Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 30-06-2011, n. 469 Controversie in materia elettorale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) I signori Nu.Gr. e Er.Di.Fr., nella qualità di candidati non eletti alla carica di consiglieri comunali della lista n. 5 "Al.Ca. sindaco", nonché nella qualità di cittadini elettori del Comune di Bronte, impugnavano davanti al T.A.R. della Sicilia, Sezione staccata di Catania i verbali delle operazioni elettorali che avevano determinato l’elezione al primo turno del sindaco nella persona del candidato Gi.Fi., con voti 6.740, mentre al secondo posto si collocava il candidato sindaco Al.Ca. con voti 3.986.

I ricorrenti premettevano che, qualora le operazioni elettorali si fossero svolte nel senso da essi auspicato, il candidato sindaco Gi.Fi. non sarebbe stato eletto al primo turno, ma si sarebbe dovuto procedere al ballottaggio tra i due candidati alla carica di sindaco più votati, ossia Fi. e Ca.

Ciò posto, i ricorrenti, con i primi quattro motivi di censura, sostenevano che: a) – sarebbero stati attribuiti al candidato sindaco proclamato eletto n. 853 voti che invece avrebbero dovuto essere attribuiti al candidato sindaco Ca.;

b) sarebbero stati attribuiti al candidato sindaco proclamato eletto n. 485 voti che invece avrebbero dovuto essere annullati;

c) – sarebbero stati annullati 516 voti che invece avrebbero dovuto essere attribuiti al candidato sindaco Ca..

A sostegno delle censure erano specificate le singole sezioni interessate con indicazione del numero di schede in ciascuna di esse, nonché le modalità di espressione del voto e il motivo per il quale la Commissione elettorale competente avrebbe, di volta in volta, attribuito il voto di preferenza al candidato sindaco Fi., invece che al candidato sindaco Ca., avrebbe omesso di annullare voti attribuiti al candidato sindaco Fi. e avrebbe invece annullato voti espressi a favore del candidato sindaco Ca.

In complesso, le anomalie riscontrate si riferivano a tutte le sezioni e riguardavano sia voti che sarebbero stati illegittimamente attribuiti al candidato Fi., sia schede afferenti a voti ritenuti validi, illegittimamente attribuiti al candidato sindaco Fi., sia schede illegittimamente annullate a tutto svantaggio del candidato sindaco Ca., al quale, invece, avrebbero dovuto essere attribuite.

Con un quinto e ultimo motivo, i ricorrenti denunciavano altre irregolarità consistenti:

a) – nell’ammissione nelle liste elettorali aggiuntive di cittadini dell’Unione europea residenti nel Comune di Bronte, che avevano presentato la domanda oltre il termine di cinque giorni successivo all’affissione del manifesto di convocazione dei comizi elettorali, in violazione delle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 197/1996;

b) – nell’avere consentito l’accesso al voto a un elettore munito di telefono cellulare dotato di fotocamera, in violazione del D.L. n. 49/2008, convertito in L. n. 96/98;

c) – nell’aver consentito l’uso della matita ordinaria in luogo di quella copiativa nella sezione n. 13.

Si costituivano in giudizio il Comune di Bronte, l’Ufficio centrale elettorale, e i contronteressati Fi., Sa., Ca., Sc. e Ca.An.

2) Il giudice adito, previa estromissione dal giudizio dell’Ufficio centrale elettorale, siccome non avente la qualità di parte nel giudizio elettorale, accoglieva l’eccezione d’inammissibilità del ricorso introduttivo, sollevata dalle parti resistenti sotto il profilo della sostanziale genericità delle censure dedotte.

Il T.A.R. rilevava, conformemente a consolidati principi giurisprudenziali, che, sebbene in materia elettorale la prova che il ricorrente deve dare in ordine ai fatti posti a base delle asserite illegittimità che sarebbero state commesse in sede di scrutinio dei voti, risulta più attenuata (in quanto, ove fosse richiesta la prova piena sarebbe frustrata la stessa tutela giurisdizionale), tuttavia è necessario che il ricorrente dia un principio di prova circa i fatti dedotti posti a base del ricorso, facendo riferimento a circostanze oggettivamente desumibili dagli atti del procedimento elettorale, quali la sussistenza di contestazioni o dichiarazioni dei rappresentanti di lista contenute nei verbali delle singole sezioni in cui le dedotte irregolarità si sarebbero realizzate, ovvero anche solamente attraverso una precisa descrizione delle schede contestate, oltre che dei vizi lamentati, del numero delle schede e delle sezioni interessate. Soggiungeva che, benché il principio della specificità dei motivi subisca un temperamento nel giudizio elettorale, il ricorso non può essere proposto allo scopo di riaprire le operazioni di scrutinio, indicando vizi pur astrattamente plausibili, ma di cui non sia fornito un concreto principio di prova.

