Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 08-02-2011) 24-06-2011, n. 25317

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 12 ottobre 2010 il Tribunale di Lecce, costituito ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen., ha rigettato la richiesta di riesame presentata avverso l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa, in data 2 settembre 2010, dal G.i.p. dello stesso Tribunale nei confronti di N.N., sottoposto a indagini per il delitto di partecipazione ad associazione per delinquere di stampo mafioso, di cui all’art. 416-bis c.p., commi 1, 2, 3, 4 e 5, commesso in (OMISSIS) e nella provincia di (OMISSIS) in poi con carattere di permanenza, e in ordine al delitto di cui all’art. 110 c.p., art. 629 c.p., commi 1 e 2 (in relazione all’art. 628 c.p., comma 3, n. 3, e al D.L. n. 152 del 1991, art. 7), commesso in (OMISSIS).

2. Il Tribunale, dopo aver premesso lo stretto collegamento e la complementarietà tra il provvedimento restrittivo della libertà personale e l’ordinanza che decide sul riesame e l’adeguatezza e la completezza del provvedimento custodiale, argomentava la decisione, ritenendo l’infondatezza delle richieste difensive volte a contestare la sussistenza del quadro indiziario e delle esigenze cautelari, per essere specifici e gravi gli elementi indiziari circa la sussistenza delle fattispecie criminose oggetto di addebito e la loro riferibilità al condannato, e ricorrenti le esigenze cautelari.

3. L’ordinanza ripercorreva l’analisi della vicenda condotta con l’ordinanza cautelare ed evidenziava, con riferimento alla contestata appartenenza alla compagine associativa, il grave quadro indiziario a carico dell’indagato; il suo stabile e permanente inserimento nel sodalizio di matrice mafiosa costituente una frangia, operante nella provincia di Brindisi e nel territorio di Mesagne, della Sacra Corona Unita, la cui esistenza era già stata acclarata da numerosi provvedimenti giurisdizionali definitivi, egemonicamente ascrivibile a V.A., e, quanto all’ambito territoriale e temporale del clan oggetto di contestazione, a Vi.Da. e P. A., con il ruolo di organizzatore; il suo fattivo, sistematico e consapevole adoperarsi per il perseguimento e la realizzazione delle finalità illecite, programmate in quel sodalizio.

3.1. Tale prognosi di reità era fondata, secondo il Tribunale, sul "chiarissimo contributo" offerto dalle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia, e in particolare da C.S., di elevatissimo grado di attendibilità intrinseca, che, sentito il 19- 20 ottobre 2007, aveva inquadrato il ruolo del N. nel sodalizio quale referente della città di (OMISSIS), affiliato a P.E. e attivo nella commissione di "tutte le illecite attività … in particolare estorsioni con i cd. cavalli di ritorno, rapine e altro …".

Tali dichiarazioni erano state riscontrate dagli esiti investigativi, riportati nella informativa del R.O.S. dei Carabinieri di Lecce, e in particolare dal contenuto delle conversazioni, telefoniche e ambientali, intercettate nel corso delle indagini, e intercorse tra Vi.Da. e il N. su aspetti rilevanti per il sodalizio o tra il primo e altri soggetti, alcuni codetenuti, contenenti espliciti riferimenti al medesimo N..

Secondo il Tribunale, assumeva particolare rilievo la conversazione intercorsa tra Vi.Gi., S.G. e Vi.Da. in casa di quest’ultimo il (OMISSIS) (rectius; 2008, p. 59 dell’ordinanza cautelare), e che coinvolgeva direttamente il N. in relazione al versamento da farsi del ed.

"punto", ossia del contributo economico, da parte della frangia cegliese a quella di Mesagne riferibile ai Vi.. Di tale conversazione vi erano stati ulteriori accertamenti investigativi per essere stato monitorato e filmato l’incontro attraverso un idoneo servizio di appostamento e controllo, che aveva consentito l’identificazione dei partecipanti.

Il ritenuto organico inserimento del N. nel sodalizio era anche rappresentato, ad avviso del Tribunale, dalla commissione da parte dello stesso della tentata estorsione in danno della società Scommettiamo s.r.l., con il cointeressamento di altri aderenti al sodalizio, tra i quali S.G. e Vi.Da., intervenuto per bloccare il compimento dell’estorsione per essere già sufficienti le somme in precedenza corrisposte.

