Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 08-02-2011) 24-06-2011, n. 25318 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 1 ottobre 2010 il Tribunale di Lecce, costituito ex art. 309 cod. proc. pen., ha rigettato la richiesta di riesame presentata avverso l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa in data 7 settembre 2010 dal G.i.p. dello stesso Tribunale a S.C., indagato in ordine ai reati di detenzione e cessione di sostanze stupefacenti di cui agli artt. 110 e 81 cod. pen. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1, contestati ai capi J) e L), e di favoreggiamento di cui gli artt. 110, 81 e 378 cod. pen., contestato al capo O).

2. Il Tribunale argomentava la decisione, ritenendo l’infondatezza della richiesta difensiva volta a contestare la sussistenza del quadro indiziario e delle esigenze cautelari, per essere, in virtù delle circostanze emerse, significativi gli elementi indiziari a carico dell’indagato e pienamente ricorrenti le esigenze cautelari.

2.1. Quanto al reato di cui al capo J), l’ordinanza riteneva emblematico dello svolgimento di attività di spaccio da parte del S. l’episodio del (OMISSIS), che riportava, richiamando il contenuto sul punto dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere, e quindi gli esiti delle intercettazioni dei colloqui telefonici e del servizio di osservazione effettuato nei pressi della sede della Valerio Edilizia.

Secondo il Tribunale l’analisi dei detti elementi consentiva di ritenere che S.C., alla pari di G.A., fossero direttamente interessati alla sostanza stupefacente rinvenuta dalla P.G. in possesso di Gu.Gi. e sequestrata, tanto da avere entrambi avvisato i correi della presenza delle Forze dell’ordine e da ritornare poi sul luogo per verificare quanto fosse successo.

In particolare, detto stupefacente doveva essere trasferito dall’abitazione di P.D. alla ditta di V.A. per la sua preparazione e confezionamento per il successivo smercio.

All’organizzazione provvedeva G. in stretti rapporti tra gli altri con il S., con il quale si era recato presso la sede della ditta, mentre il compito di corriere era stato affidato a Gu.Gi..

Nè, secondo il Tribunale, la presenza del S. in quel luogo con G. era meramente casuale, avendo entrambi già prelevato Gu. dalla sua abitazione la sera del precedente (OMISSIS), e riferendosi le precedenti conversazioni intercettate al trasferimento di Gu., S. e G. presso la sede della Valerio Costruzioni, ove erano attesi da V.A..

Anche il (OMISSIS) erano stati rilevati gli incontri tra i predetti.

L’attività di spaccio svolta dal S. emergeva anche da ulteriori conversazioni intercettate (del 29 aprile 2008, 30 aprile 2008, 1 maggio 2008 e 8 maggio 2008), analiticamente esposte nell’ordinanza cautelare del G.i.p., e trasfuse nell’ordinanza impugnata.

2.2. Quanto al reato di cui al capo L), l’ordinanza richiamava il contenuto dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere in relazione all’episodio del (OMISSIS), che aveva visto coinvolti in prima persona G.A. e C.C., evidenziando che dalle intercettazioni e dai servizi di osservazione, condotti dalla P.G. nello stesso giorno, era risultato che la trasferta di G. e C. da (OMISSIS) era finalizzata all’acquisto e trasporto di sostanza stupefacente; i due, rientrando a (OMISSIS), si erano accorti di essere pedinati, erano stati intercettati dai Carabinieri e il C. era stato trovato in possesso di modiche quantità di hashish, non proporzionate all’atteggiamento di irrequietezza e insofferenza dimostrato da entrambi al momento del controllo; il C. era stato ricoverato il giorno successivo nel reparto rianimazione dell’ospedale di (OMISSIS) per sospetta overdose; lo zio R. P. aveva dichiarato che il nipote mentre era in compagnia con " Pa.An.", identificato con G.A., era stato controllato dalla polizia e per evitare il rinvenimento della sostanza stupefacente aveva ingerito quattro-cinque dosi di cocaina.

All’acquisto della sostanza stupefacente era interessato il S. che, anche se rimasto a (OMISSIS), conosceva il motivo della trasferta anche alla stregua del precedente incontro con i correi su sollecitazione del G. e del contributo concreto che avrebbe dato all’acquisto della sostanza, recuperando il G. con il carico nel luogo convenuto, ed era rimasto in contatto con il G. che gli aveva comunicato "in sostanza che l’approvvigionamento di stupefacente era avvenuto e che stavano tornando ", e, quando era stato fermato, che aveva bisogno di un avvocato.

2.3. Quanto al reato di cui al capo O), il quadro indiziario del contestato reato di favoreggiamento nei confronti di E.R. derivava da più elementi risultanti dagli accertamenti svolti.

In particolare il Tribunale rilevava che il 22 aprile 2008, giorno successivo alla emissione del provvedimento cautelare da parte del G.i.p. nei confronti della E., G.A. aveva mostrato di esserne a conoscenza anche perchè gli agenti erano andati presso l’abitazione della E. per l’esecuzione del provvedimento custodiate, non avvenuta perchè la stessa si era resa allontanata, rendendosi latitante.

Il (OMISSIS) S. aveva contattato il G. dall’utenza in uso alla E. chiedendo un paio di jeans. Nel corso della detta giornata era poi risultato che il S. era stato sempre in compagnia della E., e così pure nei giorni successivi ((OMISSIS)).

Il servizio di osservazione e pedinamento si era concluso con l’arresto dell’ E. il 28 aprile 2008, mentre la stessa era in compagnia del S., che aveva libero accesso al suo rifugio.

2.4. Le esigenze cautelari erano ritenute sussistenti e la misura prescelta adeguata e proporzionale.

3. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, tramite il difensore di fiducia, S.C., che ne chiede l’annullamento censurandola per quattro motivi.

3.1. Con il primo motivo il ricorrente denunzia, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), in relazione all’art. 273 c.p.p., comma 1, e del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 mancanza di motivazione con riferimento al capo J).

Secondo il ricorrente il Tribunale, riguardo alla sua posizione, mentre nulla ha detto con riferimento agli episodi posti in essere dal coindagato deceduto, G.A., ha limitato il suo esame all’episodio del (OMISSIS), non oggetto di specifica censura nel capo di imputazione.

In ogni caso, ove l’episodio si possa far rientrare nella generica contestazione della violazione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 per il periodo gennaio-marzo 2008, la motivazione dell’ordinanza sarebbe manifestamente illogica e determinata dal travisamento della prova, atteso che:

ò l’unica condotta addebitabile a esso ricorrente è l’avere accompagnato il cognato G., che andava "probabilmente" presso la sede della Valerio Edilizia, dalla quale erano usciti Gu. e V. tratti in arresto;

– le due conversazioni, tra le tante, che riguardano esso ricorrente sono quelle delle ore 16,13 e delle ore 17,57, provenienti dal G., che lo contattava per incontrarsi, ma l’incontro dopo la prima conversazione non era avvenuto per essere i due interlocutori della seconda conversazione ancora in luoghi diversi;

– la presenza di esso ricorrente, quando tra le ore 20,01 e le ore 20.03 gli investigatori l’hanno osservato nei pressi della Valerio Costruzioni, è stata una presenza passiva non idonea a provare sue cointeressenza negli "affari" del G.;

– dal contenuto della conversazione del 29 aprile 2008 tra G. e p.c. non emerge che esso ricorrente fosse interessato ai loro affari, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale che ne ha travisato il contenuto o l’ha interpretato in modo soggettivo.

3.2. Con il secondo motivo il ricorrente denunzia, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) in relazione all’art. 273 c.p.p., comma 1 e del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 mancanza di motivazione con riferimento all’elemento soggettivo del reato di cui al capo L).

Secondo il ricorrente la consapevolezza da parte sua del fine illecito del viaggio fatto il (OMISSIS) dal cognato G. con C.C., ricoverato il giorno successivo per sospetta overdose, non preceduto da alcuna telefonata preparatoria, non è desumibile dalla conversazione utilizzata dal Tribunale per non essere il riferimento fatto dal G. al "parrucchiere", presso il quale doveva essere preso da esso ricorrente, interpretabile come riferito all’avvenuto approvvigionamento di sostanza stupefacente da parte del G., nè è desumibile dalle conversazioni telefoniche successive nel corso delle quali il G. ha comunicato a esso ricorrente di essere stato fermato e di avere bisogno di un avvocato.

3.3. Con il terzo motivo il ricorrente denunzia, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) in relazione agli artt. 43 e 378 cod. pen., mancanza di motivazione con riferimento all’elemento soggettivo del reato di cui al capo O), sul rilievo che l’ordinanza non ha motivato circa la consapevolezza da parte sua dello stato di latitanza di E.R., non ricavabile dal fatto che "la Questura si portava presso l’abitazione della donna per l’esecuzione", non comprendendosi perchè il G., che non abitava con la stessa, doveva essere a conoscenza dei suoi problemi giudiziari e perchè tale conoscenza, in ogni caso, doveva estendersi a esso ricorrente.

3.4. Con il quarto motivo il ricorrente denunzia, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) in relazione all’art. 274 c.p.p., lett. c, vizio di motivazione con riguardo alla ritenuta sussistenza dell’esigenza cautelare della possibile recidivanza, tenuto conto del modesto e risalente precedente e della mancanza di elementi idonei a supportarla, essendo stati dati per sussistenti elementi meramente congetturali, quali la proclività al delitto e l’inserimento in un contesto associativo.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato.

2. In materia di misure cautelari personali, secondo giurisprudenza consolidata, questa Corte non ha alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso il peso probatorio degli indizi, nè di verificare la rispondenza delle argomentazioni poste a fondamento della decisione impugnata alle acquisizioni processuali, nè di rivalutare le condizioni soggettive dell’indagato in relazione alle esigenze cautelari e all’adeguatezza della misura, trattandosi di apprezzamenti di merito rientranti nel compito esclusivo del giudice che ha applicato la misura e del tribunale del riesame.

Il controllo di legittimità è, quindi, limitato all’esame del contenuto dell’atto impugnato e alla verifica delle ragioni giuridicamente significative che l’hanno determinato e dell’assenza d’illogicità evidente, ossia dell’adeguatezza e della congruenza del tessuto argomentativo riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (tra le tante, Sez. 4, n. 22500 del 03/05/2007, dep. 08/06/2007, Terranova, Rv. 237012; Sez. 2, n. 9532 del 22/01/2002, dep. 08/03/2002, Borragine e altri, Rv. 221001; Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, dep. 02/05/2000, Audino, Rv. 215828; Sez. 6, n. 3529 del 12/11/1998, dep. 01/02/1999, Sabatini G., Rv. 212565; Sez. 4, n. 2050 del 17/08/1996, dep. 24/10/1996, Marseglia, Rv. 206104; e da ultimo Sez. 1, n. 2687 del 17/11/2010, dep. 26/01/2011, non massimata), senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa e, per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze delle indagini (tra le tante, Sez. 1, n. 6972 del 07/12/1999, dep. 08/02/2000, Alberti, Rv. 215331; Sez. 1, n. 1496 del 11/03/1998, dep. 04/07/1998, Marrazzo, Rv. 211027; Sez. U, n. 19 del 25/10/1994, dep. 12/12/1994, De Lorenzo, Rv. 199391; e da ultimo, Sez. 1, n. 1842 del 11/11/2010, dep. 21/01/2011, non massimata).

Il detto limite del sindacato di legittimità in ordine alla gravità degli indizi riguarda anche il quadro delle esigenze cautelari, essendo compito primario ed esclusivo del giudice della cautela valutare "in concreto" la sussistenza delle stesse e rendere un’adeguata e logica motivazione (Sez. 1, n. 1083 del 20/02/1998, dep. 14/03/1998, Martorana, Rv. 210019).

2.1. Secondo l’orientamento di questa Corte, che il Collegio condivide, in tema di misure cautelari, "l’ordinanza del tribunale del riesame che conferma il provvedimento impositivo recepisce, in tutto o in parte, il contenuto di tale provvedimento, di tal che l’ordinanza cautelare e il provvedimento confermativo di essa si integrano reciprocamente, con la conseguenza che eventuali carenze motivazionali di un provvedimento possono essere sanate con le argomentazioni addotte a sostegno dell’altro" (Sez. 2, n. 774 del 28/11/2007, dep. 09/01/2008, Beato, Rv. 238903; Sez. 6, n. 3678 del 17/11/1998, dep. 15/12/1998, Panebianco R., Rv. 212685).

3. Nel caso in esame il Tribunale si è adeguato ai suddetti principi, ancorando il proprio giudizio circa la sussistenza a carico del ricorrente di gravi indizi di colpevolezza a elementi specifici risultanti dagli atti e traendo dalla loro valutazione globale, con un percorso argomentato coerente e logicamente plausibile, un giudizio in termini di qualificata probabilità circa l’attribuzione allo stesso dei reati contestati.

Sono stati, infatti, valorizzati gli elementi indizianti, specificatamente descritti in ordinanza con riferimento a ciascun reato, e desunti dalle conversazioni telefoniche intercettate e dai servizi di osservazione, controllo e pedinamento svolti dalla polizia, dettagliatamente indicati dal G.i.p. nella sua ordinanza e riportati nel contesto dell’ordinanza impugnata, dandosi conto dei collegamenti del ricorrente con altri soggetti, rappresentandosi la continuità dei contatti e degli incontri, ed evidenziandosi il ruolo svolto dal ricorrente con riguardo a ciascun fatto.

3.1. A fronte di detta motivazione del giudice della cautela il ricorrente ha espresso rilievi, che pur prospettati come deduzioni dimostrative dell’inadeguatezza e illogicità della motivazione, oggetto di distinti motivi di ricorso per ciascuno dei tre reati contestati, ai sensi del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 ai capi J) e L) e, ai sensi dell’art. 378 cod. pen., al capo O), sono censure di merito volte a prospettare una diversa interpretazione delle risultanze delle indagini, una diversa valutazione della loro concludenza e una diversa scelta di quelle determinanti.

3.2. Con riferimento ai primi due motivi, che riguardano i reati di cui ai capi J) e L), emerge, in particolare, la prospettazione difensiva volta ad astrarre dal contesto più articolato alcune conversazioni telefoniche e gli esiti parziali dei servizi di osservazione, assumendo la valenza negativa sul piano indiziario di dette emergenze probatorie, la cui rilettura in fatto e parziaria non è logicamente opponibile alla piattaforma indiziaria ricostruita e congruamente argomentata in sede cautelare sulla base di specifici dati fattuali, logicamente articolati e giuridicamente coerenti, sottratti all’indagine di legittimità.

Con riferimento al reato di favoreggiamento di cui al capo O), l’ordinanza cautelare, che integra quella impugnata, che l’ha confermata, per formare un unico complesso corpo argomentativo, ha specificatamente descritto le emergenze dell’attività intercettativa svolta nel periodo dal 22 al 29 aprile 2008, integrata da diversi servizi dinamici sul territorio, e attinente alla condotta criminosa posta in essere anche dal ricorrente in stretto collegamento con G.A. e altri per agevolare E.R. nel sottrarsi alle ricerche della polizia giudiziaria, dopo essere stata raggiunta da ordinanza di custodia cautelare in carcere del 21 aprile 2008 del G.i.p. del Tribunale di Lecce. La continuativa condotta, tenuta dal ricorrente, di assistenza della predetta nei suoi spostamenti e presso la villetta di (OMISSIS), dove la stessa è stata controllata e arrestata il (OMISSIS), mentre era con lo stesso ricorrente, è stata richiamata dal Tribunale del riesame, che ha dato conto di dette emergenze, integrate, come già detto, dalle argomentazioni addotte a sostegno del provvedimento custodiale.

Le generiche deduzioni svolte in ricorso trascurano del tutto tali risultanze, delle quali è stato coerentemente fissato un profilo di rilevante gravità. 4. Anche sotto il profilo delle esigenze cautelari, il ricorso censura un vizio di motivazione del giudice del riesame quanto alla valutazione del pericolo di reiterazione dei reati.

Il ricorrente, infatti, oppone la modestia del precedente penale e la sua risalenza nel tempo, la propria estraneità a contesti associativi, il contrasto della ritenuta proclività al delitto con l’esiguità degli episodi delittuosi contestati e con il ruolo marginale eventualmente avuto, alle affermazioni, contenute nell’ordinanza impugnata, sulla gravità e ripetitività delle condotte, sulla rudimentale organizzazione e diffusione dell’attività illecita, sul collegamento con l’ambiente criminale, sul precedente specifico di non trascurabile gravità, adeguatamente valutate dal Tribunale come legittimamente fondanti una prognosi concreta di un attuale pericolo di reiterazione criminale, e integranti un rischio cautelare tale da rendere proporzionale e adeguata la misura adottata.

Tali affermazioni, sorrette da motivazione congrua e logica, sono sicuramente contenute entro i confini della plausibile opinabilità di apprezzamento e valutazione (Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003, dep. 06/02/2004, Elia e altri, Rv. 229369), e, pertanto, sottratta a sindacato di legittimità. 5. Il ricorso essendo infondato deve essere rigettato e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.

La Cancelleria dovrà provvedere all’adempimento prescritto dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del provvedimento del Direttore dell’Istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *