T.A.R. Lazio Roma Sez. II quater, Sent., 30-06-2011, n. 5751

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La società ricorrente, operativa nel settore della realizzazione e gestione di impianti fotovoltaici sul territorio nazionale, in data 24.3.2009 ha presentato una richiesta di autorizzazione per un impianto della potenza di picco di 2.000 Kw (2 MW) nel Comune di Tarquinia su area di circa 42.000 mq sita in località Vallidarda, distinta in catasto al foglio 44 particella 117, classificata dal PRG come zona E agricola, di pertinenza della locale Università ed assoggettata a vincolo ex art. 142 h) ed in parte m) del d.lvo 42/2004, e disciplinata dal PTPR del 14.2.2008 all’art. 25 delle NTA, "Paesaggio Agrario di valore", che consente la realizzazione degli impianti in parola previo accertamento della compatibilità paesistica con i valori riconosciuti del contesto agrario e condizionatamente ad opere di mitigazione dell’impatto paesistico.

Il relativo procedimento si sarebbe dovuto concludere entro il termine massimo di 180 giorni prescritto dall’art. 12 d.lgs. 387/2003, che andava a scadere il 24.9.2009, quanto invece, seppur sollecitamente avviato dalla Provincia di Viterbo convocando con nota prot. 30674 del 21.4.2009 la Conferenza dei Servizi – che nella riunione del 19.5.2009 decideva di acquisire, ai sensi dell’art. 19 e ss del dl.vo 152/2007, la verifica dell’assoggettabilità a VIA, e, all’esito, la valutazione stessa – s’è poi arrestato a seguito della pronuncia in senso sfavorevole dell’autorità competente in materia paesistica e della mancata pronuncia della Regione sulla VIA.

Nella Conferenza di Servizi del 19.5.2009, infatti, si prendeva atto del parere reso con nota 7994 del 18.5.2009 dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Etruria Meridionale, che rappresentava che l’area interessata dal progetto interferisce parzialmente con il tracciato dell’antica Via Aurelia con popolamento periferico che rendeva necessario indagini e scavi preliminari al fine di evitare di danneggiare eventuali preesistenze nel sottosuolo.

Tuttavia, in tale sede la Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesistici delle Province di Roma, Rieti, Viterbo, con la nota prot. n. 8306 del 18.5.2009 rappresentava quale autorità competente ad esprimersi in sede di Conferenza di Servizi la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Lazio, limitandosi, comunque, da parte sua, a formulare un "parere di massima" favorevole con prescrizioni volte a minimizzare l’impatto dell’opera. A seguito delle integrazioni documentali, tuttavia, la predetta autorità ha poi reso parere negativo sull’ubicazione dell’impianto con la nota prot. n. 13013 del 1.10.2010, ove da un lato si paventa che, in mancanza di una programmazione e precisa regolamentazione di tali interventi, si possano determinare profonde ed estese alterazioni della valenza paesistica dell’area, dall’altro, si invitavano gli altri soggetti pubblici interessati a definire criteri di programmazione localizzazione e contestualizzazione di tali interventi.

La Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Lazio, richiamando il predetto parere sfavorevole, s’è espressa ai sensi dell’art. 17 co. 3 lett n) del DPR 233 del 26.11.2007 nel senso dell’incompatibilità dell’opera, prospettando genericamente la possibilità di ampie possibilità di ubicazioni alternative dell’impianto, non meglio specificate, solo con la nota prot. n. 66347 del 22.10.2010, seppur indicando d’essersi già in precedenza espressa con nota prot. n. 3677 del 12.3.2009 della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Lazio, nel senso di evidenziare la criticità dei processi di localizzazione degli impianti per la produzione e l’utilizzo di energie derivanti da fonti rinnovabili nell’area del Lazio settentrionale. Uguali preoccupazioni erano rappresentate dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesistici delle Province di Roma, Rieti, Viterbo, con nota prot. 3708 del 4.3.2009.

Per quanto invece riguarda il profilo della tutela ambientale, la ricorrente in data 18.2.2009 aveva richiesto di verificare l’assoggettabilità a VIA, alla Regione Lazio, che s’esprimeva positivamente al riguardo, e, di conseguenza la ricorrente aveva presentato in data 24.7.2009 una richiesta di valutazione di impatto ambientale ai sensi dell’art. 23 del dlvo 152/2006 alla Regione, la quale con nota prot. 60860 del 8.3.2010 formulava richiesta di integrazione documentale – in particolare l’autorizzazione di compatibilità paesaggistica – e poi non concludeva il relativo sub procedimento, sebbene, peraltro, il Dipartimento territorio- DR territorio ed Urbanistica si fosse espresso in senso favorevole con nota prot. 172030 del 28.9.2010, impartendo le prescrizioni per minimizzare l’impatto di cui all’art. 25 delle NTA del PTPR del 14.2.2008.

