Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
La Immitalia s.r.l. propose istanza di ricusazione nei confronti dell’arbitro nominato dalla immobiliare Ariete s.r.l. – l’avv. R. P., che era stato difensore di quella società – in una lite relativa a un contratto di compravendita immobiliare contenente clausola compromissoria.
Essendo sopraggiunte la rinunzia e la sostituzione dell’arbitro nominato, il Presidente del Tribunale di Vicenza dichiarò cessata la materia del contendere. Condannò, tuttavia, l’istante alle spese processuali in base al criterio della soccombenza virtuale, ritenendo fondata l’eccezione avversaria di tardività dell’istanza, dato che il ricorso per ricusazione era stato depositato il 21 settembre 2007:
era stato dunque violato il termine perentorio, previsto dall’art. 815 c.p.c., comma 2, di dieci giorni dalla nomina dell’arbitro, avvenuta il 4 settembre dello stesso anno.
La Immitalia ha quindi proposto ricorso per cassazione, con un solo motivo, chiedendo che sia invece l’Immobiliare Ariete ad essere condannata alle spese in suo favore. Le parti intimate – Immobiliare Ariete e avv. R. – non hanno resistito.
Motivi della decisione
1. – Il ricorso è inammissibile per la parte in cui è rivolto ed è notificato anche all’avv. R., il quale è privo di legittimazione passiva perchè non è beneficiario della contestata condanna alle spese processuali, nè è indicato dalla ricorrente come destinatario della condanna dalla stessa invocata solo nei confronti della Immobiliare Ariete.
In quanto rivolto, invece, nei confronti di quest’ultima, il ricorso è ammissibile.
In disparte la soluzione da dare alla questione dell’ammissibilità (normalmente negata: cfr., da ult., Cass. 2774/2007) del ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., avverso la decisione del presidente del tribunale sull’istanza di ricusazione dell’arbitro, va infatti sottolineato che qui si discute esclusivamente delle spese processuali. Ed è certo che, se la questione delle spese processuali viene in considerazione in via autonoma – a prescindere, cioè, dalla statuizione sulla questione principale, le cui sorti dunque non rilevano – non vi è ragione di negare l’impugnabilità della decisione sulle spese. La condanna alle spese, infatti, incide sul corrispondente diritto patrimoniale con l’efficacia propria del giudicato, sicchè, ove sia assunta in forma diversa dalla sentenza e non sia previsto altro mezzo d’impugnazione, deve riconoscersi l’impugnabilità della stessa mediante ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost..
Questo è quanto si verifica, appunto, nel caso che ci occupa, in cui la statuizione principale – quella, cioè, di cessazione della materia del contendere sull’istanza di ricusazione – non viene censurata dalla ricorrente, la quale contesta, si, l’accertamento della tardività dell’istanza, ma solo in quanto effettuato dal primo giudice in via ipotetica ai fini della decisione sul carico delle spese, che resta l’unica statuizione effettivamente impugnata.
2. – Con l’unico motivo di ricorso, denunciando violazione di legge, si censura l’errore commesso dal Presidente del Tribunale nel non ritenere il termine di cui all’art. 815 c.p.c. soggetto alla sospensione feriale ai sensi della L. 7 ottobre 1969, n. 742. 2.1. – La censura è fondata.
Della locuzione "termini processuali", di cui alla L. n. 742 del 1969, art. 1 va infatti data, in base alla giurisprudenza costituzionale (cfr. Corte cost. 40/1985, 255/1987, 49/1990, 380/1992, 268/1993), una lettura costituzionalmente orientata che assicuri il rispetto del principio di effettività della tutela giurisdizionale; per cui è da escludere che tale formula abbia una portata limitata all’ambito degli atti successivi all’introduzione del processo, e deve invece ritenersi che comprenda anche il ristretto termine iniziale entro il quale il processo deve essere introdotto, quando la proposizione della domanda giudiziale costituisca l’unico rimedio per la tutela del diritto che si assume leso (cfr., fra le molte, Cass. 22366/2007, 6874/1999, 6041/1991), come appunto avviene nel caso di cui all’art. 815, cit..
3. – L’ordinanza impugnata va pertanto cassata con rinvio al giudice indicato in dispositivo, il quale si atterrà al principio di diritto sopra enunciato e provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso nella parte in cui è proposto nei confronti dell’avv. R.P. e lo accoglie per il resto; cassa, in relazione alla censura accolta, l’ordinanza impugnata e rinvia, anche per le spese, al Presidente del Tribunale di Vicenza in persona di altro magistrato.
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