b) nel 1958 con d.P.R. venne approvata e resa esecutiva la convenzione di concessione stipulata tra l’ANAS e la S. per la costruzione del tratto italiano della galleria autostradale attraverso il Monte Bianco, nonché per l’esercizio della stessa per 70 anni;

c) nel 1999, a seguito del noto incidente del 24 marzo, il traforo venne chiuso al traffico e nello stesso anno l’azionista di maggioranza di S., la Società "Autostrade S.p.A.", in precedenza a totale partecipazione pubblica, venne privatizzata. Attualmente il 49% del capitale è ripartito tra ANAS, Regione Valle d’Aosta, Cantone di Ginevra, Città di Ginevra, il 51% è detenuto da Autostrade per l’Italia s.p.a.

8. Fatta tale ricostruzione, in diritto è bene chiarire che la giurisdizione spetta al giudice nazionale, salvo a stabilire quale giudice nazionale (quello amministrativo o quello ordinario), e non al giudice francese, perché G. T. ha sede nello Stato italiano (Courmayeur, sul piazzale italiano del Traforo del Monte Bianco, ai sensi dell’art. 4 del contratto istitutivo), e dunque soggiace alla legislazione I..

9. In applicazione della legge I., la giurisdizione si determina con riguardo allo stato di fatto e di diritto esistenti al momento di proposizione della domanda in giudizio ( art. 5 c.p.c.), ma sono rilevanti i successivi mutamenti normativi, se comportino la giurisdizione sopravvenuta del giudice che ne era in ipotesi privo al momento della domanda (Cass., sez. un., 16 aprile 2009 n. 8999, ord.; Cass., sez. un., 20 settembre 2006 n. 20322; Cons. St., sez. V, 1 dicembre 2003 n. 7820).

Pertanto la verifica della giurisdizione va condotta alla luce delle vigenti disposizioni attributive di giurisdizione al giudice amministrativo in materia di procedure di affidamento di contratti pubblici o in materia di pubblici servizi (art. 133, c.p.a., in cui sono stati trasfusi l’art. 33, d.lgs. n. 80/1998, nel testo inciso dalla sentenza della Corte costituzionale n. 204 del 2004, e l’art. 244, d.lgs. n. 163/2006, nel quale a sua volta era stato trasfuso l’art. 6, l. n. 205/2000).

Occorre anche tener conto delle modifiche delle norme sostanziali che hanno regolato l’attività e i doveri dei concessionari autostradali in generale (art. 5, l. n. 498/1992), e delle concessionarie autostradali per il traforo del Monte Bianco, in particolare ( l. n. 166/2007 di ratifica della nuova convenzione internazionale bilaterale italofrancese per il traforo del Monte Bianco, stipulata nel 2006).

10. Nel caso di specie le funzioni di stazione appaltante, per la gestione del traforo del Monte Bianco, competono al G. T., che in base al contratto costitutivo ha personalità giuridica, ma opera sotto il costante controllo delle due società concessionarie di cui è emanazione, e non ha un proprio patrimonio, ma riversa tutte le entrate alle due società.

11. Le due società sono a loro volta da qualificare come concessionarie autostradali, per la concessione e gestione di opera pubblica.

12. Si deve anzitutto escludere la fondatezza della tesi delle parti appellanti secondo cui la verifica della giurisdizione andrebbe effettuata non già ai sensi dell’art. 6, l. n. 205/2000 (in prosieguo trasfuso nell’art. 244, d.lgs. n. 163/2006, e in prosieguo ulteriore nel vigente art. 133 c.p.a.) ma ai sensi dell’art. 33, d.lgs. n. 80/1998 (disposizione anch’essa oggi trasfusa nell’art. 133 c.p.a.).

La suggestiva tesi muove dalla considerazione che ai sensi dell’art. 33, d.lgs. n. 80/1998 (ora art. 133, co. 1, lett. c), c.p.a.), spettano alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo "le controversie relative all’affidamento di un pubblico servizio", quale che sia il soggetto che affida il pubblico servizio, indipendentemente dalla sua natura pubblica o privata.