Orbene, con riferimento al caso di specie, il T.A.R. osservava:

A) – il primo motivo di ricorso (voti attribuiti al candidato sindaco Fi. che avrebbero dovuto essere attribuiti al candidato sindaco Ca.) s’incentra su varie tipologie di voto caratterizzate dal fatto che le schede contestate presenterebbero una o due liste segnate e conterrebbero – testualmente – "il nome e il cognome ovvero solo il cognome di un candidato" di una di dette liste (non altrimenti specificato) tale da evidenziare la corretta volontà dell’elettore; ma di tale candidato non viene fornita alcuna indicazione e ciò impedisce di potere disporre in sede istruttoria, la ricerca e il prelievo delle relative schede (a meno di non dovere sostanzialmente ripetere lo spoglio di tutte le schede elettorali attribuite a Fi. nelle sezioni indicate);

B) – Nel secondo motivo (voti attribuiti al candidato sindaco eletto Fi. che avrebbero dovuto essere annullati) l’unica censura ammissibile è quella sub 2), lett. B), che riguarda n. 55 schede in cui vi sarebbe il nome e cognome o il solo cognome del candidato Fi. ripetuto di pugno a matita dall’elettore. Per il resto, le censure s’incentrano su schede in cui vi sarebbe l’indicazione del nome di candidati consiglieri di cui non si dà alcuna generalità al fine di consentire al Tribunale il giusto impulso istruttorio (salvo – anche in questo caso – a dovere ripetere lo spoglio di tutte le schede elettorali attribuite al Fi. nelle sezioni indicate).

C) – Nel terzo motivo di ricorso (voti illegittimamente non attribuiti al candidato sindaco Ca.) si denunciano n. 62 schede il cui voto – stando a "informazioni assunte dai rappresentanti di lista presenti al momento dello scrutino" – sarebbe stato ritenuto valido "come preferenza alla carica di consigliere comunale e non già come preferenza alla carica di sindaco.

Le schede sono descritte dai ricorrenti come prive di alcun crocesegno sulla lista e – testualmente – "con il nome e il cognome, ovvero il solo cognome del candidato alla carica di consigliere comunale Al.Ca. sulla riga corrispondente alla lista "Al.Ca. Sindaco". Orbene, nonostante tale precisa descrizione, il motivo deve essere dichiarato inammissibile, oltre che infondato, in quanto si omette di precisare e considerare che nella lista n. 3 "Casini Unione di Centro" (collegata allo schieramento opposto e al candidato sindaco Fi.) era presente un candidato consigliere omonimo del candidato sindaco Al.Ca., sicché la volontà dell’elettore appare oggettivamente incerta.

D) Anche il quarto motivo di ricorso (voti illegittimamente annullati al candidato sindaco non eletto Al.Ca.) è infondato laddove si continua a non considerare (e anzi si continua a tacere) la omonimia esistente tra il candidato consigliere comunale Al.Ca. della lista n. 3 "Casini Unione di Centro" e il candidato sindaco Al.Ca. facente parte dello schieramento politico opposto.

In sostanza, nei quattro motivi di ricorso di cui sopra le varie censure appaiono dedotte in astratto, in relazione al solo parametro normativo di riferimento, il che determina per un verso la materiale impossibilità di una ricerca mirata – in sede di verificazione – delle singole schede denunciate; per altro verso, la sostanziale – ma inammissibile – richiesta di ripetizione delle operazioni di scrutinio su tutte e venti le sezioni elettorali del Comune di Bronte, il tutto senza che risulti dai verbali alcuna contestazione od obiezione da parte dei componenti del seggio e dei rappresentanti di lista.

Quanto alle censure contenute nel quinto motivo, le stesse risultavano inammissibili per genericità.

Relativamente alla questione relativa all’ammissione di "numerose domande" di iscrizione provenienti da cittadini europei residenti nel comune di Bronte, siccome proposte oltre il termine di 5 giorni stabilito dall’art. 3 del D.Lgs. n. 197/1996, i ricorrenti non indicano né i nominativi corrispondenti, né il numero di esse e quindi la possibile incidenza del vizio lamentato (ai fini della verifica dell’interesse) e sulle operazioni di voto così come consacrate nell’atto di proclamazione degli eletti.

Quanto, poi, all’accesso al voto di un elettore munito di telefonino cellulare, non è fornita alcuna prova in tal senso se non l’indicazione di un articolo di stampa. In ogni caso nulla si deduce in ordine all’incidenza che la censura avrebbe nell’economia complessiva del risultato elettorale.

Quanto, infine all’uso nella sezione 13 di matita ordinaria, in luogo di quella copiativa, si tratta di mera illazione priva di riscontri nei relativi verbali e comunque priva di alcun concreto principio di prova.

3) I summenzionati ricorrenti hanno proposto appello.

A loro avviso, il giudice di prime cure ha errato nel ritenere che i motivi dedotti siano in massima parte generici, posto che il ricorso contiene i requisiti di specificità richiesti dalla giurisprudenza amministrativa.

