Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
1. Con sentenza del 4/06/2010, la Corte di appello di Messina – pur riducendo la pena – confermava la sentenza pronunciata in data 19/10/2007 con la quale il Tribunale di Barcellona P.G. aveva ritenuto C.S. e R.G., responsabili del delitto di rapina aggravata ai danni di O.S..
2. Avverso la suddetta sentenza, entrambi gli imputati, separatamente ed a mezzo dei rispettivi difensori, hanno proposto ricorso per cassazione.
2.1. C. ha dedotto illogicità della motivazione per avere la Corte territoriale ritenuto erroneamente inattendibili le dichiarazioni dei testi indotti dalla difesa che avevano confermato l’alibi del ricorrente, e per avere travisato ulteriori elementi di fatto quali la disponibilità dell’utenza telefonica n (OMISSIS).
La Corte, poi, in modo illogico, aveva ritenuto attendibili le dichiarazioni della parte offesa che aveva sostenuto che gli era stata somministrata una qualche sostanza che gli aveva fatto perdere la lucidità, senza che però fosse stata accertata di quale sostanza si trattasse. Tale affermazione era, però, in contrasto con la dichiarazione dell’impiegata della Banca la quale aveva riferito che l’ O. si era recato a ritirare la somma di Euro 6.000,00 sostenendo che doveva "concludere un affare" ma non che era in condizioni psichiche alterate. In realtà l’ O. aveva riferito di essere stato posto in stato di incoscienza sol perchè aveva vergogna a dichiarare di essere stato truffato.
2.2. R. ha dedotto i seguenti motivi:
2.2.1. violazione dell’art. 530 c.p.p. per avere la Corte territoriale ritenuto la responsabilità del ricorrente pur in assenza di un quadro probatorio inequivoco atteso che la parte offesa doveva ritenersi inattendibile.
2.2.2. Violazione dell’art. 628 c.p. per avere la Corte territoriale ritenuto che, nel fatto per cui è processo, fossero ravvisabili gli estremi del delitto di rapina facendo ricorso all’elemento della violenza che sarebbe consistito nella somministrazione di una qualche sostanza della quale però non vi era prova alcuna;
2.2.3. Violazione dell’art. 62 bis c.p. per non avere la Corte territoriale adeguatamente motivato in ordine alla mancata concessione delle attenuanti generiche, tale non potendosi considerare il mero richiamo ai precedenti penali.
Motivi della decisione
3. Entrambi i ricorrenti (con il motivo sub 1 dei rispettivi ricorsi), sostengono l’illogicità della sentenza nella parte in cui, confermando la sentenza di primo grado, li ha ritenuti responsabili del fatto.
A loro avviso, infatti, non vi sarebbero elementi sufficienti per ritenere la loro responsabilità avendo essi fornito degli alibi per il giorno in cui era avvenuto il fatto.
Sennonchè, va replicato che le censure riproposte con il presente ricorso, vanno ritenute null’altro che un modo surrettizio di introdurre, in questa sede di legittimità, una nuova valutazione di quegli elementi fattuali già ampiamente presi in esame dalla Corte di merito la quale, con motivazione logica, priva di aporie e del tutto coerente con gli indicati elementi probatori, ha puntualmente disatteso la tesi difensiva.
Pertanto, non essendo ravvisabili incongruità, carenze o contraddittorietà motivazionali, la censura, essendo incentrata tutta su una nuova rivalutazione di elementi fattuali e, quindi, di mero merito, va dichiarata inammissibile.
In altri termini, le censure devono ritenersi manifestamente infondate in quanto la ricostruzione effettuata dalla Corte e la decisione alla quale è pervenuta deve ritenersi compatibile con il senso comune e con "i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento": infatti, nel momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente migliore possibile ricostruzione dei fatti nè deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune Cass. n. 47891/2004 rv 230568; Cass. 1004/1999 rv 215745;
Cass. 2436/1993 rv 196955. Sul punto va, infatti ribadito che l’illogicità della motivazione, come vizio denunciatole, dev’essere percepibile ictu oculi", dovendo il sindacato di legittimità essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze: ex plurimis SS.UU. 24/1999. Deve, pertanto, concludersi che il fatto va ricostruito secondo quanto stabilito da entrambi i giudici di merito e cioè che gli imputati, inizialmente, convinsero la parte offesa a recarsi in banca a prelevare la somma di Euro 6.000,00 che sarebbe dovuta servire per la conclusione di un affare immobiliare e, poi, una volta "uscito dalla banca con la somma prelevata e sedutosi su una panchina con uno dei due (mentre l’altro andava a prendere la "documentazione" per concludere il prospettato affare), fu certamente "stordito" con "qualcosa" che non si sa cosa fosse, ma che certamente fu usata". Infatti, l’ O. "si addormentò o comunque perse per qualche minuto quella necessaria lucidità che permise ai due imputati di sottrargli il denaro ed allontanarsi indisturbati". In punto di diritto, va osservato che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, sono ravvisatali gli estremi del delitto di rapina qualora la violenza sia consista nel porre taluno in stato di incapacità di volere o di agire, incapacità che può essere procurata anche mediante l’uso di sostanze stupefacenti o con qualsiasi altro mezzo: Cass. 10075/1987 Rv. 176727.
Nel caso di specie, la Corte, con motivazione congrua ed adeguata rispetto agli evidenziati elementi fattuali (dichiarazione della parte offesa), ha ritenuto che "importa poco sapere cosa i due abbiano utilizzato (etere, sostanza stupefacente?), di sicuro conta solo l’effetto, che è quello che l’ O. ha ben descritto", ossia l’assopimento che permise ai due imputati di impossessarsi della somma di denaro: il che consente di disattendere anche la censura sub 2 dedotta dal R.. 4. Infine, quanto alla mancata concessione delle attenuanti generiche (motivo sub 3 del ricorso R.), la motivazione della Corte che le ha negate "non fosse altro per i pessimi ed anche specifici precedenti di entrambi gli imputati", non si presta alla generica censura dedotta dovendosi ritenere che il potere discrezionale concesso dalla legge al giudice sia stato correttamente esercitato ex combinato disposto degli artt. 62 bis e 133 c.p. e, quindi, incensurabile in questa sede.
5. In conclusione, l’impugnazione deve rigettarsi con conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
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