La tesi non può essere condivisa, perché l’intera previsione si riferisce ai "servizi pubblici" da intendersi come i servizi affidati in favore della collettività, in virtù di un rapporto concessorio a monte. In tale contesto, "l’affidamento di un pubblico servizio" si riferisce a qualsivoglia tipo contrattuale o procedura di affidamento con cui appunto viene attribuito ad un soggetto il compito di erogare un servizio pubblico in favore della collettività.

La previsione non si riferisce, pertanto, anche all’affidamento di appalti pubblici di servizi, nozione diversa dal pubblico servizio, perché con il primo una stazione appaltante pubblica (o ad essa equiparabile), procura un servizio a se stessa; il beneficiario dell’appalto di servizi è dunque la stazione appaltante, laddove nella concessione di servizi beneficiaria è la collettività degli utenti.

Che l’art. 133, co. 1, lett. c), c.p.a. non si riferisca all’affidamento di appalti pubblici di servizi, bensì all’affidamento di servizi pubblici, si desume dal confronto di tale previsione con quella recata dalla successiva lett. e), n. 1, del medesimo art. 133, co. 1, c.p.a. (in cui è stato trasfuso l’art. 244, d.lgs. n. 163/2006): in essa la giurisdizione del giudice amministrativo ha per oggetto le procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi, forniture, svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente, all’applicazione del diritto comunitario, nazionale o regionale, in materia di procedure di evidenza pubblica.

Pertanto, mentre in caso di affidamento di un servizio pubblico (recte, servizio al pubblico), la giurisdizione del giudice amministrativo si determina prescindendo dalla natura soggettiva del soggetto affidante e della sussistenza di un dovere di seguire procedure di evidenza pubblica, nel caso di affidamento di un appalto pubblico di servizi la giurisdizione si determina in applicazione dell’art. 133, co. 1, lett. e), n. 1), c.p.a.

Ora, nel caso di specie oggetto del contendere non è l’affidamento di un servizio pubblico (servizio al pubblico), bensì l’affidamento di un appalto pubblico di servizi (come si evince con chiarezza dal bando di gara), pertanto è indubbio che la verifica della giurisdizione va condotta in applicazione dell’art. 133, co. 1, lett. e), n. 1, c.p.a., e non in applicazione dell’art. 133, co. 1, lett. c), c.p.a.

13. Peraltro, la questione se G. T. sia o meno tenuto al rispetto di procedure di evidenza pubblica nell’affidamento degli appalti di lavori, servizi e forniture (con conseguente sussistenza o meno della giurisdizione del giudice amministrativo), non può essere posta avendo riguardo esclusivo alle caratteristiche del G., in quanto si tratta di un ente che è l’emanazione di due concessionari di opera pubblica.

14. Ora, è noto che l’ordinamento impone ai concessionari di opere pubbliche obblighi di diverso ambito, quanto all’affidamento a terzi di lavori, servizi e forniture, a seconda che il concessionario sia amministrazione aggiudicatrice (nel cui ambito rientra anche la categoria dell’organismo di diritto pubblico, sia ai sensi del vigente art. 3, co. 25 e 26, d.lgs. n. 163/2006, sia ai sensi della previgente disciplina) o non lo sia.

Infatti il concessionario, che sia amministrazione aggiudicatrice/organismo di diritto pubblico, è tenuto al rispetto delle procedure di evidenza pubblica per qualsivoglia appalto, invece il concessionario che non sia amministrazione aggiudicatrice è tenuto al rispetto delle procedure di evidenza pubblica solo per l’affidamento di appalti di lavori nei limiti della quota (40% o 30%) in cui è tenuto ad esternalizzare lavori, con affidamento a terzi (artt. 142, co. 4, 146, co. 1, lett. a), 149, co. 1, art. 253, co. 25, d.lgs. n. 163/2006); non è invece tenuto all’affidamento a terzi con procedure di evidenza pubblica per gli appalti di servizi e forniture (v. art. 11, co. 5, l. n. 498/1992, nel testo anteriore al d.l. n. 286/2006 e alla l. n. 296/2006, applicabile ratione temporis, nel testo introdotto dalle citate fonti, e nel testo attuale come novellato nel 2008).

Quanto in particolare ai concessionari di opere pubbliche che, come nella specie, sono divenuti tali in virtù di concessioni già assentite alla data del 30 giugno 2002, essi sono obbligati ad affidare a terzi una percentuale minima del 40 per cento dei lavori, agendo, esclusivamente per detta quota, a tutti gli effetti come amministrazioni aggiudicatrici (art. 253, co. 25, d.lgs. n. 163/2006).

Per quanto poi afferisce in modo specifico ai concessionari autostradali, è bene ricordare che per un breve arco temporale, dalla fine del 2006 agli inizi del 2009, era stato imposto ad essi di agire a tutti gli effetti come amministrazioni aggiudicatrici, anche se non fossero formalmente tali, per tutti gli appalti, oltre che di lavori, anche di servizi e forniture.

In tal senso disponeva l’art. 5, co. 11, lett. c), l. n. 498/1992, come novellato dall’art. 2, co. 85, d.l. n. 262/2006, nel testo introdotto dalla legge di conversione 24 novembre 2006 n. 286 e dalla l. n. 296/2006 e successivamente modificato dal co. 1030 dell’art. 1, l. 27 dicembre 2006 n. 296, che imponeva ai concessionari autostradali di "agire a tutti gli effetti come amministrazione aggiudicatrice negli affidamenti di forniture e servizi di importo superiore alla soglia di rilevanza comunitaria nonché di lavori, ancorché misti con forniture o servizi e in tale veste attuare gli affidamenti nel rispetto del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163".

Peraltro l’art. 11, co. 5, lett. c), l. n. 498/1992 è stato ulteriormente novellato nel 2009 (dall’art. 29, co. 1quinquies, d.l. 30 dicembre 2008 n. 207, aggiunto dalla legge di conversione 27 febbraio 2009 n. 14) e dispone ora che il concessionario che non è amministrazione aggiudicatrice è tenuto agli affidamenti a terzi di lavori nel rispetto delle disposizioni di cui agli artt. 142, co. 4, e 253, co. 25, del codice appalti: viene dunque ribadito il regime generale, che impone al concessionario che non è amministrazione aggiudicatrice di affidare a terzi con procedura di evidenza pubblica solo una percentuale dei lavori oggetto di concessione, e non anche i servizi e le forniture.

Sicché, sia all’epoca dei fatti di causa, sia attualmente, il concessionario autostradale che non è amministrazione aggiudicatrice non ha l’obbligo di seguire procedure di evidenza pubblica per l’affidamento a terzi di servizi e forniture.

15. Così delimitato l’ambito dell’obbligo del concessionario autostradale di seguire procedure di evidenza pubblica, in funzione della sua natura soggettiva, si deve ritenere che i concessionari autostradali, pur potendo, – o dovendo (come nel caso di specie, in virtù della convenzione italo – francese del 2006) -, creare organismi cui affidare una parte dei propri compiti, ciò non possa tradursi in un’elusione delle regole di evidenza pubblica cui sono tenuti negli affidamenti degli appalti.

Pertanto, qualunque organismo venga creato dal concessionario autostradale, esso sarà tenuto al rispetto degli obblighi di evidenza pubblica nella stessa misura in cui vi è tenuto il concessionario autostradale di cui è emanazione.

16. Ne consegue, nel caso di specie, che il G. T. va equiparato a tutti gli effetti ai concessionari autostradali di cui è emanazione.

Il problema si sposta allora a monte, e implica la verifica della natura giuridica delle due società concessionarie, onde acclarare se si tratti o meno di organismi di diritto pubblico.