Inoltre, l’avere indicato analiticamente nel corpo del ricorso i vizi denunciati, il numero delle schede contestate e le sezioni alle quali detti vizi si riferiscono assolve pienamente quel principio di prova (attenuato) richiesto nei giudizi elettorali.

Gli appellanti hanno, quindi, riproposto le censure formulate nell’atto introduttivo del giudizio e hanno chiesto la verificazione di tutte le schede valide e nulle in tutte le sezioni elettorali dalla n. 1 alla n. 20, nonché i verbali delle operazioni elettorali e delle tabelle di scrutinio di ciascuna sezione.

Si sono costituiti in giudizio l’Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, il Comune di Bronte e le altre parti costituitesi nel giudizio di primo grado.

La difesa erariale ha ribadito il difetto di legittimazione passiva dell’Ufficio centrale elettorale del Comune di Bronte.

Il Comune di Bronte e le altre parti appellate hanno eccepito che l’appello è inammissibile e, comunque, infondato (queste ultime hanno proposto appello incidentale).

4) Conformemente a quanto statuito dal giudice di primo grado, si dà atto che l’Ufficio elettorale centrale per le elezioni comunali di Bronte è estraneo alla controversia in esame.

Secondo l’orientamento consolidato della giurisprudenza amministrativa, nel giudizio promosso avverso l’atto di proclamazione degli eletti nelle consultazioni amministrative (Regione, Provincia, Comune) parti necessarie del giudizio sono, oltre ai candidati eletti che subirebbero pregiudizi a seguito dell’accoglimento del ricorso (controinteressati in senso stretto), le Amministrazioni che si appropriano dei risultati della consultazione elettorale.

Salvo il caso in cui la proclamazione degli eletti sia impugnata per vizi propri degli atti preparatori, non sono, quindi, parti necessari né l’Amministrazione regionale, né gli Uffici elettorali.

5) Sempre in limine litis, va esaminata l’eccezione, sollevata dagli appellati, di inammissibilità dell’appello per genericità, essendosi gli appellanti limitati a riproporre le censure dedotte in primo grado.

Il Collegio è dell’avviso che si possa prescindere dall’esame di tale eccezione, stante l’infondatezza dell’appello.

Per costante giurisprudenza (cfr., di recente, C.d.S., Sez. V, 25 maggio 2010, n. 3305), nel processo in materia elettorale al giudice amministrativo è consentito esercitare i suoi poteri istruttori – in tal modo riesaminando l’attività amministrativa svoltasi durante la consultazione – solo quando ciò occorra per verificare la sussistenza dei vizi denunciati dal ricorrente con sufficiente grado di precisione e ragionevole presunzione di attendibilità, mentre non può trovare ingresso la prospettazione di vizi generici o ipotetici, né la formulazione di censure fondate esclusivamente su di una soggettiva valutazione di scarsa verosimiglianza dell’accaduto.

L’onere d’indicazione delle irregolarità procedimentali lamentate può ritenersi assolto solo se i vizi siano enunciati con un’analiticità sufficiente a delimitare sia la doglianza dedotta, sia la sua incidenza, ai fini dell’accertamento dell’interesse a ricorrere, sul risultato elettorale conclusivo, onde evitare ogni uso strumentale del giudizio, conseguentemente rivelandosi inammissibile un ricorso generico per l’indeterminatezza delle censure che non superi la c.d. prova di resistenza, in presenza di elementi oggettivi che impediscano d’intravedere un concreto vantaggio giuridico per il ricorrente.

Alle suesposte considerazioni deve aggiungersi che la giurisprudenza ha ripetutamente affermato che la prospettazione di vizi generici, in non meglio definite sezioni e con riguardo a un incerto numero di schede o voti (nella specie si chiede addirittura una verifica istruttoria presso tutte le sezioni elettorali), rende inammissibile il ricorso, non potendosi ammettere che il ricorso elettorale si trasformi, per effetto della sua genericità, in uno strumento per provocare un vasto e generale riesame delle schede, condotto in sede giurisdizionale (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. V, 19 febbraio 2004, n. 670).

6) In conclusione, per le suesposte considerazioni, assorbito ogni motivo o eccezione non espressamente trattati, siccome irrilevanti ai fini della decisione, l’appello deve essere respinto, mentre vanno dichiarati improcedibili i due appelli incidentali.

Le spese e gli altri oneri del giudizio vanno compensati nei confronti dell’Ufficio centrale elettorale di Bronte, mentre vanno poste a carico della parte appellante nella misura che è indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana, in sede giurisdizionale, respinge l’appello indicato in epigrafe.

Condanna gli appellanti al pagamento delle spese e degli onorari di giudizio nella misura complessiva di Euro ottomila, da corrispondersi come segue: Euro 2.000,00 al Comune di Bronte; Euro 2.000,00 al controinteressato Fi.Gi.; Euro 4.000 agli altri controinteressati costituiti in giudizio; compensa le spese e gli altri oneri del giudizio nei confronti dell’Ufficio centrale elettorale di Bronte.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *