Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 19-05-2011) 24-06-2011, n. 25362 Correzione di errori materiali

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Questa Corte di cassazione, sezione seconda penale, emetteva in data 17.09.2010 la sentenza n.2891/10 con la quale, nell’ambito del procedimento penale a carico di:

R.S. così decideva: "Annulla la sentenza impugnata limitatamente all’omessa pronuncia sulla concessone delle attenuanti genetiche, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Caltanissetta. Dichiara inammissibile il ricorso nel resto e irrevocabile la sentenza impugnata sul punto relativo all’affermazione della responsabilità penale".

Non provvedeva in alcun modo in ordine alle spese sostenute nel grado dalle parti civili: A.G.A., B., C., F. e G., costituite a ministero dell’Avv. Michele Micalizzi che, presente in sede di discussione, depositava le sue conclusioni e la nota spese.

Con ricorso depositato in data 04.02.2011 nella cancelleria di questa Corte, l’avv. Michele Micalizzi ha proposto istanza perchè, a mente dell’art. 133 c.p.p., si ponga emenda all’errore materiale costituito dall’omessa statuizione sulle spese in favore della parte civile costituita.

Con provvedimento del Presidente della Sezione, si è fissata l’udienza odierna con la procedura della correzione dell’errore materiale.

RITENUTO IN DIRITTO:

La lettura della sentenza del 17.09.2010 rende manifesta l’omissione sulle spese, atteso che nella motivazione si specifica che le parti civili erano presenti all’udienza di discussione ed avevano depositato memorie e nota spese a mezzo del costituito difensore, circostanza per altro confermata dal certificato di cancelleria allegato.

Sulla possibilità di sanare l’omessa pronuncia sulle spese sostenute dalla parte civile con la procedura della correzione dell’errore materiale, ex art. 130 c.p.p., si è pronunciata la Giurisprudenza di legittimità che, nella sede più autorevole, ha stabilito il principio per il quale l’omissione di una statuizione obbligatoria di natura accessoria e a contenuto predeterminato non determina nullità e non attiene ad una componente essenziale dell’atto, conseguentemente può essere corretta ai sensi dell’art. 130 c.p.p..

In tale ipotesi rientra l’omissione della condanna dell’imputato alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile (che ne abbia fatto richiesta) nella quale sia incorso il giudice nell’emettere la sentenza di applicazione della pena concordata tra le parti, in quanto la statuizione omessa costituisce un’obbligatoria conseguenza della sentenza di carattere accessorio e giacchè ai fini dell’integrazione è necessaria un’operazione meramente tecnico esecutiva. (Cassazione penale, sez. un., 31/01/2008, n. 7945).

La decisione ha risolto solo in parte il contrasto giurisprudenziale che ha visto l’avvicendarsi di due orientamenti contrapposti riferibili all’utilizzo o meno dello strumento della correzione di cui all’art. 130 c.p.p., in rapporto alle predette lacune decisionali in quanto si è espressa solo riguardo all’esperibilità della procedura di correzione dell’errore materiale in caso di mancata pronuncia sulle spese relative alla parte civile, nella peculiare ipotesi di sentenza di applicazione di pena concordata ex art. 444 c.p..

Riguardo alla stessa questione, nelle ipotesi più in generale, il contrasto persiste, atteso che solo una parte dalla giurisprudenza si pronuncia in senso favorevole alla correggibilità dell’omissione relativa alla condanna alle spese sostenute dalla parte civile, in ragione dell’applicazione analogica dell’art. 535 c.p.p., comma 4, inerente alla rettifica della sentenza in caso di omessa condanna dell’imputato alle spese processuali in favore dell’Erario.

Sia in quest’ultimo caso che in quello esaminato con riferimento al giudizio ex art. 444 c.p.p., infatti, l’onere della rifusione delle spese risulta inessenziale rispetto al thema decidendum nonchè automaticamente "collegato alla soccombenza", posto che l’applicazione dell’art. 130 c.p.p., rimedia "all’omissione di una pronuncia necessariamente conseguente ad una situazione processuale ormai definita" (Cass. pen., Sez. 6^, 22 settembre 1998, n. 2644/99).

In tal senso, si sottolinea che la statuizione non lascia spazio a margini di discrezionalità nè rispetto all’an "nel senso che alla domanda sulle spese deve per legge darsi risposta, in un modo o nell’altro", nè rispetto al quantum, visto che "proprio la liquidazione della sanzione pecuniaria contiene (… ) in embrione il parametro d’importanza" delle questioni dedotte, rapportato al minimo e al massimo stabilito dalla legge per detta sanzione" (Cass. pen., Sez. 5^, 15 novembre 2007, n. 46349).

Va, invero, segnalato che altra parte della giurisprudenza di legittimità si è pronunciata sull’inapplicabilità dell’art. 130 c.p.p., rispetto all’omessa pronuncia sulle spese della parte civile.

Secondo un orientamento piuttosto risalente, infatti, la procedura di correzione, prevista in caso di omissione della condanna dell’imputato alle spese processuali, non può essere estesa all’omissione relativa alla condanna alle spese in favore della parte civile, non rispondendo quest’ultima al requisito della consequenzialità obbligatoria, proprio della prima (Cass. pen., Sez. 2^, 2 maggio 1961, Ardizzone). La condanna di cui all’art. 541 c.p.p., infatti, contrariamente al caso disciplinato dall’art. 535 c.p.p., comma 4, non sfugge del tutto a valutazioni di carattere discrezionale del giudice che, qualora ricorrano giusti motivi, può sempre disporre la compensazione delle spese e in ogni caso effettua una valutazione ai fini della liquidazione degli onorari (Cass. pen., Sez. 5^, 12 luglio 2001, n. 33215; Cass. pen., Sez. 6^, 28 novembre 2005, n. 3441).

Sulla stessa linea interpretativa, si esclude altresì che possa applicarsi la disciplina generale di cui all’art. 130 c.p.p., risultando il caso di specie del tutto estraneo alla nozione di errore materiale. L’omissione della condanna alla spese in favore della parte civile, infatti, "integra una vera e propria omissione di carattere concettuale e sostanziale, che non può essere ovviata con un provvedimento di correzione" (Cass. pen., Sez. 1^, 17 maggio 1993, n. 2094).

Ciò premesso, le Sezioni Unite, con la pronuncia richiamata e procedendo ad una ricostruzione della nozione di errore materiale, hanno ricondotto la problematica in esame nell’alveo della disciplina generale di cui all’art. 130 c.p.p.. La Suprema Corte, in accordo con quanto già affermato in una precedente sentenza (Sez. Un. pen., 18 maggio 1994, n. 8, Armati), rileva innanzitutto che vi è errore materiale, passibile di correzione ex art. 130 c.p.p., solo qualora esso non determini nullità dell’atto e la sua rimozione non si traduca in una modificazione essenziale dello stesso.

Per procedere alla correzione, dunque, l’unica verifica da compiere è quella relativa all’insussistenza delle condizioni preclusive previste dall’art. 130 c.p.p.. In linea generale, pertanto, "presupposto sostanziale per la implicita valutazione normativa di non essenzialità della componente dell’atto omessa e di esclusione del carattere invalidante dell’omissione" deve essere "la realizzabilità dell’integrazione dell’atto mediante operazioni meccaniche di carattere obbligatorio e consequenziale" nonchè la natura accessoria della pronuncia omessa o scorretta rispetto al thema decidendum della causa.

Quanto all’omessa pronuncia sulla rifusione delle spese a favore della parte civile nel caso di applicazione della pena su richiesta delle parti, la Suprema Corte ribadisce che l’art. 444 c.p.p., comma 2, impone al giudice di condannare l’imputato alle spese sostenute dalla parte civile che ne abbia fatto richiesta, indipendentemente dalla decisione nel merito sulla domanda risarcitoria o restitutoria.

Ciò premesso, la Suprema Corte formula il seguente principio di diritto: "In tutti i casi in cui non emergano specifiche circostanze idonee a giustificare l’esercizio della facoltà di compensazione (totale o parziale) delle spese, la omissione della condanna dell’imputato alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile (che ne abbia fatto richiesta) nella quale sia incorso il giudice nell’emettere la sentenza di applicazione della pena concordata tra le parti, visto il carattere accessorio della statuizione omessa, la sua previsione normativa come conseguenza obbligatoria della sentenza e l’operazione meramente tecnico esecutiva necessaria al giudice per l’integrazione" può essere integrata tramite la procedura di cui all’art. 130 c.p.p. (Cass. Pen. SS UU 31.01.2008 n. 7945).

I principi sin qui riportati hanno indotto la Giurisprudenza prevalente, cui aderisce il Collegio, a ritenere conclusivamente ed in via generale, che la procedura di correzione degli errori materiali è applicabile, in cassazione, allorchè la Corte abbia dichiarato l’inammissibilità od il rigetto del ricorso omettendo la statuizione sulle spese giudiziali sostenute dalla parte civile in sede di legittimità, considerato che detta omissione si concreta in un nocumento ingiusto e non altrimenti emendabile per le parti e che la relativa statuizione riveste natura accessoria ed anche consequenziale, nel senso che essa consegue dalle statuizioni principali adottate, in termini agevolmente determinabili sulla base delle stesse (così: Cass. Pen. Sez. 5^, 15 novembre 2007, n.46349, Maiolo, in C.E.D. n. 238885; nonchè Cass. Pen. Sez. 6^, 16.04.2008 n. 18756).

Al contrario, il rimedio della procedura per correzione dell’errore materiale non è esperibile nel caso in cui la Corte di Cassazione decide per l’annullamento con rinvio, in quanto ove abbia omesso la decisione sulla richiesta in ordine alla spese della parte civile, non vi è nocumento per la medesima parte che può ottenere nella sede del rinvio la pronuncia del ristoro delle spese processuali sostenute, atteso che il procedimento non si conclude definitivamente nella fase di legittimità ma ritorna in quella del merito.

Tale soluzione risulta conforme anche al principio per il quale la possibilità di correggere la sentenza con la procedura dell’art. 130 c.p.p., permette di "non spendete inutilmente une maggiora attività processuale", nel rispetto del generale principio di economia che guida l’attività del giudice, condizione che ricorre solo nel caso della definizione del giudizio con la pronuncia di inammissibilità o rigetto e non anche nell’opposta soluzione dell’annullamento con rinvio ove, al contrario, l’ulteriore attività processuale risulta necessaria. (Cass. pen., Sez. 5^, 10 maggio 1993, n. 6524).

Nel caso esaminato nel presente ricorso, si deve rilevare che la decisione della Corte di Cassazione n. 289/10 del 17.09.2010 non ha rigettato o dichiarato inammissibile il ricorso e non ha posto cosi la parte civile nell’impossibilità di conseguire nella sede penale il ristoro delle spese ma, avendo ritenuto ammissibile il ricorso, ha deciso per l’annullamento con rinvio; ne deriva che la procedura di correzione di errore materiale risate non è esperibile in questa sede per difetto della sua necessarietà, atteso che le conseguenze dell’omessa pronuncia sulle spese sostenute nel giudizio di legittimità dalla parte civile costituita risulta emendabile nel giudizio di rinvio, ove il Giudice del merito potrà deliberare sulle spese giudiziali della parte civile anche relative al giudizio di cassazione ove sono state ritualmente e tempestivamente chieste.

E’ noto, infatti, che la corte d’appello definendo il giudizio con condanna dell’imputato, può anche condannarlo a rifondere alla parte civile le spese sostenute per tutti i gradi e fasi del giudizio, in applicazione del principio per il quale l’esercizio dell’azione civile nel processo penale realizza un rapporto processuale avente per oggetto una domanda privatistica (alla restituzione o al risarcimento del danno), con la conseguenza che il regime delle spese va regolato secondo il criterio della soccombenza, di cui all’art. 91 c.p.c., in base al quale l’onere delle spese va valutato, nell’ipotesi di alterne vicende nei diversi gradi del giudizio, con riferimento all’esito finale, a nulla rilevando che una parte, risultata infine soccombente, sia stata vittoriosa in qualche fase o grado. (Cassazione penale, sez. 4^, 15/10/1999, n. 4497).

Consegue la pronuncia di non luogo a provvedere sull’istanza di correzione dell’errore materiale il che, non consistendo in un rigetto dell’istanza, non comporta la condanna alle spese della presente fase.

P.Q.M.

Non luogo a provvedere sull’istanza di correzione dell’errore materiale.

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