Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 06-04-2011) 24-06-2011, n. 25335

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Avverso la sentenza indicata in epigrafe, che ha confermato la sentenza del giudice di pace di Bono, del 22.09.2008, di condanna di C.D., per il reato di usurpazione alla pena di Euro 516 di multa, ricorre la difesa dell’imputato, chiedendo l’annullamento della sentenza e deducendo a motivo:

a) la violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. B) perchè i fatti dovevano essere qualificati, più correttamente come esercizio arbitrario delle proprie ragioni, perchè l’imputato ha agito convinto di esercitare un proprio diritto nel riposizionare i confini del suo campo negli stessi limiti che sussistevano prima che il vicino G.P. li spostasse; di conseguenza, nei fatti per cui è processo, non può ravvisarsi la competenza del giudice di pace. b) la violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) in relazione all’art. 486 c.p.p., comma 5 non avendo il Tribunale riconosciuto il legittimo impedimento del difensore, impegnato il 13.01.2010 in altri due procedimenti fissati avanti altro Tribunale.

Motivi della decisione

2. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile perchè generico.

2.1 La doglianza è priva del necessario contenuto di critica specifica al provvedimento impugnato, le cui valutazioni, ancorate a precisi dati fattuali trascurati nell’atto di impugnazione, si palesano peraltro immuni da vizi logici o giuridici. Nel ricorso, infatti, non vengono dedotte specifiche censure alla motivazione della sentenza impugnata, ma viene solo riproposta , in forma assertiva, una circostanza di fatto che è peraltro risultata sfornita di prove, ovvero l’aver riposizionato i confini del campo nei limiti sussistenti prima che il G. li spostasse.

2.2 Il giudice di seconde cure la ha respinta con una motivazione logica, coerente ed esaustiva,affermando in motivazione che correttamente il giudice di prime cure aveva qualificato i fatti come usurpazione posto che univoche in tal senso erano state le dichiarazioni rese dalla parte lesa, P.D., e quelle del M.llo R. che aveva provveduto ad effettuare i rilievi in loco, accertando l’esistenza di una precedente recinzione (pali divelti ed un cancello di legno) e di una nuova recinzione, costituita da cemento, pali e rete di fattura recente.

2.3 Inoltre non era emersa alcuna prova di un precedente spostamento dei confini e nulla era stato prodotto o allegato in ordine all’epoca in cui si sarebbe verificata la predetta circostanza: sicchè "è rimasta una mera asserzione sfornita di qualsivoglia provala tesi dell’imputato sugli originari confini risalenti all’anno 1990 (non si sa mutati da chi e quando) che il medesimo avrebbe inteso riposizionare". 2.4 Anche il secondo motivo è manifestamente infondato.

2.5 Ed infatti, l’avvenuta tempestiva comunicazione di un contemporaneo impegno professionale presso altro giudice non è certo da sola sufficiente ad integrare l’impossibilità assoluta del difensore ai sensi dell’art. 486 c.p.p., comma 5, essendo altresì necessario che l’istanza di rinvio, come affermato da S.U. 27.3.92 Fogliani e altri "…. espliciti le ragioni che rendono essenziale l’espletamento della sua (del difensore) funzione nell’altro processo per la particolare natura dell’attività cui deve presenziare, l’assenza in detto procedimento di altro codifensore che può validamente difendere l’imputato, l’impossibilità di avvalersi – data la peculiarità della situazione – della designazione di un sostituto ex art. 102 c.p.p. sia nel processo a cui si intende partecipare sia in quello in cui si chiede il rinvio…". 2.6 Indicazioni che unitamente alla tempestività della comunicazione dell’impedimento, addirittura debbono ritenersi quali vere e proprie condizioni di ammissibilità dell’istanza di rinvio (fra altre Cass. 9.1.98, Martinangelo), con la conseguenza che, in mancanza delle stesse, il giudice non è in grado di valutare nel merito l’assolutezza dell’impedimento e di motivare adeguatamente in ordine alle esigenze di difesa dell’imputato e quelle di giustizia, tra le quali quella di evitare che l’impedimento sia funzionale a manovre dilatorie (S.U. citata).

2.7 E quindi correttamente il Giudice d’appello ha escluso che l’istanza avanzata dal difensore del C., priva delle indicazioni di cui sopra, fosse dimostrativa dell’assoluta impossibilità a comparire. Tanto più che nell’istanza di rinvio non è stato indicato un sostituto, e la costante giurisprudenza di questa Corte, che il collegio condivide, ritiene che costituisca condizione per il rinvio dell’udienza, che il difensore indichi le ragioni che non hanno consentito la nomina di un sostituto, atteso che provvedere alla propria sostituzione non è facoltà discrezionale del difensore medesimo e che anzi integra un suo preciso dovere indicare le ragioni per cui gli è impossibile farlo.

(Sentenza n. 308 del 2000 Rv. 218157).

3. Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, il ricorrente che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di Euro mille, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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