Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 29-04-2011) 24-06-2011, n. 25477

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Propone ricorso per cassazione S.S. avverso la sentenza del Tribunale di Bologna – sez. dist. di Imola – in data 9 giugno 2010 con la quale è stata confermata quella di primo grado, di condanna per il reato di lesioni personali volontarie lievi, fatto commesso il (OMISSIS).

Durante una competizione ciclistica era accaduto che la persona offesa D.L.L., era stato colpito al ginocchio da altro partecipante alla medesima gara; egli era caduto a terra procurandosi lesioni giudicate guaribili in 7 giorni.

Deduce:

1) La erronea applicazione della legge penale e la violazione dell’art. 111 Cost..

Il giudice di primo grado aveva omesso di accogliere, come invece avrebbe dovuto, le istanze di rinvio delle udienze del 19 febbraio e del 14 maggio 2009, istanze formulate in ragione degli impedimenti fisici che avevano colpito, in un caso, l’imputato e, nell’altro, caso il difensore.

Quest’ultimo, in particolare, era stato affetto da iperpiressia e, in assenza di un sostituto, aveva comunicato l’impedimento nei tempi consentiti dalla malattia.

Con riferimento all’impedimento dell’imputato, poi, era stato inviato un fax che il giudice aveva irritualmente ritenuto strumento non idoneo a comunicare con l’Ufficio procedente.

Sosteneva infine il difensore che il certificato, di cui il giudice aveva constatato la genericità, recava la sola formula che il medico è autorizzato, dalle leggi sulla privacy, a utilizzare;

2) il vizio di motivazione.

La sentenza era stata basata solo sulle dichiarazioni della persona offesa, da reputarsi interessate al risarcimento come era dimostrato dal fatto che, in ordine alla zuffa che era seguita all’episodio in questione, l’imputato, che pure avrebbe potuto a sua volta querelarsi, aveva invece creduto alla volontà della controparte di raggiungere un componimento bonario, venendo poi sorpreso dalla presentazione della querela, da parte di costei, l’ultimo giorno utile.

Nella situazione descritta si sarebbe dovuti giungere quantomeno alla assoluzione ai sensi del capoverso dell’art. 530 c.p.p. o applicare la scriminante della attività sportiva;

3) la prescrizione del reato.

In data 13 aprile 2011 è pervenuta una memoria della parte civile finalizzata a richiedere la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

Il primo motivo di ricorso non può essere accolto atteso che la decisione del giudice di merito è in linea con la giurisprudenza assolutamente maggioritaria di questa Corte, che è anche quella che si condivide.

In tema di invio a mezzo fax della documentazione riguardante il dedotto impedimento a comparire vai la pena ricordare che vi è un consolidato orientamento interpretativo di legittimità che nega validità alla istanza di rinvio così trasmessa, osservandosi che l’art. 121 cod. proc. pen. prescrive che le memorie e le richieste siano presentate al giudice per iscritto mediante deposito in cancelleria, mentre il telefax, non assicurando la certezza della provenienza del documento, non può essere utilizzato per chiedere il rinvio dell’udienza, nè obbliga il giudice a prendere in esame l’istanza; d’altro canto, l’art. 150 cod. proc. pen., che contempla l’uso di forme particolari di notificazione, quali appunto, il telefax, indica nei funzionari di cancelleria gli unici soggetti abilitati ad avvalersene (Rv. 245397; massime precedenti conformi: N. 12623 del 1999 Rv. 214412, N. 3313 del 2000 Rv. 215579, N. 38968 del 2005; Rv. 227806; Rv. 232555, N. 6696 del 2006 Rv. 233999). Si tratta dell’orientamento più aderente alla lettera della legge e quello, pertanto, al quale, come detto, si aderisce, pur in presenza di talune decisioni della Corte di segno contrario (vedi Rv. 207030; Rv.

246338; Rv. 241167; Rv. 229718, Rv. 244888). Il fatto è che la adesione del ricorrente all’opposto orientamento giurisprudenziale è destinata in partenza ad essere comunque priva di incidenza nel caso di specie, risolto dal giudice del merito sulla base di rilevazioni in punto di fatto che impedirebbero comunque la operatività della giurisprudenza evocata dal difensore. Invero il Tribunale ha posto in risalto che la certificazione medica prodotta a corredo della istanza di rinvio per impedimento fisico dell’imputato era generica. Si era trattato di una mera denuncia di malattia, utile a fini lavorativi ma non anche a fini processuali impedendo la stessa, proprio per la vaghezza della indicazione di carattere medico, l’apprezzamento da parte del giudice sulla natura e gravità dell’impedimento. Invero l’art. 420 ter c.p.p. prevede il diritto della parte al rinvio quando il suo impedimento a comparire sia assoluto e dovuto ad un impedimento legittimo.

L’imputato che intenda far valere tale diritto deve dunque munirsi di un supporto documentale utile al fine, tale non essendo qualsiasi tipo di attestato medico privo dei requisiti che facciano "risultare" lo stato di impedimento di cui all’art. 420 ter c.p.p..

In tal senso, del resto, la giurisprudenza di questa Corte si è già espressa affermando che, essendo rimessa al giudice la valutazione non solo della gravità e del carattere assoluto dello stesso, ma anche della sua attualità, è legittimo il diniego del rinvio chiesto sulla base di un certificato medico nel quale non sia stata indicata la prevedibile durata della malattia. La Corte, nella medesima sentenza, ha anche osservato che l’onere di provare l’impedimento grava interamente sull’imputato e che questi non può invocare la normativa sulla "privacy" che prevede la redazione del certificato medico senza indicazione della patologia e dei tempi di degenza connessi, posto che tale normativa è a tutela della riservatezza del privato e non può pertanto essere invocata da chi abbia interesse a provare la natura della malattia atta ad integrare il legittimo impedimento(Rv. 233079; conforme Rv. 229736). Per quanto concerne poi l’impedimento dedotto dal difensore, è stata posta in risalto la tardività della istanza, pervenuta mezz’ora prima della udienza, laddove l’art. 420 ter c.p.p., comma 5 richiede che la istanza del difensore sia prontamente comunicata.

Infondato è anche il secondo motivo di ricorso.

Il Tribunale si è basato, per la condanna, sulle dichiarazioni chiare della persona offesa, ritenute attendibili anche sulla base della prova logica, atteso che dopo il contatto fisico tra i due partecipanti alla gara si era verificato un alterco che aveva coinvolto più persone e che dava conto di un clima assolutamente diverso da quello proprio di un semplice incidente dovuto a colpa.

La giurisprudenza di questa Corte sottolinea la correttezza di una pronuncia di responsabilità penale basata sulle dichiarazioni della persona offesa, che è teste, esposto al reato di falsa testimonianza in caso di mendacio.

Il ricorrente d’altra parte, articola censure del tutto generiche in ordine alla presunta inattendibilità o insufficienza delle dichiarazioni del D.L., senza nemmeno allegare di avere sottoposto al giudice dell’appello specifiche circostanze di fatto a sostegno del proprio assunto, tali da meritare un apposita motivazione ad opera del giudice del gravame.

Non risulta in conclusione fondata su elementi specifici la richiesta di assoluzione per incompletezza del materiale probatorio così come quella di riconoscimento della scriminante dell’esercizio di attività sportiva.

Perchè operi tale causa di giustificazione occorre che l’autore dell’evento lesivo sia stato rispettoso delle regole del gioco, del dovere di lealtà nei confronti dell’avversario e dell’integrità fisica di costui: in tale caso egli non è perseguibile penalmente in quanto non può dirsi superata la soglia di "rischio consentito".

Diversamente, allorchè il fatto lesivo si verifichi perchè il giocatore violi volontariamente le regole del gioco disattendendo i doveri di lealtà verso l’avversario, il fatto non potrà rientrare nella causa di giustificazione ma sarà penalmente perseguibile (Rv.

216436).

E nella specie non emerge dalla sentenza nè viene argomentatamente dedotto nel ricorso che l’evento denunciato non superò la soglia del detto rischio consentito.

Infondato è anche l’ultimo motivo di ricorso posto che il reato, commesso nel (OMISSIS), si prescrive nel dicembre 2011.

Il principio della soccombenza comporta la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonchè alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile liquidate in Euro 1209 di cui 1200 per onorari oltre accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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