17. Come è noto, l’organismo di diritto pubblico è connotato, sia in base alla normativa comunitaria e nazionale vigente all’epoca del bando di gara, sia in base a quella attualmente vigente, introdotta dal d.lgs. n. 163/2006 e dalle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE, da tre elementi:

a) la personalità giuridica;

b) l’elemento teleologico della costituzione per soddisfare specificatamente esigenze di carattere generale aventi carattere non industriale o commerciale;

c) alternativamente: (i) il finanziamento della sua attività in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico; (ii) ovvero la soggezione della sua gestione al controllo di detti soggetti; (iii) ovvero la designazione per più della metà dei membri dell’organo di amministrazione, direzione o vigilanza da parte dello Stato, degli enti pubblici territoriali o di altri organismi di diritto pubblico.

18. Per la società concessionaria francese A. non è discutibile la natura di organismo di diritto pubblico, avendo detta società personalità giuridica, partecipazione pubblica superiore all’80%, un consiglio di amministrazione in cui più della metà dei membri sono di nomina pubblica. Si deve inoltre ritenere sussistente l’elemento teleologico, essendo indubbio che la costituzione di una società per la costruzione e gestione del Traforo del Monte Bianco, traforo che assicura il traffico stradale transnazionale, sia avvenuta per soddisfare un bisogno di interesse generale, a carattere non commerciale o industriale.

Invero, i bisogni non aventi carattere commerciale o industriale sono quelli che sono soddisfatti in modo diverso dall’offerta di beni o servizi sul mercato, e sono quei bisogni che lo Stato preferisce soddisfare o direttamente, o attraverso altri soggetti nei confronti dei quali intende mantenere un’influenza dominante (C. giust. CE, sez. VI, 16 ottobre 2003, C283/2000).

L’assenza di un mercato di beni e servizi, in relazione a compiti di ordine pubblico assunti dallo Stato, fa escludere il carattere commerciale o industriale (C. giust. CE, sez. VI, 16 ottobre 2003, C283/2000).

Nella specie essendo il traforo del Monte Bianco un unicum è evidente come manchi un mercato per soddisfare l’interesse generale realizzato tramite la costruzione e gestione del traforo.

Né rileva l’esistenza di altri trafori (Frejus e Gran S. Bernardo, e viabilità minore, come dedotto da parte appellata), ove si consideri che:

– il traforo del G. S. Bernardo collega l’Italia alla Svizzera;

– il traforo del Frejus collega il Piemonte alla Francia;

– il traforo del Monte Bianco collega la Valle d’Aosta alla Francia.

Pertanto l’invocata esistenza degli altri due trafori non toglie che il Traforo del Monte Bianco operi in condizione se non di monopolio, di oligopolio, e perché comunque il numero limitato di strade implica che la viabilità pubblica non è un mercato concorrenziale.

Il che induce a escludere il carattere commerciale o industriale dell’interesse soddisfatto dalle società concessionarie mediante la gestione del traforo.

19. Quanto alla società concessionaria I., essa ha personalità giuridica e deve riconoscersi, alla luce delle considerazioni già fatte per la società francese, la finalizzazione ad un interesse generale non commerciale o industriale.

19.1. Quanto al terzo elemento connotante l’organismo di diritto pubblico, a seguito di ordinanza istruttoria è stato prodotto in giudizio lo statuto di S., da cui risulta che:

– il consiglio di amministrazione si compone di 21 membri di cui 10 nominati dai soci pubblici, undici nominati dall’assemblea dei soci;

– il presidente del consiglio di amministrazione è designato dal Ministero degli affari esteri ed è nominato con d.P.C.M.;

– il collegio sindacale si compone di 5 sindaci effettivi e di 2 supplenti, di cui tre sindaci effettivi e un supplente nominati dai soci pubblici.

Se ne desume che la maggioranza dei membri del collegio sindacale è di nomina pubblica.

Quanto al consiglio di amministrazione, se è vero che 10 membri sono di nomina pubblica e 11 sono nominati dall’assemblea dei soci, per cui difetta la maggioranza pubblica, è anche vero che il Presidente del consiglio di amministrazione è di nomina pubblica.

Anche in base ad altri elementi è da ritenere sussistente l’elemento della soggezione al controllo dello Stato: infatti la convenzione italofrancese del 2006, ratificata dall’Italia con l. n. 166/2007, da un lato prevede che lo statuto della società sia approvato dallo Stato italiano (art. 3 convenzione), e dall’altro lato prevede penetranti controlli da parte della Commissione intergovernativa e dell’organo tecnico che la supporta (artt. 7 e 8, convenzione italofrancese del 2006).