Con il presente ricorso la ricorrente, che lamenta di essere venuta a conoscenza dei pareri sfavorevoli e delle richieste di integrazioni documentali solo di recente, agisce in giudizio avverso l’illegittimità dell’inerzia dell’amministrazione regionale e provinciale, che non hanno a tutt’oggi concluso il procedimento in parola, nonostante l’atto di diffida notificato il 2.8.2010, e chiede che sia dichiarato l’obbligo a chiudere il procedimento in parola con un provvedimento espresso, nonché la contestuale nomina di un Commissario ad acta per il caso di persistente inerzia; chiede altresì l’annullamento degli atti predetti e di ulteriori provvedimenti sfavorevoli indicati in epigrafe, oltre che il risarcimento del danno subito. Quest’ultimo è stato ulteriormente precisato con memoria dell’11.4.2011.

Si è costituita in giudizio la Provincia di Viterbo con memoria dell’11.4.2011, rappresentando con memoria integrativa del 21.4.2011 che la sospensione del procedimento dalla stessa attivato è dovuta alla necessità di attendere l’esito del subprocedimento regionale di VIA, e che i ritardi nella conclusione dello stesso sono imputabili alla stessa ricorrente che non ha ottemperato alle richieste integrative istruttorie della RegioneArea VIA; precisa inoltre che la Soprintendenza per i Beni Archeologici in data 28.7.2010 ha addotto vincoli insuperabili per la presenza di necropoli sull’area; ma che comunque, seppur non tenuta ad alcuna attività in carenza di tale VIA, si è determinata a proseguire la conferenza di servizi, convocandola per il giorno 25.5.2011.

Non si è costituita la Regione, ritualmente intimata.

Si è costituito in giudizio il Ministero resistente, eccependo, con memoria del 7.4.2011 l’inammissibilità del gravame, nella parte in cui è volto ad impugnare i pareri di competenza, in quanto atti meramente endoprocediemntali e non suscettibili di autonoma impugnazione, in mancanza di atto conclusivo della conferenza di servizi, che, se sfavorevole, è comunque privo di immediata attitudine lesiva dell’interesse dell’istante, stante la possibilità di ricorrere al procedimento previsto dall’art. 14 quater della legge n. 241/90; nel merito respinge le censure relative alla contraddittorietà ed al difetto di motivazione del parere reso dalla Direzione Regionale Lazio e precisa che quest’ultima ha ritardato nel pronunciarsi in quanto la ricorrente non aveva presentato direttamente ai propri uffici la citata relazione paesistica e che la mancanza di tale documentazione aveva determinato il parere favorevole di massima reso il 12.10.2009.

Con memoria integrativa dell’11.4.2011 il Ministero resistente ribadisce di aver potuto esprimere compiutamente il parere di competenza solo a seguito della integrazione della documentazione, completa di elaborati tecnici e relazione paesistica, richiesta il 24.3.2010 e 10.5.2010.

Si è costituita ENEL Distribuzione SPA; con memoria scritta rappresentando la propria posizione di neutralità nel presente giudizio, in quanto parte, in qualità di impresa di distribuzione dell’energia nell’ambito territoriale di riferimento, solo del parallelo procedimento di autorizzazione delle opere elettriche di connessione alla rete elettrica di distribuzione, e non in quello in contestazione, concernente invece l’autorizzazione alla realizzazione dell’impianto di produzione.

Non si sono costituiti gli altri enti intimati.

Con memoria dei replica dell’11.4.2011 la ricorrente eccepisce la tardività delle produzioni documentali dell’Amministrazione resistente, insistendo nella doglianza di esser stato messo prima a conoscenza della necessità di integrazioni documentali, evidenziando il ritardo della PA nel formulare le relative richieste, e rammenta che la posizione negativa dell’autorità tutoria dei valori paesistici avrebbe dovuto "recare specifiche indicazioni delle modifiche progettuali necessaria ai fini dell’assenso", che invece mancavano nei pareri in contestazione.

Alla Camera di Consiglio del 28.4.2011 la causa è trattenuta in decisione.

In via preliminare va precisato che la preannunciata convocazione della Conferenza dei Servizi non determina l’improcedibilità, per sopravvenuta carenza di interesse, del gravame, non essendo a tutt’oggi ancora intervenuto un atto conclusivo del procedimento di cui è controversa la sospensione.

Tanto precisato, il ricorso, nella parte in cui è rivolto avverso l’inerzia delle PA resistenti, risulta fondato.

L’art. 12 d.lgs. 387/2003, al co. 4, nella versione ratione temporis applicabile alla fattispecie in esame, prevede che "L’autorizzazione di cui al co. 3 è rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano tutte le Amministrazioni interessate, svolto nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalità stabilite dalla legge 7 agosto 1990, n 241, e successive modificazioni e integrazioni….Il termine massimo per la conclusione del procedimento di cui al presente comma non può comunque essere superiore a centottanta giorni."

Come autorevolmente chiarito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n 364/2006, il termine indicato ha natura di principio fondamentale in materia di produzione, trasporto e distribuzione nazionale di energia, è ispirato ad esigenze di semplificazione amministrativa e celerità procedimentale, ed a tal fine prescrive un termine massimo di 180 giorni dalla conclusione del procedimento per il rilascio dell’autorizzazione unica per la costruzione e gestione di tali impianti, qualificandoli espressamente come "opere di pubblica utilità ed indifferibili e urgenti", e, come evidenziato dalla giurisprudenza amministrativa, costituisce espressione del favor del legislatore per fonti di energia rinnovabili, e di principi sanciti a livello di normativa comunitaria e di accordi internazionali ( Direttiva 27 settembre 2001, 2001/77/CE "direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità" e il Protocollo di Kyoto).

Nella fattispecie in esame il termine predetto è stato ampiamente superato, essendosi il relativo procedimento arrestato ed entrato in uno stato di sospensione che non può ritenersi giustificato né dal parere contrario espresso dai competenti organi del Ministero dei Beni Culturali – che incide piuttosto sulla possibilità dell’autorità procedente – oltre che della stessa ricorrente – di attivare la procedura di cui all’art. 14 quater co. 3 della legge n. 241/90, sempre nel rispetto dei termini ivi indicati, né dalla mancata pronuncia della Regione sulla valutazione di impatto ambientale – che ha sospeso la procedura alla fase della richiesta di integrazioni documentali formulata con nota prot. 60860 del 8.3.2010 – comunque consente l’attivazione di rimedi sostitutivi e non esonera la Provincia dal concludere nei termini indicati il procedimento per l’esame dell’istanza dell’autorizzazione unica in parola -anche al fine di evitare di incorrere nelle responsabilità conseguenti all’art. 2 bis della legge n. 241/90 – come previsto dall’art. 14 ter co. 4 della predetta legge, che prescrive, per il caso in cui la VIA non intervenga nel termine previsto, la conclusione della Conferenza di servizi entro i 30 gg successivi, prorogabili di ulteriori 30 gg in caso di necessità di approfondimenti.

Ne consegue che il ricorso va accolto, quanto all’azione contro il silenzio, con conseguente declaratoria, per l’effetto, dell’obbligo della Provincia di Viterbo di adottare un atto conclusivo – di accoglimento e/o di rigetto e/o di inammissibilità del procedimento in contestazione nel termine dei gg. 30 dalla notificazione o comunicazione della presente sentenza; fatta salva, ovviamente, la possibilità di attivare la procedura di cui all’art. 14 quater della legge n. 241/90 nel rispetto dei termini ivi indicati.

Per il caso di persistente inerzia, viene fin da ora nominato, quale Commissario ad acta, il Capo del Dipartimento per l’Energia del Ministero dello Sviluppo Economico, con facoltà di delega a dirigente in servizio presso l’Ufficio del Capo Dipartimento, affinché provveda entro ulteriori 60 gg. in sostituzione dell’Amministrazione inadempiente, con spese da porsi a carico di quest’ultima (le quali verranno liquidate dal Tribunale con separato provvedimento sulla base dell’effettiva attività svolta ed alla relativa nota presentata dal Commissario).

Quanto all’azione di annullamento ed alla domanda risarcitoria le stesse vanno trattate nella sede ordinaria ai sensi del comma 6 dell’art. 117 cpa.

Le spese di giudizio sono addossate alla Regione ed alla Provincia che, con il loro comportamento inerte hanno dato origine alla controversia, e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sez. II quater,

Accoglie il ricorso avverso il silenzio e, per l’effetto, dichiara l’obbligo dell’Amministrazione provinciale di adottare un provvedimento espresso sull’istanza di autorizzazione unica presentata dalla ricorrente entro il termine di giorni 30 dalla comunicazione o notificazione della presente sentenza;

nomina sin d’ora quale commissario ad acta, in caso di perdurante inerzia dell’Amministrazione, il Capo del Dipartimento per l’Energia del Ministero dello Sviluppo Economico, con facoltà di delega a dirigente in servizio presso l’Ufficio del Capo Dipartimento, quale Commissario ad acta;

Condanna la Regione e la Provincia, in parti uguali, a rifondere alla ricorrente le spese di giudizio, liquidate nella misura di complessive Euro 1.500 (millecinquecento).

Spese compensate nei confronti delle altre parti costituite.

Manda alla Segreteria della Sezione per gli adempimenti relativi alla reiscrizione al ruolo dei ricorsi ordinari del presente gravame la domanda risarcitoria ed impugnatoria dei provvedimenti indicati in epigrafe.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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