Particolare specificità dimostrativa dell’organico inserimento del N. nel sodalizio si traeva, inoltre, dal servizio di appostamento, osservazione e controllo operato il (OMISSIS), che aveva accompagnato l’intercettazione della conversazione tra presenti dello stesso giorno, essendo stata identificata nel N., a mezzo riscontro fotografico, la persona vista entrare nell’abitazione del Vi., con il quale aveva discusso tematiche inerenti al proprio affidamento ai servizi sociali, riscontrato quest’ultimo dall’avvenuto affidamento provvisorio ai servizi sociali dello stesso N., scarcerato il 12 maggio 2008, come da informativa della P.G..

3.2. La prognosi di reità con riferimento al tentativo di estorsione, contestato al capo G, era fondata sulle conversazioni intercettate il 16 e 19 maggio 2008, dalle stesse emergendo, ad avviso del Tribunale, indicazioni specifiche in merito alle modalità di perpetrazione del reato, al ruolo del N., alla genesi dell’azione illecita, al suo inquadramento nell’ambito delle attività criminali del clan, alle ragioni della mancata realizzazione dell’evento per l’intervento di Vi.Da. e al forte malumore, per tale intervento, dello stesso N. e di S.G..

4. Le esigenze cautelari trovavano una base certa nel serio e concreto pericolo di commissione di delitti analoghi da parte dell’indagato, ove sottoposto a misura diversa da quella applicata, tratto dai suoi stabili contatti con i vertici dell’organizzazione criminale, dall’ininterrotto e fattivo contributo prestato alla realizzazioni dei reati fine programmati, dalla sua elevata padronanza delle tecniche dei reati e dai molteplici precedenti penali.

Nè la presunzione di cui all’art. 275 c.p.p., comma 3, applicabile nella specie in relazione al delitto contestato, era travolta dalla emersione di circostanze obiettive su cui fondare un convincimento di elisione, caducazione ed esclusione delle esigenze cautelari, la cui attualità trovava conforto nei fatti perpetrati in epoca recente e nella stessa configurazione della compagine associativa.

5. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, tramite i difensori di fiducia, N.N., che, con unico motivo deduce, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c) ed e) la violazione dell’art. 273 c.p.p., commi 1 e 1-bis e l’assoluta mancanza di motivazione in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza per i reati contestati.

Si assume, innanzitutto, l’omesso esame da parte del Tribunale delle motivazioni poste a sostegno dell’impugnazione proposta e contenute nei motivi nuovi depositati nel corso della udienza camerale del 12 ottobre 2010, con i quali si era dedotto in merito all’avvenuta iscrizione solo in data 30 luglio 2010, nei confronti del ricorrente, nel registro delle notizie di reato, limitatamente al reato di cui all’art. 416-bis cod. pen.; in merito alla unicità del collaboratore che aveva reso dichiarazioni a carico del ricorrente, senza specificare le fonti della conoscenza e senza che vi fossero riscontri esterni e individualizzanti, e in merito alla interpretazione dei colloqui intercettati e alla identificazione del ricorrente quando erano stati attribuiti allo stesso la partecipazione e il contributo nei fatti delittuosi contestati.

5.1. Secondo il ricorrente, il Tribunale ha tautologicamente valutato, nell’esaminare la sua posizione, le dichiarazioni del collaboratore C. e gli "sparuti esiti" delle intercettazioni ambientali.

Il collaboratore non è, infatti, "autosufficiente sia pure in ambito indiziario", e le sue dichiarazioni non hanno trovato idonei riscontri intrinseci ed estrinseci individualizzanti, tanto più necessari per essere stato il ricorrente già condannato in via non definitiva, per il reato associativo per il periodo (OMISSIS).

E’, poi, del tutto apparente la motivazione adottata con riguardo all’elevatissimo grado di attendibilità dello stesso collaboratore e alla indicazione dei riscontri alle sue dichiarazioni nelle conversazioni intercettate, in ordine alle quali non sono stati specificati gli elementi che hanno portato alla identificazione nel ricorrente della persona indicata da altri (conversazioni del 15 gennaio 2008 e del 23 gennaio 2008) o dell’interlocutore (conversazione del 14 maggio 2008).

Nè, secondo il ricorrente, quanto alla tentata estorsione, i riferimenti a un " N." nelle conversazioni del 16 e 19 maggio 2008, consentono di identificare detta persona con esso stesso, nè assoluta certezza può derivare dai riscontri relativi al disposto suo affidamento in prova ai servizi sociali.

5.2. L’ambiguità dei contenuti delle conversazioni e i dubbi circa l’identificazione del ricorrente e circa la riferibilità allo stesso dei contenuti medesimi sono tali da rendere assolutamente censurabile l’ordinanza e da giustificarne l’annullamento con eventuale rinvio.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato.

2. La censura svolta in via preliminare, attinente all’omesso esame da parte del Tribunale della libertà delle motivazioni poste a sostegno dell’impugnazione proposta e contenute nei motivi nuovi depositati nel corso dell’udienza camerale del 12 ottobre 2010, è generica e non tiene conto della valutazione da parte del Tribunale anche delle questioni che si assumono non esaminate, e della quale da atto lo stesso ricorrente, che ne contesta la legittimità, la congruenza e la logicità, mentre l’osservazione della tardività della iscrizione nel registro delle notizie di reato del reato associativo, rilevata per dimostrare l’assoluta inconsistenza ed evanescenza" degli elementi indiziari, ininfluente nei termini prospettati ai fini della decisione, è comunque priva del requisito dell’autosufficienza necessario per le valutazioni da compiersi in questa sede.

3. Quanto alla contestazione mossa in ordine alla sussistenza della gravità del quadro indiziario con riguardo ai reati contestati, si osserva che le valutazioni da compiersi dal giudice, ai fini dell’adozione di una misura cautelare personale, devono essere fondate, secondo le linee direttive della Costituzione, con il massimo di prudenza su un incisivo giudizio prognostico di "elevata probabilità di colpevolezza", tanto lontano da una sommaria delibazione e tanto prossimo a un giudizio di colpevolezza, sia pure presuntivo, poichè di tipo "statico" e condotto, allo stato degli atti, sui soli elementi già acquisiti dal Pubblico Ministero, e non su prove, ma su indizi (Corte Cost., sent. n. 121 del 2009, ord. n. 314 del 1996, sent. n. 131 del 1996, sent. n. 71 del 1996, sent. n. 432 del 1995).

L’aspetto contenutistico del giudizio demandato al giudice della cautela è evidenziato anche dagli adempimenti previsti per l’adozione dell’ordinanza cautelare. L’art. 292 cod. proc. pen., come modificato dalla L. n. 332 del 1995, delineando per detta ordinanza uno schema di motivazione assimilabile a quello prescritto per la sentenza di merito dall’art. 546 c.p.p., comma 1, lett. e), impone, infatti, al giudice della cautela sia di esporre gli indizi che giustificano in concreto la misura disposta, di indicare gli elementi di fatto da cui sono desunti e di giustificare l’esito positivo della valutazione compiuta sugli stessi elementi a carico, sia di esporre le ragioni per le quali ritiene non rilevanti i dati conoscitivi forniti dalla difesa, e comunque a favore dell’accusato comma 2, (lett. c) e c-bis)).

3.1. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, in tema di misure cautelari personali, per gravi indizi di colpevolezza devono intendersi tutti quegli elementi a carico, di natura logica o rappresentativa, che non valgono di per sè a dimostrare, oltre ogni dubbio, la responsabilità dell’indagato e tuttavia consentono, per la loro consistenza, di prevedere che, attraverso la futura acquisizione di ulteriori elementi, saranno idonei a dimostrare tale responsabilità, fondando nel frattempo una qualificata probabilità di colpevolezza (Sez. U, n. 11 del 21/04/1995, dep. 01/08/1995, Costantino e altro, Rv. 202002, e, tra le successive conformi, Sez. 2, n. 3777 del 10/09/1995, dep. 22/11/1995, Tomasello, Rv. 203118;

Sez. 6, n. 863 del 10/03/1999, dep. 15/04/1999, Capriati e altro, Rv.

212998; Sez. 6, n. 2641 del 07/06/2000, dep. 03/07/2000, Dascola, Rv.

217541; Sez. 2, n. 5043 del 15/01/2004, dep. 09/02/2004, Acanfora, Rv. 227511), e la loro valutazione, a norma dell’art. 273 c.p.p., comma 1-bis, deve procedere applicando, tra le altre, le disposizioni contenute nell’art. 192 c.p.p., commi 3 e 4, (Sez. F, n. 31992 del 28/08/2002, dep. 26/09/2002, Desogus, Rv. 222377; Sez. 1, n. 29403 del 24/04/2003, dep. 11/07/2003, Esposito, Rv. 226191; Sez. 6, n. 36767 del 04/06/2003, dep. 25/09/2003, Grasso Rv. 226799; Sez. 6, n. 45441 del 07/10/2004, dep. 24/11/2004, Fanara, Rv. 230755; Sez. 1, n. 19867 del 04/05/2005, dep. 25/05/2005, Cricchio, Rv. 232601).

Si è, al riguardo, affermato che, se la qualifica di gravità che deve caratterizzare gli indizi di colpevolezza attiene al quantum di "prova" idoneo a integrare la condizione minima per l’esercizio, sulla base di un giudizio prognostico di responsabilità, del potere cautelare, e si riferisce al grado di conferma, allo stato degli atti, dell’ipotesi accusatoria, è problema diverso quello delle regole da seguire, in sede di apprezzamento della gravità indiziaria ex art. 273 cod. proc. pen., per la valutazione dei dati conoscitivi e, in particolare, della chiamata di correo (Sez. U, n. 36267 del 30/05/2006, dep. 31/10/2006, P.G. in proc. Spennato, Rv. 234598).

Relativamente alle regole da seguire, alla stregua del condivisibile orientamento espresso da questa Corte, l’art. 273 cod. proc. pen., comma 1-bis nel delineare i confini del libero convincimento del giudice cautelare con il richiamo alle regole di valutazione di cui all’art. 192 cod. proc. pen., commi 3 e 4 pone un espresso limite legale alla valutazione dei "gravi indizi".

Con specifico riferimento alla chiamata di correo, l’indicata norma richiede, infatti, che tale elemento conoscitivo per valere quale grave indizio di colpevolezza deve essere apprezzato nella sua attendibilità intrinseca e nella sua capacità dimostrativa e persuasività probatoria per mezzo dei riscontri esterni individualizzanti, inerenti alle modalità oggettive del fatto descritto dal chiamante e soggettivamente indirizzati, coerentemente agli "effetti rigorosamente ad personam" del provvedimento cautelare al quale la valutazione è strumentale, fermo restando che detta valutazione, avvenendo nel contesto incidentale del procedimento de libertate e, quindi, come già detto, allo stato degli atti, sulla base di materiale conoscitivo ancora in itinere, deve essere orientata ad acquisire non la certezza, ma l’elevata probabilità di colpevolezza del chiamato (Sez. U, n. 36267 del 30/05/2006, dep. 31/10/2006, P.G. in proc. Spennato, Rv. 234598, citata).

3.2. Si è, inoltre, osservato che, in tema di misure cautelari personali, il controllo di legittimità riguardo alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza è limitato, in relazione alla peculiare natura del giudizio e ai limiti che a esso ineriscono, all’esame del contenuto dell’atto impugnato e alla verifica dell’adeguatezza e della congruenza del tessuto argomentativo riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (tra le altre, Sez. 4, n. 2050 del 17/08/1996, dep. 24/10/1996, Marseglia, Rv. 206104; Sez. 6, n. 3529 del 12/11/1998, dep. 01/02/1999, Sabatini G., Rv. 212565; Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, dep. 02/05/2000, Audino, Rv. 215828; Sez. 2, n. 9532 del 22/01/2002, dep. 08/03/2002, Borragine e altri, Rv. 221001; Sez. 4, n. 22500 del 03/05/2007, dep. 08/06/2007, Terranova, Rv. 237012), senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa e, per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze delle indagini (tra le altre, Sez. U, n. 19 del 25/10/1994, dep. 12/12/1994, De Lorenzo, Rv. 199391; Sez. 1, n. 1496 del 11/03/1998, dep. 04/07/1998, Marrazzo, Rv. 211027; Sez. 1, n. 6972 del 07/12/1999, dep. 08/02/2000, Alberti, Rv. 215331, e, da ultimo, Sez. 1. n. 1842 del 11/11/2010, dep. 21/01/2011, non massimata).

3.3. Peraltro, secondo l’orientamento di questa Corte, che il Collegio condivide, in tema di misure cautelari, "l’ordinanza del tribunale del riesame, che conferma il provvedimento impositivo, recepisce, in tutto o in parte, il contenuto di tale provvedimento, di tal che l’ordinanza cautelare e il provvedimento confermativo di essa si integrano reciprocamente, con la conseguenza che eventuali carenze motivazionali di un provvedimento possono essere sanate con le argomentazioni addotte a sostegno dell’altro" (Sez. 6, n. 3678 del 17/11/1998, dep. 15/12/1998, Panebianco R., Rv. 212685; Sez. 2, n. 774 del 28/11/2007, dep. 09/01/2008, Beato, Rv. 238903).

4. Nel caso di specie, la ricostruzione dei fatti e l’indicazione del quadro indiziario a carico dell’indagato, operate dal Tribunale, sono conformi ai principi di diritto suddetti, congrui e coerenti con le acquisizioni processuali richiamate nella decisione, e conformi ai canoni della logica e della non contraddizione.

4.1. Il Tribunale, infatti, esattamente interpretando le norme applicate, alla luce dei principi di diritto fissati da questa Corte, e dando conto adeguatamente delle ragioni della propria decisione, sorretta da logica motivazione, ha ritenuto sussistente a carico del ricorrente una solida piattaforma indiziaria, sia con riguardo al suo stabile e permanente inserimento nel sodalizio di matrice mafiosa costituente una frangia della Sacra Corona Unita, "egemonicamente" ascrivibile, nell’ambito territoriale e temporale di riferimento, a Vi.Da. e P.A., sia con riferimento al contestato tentativo di estorsione in concorso, e ha ancorato il proprio giudizio a elementi specifici risultanti dagli atti, dalla cui valutazione globale ha tratto un giudizio in termini di qualificata probabilità circa l’attribuzione dei reati contestati al predetto.

Sono state, infatti, valorizzate:

– le dichiarazioni del collaboratore di giustizia C.S., la cui attendibilità intrinseca ha formato oggetto di valutazione da parte del G.i.p., condivisa e richiamata dall’ordinanza impugnata e con la stessa costituente unico apparato argomentativo;

– le emergenze delle conversazioni intercettate nel corso delle indagini, specificatamente riportate nell’ordinanza cautelare e richiamate in quella del Tribunale;

– le risultanze degli accertamenti investigativi svolti attraverso i servizi di appostamento e di controllo, che hanno consentito il monitoraggio, le riprese filmate degli incontri e/o i riscontri fotografici dei partecipanti;

– l’esito della verifica della posizione penitenziaria del ricorrente in affidamento in prova ai servizi sociali, dopo la sua scarcerazione, a riscontro ulteriore della conversazione tra presenti intercettata il 14 maggio 2008 e del parallelo servizio di appostamento, osservazione e controllo.

4.2. A fronte dell’articolato e completo giudizio espresso dal Tribunale, integrato dal contenuto del provvedimento genetico della misura cautelare, il ricorrente ha opposto doglianze, che, pur prospettate come deduzioni dimostrative della illegittimità e inadeguatezza della motivazione, sono censure di merito volte a prospettare una diversa interpretazione delle risultanze delle indagini, una diversa valutazione della loro concludenza per la dedotta non valutata inattendibilità del collaboratore C. S., per l’assenza di riscontri estrinseci alle dichiarazioni dello stesso e per l’omessa specificazione degli elementi certi della sua identificazione, e, quindi, una generica e infondata lettura alternativa della vicenda processuale.

5. Il ricorso, essendo infondato in ogni sua deduzione, deve essere rigettato e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.

La Cancelleria dovrà provvedere all’adempimento prescritto dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del provvedimento del Direttore dell’Istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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