Anche la precedente convenzione italofrancese del 1953 prevedeva il controllo pubblico in quanto:

a) si prevedeva l’approvazione dello statuto delle società concessionarie da parte dei relativi Stati (punto 10 del processo verbale allegato alla convenzione);

b) si raccomanda che lo statuto della società I. sia simile a quello della società francese, per la quale si prevede una prevalenza di membri di nomina pubblica nel consiglio di amministrazione (punti 7) e 8) del citato verbale);

c) le caratteristiche delle società concessionarie sono state fissata dalla commissione intergovernativa;

d) è prevista una commissione di sorveglianza composta di membri nominati dallo Stato italiano e dallo Stato francese (art. 5 convenzione); e una commissione di controllo (art. 8 convenzione), nominata dagli Stati italiano e francese (quest’ultima commissione costituita con scambio di lettere diplomatiche in data1° marzo 10966, documento 10 della produzione documentale del 1° aprile 2011);

e) è previsto che la società costituita per la gestione del traforo (societé d’exploitation di cui all’art. 7 della convenzione) ogni anno invia al Governo italiano e a quello francese un rendiconto documentato della sua attività (art. 10 convenzione).

20. Va invece per chiarezza e completezza di indagine disatteso l’assunto di parte appellante che desume la natura di organismo di diritto pubblico di S. dalla premessa che Autostrade per l’Italia (ASPI) sarebbe a sua volta organismo di diritto pubblico.

Tale tesi si basa su una non corretta lettura dell’invocato precedente Cons. St., sez. IV, 13 febbraio 2008 n. 1094.

Invero in quella fattispecie si discuteva di un servizio di brokeraggio bandito nel 1998 da Autostrade s.p.a. e non da ASPI; ASPI era pertanto parte in causa perché medio tempore subentrata ad Autostrade s.p.a.

Nella invocata decisione la natura di organismo di diritto pubblico viene – correttamente – affermata non in relazione ad ASPI, ma in relazione ad Autostrade s.p.a., che era una società a totale partecipazione pubblica, costituita dall’IRI (art. 16, l. n. 729/1961), e privatizzata nel 19992000 (art. 10, co. 6, l. 24 dicembre 1993 n. 537), e che era la stazione appaltante in relazione al servizio di brokeraggio bandito nel 1998 (sulla natura di Autostrade s.p.a. v. in termini anche Cons. St., sez. IV, 30 marzo 2000 n. 1821; T.a.r. Lazio – Roma, sez. III, 9 marzo 2009 n. 2369).

La medio tempore intervenuta privatizzazione di Autostrade s.p.a. non rende più invocabile il citato precedente.

Nel presente giudizio è irrilevante indagare sulla natura giuridica attuale di ASPI, essendo il Collegio addivenuto per altra via alla qualificazione della società I. P. I. T. D. M. B., cui ASPI partecipa nella misura del 51%.

21. Non rileva neppure l’accertamento, chiesto da parte appellante, della qualità di società mista di S. ai sensi dell’art. 32, co. 1, lett. c), codice appalti, perché la qualificazione di società mista che non sia organismo di diritto pubblico rileva ai fini dell’affidamento di appalti che non abbiano a monte una concessione, ma non rileva ai fini dell’individuazione degli obblighi di evidenza pubblica dei concessionari di lavori pubblici, al qual fine rileva solo se il concessionario sia o meno amministrazione aggiudicatrice.

22. Dalla disamina compiuta si evince dunque che entrambe le società concessionarie sono organismi di diritto pubblico, e dunque rientrano nella nozione di amministrazioni aggiudicatrici, e come tali sono tenute al rispetto di procedure di evidenza pubblica per la totalità dei loro appalti a terzi, siano essi di lavori, servizi o forniture.

Solo per completezza il Collegio osserva che sarebbe comunque dirimente la sicura natura di organismo di diritto pubblico di A., la società francese, per trarne la conseguenza che il G. a valle, da essa costituito insieme alla società I., deve comportarsi come organismo di diritto pubblico.

Infatti la giurisprudenza comunitaria applica costantemente il canone semel organismo semper organismo, e ripudia la tesi dell’organismo di diritto pubblico in parte qua (C. giust. CE, sez. IV, 10 aprile 2008, in C393/06). Sicché, se A. è organismo di diritto pubblico, anche gli organi che ne sono emanazione devono seguire le relative regole, non potendo ammettersi che un organismo di diritto pubblico possa dismettere la sua veste semplicemente dando vita ad altre entità per perseguire la sua missione istituzionale.

23. Essendo il G. T. un’emanazione delle due società costituite per il traforo del Monte Bianco, una loro longa manus, ad esso si estendono gli obblighi di rispetto delle procedure di evidenza pubblica imposti alle società concessionarie.

Diversamente ragionando, si ammetterebbe per il concessionario di opera pubblica un comodo espediente per eludere gli obblighi di evidenza pubblica, mediante la creazione di nuovi soggetti cui affidare i propri compiti di gestore autostradale.

24. In aggiunta, il G. T. è suscettibile di autonoma qualificazione come organismo di diritto pubblico, considerata la sua personalità giuridica, il fine per cui è stato costituito secondo la convenzione italofrancese (creato ai fini esclusivi di: – gestire, mantenere, rinnovare e modernizzare il tunnel ed i suoi annessi; – gestire, mantenere e rinnovare gli impianti necessari alla gestione del traforo) e il suo integrale finanziamento e controllo da parte delle due società concessionarie che a loro volta sono organismi di diritto pubblico.

25. Né rileva, al fine della qualificazione di G. come organismo di diritto pubblico, la circostanza che l’art. 10, d.lgs. n. 241/1991 e l’art. 34, co. 1, lett. f), d.lgs. n. 163/2006, prevedano il G. tra i soggetti che concorrono alle gare di appalto. Infatti, secondo l’insegnamento della Corte di giustizia CE, un soggetto che sia amministrazione aggiudicatrice o organismo di diritto pubblico, può anche assumere la veste di concorrente a gare di appalto indette da altre amministrazioni aggiudicatrici (C. giust. CE, 23 dicembre 2009, in C305/08).

Dirimente è poi la considerazione che la veste giuridica del G. nulla dice sulla sua natura pubblica o privata. Sotto tale profilo la forma giuridica di G. è neutrale in ordine alla natura giuridica del soggetto.

Invero, il reg. CEE n. 2137/1985 ha previsto il G. come strumento giuridico per assicurare la cooperazione oltrefrontiera di persone fisiche, società, altri enti giuridici (considerando), e prevede espressamente che possano far parte del G. anche enti di diritto pubblico, oltre che soggetti privati (art. 4, co. 1, lett. a), reg. CEE).

Sicché il G. può essere un soggetto privato perché vi partecipano elusivamente soggetti privati, un soggetto pubblico perché vi partecipano esclusivamente soggetti pubblici, una forma di partenariato pubblicoprivato quando vi partecipano sia soggetti pubblici che soggetti privati.

26. Da quanto esposto, emerge che il G. – quale organismo di diritto pubblico – è tenuto al rispetto delle procedure di evidenza pubblica nell’affidamento degli appalti di lavori, servizi, e forniture, con la conseguenza che sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo sull’appalto di servizi per cui è processo.

27. Le due sentenze appellate, per l’effetto, vanno annullate con rinvio al Tar a quo (art. 105, co. 1, c.p.a.), il cui presidente fisserà l’udienza di trattazione del merito con priorità (art. 105, co. 3, c.p.a. e art. 8, co. 2, disp. att. c.p.a.).

28. La novità e complessità delle questioni giustifica l’integrale compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione sesta), definitivamente pronunciando sui due appelli in epigrafe, già riuniti, li accoglie e per l’effetto annulla le sentenze appellate con rinvio al Tar della Valle d’Aosta;

Compensa interamente tra le parti le spese e gli onorari di entrambi i gradi di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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